A Carmignano di Brenta dove vissi cinque anni della mia prima gioventù adulta ero apprendista del mio lavoro e di me stesso; allora presi coscienza di tante attitudini mie: prima di tutte quella del maestro capace di suscitare energie mentali e morali nei giovani. Mi accorsi che con i ragazzi mi trovavo bene e pure loro con me: ci si educava a vicenda.
Carmignano di Brenta mi piace perché assomiglia ai miei venticinque anni quando ci arrivai spaesato dopo avere lasciato la mamma, le zie e i nonni materni a Pesaro[1]. Ero trasecolato come Breus nella boscaglia.
Le varie volte che sono tornato a Carmignano dopo il trasferimento a Bologna ho ritrovato nel paese, nel paesaggio, nel suo fiume, nei suoi profumi, le dolci malinconie, e anche le forti emozioni di allora, quando vivevo ogni evento nell’attesa di beni più grandi, e quegli anni come preludio e presagio delle cose egregie che avrei dovuto compiere una volta tornato a Bologna. Ora ho compiuto gli ottanta e la vita trascorsa mi ha allontanato da quella condizione di giovanotto trapiantato e spaurito, ma vivo, curioso, animato da vaghe e grandi speranze. Quando ricordo gli anni di Carmignano, ritrovo nella miniera del cuore i sentimenti di allora, la meraviglia lo stupore e l’interesse davanti a ogni persona nuova che mi induceva a osservarla, interrogarla, capirla per ingrandire e migliorare la mia umanità.
Alcuni dei ragazzini miei allievi di allora, oramai ultrasessantacinquenni, mi ringraziano ancora per quanto di buono hanno ricevuto da me: oggi so di avere avuto da loro più di quanto abbia dato.
Ci siamo scambiati munera doni e compiti preziosi, funzionali alla crescita, ricchi di reciprocità.
[1] Racconto il mio arrivo nella scuola media di Carmignano e il mio debutto da tirocinante nel romanzo già pubblicato Tre amori a Debrecen. Potete averlo in prestito dalla biblioteca Ginzburg di Bologna. Non compratelo dunque,.
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