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Il 24 febbraio del 1981 andammo a vedere il film di Visconti Ludwig |
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secondo, il lunatico re di Baviera, affogato nelle cupe acque dello |
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Starnbergersee la sera del 13 giugno del 1886. Ci commosse la |
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tragedia del sovrano impazzito per il desiderio frustrato di amore, |
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e per la solitudine immensa dove si era rinchiuso, siccome |
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incapace di sopportare la società profanata, già allora, da industrie |
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e cannoni.
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Trovammo che il monarca, prima bello e gentile, poi decaduto a |
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mostro pazzo e deforme, grasso, sconcio, sdentato, per certi versi ci |
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assomigliava: Ifigenia mormorò che se qualcuno lo avesse |
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aiutato, si sarebbe salvato dalla degradazione. |
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Quindi dicemmo che noi due, diversi come il re matto, romiti e strani, isolati non |
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meno di lui, dovevamo aiutarci a vicenda, se volevamo fare |
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qualcosa di egregio, ed evitare il decadimento a differenti da tanti |
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altri, borghesi, sicari o bigotti, soltanto nell'essere più |
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sciagurati e infelici. Ricordo che dopo questa constatazione, fatta |
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nei dieci minuti dell'intervallo fra il primo e il secondo tempo, la |
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ragazza mi fissava estasiata, come non faceva da tanto. Io che una |
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volta avevo avuto la nausea di essere osservato così fissamente, |
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quella sera ne fui felice e orgoglioso. |
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Mi venne in mente un giorno lontano, quando Ifigenia |
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davanti alla mia renitenza a essere sbaciucchiato , aveva |
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bisbigliato:"Eppure è una fortuna per te!" |
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Arrivati a casa, disse che dovevamo ritrovare la forza di credere |
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l'uno nell'altra, e il coraggio di correre ancora nelle reciproche |
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braccia dove eravamo stati pazzi di gioia. Potevamo farcela. |
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Quindi facemmo l'amore con soddisfazione. Infine |
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l'accompagnai a casa e tornai indietro tutto contento. Però |
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l'insuperabile forza del destino agiva contro la resurrezione della |
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nostra intesa fatata. Quando fui nel mio appartamento verso le due |
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della notte, prima di entrare nel letto ancora profumato del seno e |
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del ventre suo benedetto, misi piede in cucina per bere dell'acqua. |
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Allora la felicità che mi aveva aperto e scaldato il cuore, si strinse |
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e raggelò, capovolgendosi in pena. Le stoviglie ammucchiate nel |
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lavandino maleodorante mi fecero pensare: "Quella in realtà non |
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mi ama: i piatti li abbiamo sporcati insieme; io non riesco a |
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trovare una donna delle pulizie, e lei non vuole darmi una mano; |
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però a me la chiede per i comodi suoi. L' amore risorto, esiste solo |
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nelle parole non veritiere che dice. Ma per quale ragione mi |
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rinnova dichiarazioni e profferte? Che miri a farmi alcolizzare, |
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ingrassare, odiare le donne, come il povero Ludwig? No, vuole |
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solo sfruttarmi finché le posso servire e non abbia trovato uno più |
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conveniente". |
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Nel letto, aspirando il suo aroma, cercai di reagire ai pensieri |
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cattivi con il ricordo consolatorio della bellezza e con l'immagine |
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della Giustizia che mi aveva salvato in novembre, ma non riuscivo |
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più a distinguerla bene: appariva enigmatica e oscura o per lo meno isolata dal contesto sociale come la Pace che siede a parte, da sola, nell’affresco del Buon Governo di Ambrogio Lorenzetti dell’antica sala dei Nove del palazzo di Siena. Non si trova nello spazio comune ma in un luogo soltanto suo.
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"Lei è bella – pensavo –, e il profumo del suo corpo è degno di |
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Dio: mi fa venire in mente il sole e le stelle; ma non è generosa né |
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giusta. Perché dopo avermi proposto un patto di amore eterno, non |
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fa qualche cosa per me, oltre a lasciarmi nel talamo questa traccia |
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di paradiso? Perché non affronta qualche piccolo sacrificio, non |
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lava nemmeno un bicchiere o un piatto fra i tanti che abbiamo |
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sporcato insieme?" |
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Mi crogiolavo in tale dolore e nella contraddizione tra l'estetica e |
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l'etica; mi ci inabissavo volutamente e con voluttà depravata, forse |
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per evitare di caderci senza volere. Non seppi darmi risposta; |
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"Andremo avanti a furia di sotterfugi, bugie, finzioni, come |
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abbiamo ricominciato", conclusi. E’ l’eterna aporìa dei miei amori Questa non è finlandese, non è incinta di un altro né di me, non è sposata con il solito eterno marito, ma non funzione comunque. |
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Alla fine del mese, presi dieci giorni di congedo e partii per |
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Moena. |
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Mi fermai a Cittadella per salutare Luciana. Faceva freddo e |
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pioveva. Andammo in un'osteria a parlare. Quando le dissi che |
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avevo scritto un dramma, mi incoraggiò:"Da te me l'aspettavo. Tu |
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puoi realizzarti solo se dai vita ai tuoi fantasmi, ai sogni che |
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spremi dalle esperienze; sono più veri della realtà, siccome |
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ne contengono il succo, le quintessenze". |
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Le dissi che il mio scopo era politico: cambiare i gusti della gente |
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corrotta. Rispose che nella scuola media di Carmignano, quando |
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avevo venticinque anni, ci ero riuscito; a trentacinque potevo farlo |
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in un liceo di città; a quaranta o a cinquanta nell'intera nazione. Mi |
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chiese di spedirle una copia della tragedia: era sicura che le |
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sarebbe piaciuta. |
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Partii rinfrancato. Arrivai all'ora di cena. Mangiai in fretta, ma poi |
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dovetti rinunciare alla passeggiata attraverso la valle poiché |
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pioveva a dirotto. "Non smetterà mai, mai ", aveva detto Ludwig |
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osservando il cielo acquoso da una finestra del castello adibito a |
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manicomio dov'era stato recluso. |
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A letto mi dissi:"Questa è la terza volta che vengo a Moena solo, |
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da quando sto con Ifigenia. La prima, mi angosciava il |
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pensiero della sua fedeltà, soprattutto corporea; la seconda quello |
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della sua verginità e condizione sociale; questa volta ammetto solo |
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questioni di amore e di arte, ossia di spirito, non di imene o di |
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soldi". |
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Attraverso tale arzigogolo riuscii a prendere sonno.
Pesaro 31 agosto 2024 ore 11, 15 giovanni ghiselli p. s. Statistiche del blog Sempre1615098 Oggi93 Ieri293 Questo mese10705 Il mese scorso11384
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