L’influenza di Socrate getta le lunghe ombre del tramonto sulla cultura greca. La civetta si alza in volo con il calare della luce.
Maioresque cadunt altis de montibus umbrae
L’influenza di Socrate si è allargata sulla posterità “simile a un’ombra che diventa sempre più grandi al sole della sera”.
Quasi ogni epoca ha cercato di liberarsi dai Greci poiché in confronto a loro ogni opera “sembra perdere improvvisamente colore e vita e ridursi a copia mal riuscita, anzi a caricatura”. Spesso esplode la rabbia contro quel popoluccio arrogante che chiamava barbari gli altri popoli[1], nonostante le istituzioni limitate e i brutti vizi che li contraddistinguono. Ma non fu trovata la cicuta per ucciderli. Il fatto è che i Greci tengono in mano come aurighi la nostra cultura, e pure le briglie di qualsiasi cultura, anche se i cavalli sono scadenti e inadeguati alla gloria dei loro aurighi.
Anche Socrate è stato una guida per la cultura europea: egli è il prototipo dell’uomo teoretico. Questo è felice per il disvelamento (ajlhvqeia) della realtà. Certo la realtà non può essere svelata tutta e il Lessing, il più onesto uomo teoretico, proclamò che a lui interessava più la ricerca della verità che la verità stessa.
Ma c’è anche l’idea illusoria di Socrate il quale credeva che attraverso il filo conduttore della causalità si potesse giungere negli abissi dell’essere e che il pensiero potesse non solo conoscere ma addirittura correggere l’essere. Questa illusione metafisica conduce la scienza verso l’arte. La scienza così va spesso a finire nel mito.
Socrate fu dunque il mistagogo della scienza. Mustagwgov~ è quello che inizia ai misteri. Tale tendenza universale della scienza applicata alla prassi egoistica di individui e di popoli ha portato allo sterminio di etnie intere con la conseguenza di un pessimismo pratico che può perfino produrre l’orripilante etica del genocidio per pietà.
Ma Socrate è il prototipo dell’ottimista teoretico che concede al sapere e alla conoscenza la forza di medicina universale e vede nell’ignoranza, nell’errore, il male. Per lui i fatti morali più sublimi, i moti della compassione, dell’eroismo, perfino la tranquillità dell’anima che il greco apollineo chiamava swfrosuvnh derivano dalla dialettica del sapere e sono considerati apprendibili. Ma la scienza procedendo corre senza sosta verso i suoi limiti e davanti a questi l’ottimismo naufraga.
Allora irrompe la conoscenza tragica la quale per essere sopportata ha bisogno dell’arte come protezione e rimedio.
La scienza giunta ai suoi limiti porta al bisogno d’arte. E al mito.
Intanto la vecchia talpa sa quello che fa.
Capitolo breve e poco chiaro. Mi sembra nato da un pregiudizio
Villa Fastiggi 18 agosto 2025 ore 14, 57giovanni ghiselli
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