venerdì 26 luglio 2024

Fonti principali su Alessandro Magno.


 

 Curzio Rufo- I sec. d. C -Historiae Alexandri Magni in 10 libri i primi due perduti)

 

Arriano (II secolo) Anabasi di Alessandro in sette libri.

Quindi Vita di Alessandro di Plutarco (50-120)

Poi  Diodoro Siculo (I sec. a. C)  Biblioteca storica,

Pompeo Trogo età di Augusto- Historiae Philippicae   compendiate da Giustino (II o II d. C.)

 

Fonti contemporanee: Callistene di Olinto, storiografo ufficiale fatto ammazzare nel 327 dopo la seconda congiura, quella dei paggi.

 

Duride di Samo (340-270 a. C.) narrava la storia da Aminta, il padre di Filippo II, fino a Pirro. Era una narrazione drammatica.

 

Tolomeo di Lago  

 Aristobulo, l’ architetto che partecipò alla spedizione  e ricevette l'incarico di ristrutturare la tomba di Ciro il Grande (Arriano, 6, 26, 10).

 

Nearco fu ammiraglio della flotta e scrisse un libro di memorie. Condusse la flotta dall’Indo al golfo persico.

 

Onesicrito, pilota della nave di Alessandro, scrisse L’educazione di Alessandro, libro di tendenza cinica. Onesicrito presentava Alessandro come il monarca ideale senofonteo che realizzava le aspirazioni cosmopolitiche dei cinici.

 

 

Aristandro era l’indovino della spedizione.

 

 Fonti consultate e citate: Curzio Rufo ( età di Claudio probabilmente, o di Vespasiano), Historiae Alexandri Magni in 10 libri. Non sono arrivati i primi due. Il racconto parte dal 333, dall’episodio del nodo di Gordio.

Curzio Rufo è senz’altro influenzato dalla storiografia ellenistica portata alla drammatizzazione, al coinvolgimento emotivo del lettore, anche a discapito della precisione del dato storico. Lo scrittore non perde occasione per suscitare pathos, orrore, compiacimento o stupore, sottolineando i passaggi più significativi con espressioni sentenziose circa il potere della fortuna o la precarietà della felicità umana

Nella valutazione della figura di Alessandro, Curzio Rufo, pur mostrando ancora tracce di quella diffidenza tipicamente romana nei confronti del potere assoluto, si mostra sostanzialmente equilibrato”[1].

Nell’insieme però è piuttosto critico e afferma che la fortuna prevalse sulla virtù.

 

Diodoro Siculo (90-20 a. C) racconta la storia di Filippo nel XVI libro e quella  di Alessandro nel XVII libro della sua Biblioteca storica. Non è apologetico, ma nemmeno ostile.

 

Pompeo Trogo (età di Augusto) ha scritto Historiae Philippicae. Ne abbiamo l’epitome fatta da Giustino (III d. C.). Pompeo Trogo era “un romanizzato Gallo della Narbonese vissuto al tempo di Augusto: a giudicare dal riassunto che ne ha lasciato Giustino, sembra chiaro il suo intento di “detronizzare” Roma dalla sua centralità, oltre che l’intento di porre l’una accanto all’altra le diverse storie (Parti, Macedoni, Romani ecc.)”[2].

 

Plutarco (50-120 d. C.) Vita di Alessandro.

Ne dà un ritratto positivo: fu qumoeidhv~ irascibile, ma anche capace di ejgkravteia, filanqrwpiva, megaloyuciva e di swfrosuvnh con le donne. Nell’uccisione di Clito (328) prevalse la sfortuna del re che nell’ebbrezza e nell’ira offrì un pretesto al cattivo demone di Clito.

Plutarco condanna la distruzione di Tebe (335) e l’uccisione di Parmenione (330). Nei casi di Filota figlio di Parmenione ( congiura del 330) e di Callistene lo storiografo ufficiale (congiura dei paggi 327) fu determinante l’invidia degli amici di Alessandro nei confronti di questi personaggi.

Nella seconda parte della  Vita si accentua la critica: una macchia di Alessandro è il massacro di mercenari  che difendevano le città indiane. Dopo avere sconfitto Tassile tra Indo e Idaspe (a est) e avere fatto un patto di non ucciderli li ammazzò tutti (Vita, 59).

 

Nello scritto giovanile De Alexandri Magni fortuna aut virtute Peri; th'"   jAlexavndrou tuvch" h] ajreth'" lovgoi.

Plutarco sostiene che prevalse la virtù e la grandezza morale.

Nell’uccisione di Clito a Maracanda (328) prevalse la sfortuna.  

 

Curzio Rufo è più critico sostiene al contrario che prevalse la fortuna.

Plutarco  "nel trattatello Sulla fortuna dei Romani.... Peri; th'"   JRomaivwn tuvch" sosterrà ad esempio che i Romani stessi, con l'assidua edificazione di templi alla Fortuna, hanno riconosciuto alla fortuna il ruolo dominante nei loro successi (cap. 10)"[3].

 

.

 

Arriano ( 90-170  d. C.)  Anabasi di Alessandro in sette libri.

Ha scritto anche una Indiké in dialetto ionico. 

Megastene, collaboratore di Seleuco scrisse una Indikà in 4 libri.

 

Arriano nacque intorno al 90 a Nicomedia in Bitinia e fu favorito dall’amicizia e dalla protezione di Adriano- 117-138-

Intorno al 108 seguì le lezioni di Epitteto a Nicopolis, in Epiro.

Quindi rielaborò gli appunti di quelle lezioni. Dal 131 al 137 governò la Cappadocia.

Luciano nell’operetta Alessandro o il falso profeta scrive che Arriano “il discepolo di Epitteto occupò posizioni di prestigio tra i Romani eppure per tutta la vita ha avuto come compagna la cultura”. Insomma negotium e otium equilibrati tra loro. Gli appunti presi da Epitteto costituiscono l’  jEgceirivdion il Manuale con la dottrina del Maestro. Il maestro storiografico e letterario è invece Senofonte come attesta il titolo Anabasi di Alessandro, in sette libri al pari dell’Anabasi senofontea. Come Senofonte Arriano scrisse anche un Kunhgetikov~, trattato sulla caccia.

 

Negli scrittori delle gesta dal Macedone queste assumono un valore esemplare, sia in positivo, sia in negativo. Alessandro può essere indicato come monarca ideale o tiranno crudele.

 

Sono però andate perdute le storie scritte da autori che paarteciparono all’impresa o ne sono arrivati solo frammenti.

 

Callistene di Olinto nipote di Aristotele iniziò a scrivere quando Alessandro era ancora vivo. Del resto il Macedone morì dopo il Macedone che fece uccidere lo storiografo critico della proscinesi nel 327.

Quindi Onesicrito pilota della nave ammiraglia, poi Nearco capo timoniere-ajrcikubernhvth~- e navarco della flotta

Gli autori contemporanei e partecipi dell’impresa giudicati i più attendibili da Arriano sono Tolomeo figlio di lago che nel 305 assunse il titolo di re e diede origni alla dinastia dei sovrani d’Egitto arrivata fino a Cleopatra (31 a. C.). Era stato guardia del corpo –somatophylax di Alessandro e sprennominato swthvr in quanto avrebbe salvato la vita dell’eoe

L’altra fonte preferita da Arriano è Aristobulo, l’architetto incaricato di restaurare la tomba di Ciro a Pasargade. Questo d’altra parte ebbe fama di adulatore di Alessandro

Quando Tolomeo e Aristobulo divergono, Arriano sceglie la versione che gli sembra più attendibile-pistotevra- e degna di essere narrata. Entrambi scrissero dopo la morte di Alessandro e non furono indotti da qualche guadagno ad alterare il racconto degli eventi, soprattutto Tolomeo che era re e per lui sarebbe stato più vergognoso mentire.  Tolomeo dunque rappresenta la base principale di Arriano e Aristobulo è stato utilizzato per integrare o magari correggere. Comunque le fonti sono entrambe usate.

L’Anabasi di Arriano è comunque una narrazione encomiastica di Alessandro. Arriano aderisce al tema della propaganda isocratea di una spedizione punitiva contro i persiani. Nella primavera del 334 inizia l’avventura asiatica. L’incontro con Diogene significa che Alessandro era consapevole del bene spirituale quale massimo oggetto di scienza ma era infervorato dalla passione per la gloria.

Arriano, come Tucidide che legiferò, inserisce frequentemente nel tessuto narrativo discorsi di vari personaggi per rendere più vivo il racconto e dare prova di abilità retorica. Come Tucidide ricostruisce i discorsi attenendosi al senso generale di quanto è stato detto e al carattere dei personaggi. Alessandro dice, per esempio, che non c’è un termine delle fatiche se non le fatiche stesse. Ad Alessandro che dopo avere sconfitto  e avere fatto prigioniero Poro gli domandò come volesse essere trattato, il re indiano rispose: basilikw`~ moi crh`sai-trattami da re. Alla richiesta se avesse altro da dire, poro rispose: nel re c’è tutto.

Anche Plutarco ricorda questa battuta nella Vita (60, 14) e nel   De Alexandri fortuna aut virtute- 332e)

 

Pesaro 26 giugno 2024 ore 17, 42 giovanni ghiselli

p. s.

Tornato a Bologna presenterò Alessandro Magno nella biblioteca Ginzburg. In un’ora e mezzo non potrò esporre tutto il materiale preparato che sto rivedendo. Sono 224 pagine tratte dagli autori menzionati sopra. Le presenterò tutte con altre 200 e più su Annibale e altrettante su Nerone in un corso che terrò all’Università Primo Levi da gennaio in 8 incontri di due ore ciascuno.

Garantisco come sempre la serietà e la qualità dei miei lavori.

Saluti

Gianni

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[1] Giovanni Cipriani, Letteratura latina. Storia e antologia di testi, Einaudi, Torino, 2003,  p. 382 e p. 384.

[2] L. Canfora, Prima lezione di storia greca, p. 66.

[3]L. Canfora, Lo Spazio Letterario Della Grecia Antica , Vol I, Tomo II, p. 833.

Ifigenia CXLII. Il fatidico monte delle formiche.


 

Questa pièce mi risollevò e aprì la strada al romanzo che state leggendo. Fino al giorno del giugno successivo in cui Ifigenia mi lasciò per un attore famoso, tuttavia non iniziai quest’opera grande.

Ora so che quando si comincia a scrivere un romanzo epico, cercando di renderlo storico piuttosto che personale, razionale, preciso e nello stesso tempo meraviglioso con logos e mythos,  predisponendosi ad anni di sacrifici, di rinunce a ogni piacere non funzionale all’opera intrapresa, si sente la necessità di questo concepimento e parto, si ode un tuono e si vede un lampo che chiamano a tale compito, quali segni del cielo, e non è possibile sottrarsi a un impegno siffatto: esso richiede cure assidue ogni giorno, come un figlio piccino, bisognoso di tutto; si fa pensare sempre come un’amante amata, esige tutta l’attenzione, le energie necessarie alla sua crescita; si fa sentire anche nel letto quando non riusciamo a prendere sonno e quando domiamo. Perfino quando facciamo l’amore.

Del resto l’entusiasmo di Ifigenia per quanto avevo scritto e per me non durò a lungo. Verso la fine di ottobre notai un calo di interesse nei miei confronti.

Il primo novembre, secondo anniversario del nostro inizio amoroso, scalammo insieme parte della dura salita che si inerpica su per il monte cosiddetto delle formiche. L’anno precedente, alla prima ricorrenza del natale erotico, vi eravamo saliti chiusi nell’automobile: allora le dissi che se avesse raggiunto quella cima in bicicletta, l’avrei sposata. Allora speravo che mi lasciasse e azzardai tale promessa convinto che non ce l’avrebbe fatta.

Ora invece temevo di essere lasciato e le chiesi di tentare la prova. Segni e contrassegni, prove e controprove: a ottanta anni vivo ancora così. Questo mese il giro del Peloponneso con il Taigeto. Fino a quando non ne morirò. “Tu non cedere mai”, mi dico sempre.

Ifigenia, non più tanto interessata a me, disse che non ce l’avrebbe fatta. Invece scalò due terzi dell’impervia ascesa.

“Al prossimo anniversario- le dissi- compirai l’impresa e non ne morrai come le formiche”.

 Quindi le recitai il distico che avevo letto in cima a una scalinata posta nell’abside della chiesa posta sulla cima del monte:

Certatim volitant formicae ad Virginis aram

Et simulac volitant victima quaeque cadit

Il primo novembre del 1981era caduto anche il nostro sodalizio. Io mi trovavo a Pesaro da solo: la mattina fino a mezzogiorno scrivevo a penna i primi capitoli di questa opera nuova e già antica, il pomeriggio andavo al mare prima che dal cielo scendesse il buio precoce. Osservavo i gabbiani che si posavano sulla sabbia umida o volavano sopra l’acqua giallastra nella bruma che calava implacabile mentre un relitto di sole mortificato appariva quale un lampione languente, a corto di gas.

Gli uccelli famelici emettevano strida disperate. Di Ifigenia non sapevo più niente, nemmeno se fosse ancora viva o già morta. Oggi so che è l’una e l’altra cosa.

 

Bologna 26 giugno 2024 ore 9, 55 giovanni ghiselli

p. s.

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giovedì 25 luglio 2024

La scuola corrotta. Conclusione.


 

Terzo coro.

Classe, maestro, docente, preside.

 

Classe.

Al falso docente,

lo pseudo educatore

che dissacra la scuola

e profana la santa educazione

con soporifera indifferenza,

con diffidenza offensiva

atta a destare cattive emozioni,

con  ignoranza del Bello e del Bene

la spregiatrice cruenta dell'anima umana,

l'adoratrice prostrata a venerare

lucro nefando, losco intrallazzo,

disanimante frastuono,

la gastrolatra enorme,

visceri guasti dai ripugnanti sospiri;

al polimorfo ruffiano di se stesso

che, allucinato,

crede di scorgere in ogni persona

la repressione violenta,

la perversione profonda,

la malafede servile,

l'immedicabile angoscia

della sua anima impoverita,

ulcerata da frustrazioni continue,

rabide cagne ostili all'amore,

io chiedo di torcere in fuga retrograda, precipitosa,


 

lo scivoloso, sacrilego piede,

senza lasciare

la sudicia traccia vischiosa e contaminante;

io non posso seguirla.

Voglio affiancare

con passo diritto

il vero maestro

sacro a Paideia:

l'educatore entusiasta

che, con atto di fede incrollabile

nell’ umana creatura

predisposta a comprendere

gioiosamente

il volto meraviglioso della vita,

progredisce sicuro sulle orme di luce

impresse sulla strada erta dell'uomo

dai maestri che hanno indirizzato

l'umanità al culto del bello morale,

e, cacciando i mercanti dal tempio,

hanno rimesso lo spirito sopra l'altare.

 

Esodo.

Tutti i personaggi sono presenti.

Maestro.

Infatti il problema è quello di riconsacrare l'uomo. Continueremo a

lavorare insieme con questo scopo.

 

Preside.

Vedremo, vedremo. Lei sta facendo i conti senza il preside.

 

Docente ( rivolta al capo dell'istituto)

E' un sobillatore odioso: deve essere allontanato.


 

 

 

Maestro.

Lavorerò comunque. Sono stato calunniato per due anni; alcuni hanno cercato di istigare contro di me i genitori degli alunni e perfino gli

stessi allievi, eppure non mi sono mai scoraggiato e  ho impegnato  tutte le forze mie. Non smetterò di

educare i giovani. Sono convinto che un adolescente educato bene

sia mentalmente più integro e avanzato di un adulto medio. E che

fornisca maggiori stimoli al lavoro intellettuale. Anche se

riuscirete a cacciarmi, sarò maestro dell'intero istituto, anzi

dell'intera città attraverso l’opera educativa umanamente spesa non senza fatica.

 

Docente.

 Direi che lei sta diffondendo un contagio piuttosto. Io non voglio contrarre malattie incurabili.

 

Maestro.

Già: quello che secondo lei è il morbo del libero pensiero. Non è in noi la malattia. Questi ragazzi ed io vorremmo attaccarvi la nostra volontà di salute. Noi diffondiamo germi di vita sana.

 

Preside.

Quelli della licentia.

 

Studente.

No preside. I semi dell'entusiasmo.

 

Preside.

Ma mi faccia il piacere! Entusiasmo per che cosa?

 

Studente.

Per l'umanità, per la vita, per la scuola che ci educa.

Fine

 

Scrissi in tregiorni questa pièce breve ma densa. Ifigenia la trovò molto bella e comincià ad impararne a memoria delle parti, a ripeterle. Ne fui incoraggiato a sperare in una rinascita del nostro amore, del mio impegno educativo, di ogni cosa bella e buona.


 

Epigrafi

kajme; th;n dusdaivmona-pavlo" kaqairei' tou'to tajgaqo;n

labei'n, (Sofocle, Antigone, vv.274-275) e il sorteggio

condanna me, la disgraziata, a prendermi quest'incarico "bello".

 

Non voglio credere che quel Gianni Ghiselli sia morto, ma

piuttosto che, come la crisalide, sia oggi simbolo di bellezza e

libertà sulle rovine degli anni ottanta.

Natale 1993.

Emilia. (Lettera della madre di un’allieva)

 

p. s.

 

Ha già compiuto la sua vita mortale la ragazza che mi ha

ispirato la figura della protagonista.

Del resto tutti i personaggi di questa storia sono compositi, come

le immagini dei sogni.

 

Pesaro 26 luglio 2024 ore 8, 31 giovanni ghiselli.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La scuola corrotta Terzo atto Scena unica.


La classe, il maestro, il docente, il preside.

Preside.

Ho fatto chiamare il vostro ex insegnante per un confronto.

 

Studente.

Lui è ancora il nostro maestro.

 

Preside.

Sì, maestro di anarchia. Non c'è male più grande.

 

Studente, sottovoce.

Però!! Conosce l'Antigone  di Sofocle!1

 

Preside.

 

Per esempio: perché lei, professore, si faceva dare del tu dagli

studenti, se non per confutare l'autorità e annientare la gerarchia naturale e

sacra ?

 

Maestro.

Non ho mai proposto agli studenti di darmi del tu; ci arrivano

spontaneamente quando si accorgono che siamo tutti persone, cioé

soggetti morali e intelletti pensanti, capaci di dare e farsi rendere

ragione.

 

Nota

1

Il ragazzo ricorda il v.672:"

ajnarciva" de; mei'zon oujk e[stin kakovn", non c'è

male più grande dell'anarchia. E' pronunciato dal tiranno Creonte.


 

 

 

Preside.

Già, così trovano tutte le ragioni per non studiare.

 

Maestro.

Non è vero. Questa presa di coscienza infatti avviene attraverso lo

studio e lo scambio delle idee: certo è che dopo avere provato il

gusto della loro dignità umana e scolastica, non sono più

predisposti al morbo dello studente servile:  la coazione a ripetere

riassunti di manuali e traduzioni dettate senza una parola di

commento.

 

Docente, alzando la mano e aspettando che il preside la guardi.

Signor Preside, potrei difendermi?

 

Preside.

Prego signora: la sua parola onesta è sempre gradita.

 

Docente.

Scusi, professore, ma io qui vengo calunniata: io non ometto mai

di mettere in rilievo il sublime della poesia che traduco.

 

Studente.

E la prosa ?

 

Docente.

Silenzio tu! E' sublime anche quella. Sicuramente però io non

vado a caccia dell'idea politica come certi colleghi, poiché essa è

pericolosa quanto la dinamite, particolarmente nelle teste tanto

verdi degli adolescenti. Lei professore non crede?

 

Maestro.

Così in assoluto no. L'idea è pericolosa quando si accampa nella

mente del ragazzo senza ammettere confutazione dialettica; il

giovane deve conoscerne diverse. Il rischio dell'ideologia unica

qui a Bologna l'abbiamo corso intorno al 1975 quando il P.C.I.

faceva il piglia tutto, e l'intellettuale ganascione, echeggiando La

distruzione della ragione di Lukàcs, proclamava che al di fuori

del razionalismo materialistico c'è solo un irrazionalismo debole al

servizio della borghesia imperialistica e reazionaria.

Successivamente tale panrazionalismo gretto e totalitario divenne

dispotico , disgustoso al punto di spingere molti di noi verso

l'irrazionale, con tanto di fricchettoni variopinti e

ragazze che sferruzzavano in classe . Questo  succede ogni volta che  la logica senza pietà dei vari  “illuminismi” suscita per reazione movimenti di simpatia nei confronti dell'istinto e del sentimento. Euripide con le Baccanti

per esempio, oppure il movimento dello Sturm und Drang . Forse

volevamo amare la vita più di quanto consenta la logica. Forse

avevamo torto.

 

 

Docente.

Sì ma io cosa c'entro?

 

Maestro.

Lei sta collaborando all'attuazione di un disegno infernale.

 

Docente.

Lei non sa quello che dice! Io eseguo. O no? Cosa

faccio di male io?

 

Maestro.

Ora glielo spiego. Ma partirò dal vertice.

Un giorno Potere supremo, guardando fuori dalla sua reggia d'oro,

si accorse che le genti tendevano all'irrazionale. Allora convocò i

profeti esperti di menti umane destinate al consumo e pose loro

tale quesito:" vati svelatemi il vostro pensiero. Io voglio sapere

come andranno i miei affari se le svigorite teste dei mortali

destinati a comprare, procederanno sulla strada dell'irrazionale.

 

E siccome gli avevano spiegato Freud, aggiunse:"mi conviene

concimare la pianta dell'Es, oppure ci guadagno a rivalutare la

logica vacillante? Che cosa dobbiamo imporre attraverso i mezzi

di informazione?"

Secondo lei signora quale fu la risposta?


 

 

 

Docente.

Cosa vuole che ne sappia? Se questa non fosse una sua fantasia, le

risponderei che i disegni delle menti dei grandi sono

imperscrutabili.

 

Maestro.

Fino a un certo punto. I sacerdoti del quattrino che conoscono gli

arcani di tutti i mercati, presenti passati e futuri, risposero così:

"Se tu, signore, rimetterai in corso questa pur pallida logica, non

vedrai crescere le vendite dei tuoi prodotti, che per lo più non sono

necessari alla felicità dell'uomo anche solo un poco ragionevole".

Allora il re domandò:"Devo dunque ammettere il soddisfacimento

delle pretese del cuore?"

Secondo lei cosa rispose quel grande?

 

Docente.

Ma dica professore, intende forse canzonarmi? Parla sul  serio o

scherza?

 

Maestro.

Purtroppo sto raccontando una parabola storica di tragica serietà.

Dunque i vati risposero:"Se tu ammetterai il soddisfacimento

dell'amore che unifica, la stirpe umana crescerà in forza, sicurezza

e intelligenza; assisterai all'avvento di una razionalità nuova,

quella comprensiva della mente e del cuore, più vasta e profonda

della logica fredda che ora sta declinando; vedrai nascere idee

nuove, ampie e potenti, molto diverse dai concettuzzi striminziti

 che informano il meschino vivere attuale della gentucola

comune".

 

I sacerdoti tacquero. Allora il sovrano domandò:"Ma le vendite dei

miei prodotti, come andranno?"

 

"Male o re, male per te" risposero i sacerdoti in coro. Quindi il loro

portavoce spiegò:

"Quando le genti saranno state potenziate dall'amore razionale,

vorranno procurarsi soltanto le cose belle che le tue macchine non

sanno produrre".

Il sire guardò i suoi consiglieri con occhi sanguinari, poi

domandò:"Come potremo scongiurare questa sciagura?"


 

 

 

I profeti, impauriti, si affrettarono a rispondere attraverso il

corifèo:

"Non temere, signore. Prima di tutto colpiremo le idee.

Impediremo a chiunque di produrne di nuove e vive; le vecchie le

diraderemo, assottiglieremo, svaluteremo, finché saranno

annientate. La televisione, i giornali, il cinema e soprattutto la

scuola, dovranno progressivamente impoverirsi dal punto di vista

culturale, fino a restare svuotati di espressioni mentali.

Le televisioni dovranno propinare pubblicità, menzogne e

frastuono: parole drogate e rumore. I giornali ribadiranno i luoghi

comuni più triti e vieti; il cinema continuerà a produrre film di

evasione fatti di violenza, stupidità e pornografia. Abbiamo messo

in giro alcune pellicole: Super man, Flash Gordon, un'avventura

senza tempo nello spazio senza confini, Super donne porno, Sesso

infuocato, Oroscopiamoci3 . Per gettare fumo negli occhi, si

 

possono tenere in piedi anche alcuni vecchi maestri del cinema

che passa per buono. Tanto non hanno più niente da dire e

biascicano ricordi personali suggerendo l'evasione dalla politica

agli intellettuali poco intelligenti. Il popolo del resto non li ha mai

considerati.

Ma per depravare le menti, il mezzo più importante è la scuola.

Arruolerà insegnanti fanatici dei tecnicismi, demoralizzati,

pezzenti mentali avversi tanto alle idee quanto ai sentimenti.

Quelli capaci di volare più in alto verranno minacciati, isolati e, se

non basterà, eliminati. Insomma il pensiero e l'arte dovranno

sparire dalla circolazione.  Le teste dei giovani, completamente

prive di nutrimento spirituale, perderanno la capacità di

pensare. Rimarranno solo le sensazioni. Allora anche su queste noi

tireremo una serie di colpi: non sarà difficile estirpare quanto può

rimanere di positivo, di favorevole alla vita nelle menti svigorite.

Basterà potenziare con foga sinistra, quindi evidenziare con enfasi, , gli effetti

dell'odio che abbiamo già infiltrato tra gli uomini: accresceremo la

frequenza e la forza distruttiva degli atti terroristici,

incrementeremo la circolazione della droga, favoriremo

 

Nota 3

 

Erano proiettati nei cinema del centro di Bologna quando questo lavoro fu

scritto, nel novembre-dicembre del 1980.


 

 

 

l'avvelenamento di Eros attraverso nuove pesti inaudite. Agli

uomini resterà solo il consumo dei tuoi prodotti. Le deboli teste

vaneggianti nel vuoto culturale, nell'assenza di emozioni vitali,

perderanno ogni affetto nobile, ogni pensiero elevato, e resteranno

in balia di un'unica pulsione: quella della rovina. La massa

dall'anima sciancata non potrà non parteciparvi: nei casi estremi

ammazzando e ammazzandosi, nella media sostituendo la

distruzione con la sua metafora più ovvie per gente manipolata dai

tuoi servi dell'informazione: il consumo indiscriminato dei

prodotti che tu vorrai imporre, o divino".

 

Il sacerdote tacque e osservò speranzosamente il volto del suo

signore. Questo aveva seguito il discorso scrutando i ministri del

suo culto con aria sprezzante, ma, udite le ultime parole, non poté

dissimulare un moto di intima soddisfazione che anzi, stava per

manifestarsi nel lancio di una manciata di luccicanti monete, il

massimo bene da conseguire secondo le menti dei vati.

Ma ad un tratto un pensiero molesto gli attraversò il cervello.

Trattenne l'oro in mano e domandò:

"degli uomini politici che cosa faremo?"

I sacerdoti, già pronti a saltare per afferrare l’agognata mercede, bloccarono i

piedi sul pavimento marmoreo che, candido più dei gigli

splendenti, nitido quanto il biancore delle nevi intatte,

rispecchiava gli aurei cassettoni dell'alta volta simulando le

fattezze della reggia di Zeus.

I ministri, contraffacendo anch'essi la serenità dell'Olimpo,

risposero rassicuranti:"Non preoccuparti, o supremo. In campo

politico noi unificheremo e divideremo secondo il tuo interesse.

Uniremo la maggioranza con l'opposizione per segnare la morte

della dialettica; divideremo l'etico dal politico per situare la

bruttura morale sull'acropoli della nazione. La fine di ogni

dibattito serio garantirà la processione sulla via tracciata dalla tua

volontà: quali unici valori resteranno vendere e comprare; il bello

in sé, la bontà, la generosità, non conteranno più nulla. La politica

senza morale autorizzerà ogni nefandezza in nome del successo."

Il sovrano alzò il pugno per la seconda volta, ma poi, in preda a un

altro dubbio, lo abbassò di nuovo. I sacerdoti riuscirono ancora a

dissimulare il desiderio.


 

 

 

"E se qualcuno-domandò il gran duce ai vati oramai trepidi-se

qualche persona morale e intelligente, con parole nobili, con un

bel volto sereno, svelerà il vostro piano al popolo?"

 

"Ti ricordi di Socrate e di Cristo?", ribatterono i profeti, con un

sorriso di compatimento per i due disgraziati. Poi continuarono:

"Quell'uomo farebbe la stessa fine. Quando il terreno sarà stato

preparato secondo i tuoi interessi, signore, le anime nobili, amiche

della vita, verranno isolate dall'odio, annientate dalla calunnia,

ridicolizzate dal successo dei tuoi lacché. Può essere che alcuni

cerchino di resistere ai tuoi profitti".

 

"E noi li lasceremo fare?", domandò minaccioso il monarca.

 

"Mai o divino", risposero i ministri in coro.

Quindi il corifeo spiegò:"Noi faremo lo sforzo supremo per eliminarli e giungere alla

soluzione finale. Organizzeremo scempi e stupri con i quali

screditeremo definitivamente le idee morali, amiche della vita, e

gli ostinati fanatici desiderosi di manifestarle. Eliminati questi, li

sostituiremo con nostre creature meccaniche, automi cui

applicheremo maschere ripugnanti dai nasi dilatati, dagli occhi

striminziti, dalle bocche viscide e bavose, dai denti formidabili,

dalle pappagorge ridondanti. Avranno l'aria di gente stanca,

generata senza amore, nemica della luce, priva di intelligenza e di

vita. Li metteremo davanti a tutti per offendere il merito; li

programmeremo a pronunciare frasi insignificanti, con voce

arrogante, catarrosa, e toglieremo al popolo ogni voglia e

possibilità di occuparsi del bene comune, di partecipare alla

gestione della così detta cosa pubblica che sarà diventata cosa

soltanto tua".

 

Il re si compiacque della soluzione finale e per suo diporto scatenò

un'ignobile gara sul  lustro e duro pavimento dove i profeti si

lanciarono in rapido, scivoloso agone a raccattare monete.

La parabola è finita. Io credo che in Italia sussista ancora un poco

di quell'anima che non si china a venerare i miseri quattrini.

Perciò chiedo ai ragazzi di conservare l'entusiasmo, il mio e il

loro; ai rari volti e cuori umani ancora presenti nei desolati luoghi

del potere chiedo che non ci lascino soli contro la fangosa ondata

di indifferenza e ignoranza che incombe sulla scuola e sulla

società italiana.E prego lei preside che ha potere qua dentro, di


contribuire a vitalizzare questo istituto stanco e cadente siccome

povero di cultura.

 

Preside.

Allora lei non vuole vedere l'autorità annientata?

 

Maestro.

No, anzi: voglio vederla rifondata sulla morale e sulla bellezza.

 

Docente.

E non auspica che gli studenti prendano a calci i professori?

 

Maestro.

Al contrario. Io vedo gli allievi e i docenti nella loro totalità di

persone, e perciò considero la diffidenza o l'ostilità con cui gli uni

trattano gli altri, quali frutti guasti di menti malate.

 

Preside.

Ma lei in pratica che cosa chiede?

 

Maestro.

Sì, ha ragione:  glielo specifico meglio. Premetto che le mie esigenze di

fondo, quelle della pulizia morale, dell'intelligenza, della cultura,

le ho individuate grazie all'aiuto dei migliori tra i giovani che ho

cercato di educare dal 1969 in avanti. E ora, a nome di questi

ragazzi desiderosi e capaci di pensare, amare, studiare; adolescenti

che non sono ancora abituati alle menzogne, non sanno odiare,

non vogliono sprecare il tempo della loro vita a scuola né altrove,

chiedo ai pochi uomini con responsabilità di potere ancora

moralmente vivi, di lottare contro l'ipocrisia, la corruzione la

violenza; chiedo al partito comunista di tornare a fare un'

opposizione vera, oppure, se ne avrà la forza elettorale, di fare il

governo ammettendo un'opposizione, poiché la fine della dialettica

è la morte del pensiero e della libertà.

A lei preside, chiedo di togliere spazio agli insegnanti incolti che

detestano la scuola per darne di più agli entusiasti dell'educazione, agli atleti dello studio;

ai colleghi raccomando di studiare fino al sacrificio di altre attività e di non essere diffidenti verso

i giovani che non sono disonesti, se noi non li rendiamo tali.


 

 

 

Esorto i miei allievi a non perdere la speranza anche se le loro

attese verranno momentaneamente frustrate. Poiché le nostre idee

sono eterne: sono quelle per le quali l'uomo non è ancora

scomparso come portatore di umanità; esse danno cattiva

coscienza al violento e all'ipocrita limitandone l'efficienza; sono

state la forza di Socrate e di Cristo, sono la potenza vitale con cui i

buoni ancora una volta, siatene certi, prevarranno sui malvagi.

 

Breve pausa.

Ora ragazzi, diteci il vostro parere.

 

Pesaro 25 luglio 2024 ore 18, 36. giovanni ghiselli

 

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