Cerca nel blog

venerdì 26 luglio 2024

Ifigenia CXLII. Il fatidico monte delle formiche.


 

Questa pièce mi risollevò e aprì la strada al romanzo che state leggendo. Fino al giorno del giugno successivo in cui Ifigenia mi lasciò per un attore famoso, tuttavia non iniziai quest’opera grande.

Ora so che quando si comincia a scrivere un romanzo epico, cercando di renderlo storico piuttosto che personale, razionale, preciso e nello stesso tempo meraviglioso con logos e mythos,  predisponendosi ad anni di sacrifici, di rinunce a ogni piacere non funzionale all’opera intrapresa, si sente la necessità di questo concepimento e parto, si ode un tuono e si vede un lampo che chiamano a tale compito, quali segni del cielo, e non è possibile sottrarsi a un impegno siffatto: esso richiede cure assidue ogni giorno, come un figlio piccino, bisognoso di tutto; si fa pensare sempre come un’amante amata, esige tutta l’attenzione, le energie necessarie alla sua crescita; si fa sentire anche nel letto quando non riusciamo a prendere sonno e quando domiamo. Perfino quando facciamo l’amore.

Del resto l’entusiasmo di Ifigenia per quanto avevo scritto e per me non durò a lungo. Verso la fine di ottobre notai un calo di interesse nei miei confronti.

Il primo novembre, secondo anniversario del nostro inizio amoroso, scalammo insieme parte della dura salita che si inerpica su per il monte cosiddetto delle formiche. L’anno precedente, alla prima ricorrenza del natale erotico, vi eravamo saliti chiusi nell’automobile: allora le dissi che se avesse raggiunto quella cima in bicicletta, l’avrei sposata. Allora speravo che mi lasciasse e azzardai tale promessa convinto che non ce l’avrebbe fatta.

Ora invece temevo di essere lasciato e le chiesi di tentare la prova. Segni e contrassegni, prove e controprove: a ottanta anni vivo ancora così. Questo mese il giro del Peloponneso con il Taigeto. Fino a quando non ne morirò. “Tu non cedere mai”, mi dico sempre.

Ifigenia, non più tanto interessata a me, disse che non ce l’avrebbe fatta. Invece scalò due terzi dell’impervia ascesa.

“Al prossimo anniversario- le dissi- compirai l’impresa e non ne morrai come le formiche”.

 Quindi le recitai il distico che avevo letto in cima a una scalinata posta nell’abside della chiesa posta sulla cima del monte:

Certatim volitant formicae ad Virginis aram

Et simulac volitant victima quaeque cadit

Il primo novembre del 1981era caduto anche il nostro sodalizio. Io mi trovavo a Pesaro da solo: la mattina fino a mezzogiorno scrivevo a penna i primi capitoli di questa opera nuova e già antica, il pomeriggio andavo al mare prima che dal cielo scendesse il buio precoce. Osservavo i gabbiani che si posavano sulla sabbia umida o volavano sopra l’acqua giallastra nella bruma che calava implacabile mentre un relitto di sole mortificato appariva quale un lampione languente, a corto di gas.

Gli uccelli famelici emettevano strida disperate. Di Ifigenia non sapevo più niente, nemmeno se fosse ancora viva o già morta. Oggi so che è l’una e l’altra cosa.

 

Bologna 26 giugno 2024 ore 9, 55 giovanni ghiselli

p. s.

Statistiche del blog

All time1602465

Today62

Yesterday308

This month9456

Last month13707

 

    

 

 

Nessun commento:

Posta un commento

Ifigenia. La lugubre festa.

.         Arrivai all'Antoniano che era circa l'una. Gli aspiranti       ...