Alessandro celebrò giochi e sacrifici, e fu annunciato che la statua di Orfeo nella Pieride ijdrw`sai xunecw`~ (1, 11, 2), sudava continuamente; allora l’indovino Aristandro disse che cantare le gesta di A. sarebbe costata polu;~ povno~ ai poeti.
Al. è l’eroe dei successi costati sudore e fatica perfino a chi li celebrava.
Egli prestava sempre grande attenzione agli oracoli e ai segni, non senza renderseli favorevoli.
Nella primavera del 334 dunque mosse verso l’Ellesponto.
Arrivò a Sesto in venti giorni, poi a Eleunte sacrificò a Protesilao perché a lui toccasse una sbarco diverso. Quindi attraversò l’Ellesponto versando libagioni nel mare, a Poseidone e alle Nereidi. Inoltre, sia partendo dall’Europa, sia sbarcando in Asia eresse altari a Zeus, ad Atena, a Eracle.
Al. era, come Camillo di Livio, “diligentissimus religionum cultor ” (Livio,5, 50, 1), osservante scrupolosissimo della religione.
Polibio nota che Al.quando prese Tebe, essendo adirato con la città, la distrusse, ma non trascurò la devozione verso gli dèi: “th'~ ge pro;~ tou;~ qeou;~ eujsebeiva~ oujk wjligwvrhse” (5, 10, 6), anzi si prese cura che non avvenissero nemmeno errori involontari contro i templi e i sacri recinti in genere, e quando passò in Asia per vendicare l’empietà dei Persiani verso i Greci si astenne (ajpevsceto, 5, 8, 8) da tutto quanto era consacrato agli dèi.
Salito a Ilio, racconta Arriano, sacrificò ad Atena e a Priamo sull’altare di Zeus Erceo[1], volendo stornare l’odio di Priamo da Neottolemo, suo antenato (I, 11, 8).
Plutarco racconta che è una tradizione cui tutti prestano fede: quella secondo la quale Alessandro discendeva da Eracle attraverso Carano e Filippo, e da Eaco, quindi da Achille attraverso Neottolemo e Olimpiade (Vita, 2).
Alessandro Magno considerava felice Achille perché le sue gesta erano state celebrate da Omero: “cum in Sigeo ad Achillis tumulum adstitisset: “O fortunate, inquit, adolescens, qui tuae virtutis Homerum praecōnem inveneris” (Cicerone, Pro Archia, 24), fermatosi al Sigeo[2], davanti alla tomba di Achille, disse: “ o giovane fortunato, che hai trovato Omero come araldo del tuo valore!
Arriano racconta che Alessandro depose una corona sulla tomba di Achille e lo considerò felice per il fatto che gli era toccato Omero come araldo per la memoria dei posteri o{ti jOmhvrou khvruko~ ej~ th;n e[peita mnhvmhn e[tuce (Anabasi di Alessandro, 1, 12, 1).
Achille era il modello di Alessandro
“Nell’Alessandro dominato dall’ira o che avanza irresistibile avvolto nella lucente armatura, si riconoscono facilmente le movenze dell’Achille omerico”[3].
Se l’Iliade è presente con il paradigma del Pelide, non mancano alle storie di Al., e in particolare a quella di Curzio Rufo, nemmeno tracce dell’Odissea, o addirittura delle Argonautiche di Apollonio Rodio: “ I diversi scenari, poi, sui quali si dispongono le molteplici imprese militari di questo eroe in perenne, irrequieto movimento- il Medio oriente, l’Egitto, la Scizia, l’Asia centrale, l’India, la penisola arabica-avvicinano il racconto di Curzio Rufo all’epica dell’Odissea o alla narrativa romanzesca greca di viaggi: usi, costumi, particolari esotici, meraviglie dei luoghi e delle genti con cui Alessandro venne in contatto servono all’autore per solleticare la curiosità del suo pubblico e per rispondere a un bisogno di “evasione” attraverso la letteratura diffuso nella società del tempo”[4].
Sentiamo Arriano: “Alessandro non fu cantato da Pindaro come Ierone, Gelone e Terone, e la sua impresa non ebbe la rinomanza di quella dell’impresa di Ciro il Giovane contro Artaserse raccontata da Senofonte. Eppure questa fu meno significativa.
L’impresa del Macedone è stata la più grande, ed io non mi sono ritenuto indegno di porla davanti agli occhi dell’umanità. Io non devo scrivere il mio nome, né quello della patria o della famiglia o delle cariche o{ti ejmoi; patri;~ te kai; gevno~ kai; ajrcai; oi{de oiJ lovgoi eijsi; te kai; ajpo; nevou e[ti ejgevnonto ( Anabasi di Alessandro, I, 12, 2 e 5), per me patria, famiglia e cariche sono, e fin dalla giovinezza sono state, queste narrazioni. Valore assoluto del lovgo~. Ed io non mi ritengo indegno del primo posto nell’uso della lingua greca”.
Arriano mitizza se stesso, imitando Al.
Pesaro 29 luglio 2024 ore 9 giovanni ghiselli
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