sabato 27 luglio 2024

Il processo ai vinti. La guerra è fatta anche di propaganda, allora come oggi

Alessandro III

 

Nel 335 Tebe si rivolta, e Alessandro la rade al suolo. Arriano tende a giustificare la strage che fu la nemesi, promossa dall'ira divina per i misfatti storici dei Tebani contro i Greci al tempo delle guerre persiane, e contro i Plateesi durante la guerra del Peloponneso (Anabasi di A. I, 9, 7).

Nel 427 ci fu un esempio di processo e condanna a morte dei vinti quali criminali di guerra.

Arriano dichiara fin dal principio la sua dipendenza da Tolomeo e Aristobulo di Cassandrea, architetto che partecipò alla spedizione di Al. e  ricevette l'incarico di ristrutturare la tomba di Ciro il Grande (Arriano, 6, 26, 10).

 Aristobulo illuminò Al. di luce apologetica con elogi sperticati.

Lo biasima Luciano e afferma che lo criticò anche Al. che era dotato di un carattere virile e non sopportò l'aulazione. Aristobulo descrisse infatti una monomaciva tra Al. e Poro, quindi attribuì al Macedone prodezze inventate: Al. che stava navigando sul fiume Idaspe afferrò il libro e lo gettò in acqua aggiungendo che ci sarebbe dovuto finire anche lui che scriveva tali fandonie. Al. non sopportò l'ardire dell'architetto che aveva promesso di fare del monte Athos- al confone tra Grecia e Macedonia- un'immagine del re, ajlla; kovlaka eujqu;" ejpignouv" ma riconosciutolo quale adulatore, non si servì più di lui.  (Luciano,Come si deve scrivere la storia, [1]25, 12).

Luciano ricorda pure in un altro scritto che Al. impedì ad Aristobulo di cambiare le forme del monte Athos per farne un'immagine umana : gli ordinò di lasciarlo com'era :" mhde; katasmikruvnein o[ro" ou{tw mevga pro;" mikrou' swvmato" oJmoiovthta"[2], e di non rimpicciolire una così grande montagna per assimilarla a un piccolo corpo.

Plutarco invece racconta che fu l'architetto preferito Stasicrate a fare la proposta di ridurre il monte Athos ad aspetto d'uomo; Al. scartò il progetto dopo la morte di Efestione, ma pensava a opere più strane e dispendiose di questa (Vita, 72, 5 sgg.)

 Curzio stigmatizza la propensione di Al. all'alcool e solo una volta gli concede l'attenuante della giovane età (10, 5, 34).

Arriano dipende molto da Tolomeo che fece una narrazione encomiastica delle imprese di Al.

 

Curzio Rufo invece critica gli eccessi di Al. non compos sui e in questi casi non dipende da Tolomeo. La condanna di Filota e l'assassinio di Parmenione ad esempio vengono biasimati da Curzio il quale dedica quattro capitoli alla vicenda di Filota (VI, 8-11).

Quindi fa un panegirico di Parmenione (VII, 2, 33).

Poi di Callistene, altra vittima di Al.

 

Arriano si presta meno di Curzio Rufo a letture antropologiche.

 Nell' Anabasi è fatta a tavolino le operazioni militari prendono grande spazio, i valori etici interessano meno l'autore.

 Arriano dice decine di volte che A. ha organizzato gare[3] o ha sacrificato agli dèi, ma non ne spiega la ragione. In questo non è tucidideo. Non è indagatore di cause.

 

Curzio ne suggerisce una: dopo la conquista non troppo difficile della rupe di Aorno (nel Kashmir, 326) Al. magnae victoriae speciem…fecit” (8, 11, 24), creò l’apparenza di una grande vittoria con sacrifici e cerimonie in onore degli dèi. La guerra è fatta anche di propaganda.

 

Famā enim bella constant, et saepe etiam, quod falso creditum est, veri vicem obtinuit” (8, 8, 15), Le guerre sono fatte di quello che si fa sapere (attraverso la propaganda), e spesso anche quanto si è creduto per sbaglio, ha fatto le veci della verità. Sono parole che Curzio Rufo attribuisce ad Alessandro.

 

Cfr. fhmiv,  latino for, dico. La gente non solo vive e mangia ma pure fa e interpreta la guerra seguendo il “si dice”. Seneca:"nulla res nos maioribus malis implicat quam quod ad rumorem componimur " (De vita beata , 1, 3), nessuna cosa ci avviluppa in mali maggiori del fatto di regolarci secondo il "si dice".

Pesaro 27 luglio 2024 ore 11, 35 giovanni ghiselli

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[1] 163 d. C.

[2] Difesa delle immagini 40, 9, 164 d. C.

[3] J. Burckhardt e J. Huizinga hanno puntato l'attenzione sullo spirito agonistico e ludico dei Greci.

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