Andammo a letto. Ognuno nel suo, in collegi diversi. Verso le tre, quando l’alba faceva già biancheggiare il cielo e si rischiaravano le foglie degli alberi mosse adagio da un vento leggero a strusciarsi sui vetri delle finestre, Ifigenia aprì la porta della stanza dove non riuscivo a dormire, mise la testa nera nel vano dell’uscio e mi pregò di uscire. Ci fronteggiamo seduti nella saletta di studio compresa tra le due camere con quattro letti ciascuna.
Con le lacrime negli occhi scuri via via rischiarati dalla luce crepuscolare disse che aveva capito di non avere più niente da darmi, né io del resto avevo alcuna attenzione per lei, sicché doveva tornare a casa sua perché in quel luogo lontano ed estraneo si sentiva come un gattino abbandonato da tutti e desolato. Sapeva che i gatti mi piacciono molto.
Mi fece pena. Le accarezzai la testa che si piegava davvero come quella di un piccolo felino e con voce commossa sussurrai: “Non buttarti giù così: vedrai che riusciremo a rimettere in piedi il nostro rapporto uscito di sesto. Ti prometto che mi impegnerò per ricomporre la frattura del nostro amore scomposto”.
Avevo imparato questi termini nel 1972 quando caddi dalla bicicletta in discesa e mi rialzai con terrore vedendo l’avambraccio destro dimidiato: la mano pendeva sul ventre come un pezzo di ramo spezzato.
Avevo rischiato di restare monco per tutta la vita mi dissero all’ospedale San Salvatore di Pesaro dopo operazione di ore. Invece ero tornato a vivere come prima. Con il braccio ancora ingessato anzi soltanto due mesi poù tardi avevo vissuto uno degli amori belli della mia vita mortale: quello con la brava linguista studiosa Kaisa.
Ifigenia si confortò e smise di lacrimare. Disse: “quando ti impegni tu hai successo, dato l’uomo che sei”
“Se ce la metti tutta anche tu, replicai, trionferemo sulla parte cattiva, dgenerata del nostro amore”
“Sì, te lo prometto che mi impegnerò e non ti deluderò”.
Erano parole dettate dalla commozione momentanea. Non potevamo rimettere insieme la nostra relazione uscita dai cardini. Le ferite amorose diventano ulcere e la caduta è irreversibile: non ci si rialza più.
Bologna 2 luglio 2024 ore 11, 41 giovanni ghiselli
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