poste sui tre lati della costa montuosa, dalle barche nel mare e dalle stelle nel cielo. Si riconosce la mano di artista del grande demiurgo il quale non può essere che buono per avere infuso tanta bellezza nelle sue creazioni.
Questo fu il primo pensiero quando ci sedemmo a cena sul lungomare. Il secondo fu meno lieto: mi preoccupava la tappa del giorno seguente: trenta chilometri di ascesa dalla periferia di Kalamàta alla cima del monte Taigeto, la tomba degli antichi bambini spartani gettati nei burroni se non apparivano subito abbastanza forti da diventare dei guerrieri validi.
Mi domandavo se vecchio e indebolito com’ero, ce l’avrei fatta.
Ne ero tanto poco sicuro che in albergo mi feci dare il numero di telefono di un taxi per chiedere soccorso in caso di necessità. L’avevano già fatto i comites di viaggi precedenti senza vergognarsene sebbene giovani. Ma per me sarebbe stata un’onta che avrebbe diminuito di tanto la mia identità, forse l’avrebbe annientata. Pensai perfino che se non fossi riuscito a superare la prova con onore avrei seguito volontariamente la sorte di quei bambini gettati nei dirupi della montagna posta tra la Messenia e la Laconia.
Mentre passeggiavo da solo dopo la cena in compagnia dell’amico che mi incoraggiò ricordando le mie imprese precedenti, mi vennero in mente alcuni versi dell’Achilleide Stazio.
Il poeta latino condanna la guerra che distrugge o danneggia non solo le vite umane ma anche la natura: la costruzione della flotta necessaria alla spedizione contro Troia spogliò delle loro ombre i monti e li rimpicciolì: “Nusquam umbrae veteres: minor Othrys et ardua sidunt/ Taygeta, exuti viderunt aëra montes./Iam natat omne nemus” (I, 426-428), in nessun luogo le antiche ombre: è più piccolo l’Otris e si abbassa l’erto Taigeto, e i monti spogliati videro l’aria. Oramai ogni bosco galleggia.
L’Otris è una catena montuosa della Tessaglia; del Taigeto non dico altro: ognuno lo sa. Quella sera dunque ricordai che l’avevo scalata da Kalamata alla cima (km 33, 12) in bicicletta in 2 ore, 14 minuti e 27 secondi, alla media di 14, 7 Km all’ora quando avevo 62 anni e 8 mesi.
Certamente arrivato a 79 anni e 8 mesi ci avrei messo più tempo ma potevo farcela ancora. Sicché buttai via l’ontoso foglietto con il numero del tassista e rivolto alla montagna gridai: “tutta l’aria è pervia all’aquila”. Quindi andai a dormire.
giovanni ghiselli
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