giovedì 31 agosto 2023

Percorso sull’amore IX 10 Ovidio Remedia Amoris. Antologia commentata da verso 83 a verso 248.


 

Ora procediamo facendo una scelta di versi particolarmente significativi fino al verso 248

 Se l'amore può diventare una malattia anche grave, bisogna capire presto quale legame  diventerà deleterio e togliergli il tempo di fare male:"Nam mora dat vires: teneras mora percoquit uvas/et validas segetes, quae fuit herba, facit " (vv. 83-84), infatti il tempo fornisce le forze: il tempo fa maturare bene le uve acerbe e rende spighe rigogliose quella che era erba.

Il tempo porta a maturazione i frutti dei campi e pure quelli della sventura, dunque, prima di offrire il collo a un giogo amoroso bisogna prevederne gli sviluppi:"Quale sit quod amas, celeri circumspice mente,/et tua laesuro subtrahe colla iugo  " (vv. 89- 90), abbraccia con rapido sguardo  la qualità di quello che ami, e togli via il collo da un giogo che potrà ferirti.

E' importante  individuare in fretta la malattia poiché in amore, come in ogni attività, è decisiva l'intelligenza del tempo:"Principiis obsta: sero medicina paratur /cum mala per longas convaluere moras  " (vv. 91-92), opponiti agli inizi, tardi si procura la medicina quando il male si è rafforzato attraverso lunghi indugi.-convaluere=convaluerunt, perfetto arcaico di convalesco. Insomma: antiquus amor cancer est, un vecchio amore è un cancro, come si legge nel  Satyricon ( 42, 7).

Quindi Ovidio usa il paragone con la ferita (vulnus, Remedia  v. 101) che va medicata subito. Le cure del medico della malattia amorosa, lo stesso terapeuta Ovidio, comunque non mancheranno nemmeno ai malati cronici. Segue il tovpo" della passione incendio che va spento appena divampato, oppure quando le sue forze si sono oramai esaurite (vv. 117-118).

Si tratta di cogliere il momento opportuno, secondo il precetto  posto da Isocrate nel manifesto della sua scuola :"tw'n kairw'n mh; diamartei'n"( Contro i sofisti , 16), non fallire le occasioni.

 Anche la medicina è più o meno  l'arte di cogliere il momento giusto:"Temporis ars medicina fere est" (Remedia, v. 131).

Perciò, suggerisce Ovidio, continuando ad assimilare l'amore a una malattia e la propria cura a quella del medico, quando ti sembrerà di essere medicabilis (136), curabile dalla mia arte, fugias otia (v. 137), evita gli ozi, poiché questi invitano all'amore:"haec ut ames faciunt " v. 138).

Abbiamo già detto di questa diagnosi e riportato alcuni versi. Aggiungo l'esempio mitico di Egisto la cui attività seduttiva nei confronti della donna sposata Clitennestra è descritta e biasimata da Omero nel III canto dell'Odissea : Nestore racconta che mentre gli eroi della guerra troiana erano laggiù a compiere molte imprese, quello se ne stava tranquillo nella parte più sicura (eu[khlo"  mucw'/ , v. 263)  di Argo che nutre cavalli e molto cercava di  sedurre con le parole (qevlgesken e[pessin, v. 264 )[1] la moglie di Agamennone la quale dapprima rifiutava l'indegno misfatto poiché aveva un'anima nobile ed era sorvegliata da un aedo di fiducia del suo sposo, ma alla fine cedeva (vv. 265-272).

L'interpretazione di Ovidio non è troppo diversa da quella di Omero:"Quaeritis Aegisthus quare sit factus adulter;/in promptu causa est; desidiosus erat " (Remedia, vv. 161-162), volete sapere perché Egisto divenne adultero? il motivo è a portata di mano: non aveva nulla da fare.

  Gli altri Greci infatti facevano la guerra e ad Argo non c'erano altre attività a a impegnarlo. Dunque:"Quod potuit, ne nil illic ageretur, amavit " (v. 167), fece quello che poté per non stare là senza far niente: fece l'amore.

Anche Emma Bovary divenne adultera poiché si annoiava:"per lei, ecco, l'esistenza era fredda come un solaio esposto a settentrione, il silenzioso ragno della noia tesseva e ritesseva la tela nell'ombra, in ogni cantuccio del suo animo" (Madame Bovary, p. 36).

Un bel diversivo che ricrea la mente abbattuta dall'amore sono i campi e e il desiderio di occuparsene :" rura quoque oblectant animos studiumque colendi (v. 169). Segue la descrizione di una campagna più amena  che faticosa:"Poma dat autumnus; formonsa est messibus aestas;/ver praebet flores; igne levatur hiemps " (vv. 187-188), l'autunno dà la frutta; l'estate è bella per le messi; la primavera offre fiori; l'inverno è alleviato dal fuoco.

 Non è detto però, che la natura bella allontani i pensieri d'amore o mitighi il dolore dell'assenza della creatura amata, non accade sempre realtà effettuale, né nella poesia.

 Petrarca nel sonetto  già citato (CCLXVI) ci dice che il paesaggio ridente non molcisce l'affanno  ma contrasta con il suo stato d'animo e ne esulcera il dolore per la perdita di Laura:"Ridono i prati, e 'l ciel si rasserena;/Giove s'allegra di mirar sua figlia;/l'aria et l'acqua et la terra è d'amor piena;/ogni animal d'amar si riconsiglia./Ma per me, lasso, tornano i più gravi/sospiri, che del cor profondo tragge/quella ch'al ciel se ne portò le chiavi;/et cantar augelletti, et fiorir piagge/e 'n belle donne honeste atti soavi/sono un deserto, et fere aspre et selvagge" (CCCX ,vv. 5-14).

La corrispondenza paesaggio stato d'animo insomma può definirsi per analogia, come nel sonetto XXVIII "Solo et pensoso i più deserti campi" (XXXV), ma anche per opposizione come nei versi citati sopra.

Tornando ai Remedia  di Ovidio, una volta che il piacere della campagna ha cominciato a incantare l'animo, Amore se ne va annullato con le ali indebolite (vv. 197-198).

Segue il consiglio di praticare la caccia, esercizio consigliato da diversi altri autori, Senofonte, Polibio, Machiavelli p. e., e anche per altre ragioni: principalmente quella di tenere in esercizio il fisico[2]. Un aiuto per dimenticare può venire anche da un lungo viaggio senza voltarsi indietro: se l'amore è una guerra sia guerra scitica, o partica: "tempora nec numera nec crebro respice Romam,/sed fuge; tutus adhuc Parthus ab hoste fuga est " (Remedia, vv. 224-225). non contare i giorni e non voltarti spesso a guardare Roma, ma fuggi, ancora il Parto si mette al riparo con la fuga.

 

Nel IV libro delle sue Storie  Erodoto racconta la fallita spedizione di Dario contro gli Sciti descrivendo i costumi di questo popolo e il loro modo di guerreggiare: facevano terra bruciata e si allontanavano , una strategia  non molto diversa da quella dei Russi descritti da Tolstoj che in Guerra e pace  definisce ancora " piano di guerra scitica" quello "mirante ad attirare Napoleone nelle regioni interne della Russia" (p. 1031).

 

 

 Già Properzio aveva affermato l'opportunità della ritirata altrove per salvarsi dalla pena amorosa:"Magnum iter ad doctas proficisci cogor Athenas/ut me longa gravi solvat amore via./Crescit enim assidue spectando cura puellae:/ipse alimenta sibi maxima praebet Amor./Omnia sunt temptata mihi, quacumque fugari/ possit; at ex omni me premit ipse deus./…Unum erit auxilium: mutatis Cinthya terris/Quantum oculis, animo tam procul ibit amor./ Nunc agite, o socii, propellite in aequore navem "III, 21, 1-6; 8-10), sono costretto a partire per un grande viaggio verso la dotta Atene perché un lungo tragitto mi liberi da quest'amore opprimente. Cresce infatti continuamente osservandola il tormento della ragazza: Amore si fornisce da solo l'alimento più grande. Le ho tentate tutte, da qualunque parte si potesse mettere in fuga; ma da ogni parte mi opprime lo stesso dio…resterà solo un rimedio: mutato luogo, Cinzia,  quanto dagli occhi tanto lontano andrà Amore dal cuore.  Ora avanti, compagni, spingete nel mare la nave.

 

Da questi autori dunque è stato ribaltato il topos dell'inutilità della mutatio locorum che si trova in Orazio :"Caelum, non animum, mutant qui trans mare currunt/strenua nos exercet inertia " (Epistole,  1, 11, 27-28) , cambiano il cielo, non lo stato d'animo quelli che corrono al di là del mare, un'irrequieta indolenza ci tiene in ansia. 

Poi Seneca scriverà:" Animum debes mutare, non caelum. Licet vastum traieceris mare, licet, ut ait Vergilius noster, "terraeque urbesque recedant" [3], sequentur te quocumque perveneris vitia " (Ep. a Lucilio , 28, 1), l'animo devi cambiare, non il cielo. Anche se avrai attraversato il mare immenso, anche se, come dice il nostro Virgilio, "terre e città si allontanano", dovunque sarai giunto ti seguiranno i vizi.

E ancora:" Nullum tibi opem feret iste discursus; peregrinaris enim cum adfectibus tuis et mala te tua sequunturQuid ergo? animum tot locis fractum et extortum credis locorum mutatione posse sanari? Maius est istud malum quam ut gestatione curetur ...Nullum est, mihi crede, iter quod te extra cupiditates, extra iras, extra metus sistat " (Ep. a Lucilio , 104, 17-19), questo correre qua e là non ti porterà nessun vantaggio; infatti vai in giro con le tue passioni e i tuoi vizi ti seguono… che dunque? credi che l'animo in tanti luoghi ferito e slogato possa sanarsi col cambiar luogo? Il male è troppo grande per essere guarito con una passeggiata...Non c'è viaggio, credimi, che ti metta al riparo dalle passioni, dall'ira, dal timore.

Ovidio al contrario pensa che cento distrazioni (centum solacia ) avranno la forza di allontanare l'affanno. Ma non devi avere fretta di tornare, ammonisce, altrimenti "inferet arma tibi saeva rebellis Amor/quidquid et afueris, avidus sitiensque redibis,/et spatium damno cesserit omne tuo " (Remedia, vv. 246-248), Amore pronto a ricominciare la guerra ti porterà contro le armi crudeli, e nonostante tutto il tempo nel quale sarai stato lontano, tornerai bramoso e assetato e lo spazio attraversato andrà perduto con tuo danno.

Pesaro 31 agosto 2023 ore 18, 21 giovanni ghiselli

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[1]Per un commento a questi versi vedi il mio Ulisse, il figlio, le donne, i viaggi, gli amori , con la scheda "Il seduttore intellettuale. Egisto" .

[2]Cfr. la scheda su "La caccia"  appunto nel mio Storiografi Greci , Loffredo, Napoli, 1998, p. 193-196.

[3]Eneide  III, 72, quando i Troiani si allontanano dalla Tracia.

Percorso sull’amore IX 9 vidio Remedia Amoris

Proemio terza e ultima parte (vv. 47-78).
 
"Vulnus in Herculeo quae quondam fecerat hoste,/vulneris auxilium Pelias hasta tulit " (vv. 47-48), l'asta Pelia che una volta aveva inferto una ferita nel nemico figlio di Ercole, portò aiuto alla ferita.- Herculeo hoste: Ovidio procede con un exemplum tratto dal mito dopo quello ricavato dalla natura. L'Eraclide in questione è Telefo che la lancia di Achille, ricavata dal legno di un frassino del Pelio, monte della Tessaglia[1], prima ferì poi risanò. Come dire che l'amore è un'arma a doppio taglio. 
"Sed quaecumque viris, vobis quoque dicta, puellae,/credite; diversis partibus arma damus" (vv. 49-50), ma tutto quanto è detto per gli uomini, è detto anche per voi, ragazze, credete; noi offriamo le armi alle fazioni opposte.-vobis quoque: è l'obiettività  epica applicata al campo erotico; Ovidio vuole evitare l'accusa di parzialità.-arma: armi, beninteso, non cruente.
"E quibus ad vestros si quid non pertinet usus,/attamen exemplo multa docere potest./Utile propositum est saevas extinguere flammas/nec servum vitii pectus habere sui " (vv. 51-54), e se tra queste qualcuna non è adatta ai vostri bisogni, tuttavia può insegnare molto con l'esempio. Proposito utile è spengere le fiamme crudeli e non avere il cuore schiavo della sua malattia.-exemplo: l'esempio fornisce l'elemento concreto all’educazione.-saevas flammas: sono quelle distruttive; infatti il fuoco è, pure lui, ambivalente e può essere anche purificatore.-vitii…sui: la malattia del cuore è l'emotività eccessiva.
 
 Seguono esempi di amori pessimi che gli amanti avrebbero evitato se avessero ascoltato i precetti del maestro. Così Fillide, Didone, Medea, Tereo, Pasife, Fedra, Menelao e Scilla, che per amore di Minosse mandò in rovina suo padre Niso, avrebbero risparmiato tanto dolore se avessero utilizzato le lezioni di Ovidio che si sente il nocchiero della navigazione erotica:"Me duce damnosas, homines compescite curas;/rectaque cum sociis me duce navis eat " (vv. 69-70), sotto la mia guida, umani, domate le ansie nocive; sotto la mia guida la nave proceda diritta con l'equipaggio.
Per una pratica corretta dell'amore è indispensabile la lettura del poeta il quale si definisce difensore della libertà con riferimento al fatto che un rapporto erotico malato, ossia privo di bene velle, diviene una tirannide del più forte:"Publicus assertor dominis suppressa levabo/pectora:vindictae quisque favete suae " (vv. 73-74), pubblico liberatore solleverò i cuori oppressi dai tiranni: ciascuno favorisca la sua liberazione.-Publicus assertor : l'espressione appartiene all'ambito giuridico e designa  l'assertor libertatis il quale toccava lo schiavo con la bacchetta di affrancamento (vindicta) davanti a un magistrato e al dominus e lo poneva in libertà.- dominis suppressa: Ovidio è un liberatore come l'Epicuro di Lucrezio che affrancò la vita umana quando giaceva "in terris oppressa gravi sub religione" (Lucrezio, De rerum natura , I, 63), schiacciata in terra sotto l'opprimente superstizione.
"Te precor incipiens; adsit tua laurea nobis,/carminis et medicae, Phoebe, repertor opis; tu pariter vati, pariter succurre medenti; utraque tutelae subdita cura tuae est" (Remedia, vv. 75-78), ti invoco all'inizio; mi assista il tuo alloro, Febo, inventore della poesia e della medicina; tu vieni in aiuto sia del poeta sia del guaritore; l'una e l'altra cura sono soggette alla tua tutela.-Te…tua…tu…tuae: anafora (con poliptoto) dei pronomi personali e degli aggettivi possessivi, tipica del linguaggio della preghiera.-Phoebe: Febo Apollo viene invocato come guaritore anche dal Coro nella Parodo dell'Edipo re (v. 154). Qui il vates Ovidio assume una funzione simile a quella del mavnti"  Tiresia nelle tragedie di Sofocle.
Il proemio è terminato
 Pesaro 31 agosto 2023 ore 17, 36 giovanni ghiselli


[1] Quello da cui Giasone "spinse nel mar gli abeti,/ e primo corse a fendere/ co' remi il seno a Teti" (V. Monti , Al signor di Montgolfier, vv. 2-4) 

Altri morti sul lavoro. La causa più vera.


 

Oggi sono sei. Ripeto quanto ho già scritto sulla causa e aggiungo qualcosa a quanto ho già scritto e detto.

 La causa prima è il fatto che la scuola non funziona più. Non insegna a lavorare, non insegna a vivere. I giovani non ricevono un’educazione che sia un viatico verso a una vita davvero umana.

Quando la scuola non funziona, nulla funziona più.

 

Un’aggiunta. La decadenza per lo meno numerica del liceo classico con la mancata conoscenza del latino e del grecom cioè senza la piena comprensione della stessa lingua italiana, aggrava l’ignoranza della storia, della letteratura, della filosofia, e di tutte le materie compresa la matematica.

Questa infatti insegna una logica astratta, staccata dalla vita, almeno come la insegnavano a me, non certo bene.

Dalle materie letterarie e soprattutto dal greco e dal latino, le più importanti nel liceo classico di allora (1958-1963 Terenzio Mariani di Pesaro) ho imparato non solo le regole e la logica necessaria per tradurre i testi ma anche la cortesia, la delicatezza, la buona educazione necessarie per vivere umanamente, non ferinamente. Del resto la logica e la conoscenza dei tecnicismi della lingua non bastavano nemmeno per tradurre. Era necessaria l’intuizione per capire un testo, la sensibilità per amarlo e comprendelo a fondo.

In casa mia non girava nemmeno un giornale quotidiano, ma quando la professoressa assegnava un brano difficile di greco prendevo 9 quando pochissimi altri arrivavano al sei.

Il greco, e il latino già dalle medie Lucio Accio (1955-1958),  non solo hanno accresciuto le mie conoscenze ma anche ingrandito e potenziato la mia sensibilità. Già a tredici anni mi spingevano a primeggiare impiegando tutte le forze per valorizzare le mie capacità. Amor proprio che poi si è esteso sul prossimo: donne, uomini, allievi, giovani e vecchi. Chi non fruisce di un insegnamento di umanità non si cura degli altri.

Li lascia morire o addirittura li fa morire.

Pesaro 31 agosto 2023 ore 17, 18  giovanni ghiselli

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Percorso sull’amore IX 8 Ovidio Remedia Amoris Proemio seconda parte. Le fragole nascono sotto l' ortica.

 

"Vitricus et gladiis et acuta dimicet hasta/et victor multa caede cruentus eat;/tu cole maternas, tuto quibus utimur, artes,/et quarum vitio nulla fit orba parens" (vv. 27-30), il tuo patrigno combatta con spade e lancia acuminata ed esca vincitore insanguinato per molta strage; tu coltiva le arti materne, delle quali ci serviamo senza pericolo, e per colpa delle quali nessuna madre viene privata dei figli.

-Vitricus: è Marte in quanto amante di Venere. Il dio combatte con armi vere e nude che provocano stragi; tuttavia, come sappiamo dall'inno a Venere del De rerum natura perfino questo dio sanguinario può essere vinto dalle ferite metaforiche dell'amore (I, 34).

-maternas…artes: sono quelle della seduzione, fondamentalmente due: la bellezza dell'aspetto e quella della parola.

Odisseo aveva soprattutto la seconda, Giasone la prima, Alcibiade le aveva entrambe.

-tuto quibus utimur: chi è devoto di Venere e Amore si trova al sicuro rispetto alla guerra.

Lo afferma anche Tibullo:"Quisquis amore tenetur , eat tutusque sacerque/qualibet; insidias non timuisse decet!" (I, 1, 29-30), chiunque sia occupato da amore, vada in qualsiasi luogo sicuro e intoccabile; gli si addice non prendersi paura delle insidie.

Similmente Properzio:"nec tamen est quisquam, sacros qui laedat amantes" (III, 16, 11), né tuttavia c'è alcuno che tocchi i sacri amanti.

Non certo i santi sacerdoti dell'Antonio e Cleopatra che, come abbiamo visto, benedicevano la regina nella sua lussuria. 

-orba parens: (Remedia, 30) è una sommessa maledizione della guerra che stronca le giovani vite, una delle tante.-

"effice, nocturna, frangatur ianua rixa/ et tegat ornatas multa corona fores;/fac coeant furtim iuvenes timidaeque puellae/ verbaque dent cauto qualibet arte viro,/et modo blanditias rigido, modo iurgia, posti/dicat et exclusus flebile cantet amans" (vv. 31-36), fai in modo che la porta venga rotta dalla rissa notturna e che molte corone coprano i battenti addobbati; fai incontrare di nascosto i giovani e le timide ragazze ed esse ingannino con qualsiasi mezzo l'amante sospettoso, e all'uscio inflessibile l'amante dica ora parole carezzevoli ora invettive e, chiuso fuori, canti compassionevolmente.

-effice…frangatur…tegat: costruzione paratattica senza ut.-multa corona: la violenza delle risse, del resto non omicide, è attenuata dalle ghirlande di fiori. "il nesso multa corona rimanda, per antifrasi, a multa caede del v. 28"[1].

 verbaque dent:" dare verba è espressione del sermo cotidianus comico satirico equivalente come senso a decipere, "ingannare" (per esempio Terenzio, Eunuchus, v. 24 e Orazio, Satire I, 3, v. 22)"[2].

-cauto…viro: è il marito o l'amante sospettoso. Appartiene, vedremo,  a questa categoria L'eterno marito descritto da Dostoevskij come predestinato alle corna.

-rigido…posti: l'inflessibilità della porta chiusa davanti all'innamorato  è in realtà quella della donna insensibile alle sofferenze dello spasimante. Rigidus evoca il freddo animo della donna che non apre: deriva infatti dalla radice rig-/frig su cui si formano pure rigeo , "sono rigido" per il freddo e frigus , "freddo". 

 In Amores I, 6, 17 i claustra (le serrature) sono definiti inmitia (spietate) e alla fine dell'elegia  l'addio è rivolto ai battenti crudeli con la soglia insensibile ("Vos quoque, crudeles rigido cum limine postes" , v. 73).

-flebile (Remedia, 36)  neutro avverbiale, molto comune in greco. 

"His lacrimis contentus eris sine crimine mortis:/non tua fax avidos digna subire rogos." ( Remedia, vv. 37-38), ti accontenterai di queste lacrime senza la colpa della morte: la tua fiaccola non è adatta ad andare sotto ai roghi ingordi.-fax: abbiamo già detto dell'ambivalenza simbolica della fax e della taeda nella storia di Didone. Accompagna funerali e matrimoni. Due situazioni entrambe tristissime a parer mio, modesto e stravagante ma convinto.

Qui possiamo aggiungere che nell'Agamennone di Eschilo una funzione del genere la assume il tappeto rosso, la via coperta di porpora ( porfurovstrwto" povro", v. 910) fatta stendere dalla regina per il re vincitore. Questo oggetto rosso-sangue è simbolico: da una parte è segno di lusso eccessivo, come noterà  lo stesso Atrìde, dall'altra prefigura il sanguinoso assassinio del re. Anche il lusso è associabile alla morte, aggiungo quale poverello di Pesaro fiero della propria povertà quanto lo erano  Socrate, Giovanni Battista, l’onesto Giovanni,  Cristo e Francesco di Assisi.

"Haec ego; movit Amor gemmatas aureus alas/et mihi "propositum perfice" -dixit- opus" (Remedia, vv. 39-40), queste parole io; Amore aureo scosse le ali adorne di gemme e mi rispose "porta a termine l'opera promessa".

-movit…gemmatas…alas: Amore dà l' assenso in tutto il suo fulgore (aureus) e avalla il piano di lavoro del suo fedele.

Il poeta quindi impiega questa ispirazione in pro dei lettori :"Ad mea, decepti iuvenes, praecepta venite,/quos suus ex omni parte fefellit amor./Discite sanari, per quem didicistis amare; una manus vobis vulnus opemque feret " (vv. 41-44), venite alle mie lezioni, giovani raggirati, quelli che da qualsiasi parte l'amore accolto ha ingannato. Imparate a essere risanati da quello per cui avete imparato ad amare; una sola mano vi porterà la ferita e l'aiuto.

-decepti: si può dire delle illusioni di Amore quanto afferma Gorgia della tragedia: essa crea un inganno nel quale chi inganna è più giusto di chi non inganna, e chi è ingannato è più saggio di chi non viene ingannato: "o{ te ajpathvsa" dikaiovtero" tou' mh; ajpathvsanto" kai; oJ ajpathqei;" sofwvtero" tou' mh; ajpathqevnto""[3].-sanari: come si è detto, Ovidio vuole assimilare il suo poemetto a un trattato di medicina. Questo verbo verrà ripreso, vedremo, nell'ultimo verso.-amare: l'accostamento di questa attività alla passività di sanari mostra come anche il tenerorum lusor amorum accosti attivamente l'amore alla malattia che ha bisogno di precetti curativi.-vulnus: ecco che infatti torna la solita calunnia dei poeti. Ma, abbiamo sentito la lucidità del principe Andrej in Guerra e pace, l'amore è vita .

"Terra salutares herbas eademque nocentes/nutrit et urticae proxima saepe rosa est " (Remedia, vv. 45-46), la terra nutre erbe salutari e pure quelle nocive e spesso la rosa è vicinissima all'ortica.-terra: la similitudine della terra alla donna che abbiamo visto ci dà conto di come dall'una e dall'altra si possano trarre frutti diversi, anche contrapposti. In ogni caso il raccoglitore che sbaglia non può incriminare la Grande Madre che offre.

Enrico V, il principe dissipato, gozzovigliatore[4], che diviene re saggio e capo di eserciti valorosi presenta una personificazione della vicinanza tra rosa e ortica.

Sentiamone il ritratto paradossale che mescola vizi e virtù

 Shakespeare cerca di spiegare come grandi qualità potessero celarsi nel principe libertino (Enrico V, atto II, scena 1, 60 sgg,):

The strawberry grows underneath the nettle,/ And wholesome berries thrive and ripen best/Neighbour’d by fruit of baser quality:/And so the prince pbscur’d his contemplation/Under the veil of wildness; which, no doubt,/Grew like the summer grass, fastest by night,/Unseen, yet crescive in his faculty “la fragola cresce sotto l’ortica e le bacche salutari prosperano e maturano meglio in compagnia di frutti di qualità inferiore: così il principe celò il suo spirito di osservazione sotto le apparenze del libertinaggio, e questo spirito senza dubbio deve aver fatto come l’erba estiva che cresce di notte non vista, ma proprio allora più soggetta alla forza di sviluppo che le è insita”.

Chi mi legge sa che I miei scritti sono pieni di questi “segni di contraddizione” a partire da me stesso,

Pesaro 31 agosto 2023 ore 11, 04. giovanni ghiselli

p. s

La decisa decadenza del sole per l’appressar dell’ umido equinozio  che offusca l’oro delle sabbie salse della nostra marina mi rattrista, eppure da questo autunno mi aspetto cose buone e grandi.

Baci

giabnni



[1]G. B. Conte, Scriptorium classicum 2, p. 180.

[2]G. B. Conte, Scriptorium classicum 2,p.180.

[3]In Plutarco, de glor. Ath. 5 p. 348 C. E’ una declamazione compresa in Πότερον θηναοι κατ πόλεμον κατ σοφίαν νδοξότεροι

[4] Cfr. Dostoevskij, I demoni: “tutto ciò somigliava alla giovinezza del principe Harry che gozzovigliava con Falstaff” (p. 43).

mercoledì 30 agosto 2023

Percorso sull'amore IX, 7. I Remedia amoris di Ovidio. Proemio (vv. 1-78) prima parte (vv. 1-26)


 

I Remedia amoris appartengono all'ultimo periodo della prima parte della produzione ovidiana, quella elegiaco- amorosa che  arriva al 2 d. C. Ebbene in questo poemetto di 814 versi (412 distici elegiaci) il poeta non tocca l'argomento della moralizzazione necessaria al benessere mentale ma insiste nel consigliare  finzione e simulazione.

 L'amore è ancora una volta visto come una partita a scacchi[1].

 Invece Pavese sostiene:"L'amore è come la grazia di Dio-l'astuzia non serve"[2]. Io me ne sono servito. Ha funzionato nelle situazioni già favorevoli. .

 L'Ars amatoria , l' abbiamo visto, è un poema di precettistica erotica nel quale il praeceptor amoris  (I, 17), ossia l'autore stesso, "insegna a ricondurre tutti i momenti di una relazione d'amore alla strategia del maggior vantaggio possibile; perfino la sofferenza non viene esclusa purché sia ridotta, essa pure, a strumento dell'utile : per guadagnare il favore della puella  sarà bene che il corteggiatore appaia  sofferente: est tibi agendus amans imitandaque vulnera verbis  ( Ars amatoria  1, 609)"[3], devi fare la parte dell'innamorato e con le parole simulare le ferite. Chi mi legge sa che cosa significa.

"Tocchiamo così un punto cruciale della conversione che ha subìto l'elegia: dall'ideologia della sincerità a quella della finzione. L'elegia aveva fatto dell'autenticità la forma stessa del suo discorso; la didascalica ovidiana diffida della sincerità e delle passioni incontrollabili, e raccomanda invece l'arte di fingere. Come un attore, l'amante deve recitare il suo ruolo: est tibi agendus amans ...Se la didascalica ovidiana costituisce la realizzazione di questo semplice programma (alla fine risulterà che è possibile un amore senza frustrazioni e patimenti) possiamo aggiungere che Ovidio non si accontenta di una dimostrazione 'affermativa' (" vi insegno come si ama") ma accetta anche la sfida di una prova in negativo ("se il vostro amore è sbagliato, vi insegno a liberarvene")...Ciò che rispetto all'Ars  distingue i Remedia  sta nelle ragioni specifiche di un'opera che si propone come insegnamento di una terapia: si tratta di servirsi ora della riconosciuta parzialità del mondo elegiaco per indicare l'esistenza e i vantaggi di altri mondi verso cui uscire, in cui cercare rifugio e guarigione...l'argomentazione didascalica dei Remedia  intende aggredire l'elegia in uno dei suoi fondamentali presupposti ideologici: il rifiuto della vita attiva, la scelta deliberata dell'otium desidiosum [4]. Se l'otium , la pigra mollezza, è alimento della malattia d'amore, la guarigione comincia già dall'impegnarsi in una vita attiva: Remedia amoris  143 s. qui finem quaeris amoris,/ (cedit amor rebus) res age, tutu, eris "[5]  . Di questi versi abbiamo già dato la traduzione.

Mi sembrano cruciale anche quest' altro distico sull'otium da evitare se si vuole guarire dall'amore:"otia si tollas, periere Cupidinis arcus,/contemptaeque iacent et sine luce faces" (139-140), se togli di mezzo il tempo libero, si rompono gli archi di Cupido, e le sue fiaccole rimangono a terra disprezzate e senza luce.

In altre parole: se tu investi buona parte della tua passione sul lavoro, sullo studio o sullo sport o, Dio me ne guardi, sul cibo, ne hai meno da dedicare alle donne.

L'amore ha bisogno di tempo libero: nel Duvskolo" di Menandro  Sostrato, l'innamorato ricco, domanda al fratello della ragazza, Gorgia  è:"ma per gli dèi, non sei mai stato innamorato di una, tu ragazzo?"(v. 341). E  il futuro cognato, che ricco non è, risponde: "Non me lo posso permettere, caro mio"(v.342) Sostrato non ne capisce la ragione e domanda:"chi te lo impedisce?" pensando magari al vecchio misantropo il patrigno di Gorgia, ma questo fa vedere un panorama negativo più ampio:"il calcolo dei miei guai/che non mi dà un momento di respiro"(343-344).

L'uxoricida della già citata Sonata a Kreutzer mette l'ozio tra le esche ingannevoli della sua infausta passione amorosa:"Ma in realtà quel mio amore era prodotto, da una parte, dall'affaccendata madre e dalla sarta, dall'altra-dalla grande abbondanza di cibi che ingoiavo, e in più dalla vita oziosa che menavo" (p. 327). Altrettanto pensa la vecchia Bovary dei grilli della nuora:"Ci vorrebbe un'occupazione, un bel lavoro manuale! Se come tante altre fosse costretta a guadagnarsi il pane, non avrebbe mica tanti fumi per la testa. Sai da dove vengono? Da quel mucchio di idee balorde, dal troppo ozio in cui vive"[6].

 

Credo che nell’accoppiarsi ci si debba guardare dalle persone oziose: chiacchierano, perdono tempo, lo fanno perdere e sono posssessive. Per giunta sono infedeli.

 

Le attività raccomandate da Ovidio sono innanzitutto quelle "del foro e della guerra, il cui rifiuto voleva dire per il poeta elegiaco rinuncia alla carriera e alla rispettabilità" (p. 40). In una nota[7] Conte menziona Amores  I, 15, 1 ss. segnalando che in questa elegia di Ovidio "e in genere nei luoghi elegiaci pertinenti, le attività rifiutate si connotano negativamente (praemia militiae pulverulenta ; verbosas leges  e ingrato foro  ai vv. 4 ss.) ed è invece rivendicata la positività dell'ignavia  e dell'inertia  (la poesia elegiaca è detta ingenii inertis opus ); al contrario, nei Remedia , il poeta deve impegnarsi a sottolineare la positività dei mondi che il suo allievo deve scoprire (152 ss.), ed è adesso la scelta dell'otium  a subire la critica (quella stessa che poteva venire dai moralisti benpensanti, dai senes severiores )".

Altra operosità raccomandata per sfuggire al tormento amoroso è quella nell'agricoltura, " l'attività economica tradizionale del signore romano, ma che è raccomandata come modello di vita in cui i tratti dell'utile quasi cedono di fronte alle preponderanti attrattive estetiche che può offrire una tenuta di campagna. E naturalmente, fra i modi di combattere l'otium , non può mancare la passione per la caccia (e in subordine, per la pesca): l'inconciliabilità fra Diana e Venere è una di quelle opposizioni fondamentali che sono addirittura registrate nel codice antropologico"[8].

Vediamo il proemio di questo poemetto, quindi scegliamo alcuni "versi chiave"

"L'opera si presenta come un trattato di medicina, il cui contenuto si sviluppa in una serie di precetti (i precedenti si collocano nel mondo greco: nel II sec. a. C. Nicandro di Colofone aveva raccolto in esametri ricette e antidoti contro i veleni di origine animale e vegetale). Trattazione scientifica dunque, per un argomento considerato di pertinenza scientifica"[9].

Aggiungo e preciso: Il metodo e il lessico della scienza medica era stato usato, molto prima, nella letteratura greca da Tucidide il quale pensa di potere fare previsioni o "proiezioni", in avanti e pure all'indietro, avvalendosi dell'analisi dei fatti umani, dei documenti, insomma  di tutti i segni concreti esistenti (tekmhvria): un modo di procedere paragonabile a quello della contemporanea medicina  ippocratica la quale partiva dall'osservazione dei sintomi e dell'analogia di casi simili per giungere alla diagnosi e alla prognosi.

 

La vicinanza  della letteratura alla scienza del resto si ripeterà più volte nella cultura europea: un caso recente è quello verificatosi nella temperie positivistica del secondo Ottocento, con il Naturalismo e il Verismo: Verga nella Prefazione a L'amante di Gramigna  scrive:"Caro Farina, eccoti non un racconto ma l'abbozzo di un racconto. Esso almeno avrà il merito di essere brevissimo, e di essere storico-un documento umano, come dicono oggi[10]...il semplice fatto umano farà pensare sempre; avrà l'efficacia dell'essere stato, delle lagrime vere, delle febbri e delle sensazioni che sono passate per la carne".

 

Nei primi distici troviamo un dialogo tra il poeta e Cupido che apre il poemetto come se avesse ricevuto una dichiarazione di guerra, un conflitto rovesciato rispetto alla topica, non solo elegiaca, che abbiamo indicato finora: qui l'iniziativa bellica verrebbe sottratta dall'uomo al dio Amore.

"Legerat huius Amor titulum nomenque libelli:/"Bella mihi, video, bella parantur" ait".(vv. 1-2) Amore aveva letto il titolo di questo libretto e il suo nome:"guerra, lo vedo- affermò- la guerra si prepara contro di me.

Il dialogo iniziale con Cupìdo si trova anche nella prima elegia dei giovanili Amores dove il dio aveva tolto un piede a ogni secondo verso, e aveva dardeggiato il poeta con le sue frecce sicure facendolo bruciare, sottoponendolo al suo impero, e costringendolo in conclusione a passare dall'esametro epico-eroico al distico dell'elegia amorosa. Dunque dall'intenzione di celebrare le guerre in esametri Ovidio era passato alla "maniera" di Gallo, Tibullo e Properzio accentuando la componente callimachea, cioè ironica e letteraria. Come per il poeta di Cirene e per gli altri alessandrini , "cultura è per lui quella vasta forma del ricordo che non solo sa mettere spiritosamente in contatto cose fra loro distanti e divertire con sorprendenti trovate l'ascoltatore, ma che abbraccia anche, con largo sguardo, le varie parvenze della vita"[11].

Anche io penso qualcosa del genere. Ho cominciato a farlo fin da bambino.

 

Lo stesso scambio di battute con il dio si trova nel proemio degli Aitia dove  Apollo parla di poetica con Callimaco e sostiene il poeta contro i suoi detrattori.

Pure all'inizio del IV libro dei Fasti Ovidio presenta un abbozzo di dialogo, nella fattispecie con Venere.

 -libelli (Rimedia amoris, v. 1) anche Catullo chiama libellus la sua raccolta di poesie :"Cui dono lepidum novum libellum? (1, 1), a chi dono il grazioso nuovo libretto? .

Così pure Properzio:"Fortunata meo si qua es celebrata libello! (III, 2, 17), fortunata colei che è resa famosa dal mio libretto! Ora lo penso di Elena

Si tratta comunque di poesia erotica.

-bella…bella (Remedia 2)  la conduplicatio è resa solenne dall'echeggiamento di quella  della Sibilla cumana nel VI canto dell'Eneide:"Bella, horrida bella/et Thybrim multo spumantem sanguine cerno" (vv. 86-87), guerre, guerre raccapriccianti vedo e il Tevere spumeggiante di molto sangue.

Sentiamo la risposta di Ovidio al rimprovero del dio:"Parce tuum vatem sceleris damnare, Cupido,/tradita qui toties te duce signa tuli" (Remedia Amoris, vv. 2-3), risparmia al tuo vate l'accusa di empietà, Cupido, a me che tante volte sotto il tuo comando ho portato le insegne affidate.

.-tuum vatem: Ovidio si sente il profeta del dio  cui, fin dall'elegia proemiale degli Amores, il poeta ha lasciato un dominio assoluto sulla propria persona:"uror, et in vacuo pectore regnat Amor" (I, 1, 26) brucio e nel petto regna esclusivo Amore. Così fa pure Dante quando dedica se stesso alle Muse all'inizio del Purgatorio:"Ma qui la morta poesì resurga,/o sante Muse, poi che vostro sono" (I, 7-8).

 Segue un exemplum tratto dal V canto dell'Iliade  (vv. 330 sgg. ) dove Afrodite viene ferita da Diomede:" Non ego Tydides, a quo tua saucia mater/in liquidum rediit aethera Martis equis" (Remedia , vv. 5-6), io non sono il Tidide dal quale ferita tua madre tornò nel limpido etere con i cavalli di Marte.-saucia: sintatticamente equivale a sauciata ed è l'aggettivo canonico per le sofferenze erotiche causate dalle ferite d'amore: l'abbiamo già trovato in Ennio (Medea exul, 9) che traduce ejkplagei's j  di Euripide (Medea, 8), in Catullo (64, 250), in Lucrezio (IV, 1048) e nell'incipit del IV canto dell'Eneide. Ovidio lo utilizzerà ancora in questo stesso poemetto, più avanti (436), concordandolo con turba e rivolgendosi in apostrofe alla folla ferita degli innamorati infelici.  Nell'utilizzare la tradizione il poeta deve aggiungere il proprio genio: qui l'originalità sta nel fatto che Ovidio si avvale di Omero inserendo una ferita non metaforica ma al polso in un contesto di piaghe dell'anima.

 Il poemetto prosegue con la rivendicazione di fedeltà dell'autore che afferma di non essersi mai sottratto all'amore:"Saepe tepent alii iuvenes; ego semper amavi,/et si, quid faciam nunc quoque, quaeris, amo" (Remedia, 7-8), spesso sono tiepidi gli altri giovani; io sempre ho amato, e, se chiedi cosa faccio anche ora, amo.-iuvenes; ego: l'accostamento chiastico dei due soggetti mette in rilievo l'antitesi tra i più e il genio erotico, non solo letterario del poeta che è milite ed eroe dell'esercito di Eros. " amo usato assolutamente in chiusura di pentametro è un tratto tipico della lingua poetica elegiaca: vedi per esempio Catullo, c. 92, v. 4; Properzio, Elegie II, 8, 12; Ovidio Ars amandi 3, 598 e in particolare Heroides, 5, 132: unde hoc comperirem tam bene, quaeris, amo"[12], chiedi dove ho imparato questo così bene? amo.

Da quest'ultima citazione vediamo che in amore non si dà apprendimento senza esperienza sul campo e senza una partecipazione emotiva almeno iniziale. Una considerazione che si può ricavare anche dal successivo distico dei Remedia:"Quin etiam docui, qua posses arte parari,/et, quod nunc ratio est, impetus ante fuit" (vv. 9-10), anzi ho perfino insegnato con quale arte ti si possa conquistare, e quella che è ora una teoria, prima fu slancio.-docui: Ovidio ribadisce la sua funzione di professore dell'amore, una specie di Diotima di Roma .-ratio…impetus: l'elaborazione teorica è preceduta dall'intuizione, lo qumov" , abbiamo visto nella Medea di Euripide (v. 1079), prevale sui bouleuvmata,  e i ragionamenti non sono altro che sentimenti travestiti.

Ovidio insomma non ha tradito passando dall'Ars ai Remedia: l'amore va cercato quando dà piacere, fuggito quando infligge dolore.

"Nec te, blande puer, nec nostras prodimus artem,/nec nova praeteritum Musa retexit opus./Si quis amat quod amare iuvat, feliciter ardens/gaudeat et vento naviget ille suo; at si quis male fert indignae regna puellae,/ne pereat, nostrae sentiat artis opem" (vv. 11-16), non tradisco te, grazioso fanciullo, né la nostra arte, né una Musa nuova ha disfatto la tela precedente. Se uno ama ciò che dà piacere amare, goda ardendo con successo e navighi con il vento favorevole; ma se uno sopporta male la tirannide di una ragazza indegna, per non morire provi l'aiuto della mia arte.-blande: l'aggettivo qualifica tutta l'atmosfera che circonda Eros: più avanti esso viene attribuito allo stesso genere elegiaco (v. 379) e all'amante  quando, ancora in buoni rapporti, scriveva (v. 717).

-prodimus: Ovidio non ha cambiato campo poiché quello che ora consiglia di evitare non è amore ma distruzione.-retexit: da retexo, nel senso di "disfo la tela" con allusione a Penelope che ingannava i proci. "Con il suo inganno Penelope arresta l'inesorabilità del tempo: oggi è uguale a ieri, a giudicare dal lavoro del telaio. Penelope inganna i pretendenti prolungando una situazione, quella del giorno in cui partì Ulisse, annullando il tempo nella misura in cui disfà quello che ha tessuto. L'inganno di Penelope viene concluso da Ulisse al suo ritorno che prende i pretendenti in una "rete dai mille fori" (Od. XXII 386)"[13].

Ovidio negando questo verbo (nec retexit, v. 12)   vuol dire che non inganna.-feliciter (v. 13): nella poesia erotica felix , contrapposto a miser, è colui che ha successo in amore e quindi può gioire del suo ardore amoroso e lasciarsi andare spiegando le vele al vento favorevole. Abbiamo già trovato più volte la metafora della navigazione per indicare l'amore e anche altri aspetti della vita. Abbiamo anche visto che felix è imparentato etimologicamente, con femina né potrebbe essere altrimenti.-indignae regna puellae (v. 15) bisogna liberarsi dal dispotismo dell'amore quando la tiranna non è meritevole, cioè quando la puella, invece di accrescere la gioia e potenziare la vita, è portatrice di morte. Infatti l'aiuto di Ovidio serve a salvarsi la vita (pereat) da un dispotismo che può mietere vittime. L'accostamento tra l'amore indegno e il perire si trova già nella X Bucolica:"Indigno cum Gallus amore peribat" (v. 10). In quel caso la donna indegna era una meretrice di nome Citeride che  piantò il padre dell'elegia latina per seguire Antonio nelle Gallie.

 Vittorio Alfieri nella Vita racconta il suo dolore disperato alla scoperta dell'indegnità dell'amante perché già prima di amare lui ella avea amato un palafreniere che stava a casa del marito. "Il mio dolore e furore, le diverse mie risoluzioni, e tutte false e tutte funeste e tutte vanissime ch'io andai quella sera facendo e disfacendo, e bestemmiando, e gemendo, e ruggendo, ed in mezzo a tant'ira e dolore amando pur sempre perdutamente un così indegno oggetto; non si possono tutti questi affetti ritrarre con le parole: ed ancora vent'anni dopo mi sento ribollire il sangue ripensandovi".

Avrebbe dovuto leggere il nostro poemetto nel quale seguono due exempla di suicidio:"Cur aliquis laqueo collum nodatus amator/a trabe sublimi triste pependit onus?/ Cur aliquis rigido fodit sua pectora ferro?/Invidiam caedis pacis amator habes" (vv. 17-20), perché un innamorato annodatosi un laccio al collo è rimasto sospeso a un'altissima trave, funesto fardello? Perché un altro si è trafitto il petto con l'inflessibile ferro? Tu amante della pace raccogli l'odiosità della strage.- laqueo collum (acc. di relazione) nodatus: lett.= annodato nel collo con un laccio. Il nodum del laccio che pende da un'alta trabes si trova nel suicidio della regina Amata alla fine dell'Eneide: "et nodum informis leti trabe nectit ab alta" (XII, 603), e attacca a un'alta trave il nodo di una morte deforme. Conte suggerisce questo modello epico che a sua volta può averne uno tragico nel  suicidio "deforme" di Giocasta nell'Edipo re di Sofocle"  poi vedemmo la donna impiccata-kremasthvn-/ e avviluppata in lacci ritorti" (vv. 1263-1264). Altro suicidio sconcio, in quanto conseguente a una violenza pedofila  è quello della bambina Matrioŝa che ne I demoni di Dostoevskij si impicca in "un minuscolo ripostiglio, una specie di pollaio" dopo che il suo viso aveva espresso "una disperazione che era impossibile di vedere sul viso di una bambina" (p. 448 ). Questa è una delle più terribili tra quelle sofferenze di bambini delle quali Ivan Karamazov dice:" E se le sofferenze dei bambini hanno dovuto completare la somma delle sofferenze necessarie per acquistar la verità, io dichiaro fin d'ora che tutta la verità presa insieme non vale quel prezzo"[14].-ferro: richiama il suicidio di Didone (Eneide IV, 663-666) del quale si è già detto.-

 "Qui, nisi desierit, misero periturus amore est,/desinat, et nulli funeris auctor eris" (21-22), chi, se non avrà smesso è destinato a morire di amore infelice, smetta e per nessuno tu sarai causa di morte.-desierit…desinat: poliptoto.-funeris auctor: Ovidio insiste sul concetto che Amore non deve essere causa di morte ma di vita.

"Et puer es, nec te quicquam nisi ludere oportet:/lude; decent annos mollia regna tuos" (vv. 23-24), sei un fanciullo e a te nulla conviene se non giocare: gioca; ai tuoi anni si addicono governi dolci.-ludere…lude: altro poliptoto. In effetti a Eros non può mancare questa componente. Il verbo ludo , come il sostantivo ludus derivano dalla radice indoeuropea *loid- che ha dato come esito in latino lud- e in greco loid(or)- da cui  loidorevw , "insulto". Il significato del verbo greco non è estraneo al latino ludibrium, derisione, e all'italiano ludibrio. Si vede dunque che la radice ha una componente negativa che può sempre affiorare. Ma finché prevale la positiva, non tanto a lungo di solito, conviene valorizzarla e godersela:"Garzoncello scherzoso,/cotesta età fiorita/ è come un giorno d'allegrezza pieno…"[15].

L'amore dunque viene collegato alla pestis e alla rovina ma anche al gioco. Afrodite dea dell'amore è anche dea del gioco.        

Quando è passato il momento buono del ludus e del iocus allora è tempo di rimpianti, come si sa, e come si legge in Catullo:"Ibi illa multa tum iocosa fiebant,/quae tu volebas nec puella nolebat. Fulsere vere candidi tibi soles " (8, 6-8), lì allora accadevano quei molti meravigliosi giochi/che tu volevi né la ragazza rifiutava./Davvero hanno brillato radiosi i soli per te.

"Nam poteras uti nudis ad bella sagittis,/sed tua mortifero sanguine tela carent" (Ovidio, Remedia, vv. 25-26), infatti avresti potuto servirti per la guerre di frecce vere, ma le tue armi non hanno il sangue della morte. Questi versi presenti in quasi tutti i codici sono stati espunti da diversi editori. Li lascio perché ribadiscono l'idea di fondo che Amore è collegato alla vita, alla salute, alla gioia non alle ferite né morte, checché ne dicano alcuni, pure autorevoli. Vero è che in certi casi solo morendo si capisce quanto forte sia il collegamento tra l'amore e la vita e quanto sia doloroso avere perduto l'occasione di amare le altre creature viventi nel breve tempo a noi concesso. Questo è l'insegnamento che ci dà Tolstoj attraverso i pensieri del principe Andrej ferito a morte a Borodino:"La commiserazione, l'amore per i fratelli, per coloro che ci amano; l'amore per coloro che ci odiano, l'amore per i nemici, sì, quell'amore che Dio ha predicato sulla terra, che mi ha insegnato la principessina Mar'ja e che io non capivo; ecco perché mi dispiaceva di lasciare la vita, ecco quello che ancora mi restava, se fossi vissuto. Ma adesso è troppo tardi. Lo so!"[16].-poteras: falso condizionale che esprime irrealtà come fanno i tempi storici in greco.-nudis sagittis: i dardi di Amore invece sono metaforici e non feriscono il corpo. Chi è intelligente e morale non ne viene ferito in alcun modo.

Pesaro 30 agosto 2023 ore 21 giovanni ghiselli continua

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[1] A game of chess  (una partita a scacchi appunto) è il titolo della II sezione de La terra desolata  di Eliot e allude proprio alla mancanza di schiettezza e moralità dei rapporti umani.

[2] Lettere, Bocca di Magra, agosto 1950.

[3]G. B. Conte, introduzione a Ovidio Rimedi contro l'amore , p. 32.

[4] Ozio neghittoso. Conte aggiunge in nota "di quello che era un motivo catulliano (51, 16 s. Otium, Catulle, tibi molestum est;/otio exsultas nimiumque gestis ) l'elegia aveva fatto uno dei temi ricorrenti che corrispondono alla sua scelta fondamentale per la nequitia , e spesso con essa coincidono.

[5] G. B. Conte, introduzione a Ovidio Rimedi contro l'amore, p. 39.

[6] Madame Bovary, p. 104.

[7]G. B. Conte, introduzione a Ovidio Rimedi contro l'amore , n. 39, p. 52. 

[8]G. B. Conte, introduzione a Ovidio Rimedi contro l'amore , p. 40.

[9] G. B. Conte, Scriptorium classicum 2, p. 173.

[10]con riferimento alla poetica del naturalismo e a Zola che intendeva utilizzare nella letteratura il metodo sperimentale delle scienze avvalendosi appunto di documenti. Tucidide nel Proemio  presenta il suo metodo di lavoro con il verbo xunevgraye che propriamente significa "compose una suggrafhv, ossia un'opera condotta sui documenti".

[11] Snell, La cultura greca e le origini del pensiero europeo,  Il giocoso in Callimaco , p. 382.

 

[12] G. B. Conte, Scriptorium classicum 2, p. 176.

[13]C. Miralles, Come leggere Omero  p. 82.

[14] F. Dostoevkij, I fratelli Karamazov, p. 318.

[15] G. Leopardi, Il sabato del villaggio, vv. 43-45.

[16]L. Tolstoj, Guerra e pace, p.1228.

La gita “scolastica” a Eger. Prima parte. Silvia e i disegni di una bambina.

  Sabato 4 agosto andammo   tutti a Eger, famosa per avere respinto un assalto dei Turchi e per i suoi vini: l’ Egri bikavér , il sangue ...