giovedì 17 agosto 2023

La volgarità dell’esibizione del lusso


 

Un servizio televisivo mostrava le facce ebeti di giovani e di vecchi che si vantavano con stolida contentezza di spendere 1000 euro per un pranzo e altri 500 per una bottiglia di vino. Secondo me si tratta di feccia.

Sentiamo alcune condanne dello spreco e del suo sfoggio

Ovidio sconsiglia alle donne eleganti vesti troppo costose, specialmente purpuree Quid de veste loquar? Nec nunc segmenta requiro/nec quae de Tyrio murice, lana, rubes./Cum tot prodierint pretio leviore colores,/ quis furor est census corpore ferre suos?" (Ars  III 169 sgg.)

Aggiungo la traduzione e un poco di commento. Che devo dire della veste? Io non chiedo le frange d'oro, né te, lana, che rosseggi per la porpora di Tiro. Dal momento che sono venuti fuori tanti colori a prezzo più basso, che pazzia è portare sul corpo il proprio patrimonio?

Potremmo rispondere che l'esibizione che puzza di soldi è il furor tipico del liberto arricchito scandalosamente, come Trimalchione, il " signore tre volte potente" il quale viene descritto al suo ingresso nella sala del banchetto con indosso un pallio scarlatto e un fazzoletto orlato di rosso, da senatore, intorno al collo con frange pendenti da una parte e dall'altra.

 " Habebat etiam in minimo digito sinistrae manus anulum grandem  subauratum  " (Satyricon  , 32), inoltre portava al mignolo della mano sinistra un grosso anello indorato, da cavaliere; nell'ultima falange del dito seguente un altro anello tutto d'oro ma cosparso come da stelline di ferro "et ne has ostenderet tantum divitias, dextrum nudavit lacertum armilla aurea cultum et eboreo circulo lamina splendente conexo ", e per non mettere in mostra soltanto queste ricchezze, denudò il braccio destro ornato da un braccialetto d'oro e da un cerchio d'avorio intrecciato con una lamina brillante, "deinde pinna argentea dentes perfodit " (33), quindi si stuzzicò i denti con una stecca d'argento.

 La parola chiave armilla è sottolineata dall'aggettivo allitterante aurea , e,  con l' anulum grande  nel mignolo della sinistra ricorda l'infamia della Tarpea di Livio la quale chiese ai Sabini, come prezzo del suo tradimento, gli ornamenti della loro mano sinistra:" aureas armillas magni ponderis brachio laevo gemmatosque magna specie anulos " (I, 11, 8), braccialetti d'oro di gran peso al braccio sinistro e anelli gemmati di grande bellezza.

Livio condanna la slealtà e l'avidità di Tarpea raccontandoci che la vergine figlia del custode della rocca, Spurio Tarpeo, fu uccisa dai Sabini che le gettarono addosso scuta…pro aureis donis, invece degli aurei doni gli scudi. 

   

Petronio mette alla berlina questa figura grottesca di arricchito, e pure Ovidio è  lontano dall'approvare l'ostentazione del lusso.

La radice del biasimo dello sfoggio dei metalli preziosi si può trovare nella Repubblica di Platone dove Socrate sostiene che non necessitano di oro e argento  terreno i guardiani che ce l' hanno divino nell'anima, e che non è lecito mescolare e contaminare l'uno con l'altro:"diovti polla; kai; ajnovsia peri; to; tw'n pollw'n novmisma gevgonen"(417a), poiché molti empi misfatti sono avvenuti per la moneta corrente nel volgo.

 Un riflesso di questa affermazione, da ascrivere al tovpo" che biasima la ricchezza come fonte di infelicità,   si trova nella Germania di Tacito:"Argentum et aurum propitiine an irati dii negaverint dubito" (5), l'argento e l'oro non so dire se glieli abbiano negati gli dèi favorevoli oppure ostili.  

"Anche senza portare altre prove, credo di poter affermare che questo è il gusto dominante dell'Ars amatoria, benché nella valorizzazione del cultus  essa tocchi la punta più avanzata: un equilibrio diverso da quello dell'oraziano simplex munditiis , ma pure in qualche modo simile, lontano dalla rozzezza arcaica[1], ma anche al di qua del lusso fastoso e insolente di molti ricchi romani di oggi. Questa specie di classicismo è dettato nello stesso tempo dal gusto e dalla preoccupazione, quasi dalla paura, che suscita l'ampliamento incontrollato dei consumi".

Questa  conclusione del saggio di La Penna (Fra teatro, poesia e politica romana) mi sembra appropriata pure per i nostri tempi.

Pesaro 17 agosto 2023 ore 16, 40 giovanni ghiselli

     

 

 



[1]Naturalmente anche in Orazio c'è corrispondenza, soprattutto nel rifiuto dell'arcaismo, fra la poetica e il gusto della vita. Vale anche la pena di ricordare lo stile che Ovidio (Ars  III 479 sg.) raccomanda alla puella  per le lettere agli amanti: parole eleganti, ma non rare né troppo raffinate:"Munda sed e medio consuetaque verba, puellae,/scribite: sermonis publica forma placet ", ragazze, scrivete parole eleganti ma del frasario comune e correnti: il linguaggio usuale piace.   

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