martedì 1 agosto 2023

Giri ciclistici nell’Ellade. IV parte

III giorno 19 luglio 2023
 
Terzo giorno, ahi fero giorno!
Percorremmo 101 chilometri fino a Xylokastron dopo avere riattraversato il ponte ed essere tornati sulla costa nord del golfo. Si pedalava in direzione di Corinto contro il vento che soffiava forte da est. Non avevo questo chilometraggio nelle gambe, siccome a Bologna mi ero allenato solo su salite brevi anche se impervie. Per giunta non stavo bene: soffrivo mal di testa, di collo e una tosse secca. A 15 chilometri dalla meta dovetti fermarmi per sistemare lo zaino gravoso che mi faceva pendere a destra e caddi a terra, stremato com’ero. Mi rialzai subito ma ero diventato dubbioso dei miei mezzi atletici e dello stesso proceder mio verso la sfida con Alessandro sulla strada che sale da Corinto a Epidauro da percorrere ne pomeriggio seguente.
Del resto, giunto alla meta senza avere perduto terreno, ripresi coraggio. La serata fu gradevole: cenammo in una piazza rallegrata da bambine e bambini che giocavano con lieti rumori, sorrisi e grida di contentezza. Fin oltre la mezzanotte.
   
Torniamo al viaggio del 1981 con  Ifigenia
Patrasso, Patrasso! I due bruti: Calibano e Trinculo
Arrivati a Patrasso, lasciammo le biciclette nell’agenzia dove avevamo comprato i biglietti per il ritorno in Italia, poi cercammo la corriera per Atene. Verso le quattro partimmo. Mi mancava la bici e mi spiaceva assai perdere il sole già declinante di quella giornata dell’estate quasi finita. Mi pesava parecchio la rinuncia a pedalare sotto il sole che si avviava a sparire dentro le brume autunnali, di un autunno oltretutto che non sarebbe stato illuminato e scaldato dall’amore della baccante innevata, come quello di tre anni prima. Provavo un forte risentimento per la giovane, pigra collega che mi faceva perdere l’ultimo sole dell’estate morente, e durante l’inverno mi avrebbe lasciato solo in una Bologna tetra.  
Tra noi non c’era più molto di buono: ciascuno, facendo un sacrificio anche piccolo in favore dell’altro, se non ne otteneva un vantaggio immediato anche per sé, ne ricavava un senso di spreco: nessuno dei due rinunciava a uno qualunque dei comodi suoi, delle sue abitudini, in beneficio del compagno, senza soffrire e odiare il beneficato. Che razza di

coppia squilibrata e scellerata eravamo? In tale contesto provare piacere insieme nel letto era un’offesa all’amore. Quando fummo arrivati ad Atene e scesi dalla corriera, ci guardammo intorno nella stazione gremita e ci chiedemmo dove e a che ora avremmo preso la corsa per tornare a Patrasso, tre giorni dopo. Da soli non riuscivamo a capirlo, né sapeva dircelo alcuno nella confusa stazione. Sicché decidemmo di risalire nel nostro autobus per chiederlo al bigliettaio. Il caos di Atene non ci faceva una buona impressione e non volevamo correre il rischio di rimanervi più a lungo del prestabilito, perdendo per giunta la nave che doveva riportarci in Italia verso un destino comunque incerto. Così risalimmo nella corriera e io domandai all’uomo rimasto là dentro, in italiano, a quale ora e da dove partisse la corsa Atene-Patrasso.
Costui, appena sentì la domanda, ripeté a voce alta “Patrasso, Patrasso!”, più volte, attirando un energumeno con il ceffo coperto da grandi occhiali scuri; anche questo, appena salito, si mise a gridare “Patrasso, Patrasso!”. Poi chiuse la porta, si accostò a Ifigenia che guardava il bigliettaio con cupo stupore, e con un’immonda manata osò profanare le cosce della ragazza, nude sotto i calzoncini bianchi talmente succinti da lasciare vedere l’orlo delle mutandine celesti.
Così acconciata era eccitante anche per me che avevo fatto l’amore con lei innumerevoli volte in tre anni. Mi venne in mente che quando pedalava sulla salita di Delfi alzandosi sopra il sellino, veniva acclamata dai maschi che ci superavano con le automobili; omaggi che in certi momenti di difficoltà potevano averle fatto piacere, o infuso coraggio, ma quel pomeriggio nella corriera chiusa, la libidine scatenata dalle sue cosce nitide nei due forsennati le diede fastidio e le fece paura. Infatti, sentendosi così brutalmente toccata, si voltò con ira e cercò di scagliarsi verso l’uscita, ma il mostro occhialuto aprì le braccia per sbarrarle la strada; l’altro intanto, afferrata una chiave inglese, avanzava verso di me latrando sempre: “Patrasso, Patrasso!”. Mentre pensavo a come difendermi dall’impeto omicida del bigliettaio, Ifigenia, con presenza di spirito, fece cadere un pezzetto di carta  davanti ai piedi del losco animale, poi cominciò a chinarsi come se volesse raccoglierlo; quel bieco mostro, tratto in inganno, credendo che si trattasse di cosa importante, prima lo calpestò, poi si chinò in fretta per raccattarlo; la ragazza allora si raddrizzò di scatto e scavalcò la bestia con un balzo; quindi aprì la porta e saltò giù dalla corriera infernale. Il bruto con gli occhiali, deluso per avere perduto la preda ghiotta, si mise a ululare e a sputare con ira; l’altro lasciò cadere la chiave inglese e bestemmiò in italiano; io avanzai verso la porta aperta e quando fui arrivato vicino a quel Polifemo orbo di mente, gli dissi: “Scostati. Voglio uscire di qui”. Quello urlò ancora: “Patrasso, Patrasso!”, ghignò, poi mi lasciò passare. Così potei scendere da quella cavernosa corriera e riunirmi alla bella che stava aspettando l’esito della scena grottesca e sgradevole, incerta se chiedere aiuto. Per fortuna non era scorso del sangue. Ci allontanammo mentre quei due Ciclopi frenetici, o Calibano e Trinculo che fossero, chiamavano i loro colleghi, magari per lamentare un’aggressione subita da noi.

 
Pesaro 1 agosto 2023 ore 9, 21
giovanni ghiselli

Nessun commento:

Posta un commento

Ifigenia CLXXXI La fedeltà mal riposta. Il rimpianto della rosa bianca trascurata.

  Il sole aveva sbaragliato le nubi. Mi tolsi la maglietta per   l’abbronzatura che va ripassata, come le lezioni. Mi guardai il petto e i...