venerdì 4 agosto 2023

Il trucco e il lusso delle donne e degli uomini

Torno al corso che terrò alla Primo Levi a partire dal 6 ottobre 2023
 
VII Stazione
Il trucco e il lusso delle donne e degli uomini.
 
Argomenti
 
 Senofonte e Platone. Cosmetica e ginnastica.
Eracle al bivio. La Virtù non è truccata; la moglie adultera di Eufileto sì.
Ovidio approva il cultus  contrapposto alla rusticitas . Socrate non si lavava.
 La via di mezzo di Seneca.
 Un saggio di La Penna. Properzio è contrario agli ornamenti e al trucco ma non all'eleganza della cultura letteraria e musicale di Cinzia. I modelli femminili di Properzio non sono romano-arcaici ma si trovano nella natura o nella mitologia greca.
Tibullo è più vicino al paradigma femminile arcaico e vorrebbe che Delia fosse come Lucrezia.
Orazio è poco sedotto dai modelli arcaici, eppure avverte i pericoli della modernità. Pirra è simplex munditiis, semplice nell'eleganza (Ode I, 5). 
La semplicità elegante per Cicerone, Tolstoj,  Proust. Marziale la chiama prudens simplicitas. I tentacoli protesi di sentimentalità della borghese di Musil. La bellezza elegante della moglie di Mecenate non fa vacillare il suo fidum pectus (Ode II, 12).
Le mode e i costumi cammbiano in fretta: la Sempronia di Sallustio e la Licimnia-Terenzia di Orazio.
Ovidio quale magister  del gioco erotico per uomini e donne. L'irrisione aperta della rusticitas . Le esortazioni indecenti della lena .
Il gioco sofistico serve a coonestare l'adulterio. Il discorso ingiusto delle Nuvole  di Aristofane. Fedra, Penelope ed Elena nelle Heroides  di Ovidio. Elena nelle Troiane  di Euripide. L'audacia e la facondia contro il rusticus pudor. Il rozzo pudore: Ovidio e Parini. Il marito: ahi quanto spiace. Rusticus est nimium: Charles Bovary e Pavel Pavlovic.
 Il trucco dei vecchi in Ovidio e in Pirandello. Il ribaltamento del mito dell'età dell'oro in Ovidio.
 La rubiconda sposa di Ovidio e la tanghera di Saffo.
Ovidio in polemica libertina con il regime augusteo.
Il rusticus Tibullo. Il dibattito dei tempi di Catone attualizzato nella Roma augustea. Ovidio contro l'etica di Catone, di Sallustio e del principato. La sua interpretazione dell'età dell'oro contrapposta a quella di Esiodo. L'elogio del cultus nell'Ars Amatoria e quello del luxus nei Medicamina faciei . L'orbis di Tacito. Il luxus senatorio viene stroncato dall'avvento, nel 69 d. C. , di una borghesia pecuniosa ma parca. La preoccupazione di Tiberio per la crisi economica dell'Italia: "quod vita populi Romani per incerta maris et tempestatum cotidie volvitur ". Il luxus della aristocrazia senatoria determinava un continuo "drenaggio" di metalli preziosi verso l'estero . Il tramonto del lusso annunciato dal settimanale L'Espresso nel febbraio del 2002.
Ovidio nell'Ars amatoria è più cauto e, come già Cicerone, come poi Seneca, all'uomo consiglia l'equilibrio tra la mundities e la robustezza.
 Lo stile aristocratico della semplicità e della neglegentia sui . Petronio. La condanna dell'affettazione e l'elogio della noncuranza. Castiglione, Schopenhauer, Manzoni, Dostoevskij, Tolstoj (e Cicerone),  Proust e Musil.
Lo stile dell'incedere. Ciascuno deve fare quanto gli si addice. Il mito di Er spiega la sofferenza: non si deve recalcitrare al destino.
  Lo stile del ridere. Il riso in Ovidio  in Dostoevkij. La volgarità di Trimalchione. La semplicità elegante in Orazio e in Ovidio.
 
Prima parte
   "Ci sono dei vestiti femminili così belli, che si vorrebbe lacerarli"[1].
 
Gran virtù della donna per Iscomaco dell' Economico  di Senofonte è la capacità dell'ordine ("tavxi"", VIII, 3) che per gli uomini è la cosa più utile e bella. Non è invece apprezzato  il trucco poiché per gli umani il corpo umano al naturale è la cosa più gradevole:"oiJ a[nqrwpoi ajnqrwvpou sw'ma kaqaro;n oi[ontai h{diston ei\nai"(X, 7).
I mezzi della cosmetica dunque sono inganni ("ajpavtai", X, 8) che oltretutto non reggono alla prova della convivenza.
  Anche l'altro socratico, Platone,  considera la cosmesi non un'arte, ma una prassi irrazionale, la forma di adulazione che sta sotto (uJpovkeitai), si sostituisce, alla ginnastica, per quanto riguarda la cura del corpo, come la culinaria è subordinata alla medicina. La cosmesi ("hJ kommwtikhv") dunque è "kakou'rgov" te kai; ajpathlh; kai; ajgennh;" kai; ajneleuvqero""(Gorgia , 465b), malvagia e fallace, ignobile e servile, poiché inganna attraverso l'apparenza i colori, la levigatezza e i vestiti, in modo da far trascurare la bellezza naturale che si ottiene con la ginnastica, mentre con i cosmetici ci appiccichiamo una speciosità esterna. 
 
Sicché Iscomaco consiglia alla moglie di tenersi in esercizio affaccendandosi nei lavori domestici. Infatti quelle che stanno sempre sedute con solennità si espongono ai giudizi come quelle agghindate e ingannatrici (ta;" kekosmhmevna" kai; ejxapatwvsa"", Economico , X, 13).
Nei Memorabili  (II, 1, 21-34) Senofonte riferisce, attraverso Socrate, la favola esemplare di Eracle al bivio attribuita a uno scritto del sofista Prodico di Ceo.
Intanto il bivio stesso ha un significato e addirittura un'anima:" un ambiente fisico reale-sorgente, primavera, albero, crocicchio- è animato…Le nostre anime sulla terra accolgono la terra nelle nostre anime…La vita ecologica è anche vita psicologica. E se l'ecologia è anche psicologia, allora il "Conosci te stesso" diviene impossibile senza il "Conosci il tuo mondo "[2].
Poi sul bivio ci sono due femmine umane con aspetti e con anime diverse. Anche l'aspetto e l'abbigliamento sono psicologie.
 
 Le due donne parlano all'eroe giovinetto incerto sulla via da prendere indicandogli ciascuna una strada. La prima vuole adescare l' adolescente con la promessa di una vita facile e piacevole. Questa femmina è morbida, prosperosa, quasi opima, truccata nel colorito sì da avere l'aria di apparire più bianca e più rossa del naturale (kekallwpismevnhn de; to; me;n crw'ma w{ste leukotevran te kai; ejruqrotevran tou' o[nto" dokei'n faivnesqai, II, 1, 22) impettita più del conveniente, con gli occhi aperti, e con una veste dalle quali lampeggiava a tutto spiano la sua bellezza (" ejsqh'ta de; ejx h|" mavlista hJ w{ra dialavmpoi", II, 1, 22); inoltre si osservava spesso con compiacimento: guardava se qualcun altro la guardasse e spesso si volgeva alla sua ombra. Costei dagli amici viene chiamata Eujdaimoniva, Felicità, ma dai detrattori, Kakiva, Vizio (II, 1, 27).
 Viceversa la donna virtuosa, la Virtù personificata, avvisa Eracle che gli dèi niente di buono concedono agli uomini senza fatica e impegno.
Ella era di natura nobile, ossia pura, pudica, modesta, vestita di bianco (ejsqh'ti de; leukh'/' , II, 1, 22).
 
Il colore bianco è presente in entrambe: il biancore naturale è un segno positivo, luminoso: infatti leukov" è imparentato etimologicamente con il latino lux, lucis ; con l'inglese light e il tedesco Licht che significano appunto "luce".
 
Ecco dunque una tipica disposizione maschile, o maschilista, avversa al trucco delle donne. 
Questo infatti può costituire un indizio di grilli per la testa: il buon Eufileto, il marito cornuto di Lisia ebbe l'impressione che il volto della moglie adultera fosse truccato (" e[doxe dev moi, w\ a[ndre" , to; provswpon ejyumuqiw'sqai, ossia coperto di yimuvqion, una specie di biacca), sebbene il fratello le fosse morto da nemmeno trenta giorni,  ma non disse niente lo stesso ( 14).
 
C'è del resto anche un'opinione favorevole al trucco , ed è quella di Ovidio.
 il poeta "donnaiolo" nel poemetto sui cosmetici per le donne li legittima  poiché "culta placent "( Medicamina faciei femineae[3], v. 7) , ciò che è coltivato piace,  e nell'Ars Amatoria  afferma che è proprio l'eleganza a fargli preferire l'età moderna all'antica, presunta aurea:"prisca iuvent alios, ego me nunc denique natum/gratulor: haec aetas moribus apta meis" (III, 121-122), i tempi antichi piacciano ad altri, io mi rallegro di essere nato ora dopo tutto: questa è l'età adatta ai miei gusti, non perché, continua il Sulmonese, terre mari e monti sono stati domati dall'uomo,"sed quia cultus adest nec nostros mansit in annos/rusticitas priscis illa superstes avis " 127-128), ma perché c'è eleganza e non è rimasta fino ai nostri anni quella rozzezza sopravvissuta agli avi antichi.
 
 Un cultus  che include la coltura del corpo e dello spirito.
"Ordior a cultu[4] . Così Ovidio inizia, dopo il lungo proemio, la precettistica riservata alle donne nel terzo libro. Cultus , riferito come qui alla vita della donna, indica più  o meno la "cura della persona" e quindi la "raffinatezza"[5].
Mazzarino, menzionando gli autori favorevoli alla tecnica, indica Ovidio, "un poeta, non uno storico",  nel quale si trova "una reazione al diffuso concetto di decadenza, ed una esaltazione del progresso tecnico[6], evidente, secondo lui, nell'attività industriale e commerciale sopravvenuta nel suo tempo. "[7].
 Ad alcuni anche ipotecnologici può riuscire più simpatica questa posizione del poeta lascivus [8]  che quella del maestro ateniese, il  Socrate superuomo dell'etica, i cui detrattori  dicevano, tra l'altro, che non si lavava!
 Aristofane fa dire a Strepsiade che nessuno degli uomini del pensatoio di Socrate per economia si è mai fatto  tagliare i capelli o si è unto il corpo o è andato nel bagno a lavarsi:"oujd jeij" balanei'on h\lqe lousovmeno"" (Nuvole , del 423,  v. 837). il Coro degli Uccelli (del 414) più specificamente qualifica Socrate come a[louto" (v. 1553),   non lavato.
 Né si può dire che questa eccessiva trascuratezza sia approvata o addirittura ricercata da ogni filosofo: Seneca biasima tale moda seguita soprattutto da cinici e stoici e consiglia a Lucilio di evitarla:"asperum cultum et intonsum caput et neglegentiorem barbam et indictum argento odium et cubile humi positum et quidquid aliud ambitionem perversa via sequitur evita" (Epist. , 5, 1), evita una mancanza di cura ferina e la testa incolta e la barba troppo trascurata e l'odio dichiarato all'argenteria e il giaciglio posto a terra e tutto il restante apparato che segue l'ambizione per una via distorta.
 Per Seneca  è auspicabile la via di mezzo:"non splendeat toga, ne sordeat quidem" (5, 3), non brilli la toga, ma neppure sia sudicia. Gli atteggiamenti estremi possono riuscire "ridicula et odiosa"  (5, 4).
Il proposito del filosofo stoico è vivere secondo natura:"Nempe propositum nostrum est secundum naturam vivere: hoc contra naturam est, torquere corpus suum et faciles odisse munditias et squalorem adpetere et cibis non tantum vilibus uti sed taetris et horridis. Quemadmodum desiderare delicatas res luxuriae est, ita usitatas et non magno parabiles fugere dementiae. Frugalitatem exigit philosophia, non poenam ; potest autem esse non incompta frugalitas" (5, 4-5), evidentemente il nostro progetto è vivere secondo natura: è contro natura questo tormentare il proprio corpo e odiare l'eleganza a portata di mano, e cercare lo squallore e fare uso di cibi non solo a buon mercato ma disgustosi e ripugnanti. Come è segno di dissolutezza desiderare le raffinatezze, così è segno di pazzia evitare i beni comuni e procurabili a prezzo non grande. La filosofia reclama la misura non la tortura; del resto la misura può essere non disadorna.
In ogni modo, se è stupido chi valuta un cavallo dalla sella e dalle briglie, è stupidissimo chi giudica l'uomo dall'abbigliamento o dalla condizione sociale che ci sta attorno come un abito:"stultissimus est qui hominem aut ex veste aut ex condicione, quae vestis modo nobis circumdata est, aestimat " (47, 16).       
A. La Penna, del quale seguirò diverse indicazioni contenute in un saggio del 1978,  mette in relazione la scelta di Ovidio con quelle di Properzio e Tibullo[9].
 
Pesaro 3 agosto 2023
 continua

p. s.
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[1] C. Pavese, Il mestiere di vivere, 22 maggio 1941.
[2] J. Hillman, Variazioni su Edipo , p. 96.
[3] Uscito verso l'1 d. C,
[4] Ars amatoria , III, 101.
[5]Conte-Pianezzola, Il libro della letteratura latina, Edizione Modulare,  8, Le Monnier, Firenze, 2001,  p. 513.
[6] Cfr. nel mio Storiografi Greci  (Loffredo, 1999) la scheda Sfiducia nella tecnologia che porta "sviluppo senza progresso" (pp. 140-143).
[7]S. Mazzarino, Il Pensiero Storico Classico , Laterza, Bari, 1974, I, p. 16.
[8] Quintiliano, Institutio oratoria , X, 1, 88.
[9] Nato a Gabii o a Pedum , nel Lazio rurale fra il 55 e il 50 a. C., morto tra il 19 e il 18 a. C. Sotto il suo nome ci è giunto il Corpus tibullianum , tre libri di elegie. Sono sicuramente e autenticamente tibulliani i primi due che cantano l'amore per due donne, Delia e Nemesi. Il terzo libro che gli umanisti divisero in due parti è un' antologia di vari autori, compreso Tibullo. Quintiliano lo definisce tersus atque elegans maxime…auctor  (Institutio oratoria , X, 93), l'autore più elegante e raffinato, nel campo dell'elegia dove i latini possono sfidare i Greci.

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