martedì 29 agosto 2023

Percorso sull’amore IX 2 . Lucrezio sottovaluta, demitizza e dissacra l’amore.


 

Procediamo con la lettura del poema di Lucrezio:"Sed leviter poenas frangit Venus inter amorem/blandaque refrenat morsus admixta voluptas./Namque in eo spes est, unde est ardoris origo,/restingui quoque posse ab eodem corpore flammam./ Quod fieri contra totum natura repugnat;/unaque res haec est, cuius quam plurima habemus,/tam magis ardescit dira cuppedine pectus./ Nam cibus atque umor membris assumitur intus;/quae quoniam certas possunt obsidere partis, /hoc facile expletur laticum frugumque cupido " (IV, 1084-1093), ma un poco spezza i tormenti Venere in mezzo all'amore e il piacere carezzevole, pur mescolato, doma i morsi. Infatti in questo si spera, che da dove scaturisce l'ardore, dal medesimo corpo possa anche spengersi la fiamma. Ma la natura ribatte che avviene tutto il contrario, e questa è la sola cosa di cui, quanto più ne abbiamo, tanto più il petto arde di una brama tremenda. Infatti il cibo e i liquidi vengono assunti dentro le membra dal momento che essi possono occupare determinate parti, perciò facilmente si sazia la brama di liquidi e cibo.

Da frangit  si vede che anche il carezzevole alleviamento dei tormenti è traumatico siccome la voluptas  è admixta , quia non est pura (v. 1081) non è integrale ma è mischiata di dolore.

 L'orgasmo di una ragazza toccata dal suo ragazzo  viene descritto da Giuseppe Berto come qualcosa di simile a una frattura in una pagina che contiene qualche eco lucreziana:" mentre in lei avveniva un che di poco chiaro come una specie d'irrigidimento cedevole o di cedevolezza contratta e smetteva anche di dire le parole tenere inquantoché si teneva le labbra a morsi forse temendo di mettersi a gridare e quindi respirava col naso sempre più frequentemente e in ultimo dopo una rottura piena di brividi gli diceva basta..."[1]. In flammam (v. 1087) torna l'immagine topica che abbiamo trovato tante volte con l'indicazione dell'illogicità della speranza che l'esca della fiamma, il corpo desiderato. possa spengere lo stesso fuoco suscitato da lui. Di fatto l'amore non è logico: può essere al di sopra o al di sotto della logica, ma puramente logico non è. Lo ha chiarito Socrate nel Fedro platonico.

In dira cuppedine  (forma arcaica di cupidine , v. 1090) torna la terribilità della brama già denunciata al v. 1046. E' il tovpo" dell'amore tremendo, deinov" , che è davvero tale quando è ostacolato come quello, già visto, di Ero (Ero e Leandro , v. 245) o non è contraccambiato, come quello dell'Ermengarda manzoniana:"Amor tremendo è il mio"[2].

Da un amore non contraccambiato bisogna liberarsi subito. Vedremo per queso i Remedia amoris di Ovidio già suggeriti da Lucrezio.

Con il solo buon senso dico che una persona dotata di amor proprio non può amare un’altra persona che non la contraccambia.

-         Assumitur  intus (v. 1091): la differenza tra il cibo che si mangia, o i liquidi che si bevono, e il corpo dell'amante è che questo, a meno di essere cannibali, non può essere inghiottito, anche se certe persone nei rapporti umani appaiono voraci. La trasfusione possibile e accrescitiva, abbiamo visto è solo quella delle anime. Secondo Lucrezio gli amanti possono introiettare soltanto simulacra...tenuia  (vv. 1095-1096), simulacri sottili che si staccano dal corpo bramato ma con questi non si saziano, come un assetato che nel sonno crede di bere  non si disseta:"Ex hominis vero facie pulchroque colore/nil datur in corpus praeter simulacra fruendum/tenuia; quae vento spes raptast saepe misella./ Ut bibere in somnis sitiens cum quaerit et umor/non datur, ardorem qui membris stinguere possit,/sed laticum simulacra petit frustraque laborat/in medioque sitit torrenti flumine potans…" (vv. 1093-1100), ma dell'aspetto e dell'incarnato bello dell'essere umano nulla è concesso da godere dentro il corpo, se non simulacri sottili; speranza meschina che spesso viene involata dal vento. Come quando chi ha sete nel sonno cerca di bere, e non gli è concessa l'acqua che possa spengere l'ardore del corpo, ma si lancia su simulacri di liquidi e si affanna per niente, e mentre beve in mezzo a un fiume che scorre, ha sete.-simulacra: sono le membrane impalpabili che si staccano dai corpi e colpiscono la nostra percezione visiva. Il termine greco corrispondente è ei[dwla.-

 

La vita umana come ombra e sogno.

Non è  l'uomo comunque sogno di un'ombra?  E' questa una considerazione che va da Pindaro:" skia'" o[nar/a[nqrwpo""[3]; a Sofocle che nell'Aiace  fa dire a Ulisse, preso da rispetto e compassione per il nemico precipitato nella follia :"  JOrw''  ga;r hJ ma'" oujde;n oj;nta"  a[llo plh;n-ei[dwl j, o{soiper zw'men, h] kouvfhn skiavn "(vv.125-126)  vedo infatti che non siamo altro che larve, quanti viviamo, o muta ombra; a Shakespeare  che nel Macbeth fa dire al protagonista prossimo alla fine:"Life's but a walking shadow; a poor player, That struts and frets his hour upon the stage, And then is heard no more: it is a tale Told by an idiot, full of sound and fury, Signifyng nothing" (V, 5), la vita è solo un'ombra che cammina; un povero attore che si pavoneggia e si agita sulla scena nella sua ora e poi non se ne parla più: è la storia raccontata da un idiota, piena di frastuono e di furia, che non significa nulla.

Nella mia vita ormai lunga ho visto tanti di questi pupazzi pavoneggiarsi sulla ribalta per un tempo più o meno breve poi cadere nel vuoto e nel nulla. Ho imparato a non agitarmi più e a non agitarmi se mi tocca volente o nolente salire su una ribalta: so che la mia ora è breve comunque e la passo cercando di rendermi utile, con serenità.

Prospero nella La tempesta  (del 1612)  conclude :" We are such stuff/as dreams are made on; and our little life/is rounded with a sleep", Noi siamo fatti con la materia dei sogni, e la nostra breve vita è circondata dal sonno"(IV, 1).

"Fu nel Rinascimento-le utopie lo dimostrano-, che l'uomo cominciò nuovamente a sognare se stesso, a fantasticare sul suo essere, e ridestò il dubbio, l'angoscia, il sogno riguardo al proprio destino. Più tardi, nella Controriforma, l'inquietudine metafisica sarebbe stata rimodellata in forma ortodossa affermando che la vita è sogno"[4].

-vento : si ricorderà che nel carme 70 di Catullo citato sopra il vento costituisce, insieme con l'acqua, la materia instabile su cui non si possono scolpire le parole di devozione e fedeltà di Lesbia per il poeta innamorato.-umor: etimologicamente imparentato con uJgrovth" , umidità e uJgrov" , umido. Nella tragedia greca la polvere, che deriva dalla mancanza di umido, è segno di sterilità, un simbolo ripreso da T. S. Eliot. 

"sic in amore Venus simulacris ludit amantis/nec satiare queunt spectando corpora coram/nec manibus quicquam teneris abradere membris/possunt errantes incerti corpore toto./Denique cum membris collatis flore fruuntur/aetatis, iam cum praesagit gaudia corpus/atque in eost Venus ut muliebria conserat arva,/adfigunt avide corpus iunguntque salivas/oris et inspirant pressantes dentibus ora,/nequiquam, quoniam nil inde abradere possunt/nec penetrare et abire in corpus corpore toto;/nam facere interdum velle et certare videntur:/usque adeo cupide in Veneris compagibus haerent,/ membra voluptatis dum vi labefacta liquescunt " (IV, vv. 1101-1114),  così nell'amore Venere con i simulacri beffa gli amanti, né possono saziarsi rimirando i corpi presenti, né con le mani possono raschiare via nulla alle tenere membra, mentre errano incerti per tutto il corpo. Infine, come, congiunte le membra, godono del fiore della giovinezza, quando già il corpo pregusta il piacere e Venere è sul punto di seminare i campi della femmina, inchiodano avidamente il corpo e mescolano le salive della bocca, e ansimano premendo con i denti le labbra, invano poiché di lì non possono raschiare via niente, né penetrare e sparire nel corpo con tutto il corpo, infatti sembrano talvolta volere farlo lottando: a tal punto sono avidamente attaccati nei lacci di Venere, mentre le membra sdilinquite dalla violenza del piacere si struggono.

-corpora coram "nota la clausola allitterante e fortemente assonante, dopo la dieresi bucolica...Teneris abradere membris  è di nuovo una iunctura  ossimorica (vedi sopra: vv. 1080-1081), in cui si uniscono un verbo connotato di violenza e un epiteto (teneris ) indicante delicatezza e affettività (come, al v. 1080, labellis ). L'insistenza sull'impotenza degli amantes  a raggiungere la soddisfazione (nec...queunt...nec possunt ), cui così freneticamente aspirano, genera la consueta reazione mista di pietà e derisione"[5].

 

Vorrei aggiungere un mio contributo comparativistico: nel romanzo Il castello  di Kafka viene descritta una copula del genere per denunciare l'impossibilità o l'impotenza dell'amore tra K. e Frieda:"poiché la seggiola era accanto al capezzale, vacillarono e caddero sul letto. E lì giacquero, ma non con l'abbandono di quella prima notte. Lei cercava qualcosa, e lui pure, e ciascuno, furente e col viso contratto, cercava, conficcando il capo nel petto dell'altro: né i loro amplessi né i loro corpi tesi li rendevan dimentichi, ma anzi li richiamavano al dovere di cercare ancora; come i cani raspano disperatamente il terreno, così essi scavavano l'uno il corpo dell'altro, e poi, delusi, smarriti, per trovare un'ultima felicità, si lambivano a volte con la lingua vicendevolmente il viso. Solo la stanchezza li pacificò e li riempì di mutua gratitudine. Poi sopraggiunsero le due serve. "Guarda quei due sul letto" disse l'una, e per compassione li coprì d'un lenzuolo"[6].- Questo lenzuolo prefigura il sudario. Facciamo l’amore anche per consolarci della morte che ci attende al varco, ma il concubitus contiene talora elementi distruttivi.

Membris collatis  è ablativo assoluto con il participio di confero . In questa espressione c'è l'idea di un corpo a corpo ostile (cfr. arma, manum, pedem, signa conferre  nel senso di ingaggiare il combattimento).- -Eost=eo est .-Ut muliebria conserat arva : "Per rendere efficace e visibile la dinamica del rapporto sessuale, Lucrezio non rifugge da immagini potenti e crude, prese a prestito dall'agricoltura"[7]. Per questa immagine metaforica cfr. la scheda "assimilazione della donna alla terra".- oris  :"è inutile per il senso, ma permette la raffinatezza del poliptoto a cornice (oris...ora )"[8].-nequiquam : "la pesante parola, che costituisce un molosso (una sequenza, cioè, di tre sillabe lunghe) ed è collocata nel risalto della sede iniziale davanti a cesura semiternaria, non lascia scampo alle illusioni degli amantes "[9]. La stessa situazione si ripete al v. 1133.-in corpus corpore : il poliptoto a contatto è espressivo del desiderio  simbiotico dei due amanti, ma la simbiosi non è amore:"In contrasto con l'unione simbiotica, l'amore maturo è unione a condizione di preservare la propria integrità, la propria individualità"[10].-certare : la volontà simbiotica include quella di lottare per la sopraffazione poiché ognuno dei due vuole essere l'elemento predominante e un rapporto alla pari è molto difficile siccome anche le relazioni erotiche, come tutte quelle umane, se non vengono corrette dalla moralità, sono connotate dalla legge del più forte che sottomette e sfrutta chi è più debole. Abbiamo già sentito Tucidide (V, 105, 2) per la sfera politico-militare, ora diamo la parola a C. Pavese per quella più genericamente umana e più specificamente amorosa:" Tipologia delle donne: quelle che sfruttano e quelle che si lasciano sfruttare....Le prime sono melliflue, urbane, signore. Le seconde sono aspre, maleducate, incapaci di dominio di sé. (Ciò che rende villani e violenti è la sete di tenerezza.) Tutti e due i tipi confermano la impossibilità  di comunione umana. Ci sono servi e padroni, non ci sono uguali. La sola regola eroica: essere soli soli soli"[11].- In Veneris compagibus : l'amore come trappola che allaccia e come rete è denunciato da Cassandra nell'Agamennone di Eschilo:"ajll j a[rku" hJ xuvneuno"" (v. 1116), ma una rete è la compagna di letto.-labefacta liquescunt : l'allitterazione in clausola con la liquida rende fonicamente l'idea dello scioglimento delle membra. 

"Tandem ubi se erupit nervis conlecta cupido/parva fit ardoris violenti pausa parumper./Inde redit rabies eadem et furor ille revisit,/cum sibi quid cupiant ipsi contingere quaerunt,/nec reperire malum id possunt quae machina vincat:/usque adeo incerti tabescunt vulnere caeco " (IV, 1115-1120), finalmente, quando si è lanciato fuori dai nervi il desiderio raccolto, segue per un poco una piccola pausa dell'ardore violento. Quindi torna la medesima rabbia e quella smania a infuriare, mentre essi stessi si chiedono che cosa bramano raggiungere, né sono capaci di trovare quale espediente superi quel male: sino a tal punto senza saperlo si struggono con cieca ferita.

-Nervis : nervus  è etimologicamente imparentato con   neu'ron e i suoi significati vanno da "membro virile" (in Orazio, Epodi , 12, 19) a "carcere". Comunque l'eiaculazione è una scarica di tensione nervosa che fornisce una parva pausa...parumper . "Le due parole (parva...parumper ) etimologicamente collegate sono poste a cornice del verso (e l'allitterazione è rinforzata da pausa , grecismo per mora)"[12].

Né sembra che ci sia gioia in questa pausa breve e malsicura. Pare che ci sia al massimo un "piacer figlio d'affanno" come nell'idillio di Leopardi[13].

 

Schopenhauer afferma esplicitamente la scarsa soddisfazione che consegue alla scarica erotica:"Non si è notato come "illico post coitum cachinnus auditur diaboli "? La qual cosa, detta seriamente, si fonda sul fatto che il desiderio sessuale, soprattutto quando si concentra nell'innamoramento fissandosi su di una donna determinata, è la quintessenza dell'imbroglio di questo nobile mondo; perché promette così indicibilmente, infinitamente e straordinariamente molto, e mantiene, poi, così miserabilmente poco"[14]. Ma noi che con l’esperienza lo abbiamo più volte provato e capito non ci aspettiamo che la promessa di amore eterno venga mantenuta: sappiamo bene che se dura un mese è tutta grazia di Dio che infatti ringraziamo e quel mese ci pare talmente un dono del cielo, un dono divino che impieghiamo anni, magari tutta la vita per raccontarlo.

-redit rabies...furor revisit : chiasmo e allitterazione in r -. Sembra che la copula si prepari con un digrignare di denti.

Il messaggio è che l'atto sessuale è congiunto al dolore e all'infelicità.

Sentiamo ancora Schopenhauer:"giustamente Platone (all'inizio della Repubblica ) stima felice la vecchiaia, in quanto infine libera dall'istinto sessuale, che tormenta incessantemente l'uomo sino a quel momento. Si potrebbe anzi sostenere che i molteplici e infiniti capricci provocati dall'istinto sessuale, e gli affetti sorti da questi, mantengono nell'uomo una costante e soave follia, sintanto che egli resta sotto l'influsso di quell'impulso o di quel diavolo, da cui è di continuo posseduto; soltanto con la sua estinzione egli diventerebbe quindi del tutto assennato...La causa di ciò non sta in altro se non nel fatto che la gioventù rimane ancora sotto il dominio, o meglio il servaggio di quel demone, che non le concede facilmente neppure un'ora libera, e al tempo stesso è l'autore immediato e mediato di quasi tutte le sventure che colpiscono e minacciano l'uomo: la vecchiaia ha per contro la serenità di chi si è liberato da una catena portata per lungo tempo, e si muove ora liberamente...il vecchio è penetrato della massima del'Ecclesiaste : "tutto è vano", e sa che tutte le noci sono vuote, per quanto esse possano venir ricoperte d'oro"[15].

Questo non si capisce prima del cinquanta anni e per molti è toppo tardi.

Devono passare molte ore del resto della vita tra noia e dolore.

La vecchiaia per giunta "è libertà dall'obbligo di attestare a se stessi e agli altri il proprio valore, la propria capacità e vitalità" scrive Magris[16] a proposito dei vecchi di Svevo i quali del resto non hanno deposto del tutto le loro pretese sessuali.

Il biasimo del sesso viene attribuito da Platone a Sofocle oramai anziano, il quale, quando  Cefalo gli domanda:"pw'"...e[cei" pro;" tajfrodivsia; e[ti oiJov" te ei\gunaiki; suggivgnesqai " , come ti va nelle cose d'amore? sei ancora capace di congiungerti con una donna?,  risponde: "eujfhvmei w\ a[nqrwpe: aJsmenevstata mevntoi aujto; ajpevfugon, w{sper luttw'ntav tina kai; a[grion despovthn ajpodrav"" (Repubblica , 329c), sta' zitto tu, infatti con grandissima gioia me ne sono liberato, come se fossi fuggito da un padrone furente e selvaggio.

 Questo anatema di Sofocle viene riferita e approvata da Catone il vecchio nel De senectute  di Cicerone :" Bene Sophocles, cum ex eo quidam iam affecto aetate quaereret utereturne rebus veneriis:"Di meliora! inquit; libenter vero istinc sicut ab domino agresti ac furioso profugi " (14), opportunamente Sofocle quando, già vecchio e fiaccato dagli anni, un tale gli chiedeva se facesse ancora del sesso, disse: dio ne scampi, volentieri invero sono scappato di lì come da un padrone selvaggio e furioso!  

 Nella stessa opera del resto il piacere  dei sensi in generale viene smontato:" impedit enim consilium voluptas, rationi inimica est, mentis, ut ita dicam, praestringit oculos, nec habet ullum cum virtute commercium " (12), in effetti il piacere impedisce il giudizio, è nemico della ragione, abbaglia, per così dire, gli occhi della mente e non ha alcun rapporto con la virtù.

Di fatto ancora negli anni Cinquanta del Novecento la pretaglia delle parrocchie di Pesaro diceva ai ragazzini che se uno pensava troppo alle femmine diventava cieco, di occhi e di mente.

-quid cupiant : il desiderio di fondo è quello di generare nel bello. Diotima, volendo dire che cos'è l'amore tradotto in atto (to; e[rgon), dà questa definizione:" e[sti ga;r tou'to tovko" ejn kalw'/ , kai; kata; to; sw'ma kai; kata; th;n yuchvn " (Simposio , 206b), questo  è generazione nel bello sia secondo il corpo sia secondo l'anima.

La nostra natura infatti, precisa Diotima, desidera generare, ma generare nel brutto non può, bensì nel bello ("tivktein ejpiqumei' hJmw'n hj fuvsi" : tivktein de; ejn me;n aijscrw'/ ouj duvnatai, ejn de; tw'/ kalw'/", 206c). Questo è il vero motivo del cupere . Infatti tutti i tentativi di svalutare l'atto sessuale non resistono a questa obiezione di C. Pavese:" Se il chiavare non fosse la cosa più importante della vita, la Genesi non comincerebbe di lì"[17].

Assistiamo al tentativo di sottrarre la creazione della vita all'accoppiamento tra il maschio e la femmina. Succede quando non è possibile unirsi nel bello e si copula nel brutto, in maniera non creativa ma distruttiva, tanto che "l'amore divino si trasforma in lussuria, l'abbraccio in una spaventevole, digrignante chiavata"[18].-machina : è un altro grecismo ( mhcanhv): l'uomo erotico in effetti deve essere come Odisseo  polumhvcano", poiché la sessualità è centrale nella vita:" Ulisse è l'eroe polùmetis  (scaltro) come è polùtropos  (versatile) e poluméchanos  nel senso che non manca mai di espediento, di pòroi , per trarsi d'impaccio in ogni genere di difficoltà, aporìa (...) La varietà, il cambiamento della metis, sottolineano la sua parentela con il mondo multiplo, diviso, ondeggiante dove essa è immersa per esercitare la sua azione. E' questa complicità con il reale che assicura la sua efficacia"[19].

Aggiungo che la metis è lo strumento con cui Polluce prevale sulla forza bruta di Amico, il re dei Bebrici che lo aveva sfidato nella gara di pugilato: Polluce schivava gli assalti dello sfidante bestiale e grazie all'intelligenza (dia;  mh'tin [20]) restava semptre incolume-

L’intelligenza inveo non ti lascia sempre incolume però ti consente di porre rimedio agli incidenti e agli errori.

 

-tabescunt (IV, 1120) : tabescere indica lo struggersi d'amore anche in Properzio (3, 6, 23) e in Ovidio (Met.  3, 445) Dalla stessa radice il sostantivo tabes, decomposizione e, il verbo greco, thvkw, sciolgo.-vulnere caeco : la ferita è cieca in quanto non parla o se lo fa non viene ascoltata da chi intende l'amore quale azione prevaricatoria, e quindi essa non dà luce come invece fanno i vulnera  sanati dalla comprensione che, lo abbiamo detto, ci parlano come bocche non mute.

"Adde quod absumunt viris pereuntque labore/adde quod alterius sub nutu degitur aetas/languent officia atque aegrotat fama vacillans " (1121-1123), aggiungi che esauriscono le forze e si annientano con la fatica, aggiungi che la vita si consuma sottomessa ai cenni di un altro, nei doveri sei fiacco e la reputazione si ammala e traballa.-absumunt viris (vires ): è solo l'amore non contraccambiato, che, come un investimento improduttivo, provoca questa sensazione di illanguidimento; l'eros indirizzato sulla persona congeniale, viceversa, dà un senso di potenziamento, di vitalità rinnovata e di gioia.-sub nutu : probabilmente Leopardi ricorda questo passo scrivendo:"Or ti vanta, che il puoi. Narra che sola/sei del tuo sesso a cui piegar sostenni/l'altero capo "[21].-fama : l'alta considerazione della fama è indizio dell'appartenenza alla civiltà di vergogna. L'innamorato invece è un ispirato che vede oltre le cose terrene e non si cura dell'opinione dei più.

Pesaro 29 agosto 2023 ore 10, 19  giovanni ghiselli

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[1]G. Berto, La cosa buffa , p. 79.

[2]Adelchi , atto IV.

[3] Pitica VII, vv. 95-96.

[4] Marìa Zambrano, L'uomo e il divino , p. 139. La vida es sueño (1635) è il capolavoro di Calderòn de la Barca (Madrid 1600-1681).

[5]G. B. Conte, Scriptorium Classicum , 5, p. 54.

[6]F. Kafka, Il castello , p. 84.

[7] Lucrezio, La Natura Delle Cose, commento di I. Dionigi, p. 410.

[8]G. B. Conte, op. e p. citate sopra.

[9]G. B. Conte, op. e p. citate sopra.

[10]E. Fromm, L'arte d'amare , p. 35.

[11]Il mestiere di vivere , 15 ottobre 1940.

[12]G. B. Conte, op. e p. citate sopra.

[13]La quiete dopo la tempesta , v. 32.

[14]Parerga e paralipomena , Tomo II, p. 414.

[15]Parerga e paralipomena , Tomo II, p. 665 ss.

[16]L'anello di Clarisse , p. 198.

[17]Il mestiere di vivere , 25 dicembre, 1937.

[18]W. Reich, L'assassinio di Cristo , p. 66.

[19]M. Detienne-J. P. Vernant, Le astuzie dell'intelligenza nell'antica Grecia , p. 3 e sgg.

[20] Apollonio Rodio, Argonautiche, II, 75.

[21] Aspasia , vv. 89-91.

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