mercoledì 31 luglio 2019

Di Maio attore comico, Salvini tragicomico

Apuleio (Florĭda. 18 comoedus sermocinatur, tragoedus vociferatur) differenzia in modo netto la recitazione degli attori comici e degli attori tragici: di tipo  colloquiale l’una, fortemente sostenuta e incline alla declamazione potente l’altra”[1].
Qualche cosa di analogo dice Ovidio a proposito dello stile tragico e di quello comico: “Grande sonant tragici: tragicos decet ira coturnos/ usibus e mediis soccus habendus erit[2], i tragici hanno un suono forte: l’ira si addice ai coturni tragici: la commedia va tratta dall’esperienza quotidiana.


[1] M Di Marco, Op. cit., p. 90.
[2] Remedia amoris, 375-376.

martedì 30 luglio 2019

I giovani hanno bisogno di un'educazione buona che aiuterebbe e salverebbe tante vite

Nell'Oreste di Euripide Menelao pone una domanda a suo nipote Oreste che ha trovato devastato dalla amorfìa (v. 390), una deformità che lo fa apparire già morto. Gli chiede dunque: "Che cosa soffri? Quale malattia ti distrugge?" (v.395).
E il ragazzo, che ha ucciso la propria madre, risponde:
" L’intelligenza, poiché sono consapevole di avere commesso un atto orrendo" (v. 396).
L'intelligenza (synesis) è capacità di mettere insieme, di collegare le conoscenze. Queste a loro volta necessitano di ascolto, di letture, di facoltà comunicative. Io credo che due individui come gli assassini del vicebrigadiere Mario non abbiano sviluppato alcuna forma di intelligenza umana che è presupposta da capacità inesistenti in loro. Purtroppo quei due non sono casi rarissimi. Queste deficienze, sia chiaro, non costituiscono delle attenuanti di un crimine tanto efferato. Magari sono accuse nei confronti di chi avrebbe dovuto educare tali ragazzi traviati.
 Costoro dovrebbero fruire di anni di prigione dove potessero imparare ad ascoltare, a leggere, a pensare, a parlare, e ad avere sentimenti umani. Tale educazione del resto dovrebbe essere data, fin da bambini, a tutti i giovani anche a quelli che non sono finiti in prigione. Dico nella scuola statale, in una scuola davvero buona.
La buona educazione mancata lascia spazio alla mala educazione, alla corruzione delle anime che viene dalle mode, dalla pubblicità, dai luoghi comuni, dalle menzogne e dalle incongruenze che rendono inaffidabili troppi adulti e spingono i ragazzi al nichilismo, a non credere in niente, in niente di buono
giovanni ghiselli

lunedì 29 luglio 2019

Respingo l’uso strumentale della fotografia dell’assassino legato e bendato



Purtroppo sta succedendo quello che avevo previsto e presofferto: “omnia praecepi atque animo mecum ante peregi” (Eneide, VI, 105) .
Dopo il caso di Amanda  Knox e quello della strage della funivia del Ceremis non era difficile presoffrire anche tutto questo che sta avvenendo oggi. Come Enea ricordato sopra, e come  il Tiresia di Eliot “ I (…) have foresuffered all " (La terra desolata , 243).
Stanno intorbidando l’aria per confondere e nascondere la barbarie del crimine efferato compiuto dai due giovani venuti a delinquere dalla California a Roma. Credo che l’uso della fotografia con la quale vogliono trasformare il carnefice in vittima sia strumentale. Azzardo scrivere che probabilmente è anche doloso. Trovo assurdo per giunta che sia stato punito un carabiniere il quale ha legato le mani dietro la schiena e ha messo una benda sugli occhi a un assassino il quale ha ucciso a coltellate un collega dell’arma, mentre sono stati coperti per anni i militari che avevano pestato a morte Federico Aldrovandi e Stefano Cucchi.
Diversi “autorevoli” giornali qualificano ripetutamente come “intollerabile” il trattamento subito da Natale Hjorth. Come se il misfatto da abominare per primo, e il solo da condannare, fosse questa reazione al delitto che l’ha provocata.
Spero che il governo abbia la dignità di difendere il nostro carabiniere e di respingere tali tentativi di ingarbugliare i fatti perché si giunga a una estradizione e a una condanna irrisoria, seguita dall’oblio dell’assassinio, della vittima cara a tanti italiani perbene, e si arrivi alla negazione totale della nostra sovranità nazionale già troppe volte calpestata e spregiata.
giovanni ghiselli  


domenica 28 luglio 2019

Gli assassini sono degli ignoranti violenti che vanno educati durante la pena carceraria

Sono cominciate le giustificazioni e le attenuanti per i due assassini del carabiniere Mario.  Uno dei due viene presentato come vittima con le mani legate e una benda che gli è stata messa sugli occhi, mentre di Stefano Cucchi e Federico Aldrovandi vennero giustificati i pestaggi a morte per tanti anni. Ma questi due delinquenti sono Statunitensi e di famiglia borghese. A tale "forte" nazionalità e a "tanta" estrazione si devono le attenuanti e le simpatie degli asserviti.
Oggi, eccezionalmente, mi trovo d'accordo con Salvini in quanto ha detto: 
 l'unica vittima è il carabiniere”.
Temo che si ripeta la storia di altri delitti impuniti.
Non sono avido di vendetta, anzi: pio poenas ore reposco. Non reclamo l’ergastolo che è anticostituzionale e vorrei venisse proprio abolito, e non auspico una pena superiore a venti anni per dei ragazzi che venti anni li hanno sì e no compiuti e possono e devono redimersi, ma chiedo una punizione carceraria che intervenga a  rieducare due  disgraziati i quali per carenza di paideia hanno creato tanto dolore.
Facilis descensus Averno (…) sed revocare gradum superasque evadere ad auras,hoc opus, hic labor est.
L’ignoranza totale, l’impudenza e la stupidità di questi giovani delinquenti si vede dal fatto che hanno cercato di giustificarsi dicendo che non sapevano di avere di fronte un carabiniere: perciò hanno ucciso.
Del resto la moda attuale insegna che certa violenza ( p. e.quella perpetrata contro gli uomini adulti, soprattutto se arabi poveri, o  migranti di pelle scura i più sprotetti) è meno grave di altre inflitte a esseri umani più protetti o perfino a orsi, balene e lupi buoni.
I carabinieri di solito sono abbastanza protetti ma questa volta c’è il rischio che “la ragion di stato” e la solidarietà borghese trovino il modo di condonare anni di carcere a questi due “pargoli di buona famiglia”. A chi mi legge cito: “discite iustitiam noniti et non temnere divos” (Virgilio, Eneide, VI, 620).
Et talia fatus conticesco.       
giovanni

sabato 27 luglio 2019

Onore a Mario, il carabiniere ucciso, e giusta punizione ai suoi assassini

Leggo che ieri a Roma è stato massacrato Mario Cerciello, vicebrigadiere dei carabinieri e persona non solo onesta ma anche generosa. Tutta la mia simpatia va alla vittima e la più sentita esecrazione agli assassini. Spero che “i due ventenni americani in vacanza in Italia” alloggiati in “un albergo a quattro stelle da più di 200 euro a notte a pochi passi dalla corte di Cassazione” come scrivono due cronisti del quotidiano “la Repubblica” di oggi, 27 luglio 2019 (p. 2), spero e chiedo che vengano severamente condannati. Che non si ripetano insomma le assoluzioni o le pene irrisorie  riservate ai criminali WASP (acronimo di  White Anglo-Saxon Protestant ).
Non vorrei che i due delinquenti potessero fruire di attenuanti per il fatto che “volevano cocaina, si sono ritrovati con un po’ di aspirina tritata. Hanno deciso di vendicarsi rubando la borsa dello spacciatore”.
Anche questo certamente va punito ma non deve fungere da capro espiatorio del crimine barbaramente perpetrato. Chi ha accoltellato il carabiniere deve subire una condanna vera.   Se no, ancora una volta dovrò pensare “Victa iacet pietas, et Virgo caede madentes,/ultima caelestum, terras Astraea reliquit" (Ovidio, Metamorfosi, I, 149-150), giace sconfitta la sensibilità umana e la Vergine Astrèa, ultima dei celesti, ha lasciato le terre sporche di strage.

Astrea, per chi non la conoscesse e ha cominciato ad attribuire il delitto a degli Arabi è la dea della Giustizia.
       

venerdì 26 luglio 2019

La "Lisistrata" di Aristofane. Parte 8

Lisistrata al teatro greco di Siracusa, 2019

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Lo Spartano dice che loro vogliono la restituzione del tondo tw[gkuklon dorismo per tou[gkuklon, to; e[gkuklon , mantello a ruota per donne, indica il culo. Lisistrata chiede cos’è, e lo Spartano risponde la porta ta;n Puvlon di Pilo che da tanto sentiamo il bisogno di tastare. Naturalmente allude agli organi sessuali.

Il Pritano allora chiede per gli Ateniesi jEcinou'nta in Tessaglia con il doppio senso dato da ejci'no", riccio e pube di donna, poi il Mhlia' kovlpon il “seno” Maliaco (a ovest della parte nord dell’Eubea) e ta; Megarika; skevlh le gambe di Megara, le mura che la univano al porto. Seno e gambe ovviamente alludono a quelli delle donne.

I due maschi vogliono lavorare il campo che indica il corpo femminile anche in altri testi.
Commento al v. 1173 della Lisistrata dove lo Spartano dice: “senz’altro io mi spoglio e da nudo voglio seminare - h[dh gewrgei'n gumno;" ajpodu;" bouvlomai

L'assimilazione della donna alla terra
Nell’Antigone di Sofocle, Emone chiede a Creonte, suo padre: "Ma ammazzerai la fidanzata del tuo stesso figlio?" (568).
E Creonte risponde: "Sì: ci sono campi da arare[1] anche di altre" (569)
Mircea Eliade nel suo Trattato di storia delle religioni scrive:"L'assimilazione fra donna e solco arato, atto generatore e lavoro agricolo, è intuizione arcaica e molto diffusa"(p. 265). A sostegno di questa affermazione cita diversi testi, tra i quali l'Edipo re (pw'" poq j aiJ patrw'/aiv s j a[loke" fevrein, tavla", si'g j ejdunavqhsan ej" tosonde; vv. 1211 - 1213, come mai i solchi paterni - ossia già seminati dal padre - poterono, infelice, sopportarti fino a tanto in silenzio?), e le Trachinie (vv.30 e sgg.) dove Deianira lamenta l'assenteismo coniugale di Eracle il quale, come eroe, è impegnatissimo, ma come marito si comporta alla pari di un colono che, avendo preso un campo lontano, va a vederlo solo quando semina e miete, ossia un paio di volte all'anno.
Per quanto riguarda l'identificazione più precisa della donna con il solco, Eliade cita il Codice di Manu (IX,33) dove sta scritto:"La donna può essere considerata come un campo; il maschio come il seme", e un proverbio finlandese che fa:"Le ragazze hanno il campo nel loro corpo". A queste testimonianze possono essere aggiunte altre, antiche e moderne, per mostrare quanto tale idea sia davvero diffusa nella mente umana, soprattutto in quella maschile.

Nel II stasimo dei Sette a Tebe (vv.751 e sgg.) il Coro di vergini tebane, riferendosi a Laio, dice che egli generò il destino per sé, Edipo parricida, il quale a sua volta osò seminare il sacro solco della madre dove nacque (matro;" aJgna;n - speivra" a[rouran, i{n j ejtravfh, 753 - 754), e la pazzia univa gli sposi dementi (paravnoia suna'ge - numfivou" frenwvlei", 756 - 757)

Euripide nelle Fenicie ricorda, attraverso Giocasta, il responso di Febo che prescrisse a Laio:"mh; spei're tevknwn a[loka daimovnwn biva/" (v. 18), non seminare il solco dei figli a dispetto degli dèi.

L’Oreste euripideo per attenuare la colpa del matricidio dice al nonno materno che il padre lo generò, mentre la madre non ha fatto che partorirlo: ella è stata solo il campo arato che ha preso il seme da un altro:"to; sperm j a[roura paralabous ja[llou pavra" (v. 553).
La stessa ragione addotta da Apollo nelle Eumenidi di Eschilo (vv. 658 e sgg.) per minimizzare il delitto del matricida.

Shakespeare paragona la giovanissima Marina, vergine e onesta, a della terra non dissodata. Parlano una mezzana e un ruffiano che vorrebbero trarre profitto dalla prostituzione della ragazza: “Crack the glass of her verginity, and make the rest malleable” , rompi il vetro della sua verginità e rendi il resto malleabile dice il ruffiano.
E la mezzana risponde: “An if she were a thornier piece of ground than she is, she shall be ploughed ” (Pericle, principe di Tiro, IV, 4), anche se fosse un pezzo di terra più spinoso di quello che è, verrà arata.
Tra gli autori latini Lucrezio, forse sotto la scorta di Euripide[2] interpreta la "deum mater " (II,659), come la divinizzazione della terra[3].

Questa parentela stretta tra la femmina umana (o divina) e la terra, è messa in rilievo anche da non pochi autori moderni. Kierkegaard nel Diario del seduttore indica e sottolinea la vicinanza della ragazza alla natura: "Perfino quel che in lei c'è di spirituale ha alcunché di vegetativo"(p.138) .

Su questa linea si trova anche J. J. Bachofen, l'autore di Das Mutterrecht [4], che vede nel diritto materno quello fisico, e nel paterno il metafisico, in quanto "la donna è la terra stessa. La donna è il principio materiale, l'uomo è il principio spirituale... Platone nel Menesseno (238a) dice - non è la terra a imitare la donna, ma la donna a imitare la terra - ". Del resto non bisogna dimenticare che, se nel Menesseno Platone scrive (precisamente): "ouj ga;r gh' gunai'ka memivmhtai kuhvsei kai; gennhvsei(nella gravidanza e nel parto), ajlla; gunh; gh'n", nel Menone , 81d, il filosofo ateniese afferma che tutta la natura è imparentata con se stessa(th'" fuvsew" aJpavsh" suggenou'" ou[sh"), e, dunque, anche l'uomo è stretto parente della grande madre.

 At the Thesmophoria they tried to persuade the Earth to imitate them[5], alle Tesmoforie le donne cercavano di persuadere la Terra a imitare loro.
Questa teoria, espressa con benevolenza verso le femmine umane dal filosofo danese e in maniera ambivalente, non priva di contraddizioni da Bachofen, assume aspetto malevolo, decisamente antifemminista in Otto Weininger, l'autore di Sesso e carattere, morto, forse non a caso, suicida nel 1903, a soli ventitré anni. Secondo lo scrittore austriaco" le donne stanno incosciamente più vicine alla natura che non l'uomo. I fiori sono i loro fratelli"(p.293), e, più avanti (p.296),"l'uomo è forma, la donna è materia...la materia vuole essere formata: perciò la donna pretende dall'uomo la delucidazione dei suoi pensieri confusi".

Si può continuare la rassegna, certo parziale e limitata, con un altro autore austriaco, uno dei massimi romanzieri del Novecento, Robert Musil che, ne L'uomo senza qualità, compie l'operazione inversa: assimila la terra alla donna. "Ulrich la trattenne e le mostrò il paesaggio. - Mille e mille anni fa questo era un ghiacciaio. Anche la terra non è con tutta l'anima quello che momentaneamente finge di essere - egli spiegò - . Questa creatura tondeggiante è di temperamento isterico. Oggi recita la parte della provvida madre borghese. A quei tempi invece era frigida e gelida come una ragazza maligna. E migliaia di anni prima si era comportata lascivamente, con foreste di felci arboree, paludi ardenti e animali diabolici"( p.279).

Concludo citando D'Annunzio: in Il Piacere Andrea Sperelli dichiara che "fra i mesi neutri" aprile e settembre preferisce il secondo in quanto "più feminino... E la terra? - aggiunge - Non so perché, guardando un paese, di questo tempo, penso sempre a una una bella donna che abbia partorito e che si riposi in un letto bianco, sorridendo d'un sorriso attonito, pallido, inestinguibile. E' un'impressione giusta! C'è qualche cosa dello stupore e della beatitudine puerperale in una campagna di settembre!"(p. 169).
Infine in Il Fuoco l'amante non più giovane viene assimilata, tra l'altro, a "un campo che è stato mietuto"(p. 306).

Il Pritano dice senza metafore ejstuvkamen (1178), ce l’abbiamo ritto, e aggiunge che tutti sono d’accordo: vogliono binei'n (1180), fottere.
Lo Spartano conferma
Lisistrata promette
Il coro di donne offre aiuto ai poveri.
Alla fine, dopo un’ultima resistenza dei vecchi e delle vecchie, ci sono canti di soddisfazione
Il Pritano raccomanda le sbronze che rendono gli uomini meno sospettosi.

Esodo 1247 - 1320
Lo Spartano ricorda le benemerenze storiche degli Ateniesi e le loro nei confronti della Grecia, in particolare la seconda guerra persiana con l’Artemisio il promontorio nel punto più a Nord (est) dell’Eubea dove gli Ateniesi simili a verri - sueivkeloi - saltarono sulle navi e vinsero i Medi, mentre Leonida guidava noi Spartani come cinghiali che aguzzano le zanne - a|per tw;" kavprw" savgonta" (1255).
 I guerrieri schiumavano e sudavano e i Persiani non erano meno dei granelli di sabbia oujk ejlavssw" ta'" yavmma" (1261)
Viene invocata Artemide, silvestre cacciatrice. E finiamola con le volpi astute!

Forse c’è un riferimento a quanto disse Lisandro il quale concluse la guerra del Peloponneso sconfiggendo gli Ateniesi: egli se la rideva di quanti stimavano che i discendenti di Eracle dovessero sdegnare di vincere con il tradimento e raccomandava sempre:" o{pou ga;r hJ leonth' mh; ejfiknei'tai prosraptevon ejkei' th;n ajlwpekhvn" dove di fatto non giunge la pelle del leone, bisogna cucirle sopra quella della volpe" (Plutarco, Vita di Lisandro, 7, 6).
Cfr. la golpe e il lione di Machiavelli.

Il coro degli Ateniesi invoca le Cavrita", Artemide, Apollo il gemello guidatore di danze divdumon ajgevcoron, benigno guaritore eu[fron j jIhvion[6], poi Dioniso, il dio di Nisa, il dio che con le Menadi negli occhi sfavilla, e Zeus fulgente di fuoco e la sua veneranda consorte, e Afrodite che ci ha dato questa pace serena. Dunque ai[resq j a[nw, balzate in alto, wJ" ejpi; nivkh/ come per la vittoria, eujoi' ripetuto 4 volte.

Il pritano chiede allo Spartano di concludere intonando mou'san e[ti nevan, un canto ancora nuovo.
Cfr. quanto dice Telemaco a Femio nel I canto dell’Odissea: il cantore deve dilettare ("tevrpein", v. 347), e gli uomini apprezzano maggiormente il canto ajoidhvn - che suoni più nuovo newtavth a chi ascolta (vv. 351 - 352).

Abbiamo visto per la storiografia tucididèa, preferisce occuparsi di fatti recenti:" Con la loro funzione sacra, i poemi perdono anche il loro carattere lirico; diventano epici, e in questa forma sono la più antica poesia profana, sciolta dal culto, di cui si abbia notizia in Europa. In origine dovettero essere qualcosa come resoconti di guerra, cronache di eventi bellici; e forse da principio si limitavano alle "ultime notizie" sulle fortunate imprese militari e sulle spedizioni piratesche sulla stirpe. "Al canto più nuovo, la lode più alta", dice Omero (Od. I, 351 - 352), e Demodoco e Femio cantano dei fatti più recenti" [7].
“Ciò che è importante per l’aedo è stare al passo con i tempi, il che equivale a conoscere il canto più recente” [8].

La poetica del canto nuovo sarà ripresa da Pindaro che vuole togliere ai canti tradizionali il biasimo verso gli dèi:" ejpei; to; ge loidorh'sai qeouv" - ejcqra; sofiva" [9], poiché diffamare gli dèi è sapienza che odia, e dunque: "ai[nei de; palaio;n me;n oi\non, a[nqea d j u{mnwn - newtevrwn" [10], loda il vino vecchio, ma fiori di canti nuovi.
 Del resto il canto epico, al pari della storiografia erodotea deve dilettare chi ascolta.

Lo Spartano dunque canta
Invoca la musa spartana che lasci l’amabile Taigeto e celebri Apollo il dio di Amicle, e Atena la dea Calkivoiko" dalla dimora di bronzo, e i Tindaridi che giocano (yiavdonti = yiavzousi) presso l’Eurota.
Noi celebriamo Sparta cui sono care le danze kai; podw'n ktuvpo" e il battere dei piedi, quando, come puledre le fanciulle – a|/te pw'loi tai; kovrai - presso l’Eurota - pa;r to;n Eujrwvtan (1309) balzano (ajmpadevomti - ajnaphdavw) agitando celeri i piedi e si squassano le chiome tai; de; kovmai seivontai come Baccanti che folleggiano con il tirso.

Fine
Bologna 4 aprile 2019. Giovanni Ghiselli




[1] ajrwvsimoi: dalla radice ajro - su cui si forma ajrovw=aro
[2] Cfr. Baccanti, vv.275 - 276:" Dhmhvthr qeav - gh' d'& ejstivn, o[noma d& oJpovteron bouvlh/ kavlei", la dea Demetra, è la terra, chiamala con il nome che vuoi, e le Fenicie, vv.685 - 686: "Damavtar qeav, - pavntwn a[nassa, pantwn de; Ga' trofov"", la dea Demetra, signora di tutti, la Terra di tutti nutrice.
[3] Per tutto l'episodio cfr. De rerum natura, II, 600 - 660.
[4] Trad. it. , antologica, Il potere femminile, pp.76 - 77)
[5]  Dodds, The ancient concept of progress, p. 147.
[6] Che può essere guaritore da ija'sqai, ma pure feritore da i{hmi
[7]A. Hauser, Storia sociale dell'arte , vol. I, p. 84.

[8] Powell, Omero, p. 58.
[9]Olimpica IX, 37 - 38
[10]Olimpica IX, 48 - 49.

Il sottoproletariato lazzarone



Il voto ai razzisti viene dalla infima borghesia ignorante e dal sottoproletariato lazzarone.
Faccio due esempi. Una tale diceva che suo padre, professore di liceo, guadagnava quanto un magistrato, e senza dare ripetizioni. Replicai che noi professori facciamo parte del proletariato quanto al salario. Ma colei se ne vergognava e insisteva nell’affermare la propria appartenenza alla buona e onorata borghesia dato che era figlia di un docente molto ben remunerato dallo stipendio statale.

Un’altra non meno lazzarona quando le dissi che il suo ex marito, un  facchino notturno dal lavoro saltuario, era un proletario intelligente e simpatico, si offese e sostenne che il padre di sua figlia non era assolutamente un proletario in quanto aveva un nonno che era stato un famoso  boss della mafia.

Tale Lumpenproletariat costituisce una plebaglia venale, bugiarda e impudente, priva di coscienza di classe e sempre disponibile a farsi assoldare dai reazionari e ad associarsi alla violenza nei confronti degli odiati proletari.
“Quanto al sottoproletariato, che rappresenta la putrefazione passiva (passive Verfaulung) degli strati più bassi della vecchia società, esso viene qua e là gettato nel movimento da una rivoluzione proletaria; ma per le sue stesse condizioni di vita esso sarà piuttosto disposto a farsi comprare e mettere al servizio di mene reazionarie”. Parole dei “prometeici” Karl Marx e Friedrich Engels (Manifesto del partito comunista, cap. 1 Borghesi e proletari).


giovedì 25 luglio 2019

Epimeteo, Prometeo e Temistocle





I politici incapaci e gli scrittori insignificanti hanno un atteggiamento epimeteico riguardo agli eventi dei quali parlano o scrivono. Epimeteo è quello che pensa dopo e troppo tardii (ejpimhqevomai).
Il critico accorto invece è prometeico, preveggente (promhqhv").
Conosce il passato, capisce il presente ed è capace di prevedere il futuro come il Temistocle delle Storie di Tucidide. Egli "oijkeiva/ xunevsei" con la propria facoltà di capire, era "tw'n te paracrh'ma di j ejlacivsth" boulh'" kravtisto" gnwvmwn", ottimo giudice della situazione presente attraverso un rapidissimo esame" e "tw'n mellovntwn ejpi; plei'ston tou' genhsomevnou a[risto" eijkasthv"" (I, 138, 3), e ottimo a congetturare il futuro per ampio raggio in quello che sarebbe accaduto. Prevedeva benissimo i danni o i vantaggi quando erano ancora avvolti nell’oscurità: “tov te a[meinon h] cei'ron ejn tw/' ajfanei' e[ti proewvra malista”.
L’epimeteico, bene che vada, riferisce fatterelli e fatti già avvenuti senza giudizio critico e pure senza deformarli. Spesso però il cronista deforma maliziosamente la sua cronaca per compiacere i lettori che vogliono sentire ripetere luoghi comuni, o anche per  scodinzolare davanti padrone che gli rifornisce la greppia.  
giovanni ghiselli

p. s
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mercoledì 24 luglio 2019

Le menzogne del potere



La propaganda del potere presenta un’immagine capovolta del mondo e legittima con le menzogne  tutto quanto conviene al sempre più ristretto ceto dominante. Fa vedere un mondo ribaltato in uno specchio deformante che appunto lo rovescia e nello stesso tempo lo spaccia come “diritto”.
Anche le parole, rovesciate,  dicono spesso il contrario di quello che è il significato dei fatti e delle cose. Sono diventate suoni ingannevoli lontanissimi dal Verbo.

La "Lisistrata" di Aristofane. Parte 7

Lisistrata a Velia Teatro
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Arriva un araldo spartano anche lui con un’erezione evidente.
Domanda dov’è il senato aJ gerwciva o i pritani (980)
Il pritano - pruvtani" - presidente - gli chiede se sia un uomo o Konìsalo, un demone della fecondità simile a Priapo. Lo spartano risponde ka'rux ejgwvn , sono un araldo io venuto da Sparta per la pace. Parla in dialetto dorico che non sembra essere solo la “patina” dei cori tragici.
Perché allora questa lancia sotto l’ascella? Dovru uJpo; mavlh" (985)
L’araldo si volta per non far vedere la “lancia”
Ma girato sembra che abbia un bubbone sotto l’anguinaia
Finalmente il pritano capisce che si tratta di erezione ajll j e[stuka", w\ miarwvtate, mascalzonissimo.
Lo Spartano nega e dice che si tratta della skutavla lakwnikav, un bastone di legno intorno al quale si avvolgevano le strisce con i messaggi di Stato, i dispacci.
Però poi ammette che l’intera Sparta è ritta e tutti gli alleati sono in erezione: c’è bisogno di donne (menziona Pallene, forse una prostituta)
Lampitò ha dato il segnale, dopo di che tutte hanno scacciato i mariti dalle fiche ajphvlaan tw;" a[ndra" ajpo; tw'n ujssavkwn (1001) - u{ssax (u|" - latino sus)
Cfr. gli Acarnesi 780 - 781 dove il Megarese, che vende le figlie come porcelline, fa a Diceopoli nu'n ge coi'ro" faivnetai - ajta;r ejktrafeiv" ge kuvsqo" e[stai, sembra una porcella ma cresciuta sarà una fica.

L’araldo spartano aggiunge che i maschi girano per la città tutti curvi, “come se portassimo una lanterna e le donne non si lasciano toccare se prima gli uomini non fanno la pace”.
Il Pritano ne deduce che si è congiurato dovunque dalle donne - pantacovqen xunomwvmotai[1] - uJpo; tw'n gunaikw'n. - 1007 - 1009 -
Quindi chiede che mandino aujtokravtora" prevsbei", ambasciatori con pieni poteri.
Il corifeo dice che non c’è belva più insuperabile della donna, neppure il il fuoco e nessuna pantera così svergognata - oujde; pu'r, oujd j w|d j ajnaidhv" oujdemiva pavrdali" - (1015).

Cfr la tirata dell’Ippolito di Euripide dove il protagonista, sdegnato con la matrigna, è talmente disgustato e terrorizzato dalle donne, ingannevole male per gli uomini (" kivbdhlon ajnqrwvpoi" kakovn ", v. 616), male grande ("kako;n mevga", v. 627), creatura perniciosa, o, più letteralmente, frutto dell'ate[2] ("ajthrovn[3]... futovn", v. 630), che auspica la loro collocazione presso muti morsi di fiere: crh'n d j ej" gunai'ka provspolon me;n ouj pera'n - , a[fqogga d j aujtai'" sugkatoikivzein davkh - qhrw'n, Ippolito 645 - 647, bisognerebbr inoltre che dalla donna non andasse un’ancella ma fare abitare con loro muti morsi di fiere. Non è che Ippolito cerchi la donna intellettuale. La saputa anzi è peggiore sofh;n de; misw' (640). La stupida è paradossalmente meno vicina alla follia.
L’esecrazione inizia con l’idea che la propagazione della razza umana dovrebbe avvenire senza la partecipazione delle femmine umane.
Traduco alcune parole del "puro" folle che dà in escandescenze:
 "O Zeus perché ponesti nella luce del sole le donne, ingannevole male per gli uomini? Se infatti volevi seminare la stirpe umana, non era necessario ottenere questo dalle donne, ma bastava che i mortali mettendo in cambio nei tuoi templi oro e ferro o un peso di bronzo, comprassero discendenza di figli, ciascuno del valore del dono offerto, e vivessero in case libere, senza le femmine. Ora invece quando dapprima stiamo per portare in casa quel malanno, sperperiamo la prosperità della casa" (vv. 616 - 623).

La corifea domanda al corifeo perché le muova guerra, visto che capisce la forza di lei.
Il vecchio risponde: “wJ" ejgw; misw'n gunai'ka" oujdevpote pauvsomai” 1018), perché non cesserò mai di odiare le donne
E’ una risposta alla maniera di Ippolito: “misw'n d j ou[pot j ejmplhsqhvsomai - gunai'ka" ”( Ippolito, 664 - 665), non sarò mai sazio di odiare le donne.

La corifea a questo punto gli fa un piacere togliendogli un moscerino dall’occhio. Poi lo bacia anche
Il vecchio ne trae beneficio: la zanzara ejmpiv", ejfrewruvcei[4] - mi trivellava l’occhio come un pozzo. (1033). La vecchia lo bacia anche, e lui dice che le donne sono qwpikai; fuvsei, adulatorie per nature - qwpeuvw -
Comunque vuole fare la pace. Quindi i due cori uniti cantano un canto di conciliazione
Arrivano gli ambasciatori spartani con barba e una gabbia di maialini intorno alle cosce per nascondere l’erezione.
Lo spartano indica la loro situazione fallica e il corifeo ateniese dice che quello sembra essere infiammato di brutto e anche peggio - deinw'" teqermw'sqaiv te cei'ron faivnetai - (1079).
Arrivano anche degli Ateniesi con la tunica scostata dal ventre.
Il pritano chiede di Lisistrata. Se non ci sarà la pace saremo costretti a fottere Clistene - Kleisqevnh binhvsomen (1092).
 Era un noto omosessuale sfottuto anche nelle Rane (48)
Il Corifeo suggerisce agli Spartani di mettersi il mantello, perché non li veda qualcuno degli ermocopidi o{pw" tw'n eJrmokopivdwn mh; ti" uJma'" o[yetai (rischiano la castrazione).
Spartani e Ateniesi insieme vogliono la pace.
Chiamiamo dunque Lisistrata dice il Pritǎno, la sola che possa riconciliarci (1105).
Entra in scena Lisistrata salutata dal corifeo come ajndreiotavth, la più valorosa, e bisogna che sia terribile - deinhvn - e mite, buona e cattiva - ajgaqh;n fauvlhn - superba e amabile semnh;n ajganhvn , poluvpeiron, di molta esperienza (1109.)
Lisistrata domanda dove sia la Pace e dall’alto scende con un argano una bella ragazza nuda che la personifica. Lisistrata le chiede di recarsi a Sparta e tra gli Ateniesi con buone maniere. E se qualcuno non ti dà la mano, prendilo per il bischero (th'" savqh" a[ge 1119 cfr. saivnw scodinzolo).
Poi cita un verso di Melanippe la saggia di Euripide (fr. 487)
ejgw; gunh; mevn eijmi, nou'" d j e[nestiv moi (1124), sono una donna ma ho senno!
Queste citazioni dei tragici soprattutto di Euripide, rende l’idea di quanto dovevano essere popolari ossia noti al popolo i loro drammi.
Quindi Lisistrata rimprovera i maschi che vanno a purificare con l’acqua gli altari a Olimpia, alle Termopili, a Delfi, e mentre incombono i nemici barbari con gli eserciti, distruggete uomini e città della Grecia [Ellhna" a[ndra" kai; povlei" ajpovllute (1135).

I veri nemici - vuole dire Aristofane - sono i Persiani, anticipando di decenni Isocrate.
Ma il Pritano ribatte: sono io che muoio, così arrapato (scappellato) - ejgw; d j ajpovllumai ajpeywlhmevno" - ajpoywlevw - ywlhv , hJ - è il glande tirato indietro. yavw raschio.

Lisistrata ricorda agli Spartani che Cimone portò 4000 opliti ateniesi in loro aiuto contro i Messeni e o{lhn e[swse th;n Lakedaivmona (1144), salvò l’intera Sparta (cfr. Plutarco Vita di Cimone, 16; Tucidide I, 102).

Era il 462 durante la III guerra messenica (464 - 455). A Sparta ci fu un terremoto che fece cadere anche alcune cime del Taigeto. Si ribellarono gli iloti della Laconia, della Messenia e un paio di comunità perieciche dell’area montuosa. I Messeni si arroccarono sull’Itome 800 metri
Gli Spartani però temettero collusioni tra gli insorti e gli Ateniesi e il contingente di Cimone venne bruscamente rimandato a casa. Atene si alleò con Argo, con Tessali in senso antispartano e con Megara in funzione anticorinzia. Cimone venne ostracizzato nel 461. L’ostracismo serviva già a regolare i conti tra i partiti.

Lisistrata dunque rinfaccia questo aiuto e l’ingratitudine degli Spartani e il Pritano le dà ragione. Lo Spartano ammette il loro torto e ammira il culo della Pace, indicibilmente bello: ajll j oj prwktov" a[faton wJ" kalov" (1148)
Lisistrata poi per par condicio ricorda che gli Spartani cacciarono Ippia nel 511 e liberarono gli Ateniesi dalla tirannide.
Quindi lo Spartano elogia Lisistrata come la donna più buona e il Pritano dice di non avere mai visto kuvsqon kallivona 1158 una fica più bella (cfr. cunnus).

Tale richiesta di pace e di parità si trova anche nelle Fenicie di Euripide rappresentate nello stesso periodo di tempo (tra il 411 e il 409).
Giocasta strappa a Eteocle l’aura eschilea del re preoccupato del bene comune. La madre contrappone all’ambizione del figlio l’ jisovthς, l’uguaglianza, una norma del cosmo come si vede nella distribuzione di ore di luce e di buio, uguali nel corso dell’anno. Il più è invece il principio della discordia. Contro le trame oligarchiche. Tucidide ricorda che nello stesso governo dei Quattrocento prevalevano invidie e rancori poiché nessuno voleva l’uguaglianza ma ciascuno pretendeva di essere il primo. Tali sforzi portarono alla rovina di una oligarchia nata da una democrazia (VIII, 89, 3).
Giocasta dunque professa un atto di fede nella democrazia e nell’uguaglianza e nella pace.
Il più ha soltanto un nome: tiv d’ ejsti; to; plevon ; o[nomj e[cei movnon ( 553) , poiché ai saggi basta il necessario (ejpei; tav g j ajrkounqj iJkana; toi'ς ge swvfrwsin 554), le ricchezze non sono proprietà privata dei mortali (ou[toi ta; crhvmat j i[dia kevkthntai brotoiv 555), noi siamo curatori di cose che gli dèi possiedono (ta; tw'n qew'n d j e[conteς ejpimelouvmeqa, 556) e quando essi vogliono ce li ritolgono o{tan de; crhv/zw's j , au[t j ajfairou'ntai pavlin (557).
A Polinice Giocasta fa notare che i favori di Adrasto sono ajmaqei'ς cavriteς (569) e tu sei venuto qua porqhvswn povlin a distruggere la città ajsuvneta, dissennatamente (Cfr. le Troiane).
Euripide attraverso Giocasta si rivolge ai politici ateniesi di quegli anni: mevqeton to; livan, mevqeton (imp. aor m. duale di meqivhmi. 584), abbandonate l’eccesso, abbandonatelo. E’ un monito alla parte oligarchica e a quella democratica.


CONTINUA



[1] sunovmnumi
[2] L'accecamento mentale, una smisurata forza irrazionale.
[3] La protagonista dell'Andromaca fa l'ipotesi:" eij gunaikev~ ejsmen ajthro;n kakovn "(Andromaca, v. 353), se noi donne siamo un male pernicioso.
[4] frewrucevw, scavo pozzi - frevar - tov, pozzo. Freatico - ojruvssw, scavo.

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