NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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sabato 6 luglio 2019

Ancora sull'"Antigone" di Sofocle e Carola Rackete

in Grecia con gli amici Fulvio, Alessandro, Maddalena

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Ciascuno di noi umani è un symbolon (cfr. Platone, Simposio 191d), la metà di un segno di riconoscimento che deve combaciare con l’altra metà. L’altra metà a parer mio non è solo l’amante di turno, o il coniuge più o meno fisso, ma il resto dell’umanità, anzi l’intero cosmo ordinato da un artefice ottimo. Se tu per paura offendi un altro umano, immigrato o magistrato che sia, se tu per avidità di lucro inquini l’aria, il mare e la terra, rimani uno spezzone di essere umano, un mutilato per lo meno mentale.
Spesso tale offensore diventa lupo fit lupus come il notus feritate Lycaon.
Cito a memoria ma non a casaccio come sostengono i miei colti e gentili detrattori che avranno i loro motivi. Questa volta si tratta del primo degli imbestiamenti raccontati con evidenza perspicua da Ovidio. Primo libro delle Metamorfosi del poeta peligno dunque.
Del resto Omnia mutantur (…) nec species sua cuique manet. Queste due citazioni, non consecutive come le precedenti, mi vengono in mente dal XV libro, l’ultimo del poema.
Non sono in grado di indicare il numero dei versi siccome non ho l’opus maximum del Sulmonese con me qui a Pesaro. Io perdono chi mi denigra, sperando di ricevere a mia volta venia da loro per i miei non pochi difetti.

Voglio comunque segnalare un’altra analogia tra Carola e Antigone indicando questa volta anche i numeri dei versi citati. Ho le tragedie greche con me quasi sempre.
Leggo dunque nel quotidiano “la Repubblica” di oggi, 6 luglio 1919 (a pagina 3 ) questa domanda rivolta a Carola dall’intervistatore: “Mai un dubbio, quando si è trovata agli arresti?”
La giovane donna ha risposto: “No, non ho sbagliato ad entrare nel porto e nelle acque territoriali. L’unico errore è stata la collisione, nata dalla fatica. Comunque rifarei tutto quello che ho fatto, perché era il mio dovere”.
Sentiamo alcuni versi dell’Antigone di Sofocle.
Il dispotico re di Tebe, Creonte, fratello della madre di Antigone, ha ordinato alla città con un khvrugma di non dare sepoltura a Polinice. Antigone, la sorella del morto, lo fa, simbolicamente, spargendo della polvere sul cadavere. Sorpresa e catturata dalle guardie viene portata dal despota il quale le domanda
“E tu dimmi, non lungaggini, ma in breve:/sapevi che era stato ordinato con un editto di non fare questo?" (vv. 446 - 447).
La ragazza risponde: "Lo sapevo; perché non dovevo? Infatti era chiaro" (448).
Quindi Creonte incalza la nipote: "E allora osavi trasgredire queste leggi?" (449).
E Antigone replica: "Sì, infatti secondo me non è stato per niente Zeus il banditore di questo editto/né Giustizia che convive con gli dei di sotterra/determinò tali leggi tra gli uomini,/né pensavo che i tuoi bandi avessero tanta/forza che tu, essendo mortale, potessi oltrepassare/i diritti degli dei, non scritti e non vacillanti./
Infatti non solo oggi né ieri, ma sempre/ sono vivi questi, e nessuno sa da quando apparvero" (Antigone, vv. 450 - 457).

Ultima analogia: alla domanda “Sa di essere diventata un simbololo?”, Carola risponde: “Lo sto percependo, sì. (…) Ma non mi sento un’eroina. Spero che ciò che ho fatto sia di esempio per la mia generazione: non dobbiamo restare seduti ad aspettare, non siamo costretti ad accettare tutto nel silenzio e nell’indifferenza” (“la Repubblica”, p. 3).
L'Antigone di B. Brecht si propone come tale tipo paradigmatico in antitesi a Creonte il quale le domanda: "Di' dunque perché sei così ostinata", la ragazza risponde: "Solo per dare un esempio".
Ecco, sono tornato a citare e se questo è un farlo a casaccio, io sono fiero di farlo.

Partirò da qui il 10 per un giro ciclistico del Peloponneso. Traghetto da Ancona a Patrasso. Senza nessun libro nello zainetto.
 Con gli amici Maddalena e Alessandro andremo a Epidauro per vedere rappresentato e recitato in greco moderno l’Edipo re, quello di Sofocle. Nonostante le differenze linguistiche lo seguiremo bene poiché lo conosciamo quasi a memoria. Sono stati miei allievi decenni fa e ci siamo educati a vicenda. Il quarto del gruppo per tanti anni è stato Fulvio ma ora non sta abbastanza bene. Vogliamo che torni presto con noi.
Vado là anche per pregare. Lo farò per tutti, a partire dai buoni che mi vogliono bene. Senza dimenticare il resto dell’umanità sperando che si ravveda prima di imbestiarsi ferocemente come Licaone.

Torneremo verso il 25
Buone vacanze a chi mi legge
gianni

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