venerdì 19 luglio 2019

La paura nell'anima di Valerio Varesi. Breve commento


Inserisco nel blog un pezzetto del lavoro che, tornato dal giro ciclistico in Grecia, sto facendo qui a Pesaro dove albergai fanciullo e delle gioie mie vidi gli inizi.
Il 5 agosto, dalle 21, presenterò il libro di Valerio Varesi La paura nell’anima (Frassinelli, 2018) in piazza Verdi, a Bologna.
Il romanzo è ambientato nel paese del parmense Montepiano
Riporto alcune righe e le commento con parole mie e con altri autori:
“La maggior parte delle persone desidera mettersi nei panni non suoi. Ma in definitiva uno è quello che è e tentare di cambiare rende ridicoli. Come noi due che siam dei poveracci.” (p. 161).
Si tratta di Guido Martelli, un personaggio tragicissimo che ha sposato la donna incinta di un altro, è stato disprezzato dalla comunità del paese, e ha finito con l’uccidere il figlio della moglie.
 Mettersi nei panni degli altri può essere una cosa buona se lo facciamo per comprendere e aiutare, mentre è pessima se lo si fa rifiutando se stessi e il proprio destino.
Quindi citerò Leopardi e Nietzsche.
Per quanto riguarda il lato positivo, il Recanatese scrive: “Gli scolari partiranno dalla scuola dell’uomo il più dotto, senz’aver nulla partecipato alla sua dottrina, eccetto il caso (raro) ch’egli abbia quella forza d’immaginazione, e quel giudizio che lo fa astrarre interamente dal suo proprio stato, per mettersi ne’ piedi de’ suoi discepoli, il che si chiama comunicativa. Ed è generalmente riconosciuto che la principal dote di un buon maestro e la più utile,non è l’eccellenza in quella dottrina, ma l’eccellenza nel saperla comunicare”[1].
E più avanti: “Ma il gran torto degli educatori è di volere che ai giovani piaccia quello che piace alla vecchiezza o alla maturità; che la vita giovanile non differisca dalla matura; di voler sopprimere la differenza di gusti di desiderii ec., che la natura invincibile e immutabile ha posta fra l’età de’ loro allievi e la loro, o non volerla riconoscere, o volerne affatto prescindere (…)di volere che gli ammaestramenti, i comandi, e la forza della necessità suppliscano all’esperienza ec.”[2].

Sentiamo Nietzsche per il lato negativo che è la non accettazione di se stesso.
“La mia formula per la grandezza dell’uomo è amor fati: non voler nulla di diverso, né dietro, né davanti a sé, per tutta l’eternità. Non solo sopportare, e tanto meno dissimulare, il necessario - tutto l’idealismo è una continua menzogna di fronte al necessario - ma amarlo[3].
 “ Ma in fondo, proprio “in fondo” a noi stessi c’è sicuramente qualcosa che non si può insegnare, un Fatum spirituale granitico… ciò che “in fondo a noi” non è insegnabile[4].
“ Il necessario non mi ferisce; amor fati è la mia intima natura, das ist meine innerste Natur ”[5].
A presto, lettori miei, sono tornato più vivo che mai dopo le salite competitive della mia amatissima Grecia. Dal 10 settembre starò soprattutto a Bologna

Baci
gianni



[1] Zibaldone, 1376.
[2] Zibaldone, 1473.
[3] Ecce homo, perché sono cos’ accorto, p. 38
[4] Di là dal bene e dal male, Le nostre virtù.
[5] F. Nietzsche, Ecce homo, Il caso Wagner, p. 92.

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