Inserisco
nel blog un pezzetto del lavoro che, tornato dal giro ciclistico in Grecia, sto
facendo qui a Pesaro dove albergai fanciullo e delle gioie mie vidi gli inizi.
Il 5 agosto,
dalle 21, presenterò il libro di Valerio Varesi La paura nell’anima (Frassinelli,
2018) in piazza Verdi, a Bologna.
Il romanzo è
ambientato nel paese del parmense Montepiano
Riporto
alcune righe e le commento con parole mie e con altri autori:
“La
maggior parte delle persone desidera mettersi nei panni non suoi. Ma in
definitiva uno è quello che è e tentare di cambiare rende ridicoli. Come noi
due che siam dei poveracci.” (p. 161).
Si tratta di
Guido Martelli, un personaggio tragicissimo che ha sposato la donna incinta di
un altro, è stato disprezzato dalla comunità del paese, e ha finito con
l’uccidere il figlio della moglie.
Mettersi
nei panni degli altri può essere una cosa buona se lo facciamo per comprendere
e aiutare, mentre è pessima se lo si fa rifiutando se stessi e il proprio
destino.
Quindi
citerò Leopardi e Nietzsche.
Per quanto
riguarda il lato positivo, il Recanatese scrive: “Gli scolari
partiranno dalla scuola dell’uomo il più dotto, senz’aver nulla partecipato
alla sua dottrina, eccetto il caso (raro) ch’egli abbia quella forza
d’immaginazione, e quel giudizio che lo fa astrarre interamente dal suo proprio
stato, per mettersi ne’ piedi de’ suoi discepoli, il che si chiama
comunicativa. Ed è generalmente riconosciuto che la principal dote di un buon
maestro e la più utile,non è l’eccellenza in quella dottrina, ma l’eccellenza
nel saperla comunicare”[1].
E più
avanti: “Ma il gran torto degli educatori è di volere che ai giovani piaccia
quello che piace alla vecchiezza o alla maturità; che la vita giovanile non
differisca dalla matura; di voler sopprimere la differenza di gusti di
desiderii ec., che la natura invincibile e immutabile ha posta fra l’età de’
loro allievi e la loro, o non volerla riconoscere, o volerne affatto
prescindere (…)di volere che gli ammaestramenti, i comandi, e la forza della
necessità suppliscano all’esperienza ec.”[2].
Sentiamo
Nietzsche per il lato negativo che è la non accettazione di se stesso.
“La mia
formula per la grandezza dell’uomo è amor fati: non voler nulla di
diverso, né dietro, né davanti a sé, per tutta l’eternità. Non solo sopportare,
e tanto meno dissimulare, il necessario - tutto l’idealismo è una continua
menzogna di fronte al necessario - ma amarlo”[3].
“ Ma
in fondo, proprio “in fondo” a noi stessi c’è sicuramente qualcosa che non si
può insegnare, un Fatum spirituale granitico… ciò che “in
fondo a noi” non è insegnabile”[4].
“ Il necessario non
mi ferisce; amor fati è la mia intima natura, das ist meine
innerste Natur ”[5].
A presto,
lettori miei, sono tornato più vivo che mai dopo le salite competitive della
mia amatissima Grecia. Dal 10 settembre starò soprattutto a Bologna
Baci
gianni
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