NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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lunedì 1 luglio 2019

Carola, Antigone, Edipo, Oblomov, Teseo, Ecuba, Agamennone


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Lots of love, stay strong, don’t worry (Carola Rackete)

E’ presente, viva e attiva l’esemplarità delle parole e dei comportamenti di alcuni personaggi dei testi classici.
 Sentiamo di nuovo l’Antigone di Sofocle :"Certamente non sono nata per condividere l'odio ma l'amore" (Antigone, v. 523). E' questo un verso chiave della tragedia di Sofocle.
Il protagonista eponimo del romanzo Oblomov di Goncarov nega valore all'intelligenza che non comprende l'umanità: "Voi credete che il pensiero possa fare a meno del cuore. No, il pensiero è reso fecondo dall'amore. Tendete la mano all'uomo caduto per sollevarlo, o piangete lacrime amare su di lui, se egli è finito, ma non lo schernite. Amatelo, riconoscete voi stesso in lui e trattatelo nel modo in cui trattereste voi stessi"(p.53).

La legge naturale dell'amore è così forte che la sente anche la parte buona di Edipo "tiranno": " ajll j eij povlin thvnd j ejxevsws j, ouj moi mevlei" (Edipo re , v. 443), ma se ho salvato questa città, non mi importa.

Umanesimo dell’ascolto, dell’accoglienza, del mettersi nei panni degli infelici.
Un'altra espressione di umanesimo è quella che il vecchio Sofocle attribuisce a Teseo nell'Edipo a Colono : "e[xoid j ajnh;r w[n"(v.567), so bene di essere un uomo. E' la coscienza della propria umanità senza la quale ogni atto violento è possibile. Il sapere di essere uomo che cosa comporta? Significa incontrare una creatura mezza distrutta come è Edipo vecchio, provarne pietà, incoraggiarla ponendo domande: "kaiv s j oijktivsa" - qevlw jperevsqai, duvsmor j Oijdivpou, tivna - povlew" ejpevsth" prostroph;n ejmou' t j e[cwn", vv. 556 - 558, e sentendo compassione, voglio domandarti, infelice Edipo, con quale preghiera per la città e per me ti sei fermato qui.
 Essere uomo significa ascoltare e comprendere con simpatia poiché siamo tutti effimeri, sottoposti al dolore e destinati alla morte. "Anche io - dice il re di Atene al mendicante cieco - sono stato allevato fuggiasco come te" (vv.562 - 563)."Dunque so di essere uomo e che del domani nulla appartiene più a me che a te"(vv. 567 - 568).
Edipo a Colono, da cieco, impara ad ascoltare: egli chiede informazioni sul luogo in cui si trova, sulla natura e gli usi che sono propri di tale luogo, nonché sui modi di adeguarsi ad essi. "Nascondimi nel bosco, finché abbia sentito che cosa diranno" (vv. 114 - 115), dice ad Antigone. E il coro si rivolge a lui per la prima volta con queste parole:"Odi, o infelice errante? (v. 165). Antigone lo avverte:"E' meglio che entriamo ora, e che li ascoltiamo (v. 171). "Alla voce, vedo" (fwnh'/ ga;r oJrw' v. 138) aveva detto il padre..

Edipo vuole imparare dal Coro la preghiera alle Eumenidi ascoltando (ajkou'sai bouvlomai,[1] v. 485).
 “Se nel Tyrannos non riusciva a smascherare con lo sguardo l'inganno di Creonte, nell' Epi Kolonoi ci riesce con l'udito (ajkouveq', v. 881)"[2].

Contro i sacrifici umani. Oggi la pena di morte che si vuole infliggere ai deboli in forme per ora indirette.
Contro i sacrifici umani si esprime umanamente la vecchia regina troiana nell'Ecuba di Euripide che accusa la disumanità dei demagoghi rappresentati in questa tragedia da Odisseo:"Forse il dovere li spinse a immolare un essere umano/presso una tomba, dove sarebbe più giusto ammazzare un bue?(vv. 254 - 261). Poco più avanti Ecuba supplica Odisseo di non ammazzare la figlia con un verso che è un'alta espressione di umanesimo in favore della vita:"mhde; ktavnhte: tw'n teqnhkovtwn a{li" " (v. 278), non ammazzatela: ce ne sono stati abbastanza di morti. 

Nelle Troiane di Seneca, Agamennone prende una posizione analoga contro lo spietato Pirro che esige il sacrificio di Polissena: "Quidquid eversae potest/superesse Troiae, maneat: exactum satis/poenarum et ultra est. Regia ut virgo occĭdat/tumuloque donum detur et cineres riget/et facinus atrox caedis ut thalamos vocent,/non patiar. In me culpa cunctorum redit:/qui non vetat peccare, cum possit, iubet " (vv.285 - 291), tutto ciò che può sopravvivere di Troia sconvolta, rimanga: è stato fatto pagare abbastanza in fatto di pene e anche troppo. Non permetterò che la ragazza figlia della regina muoia e la sua vita sia donata a una tomba e spruzzi di sangue le ceneri e che il misfatto atroce dell’assassinio chiamino cerimonia nuziale: la colpa di tutti i misfatti ricade su me: chi non impedisce un delitto, quando può, è come se lo avesse ordinato.
Se deve essere fatto un sacrificio in onore di Achille, continua il dux "caedantur greges / fluatque nulli flebilis matri cruor" (vv. 296 - 297): si ammazzino animali del gregge e scorra il sangue che non faccia piangere nessuna madre umana.




[1] Ascoltare voglio.
[2] J. Hillman, Variazioni su Edipo , p. 129.

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