NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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venerdì 26 luglio 2019

La "Lisistrata" di Aristofane. Parte 8

Lisistrata al teatro greco di Siracusa, 2019

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Lo Spartano dice che loro vogliono la restituzione del tondo tw[gkuklon dorismo per tou[gkuklon, to; e[gkuklon , mantello a ruota per donne, indica il culo. Lisistrata chiede cos’è, e lo Spartano risponde la porta ta;n Puvlon di Pilo che da tanto sentiamo il bisogno di tastare. Naturalmente allude agli organi sessuali.

Il Pritano allora chiede per gli Ateniesi jEcinou'nta in Tessaglia con il doppio senso dato da ejci'no", riccio e pube di donna, poi il Mhlia' kovlpon il “seno” Maliaco (a ovest della parte nord dell’Eubea) e ta; Megarika; skevlh le gambe di Megara, le mura che la univano al porto. Seno e gambe ovviamente alludono a quelli delle donne.

I due maschi vogliono lavorare il campo che indica il corpo femminile anche in altri testi.
Commento al v. 1173 della Lisistrata dove lo Spartano dice: “senz’altro io mi spoglio e da nudo voglio seminare - h[dh gewrgei'n gumno;" ajpodu;" bouvlomai

L'assimilazione della donna alla terra
Nell’Antigone di Sofocle, Emone chiede a Creonte, suo padre: "Ma ammazzerai la fidanzata del tuo stesso figlio?" (568).
E Creonte risponde: "Sì: ci sono campi da arare[1] anche di altre" (569)
Mircea Eliade nel suo Trattato di storia delle religioni scrive:"L'assimilazione fra donna e solco arato, atto generatore e lavoro agricolo, è intuizione arcaica e molto diffusa"(p. 265). A sostegno di questa affermazione cita diversi testi, tra i quali l'Edipo re (pw'" poq j aiJ patrw'/aiv s j a[loke" fevrein, tavla", si'g j ejdunavqhsan ej" tosonde; vv. 1211 - 1213, come mai i solchi paterni - ossia già seminati dal padre - poterono, infelice, sopportarti fino a tanto in silenzio?), e le Trachinie (vv.30 e sgg.) dove Deianira lamenta l'assenteismo coniugale di Eracle il quale, come eroe, è impegnatissimo, ma come marito si comporta alla pari di un colono che, avendo preso un campo lontano, va a vederlo solo quando semina e miete, ossia un paio di volte all'anno.
Per quanto riguarda l'identificazione più precisa della donna con il solco, Eliade cita il Codice di Manu (IX,33) dove sta scritto:"La donna può essere considerata come un campo; il maschio come il seme", e un proverbio finlandese che fa:"Le ragazze hanno il campo nel loro corpo". A queste testimonianze possono essere aggiunte altre, antiche e moderne, per mostrare quanto tale idea sia davvero diffusa nella mente umana, soprattutto in quella maschile.

Nel II stasimo dei Sette a Tebe (vv.751 e sgg.) il Coro di vergini tebane, riferendosi a Laio, dice che egli generò il destino per sé, Edipo parricida, il quale a sua volta osò seminare il sacro solco della madre dove nacque (matro;" aJgna;n - speivra" a[rouran, i{n j ejtravfh, 753 - 754), e la pazzia univa gli sposi dementi (paravnoia suna'ge - numfivou" frenwvlei", 756 - 757)

Euripide nelle Fenicie ricorda, attraverso Giocasta, il responso di Febo che prescrisse a Laio:"mh; spei're tevknwn a[loka daimovnwn biva/" (v. 18), non seminare il solco dei figli a dispetto degli dèi.

L’Oreste euripideo per attenuare la colpa del matricidio dice al nonno materno che il padre lo generò, mentre la madre non ha fatto che partorirlo: ella è stata solo il campo arato che ha preso il seme da un altro:"to; sperm j a[roura paralabous ja[llou pavra" (v. 553).
La stessa ragione addotta da Apollo nelle Eumenidi di Eschilo (vv. 658 e sgg.) per minimizzare il delitto del matricida.

Shakespeare paragona la giovanissima Marina, vergine e onesta, a della terra non dissodata. Parlano una mezzana e un ruffiano che vorrebbero trarre profitto dalla prostituzione della ragazza: “Crack the glass of her verginity, and make the rest malleable” , rompi il vetro della sua verginità e rendi il resto malleabile dice il ruffiano.
E la mezzana risponde: “An if she were a thornier piece of ground than she is, she shall be ploughed ” (Pericle, principe di Tiro, IV, 4), anche se fosse un pezzo di terra più spinoso di quello che è, verrà arata.
Tra gli autori latini Lucrezio, forse sotto la scorta di Euripide[2] interpreta la "deum mater " (II,659), come la divinizzazione della terra[3].

Questa parentela stretta tra la femmina umana (o divina) e la terra, è messa in rilievo anche da non pochi autori moderni. Kierkegaard nel Diario del seduttore indica e sottolinea la vicinanza della ragazza alla natura: "Perfino quel che in lei c'è di spirituale ha alcunché di vegetativo"(p.138) .

Su questa linea si trova anche J. J. Bachofen, l'autore di Das Mutterrecht [4], che vede nel diritto materno quello fisico, e nel paterno il metafisico, in quanto "la donna è la terra stessa. La donna è il principio materiale, l'uomo è il principio spirituale... Platone nel Menesseno (238a) dice - non è la terra a imitare la donna, ma la donna a imitare la terra - ". Del resto non bisogna dimenticare che, se nel Menesseno Platone scrive (precisamente): "ouj ga;r gh' gunai'ka memivmhtai kuhvsei kai; gennhvsei(nella gravidanza e nel parto), ajlla; gunh; gh'n", nel Menone , 81d, il filosofo ateniese afferma che tutta la natura è imparentata con se stessa(th'" fuvsew" aJpavsh" suggenou'" ou[sh"), e, dunque, anche l'uomo è stretto parente della grande madre.

 At the Thesmophoria they tried to persuade the Earth to imitate them[5], alle Tesmoforie le donne cercavano di persuadere la Terra a imitare loro.
Questa teoria, espressa con benevolenza verso le femmine umane dal filosofo danese e in maniera ambivalente, non priva di contraddizioni da Bachofen, assume aspetto malevolo, decisamente antifemminista in Otto Weininger, l'autore di Sesso e carattere, morto, forse non a caso, suicida nel 1903, a soli ventitré anni. Secondo lo scrittore austriaco" le donne stanno incosciamente più vicine alla natura che non l'uomo. I fiori sono i loro fratelli"(p.293), e, più avanti (p.296),"l'uomo è forma, la donna è materia...la materia vuole essere formata: perciò la donna pretende dall'uomo la delucidazione dei suoi pensieri confusi".

Si può continuare la rassegna, certo parziale e limitata, con un altro autore austriaco, uno dei massimi romanzieri del Novecento, Robert Musil che, ne L'uomo senza qualità, compie l'operazione inversa: assimila la terra alla donna. "Ulrich la trattenne e le mostrò il paesaggio. - Mille e mille anni fa questo era un ghiacciaio. Anche la terra non è con tutta l'anima quello che momentaneamente finge di essere - egli spiegò - . Questa creatura tondeggiante è di temperamento isterico. Oggi recita la parte della provvida madre borghese. A quei tempi invece era frigida e gelida come una ragazza maligna. E migliaia di anni prima si era comportata lascivamente, con foreste di felci arboree, paludi ardenti e animali diabolici"( p.279).

Concludo citando D'Annunzio: in Il Piacere Andrea Sperelli dichiara che "fra i mesi neutri" aprile e settembre preferisce il secondo in quanto "più feminino... E la terra? - aggiunge - Non so perché, guardando un paese, di questo tempo, penso sempre a una una bella donna che abbia partorito e che si riposi in un letto bianco, sorridendo d'un sorriso attonito, pallido, inestinguibile. E' un'impressione giusta! C'è qualche cosa dello stupore e della beatitudine puerperale in una campagna di settembre!"(p. 169).
Infine in Il Fuoco l'amante non più giovane viene assimilata, tra l'altro, a "un campo che è stato mietuto"(p. 306).

Il Pritano dice senza metafore ejstuvkamen (1178), ce l’abbiamo ritto, e aggiunge che tutti sono d’accordo: vogliono binei'n (1180), fottere.
Lo Spartano conferma
Lisistrata promette
Il coro di donne offre aiuto ai poveri.
Alla fine, dopo un’ultima resistenza dei vecchi e delle vecchie, ci sono canti di soddisfazione
Il Pritano raccomanda le sbronze che rendono gli uomini meno sospettosi.

Esodo 1247 - 1320
Lo Spartano ricorda le benemerenze storiche degli Ateniesi e le loro nei confronti della Grecia, in particolare la seconda guerra persiana con l’Artemisio il promontorio nel punto più a Nord (est) dell’Eubea dove gli Ateniesi simili a verri - sueivkeloi - saltarono sulle navi e vinsero i Medi, mentre Leonida guidava noi Spartani come cinghiali che aguzzano le zanne - a|per tw;" kavprw" savgonta" (1255).
 I guerrieri schiumavano e sudavano e i Persiani non erano meno dei granelli di sabbia oujk ejlavssw" ta'" yavmma" (1261)
Viene invocata Artemide, silvestre cacciatrice. E finiamola con le volpi astute!

Forse c’è un riferimento a quanto disse Lisandro il quale concluse la guerra del Peloponneso sconfiggendo gli Ateniesi: egli se la rideva di quanti stimavano che i discendenti di Eracle dovessero sdegnare di vincere con il tradimento e raccomandava sempre:" o{pou ga;r hJ leonth' mh; ejfiknei'tai prosraptevon ejkei' th;n ajlwpekhvn" dove di fatto non giunge la pelle del leone, bisogna cucirle sopra quella della volpe" (Plutarco, Vita di Lisandro, 7, 6).
Cfr. la golpe e il lione di Machiavelli.

Il coro degli Ateniesi invoca le Cavrita", Artemide, Apollo il gemello guidatore di danze divdumon ajgevcoron, benigno guaritore eu[fron j jIhvion[6], poi Dioniso, il dio di Nisa, il dio che con le Menadi negli occhi sfavilla, e Zeus fulgente di fuoco e la sua veneranda consorte, e Afrodite che ci ha dato questa pace serena. Dunque ai[resq j a[nw, balzate in alto, wJ" ejpi; nivkh/ come per la vittoria, eujoi' ripetuto 4 volte.

Il pritano chiede allo Spartano di concludere intonando mou'san e[ti nevan, un canto ancora nuovo.
Cfr. quanto dice Telemaco a Femio nel I canto dell’Odissea: il cantore deve dilettare ("tevrpein", v. 347), e gli uomini apprezzano maggiormente il canto ajoidhvn - che suoni più nuovo newtavth a chi ascolta (vv. 351 - 352).

Abbiamo visto per la storiografia tucididèa, preferisce occuparsi di fatti recenti:" Con la loro funzione sacra, i poemi perdono anche il loro carattere lirico; diventano epici, e in questa forma sono la più antica poesia profana, sciolta dal culto, di cui si abbia notizia in Europa. In origine dovettero essere qualcosa come resoconti di guerra, cronache di eventi bellici; e forse da principio si limitavano alle "ultime notizie" sulle fortunate imprese militari e sulle spedizioni piratesche sulla stirpe. "Al canto più nuovo, la lode più alta", dice Omero (Od. I, 351 - 352), e Demodoco e Femio cantano dei fatti più recenti" [7].
“Ciò che è importante per l’aedo è stare al passo con i tempi, il che equivale a conoscere il canto più recente” [8].

La poetica del canto nuovo sarà ripresa da Pindaro che vuole togliere ai canti tradizionali il biasimo verso gli dèi:" ejpei; to; ge loidorh'sai qeouv" - ejcqra; sofiva" [9], poiché diffamare gli dèi è sapienza che odia, e dunque: "ai[nei de; palaio;n me;n oi\non, a[nqea d j u{mnwn - newtevrwn" [10], loda il vino vecchio, ma fiori di canti nuovi.
 Del resto il canto epico, al pari della storiografia erodotea deve dilettare chi ascolta.

Lo Spartano dunque canta
Invoca la musa spartana che lasci l’amabile Taigeto e celebri Apollo il dio di Amicle, e Atena la dea Calkivoiko" dalla dimora di bronzo, e i Tindaridi che giocano (yiavdonti = yiavzousi) presso l’Eurota.
Noi celebriamo Sparta cui sono care le danze kai; podw'n ktuvpo" e il battere dei piedi, quando, come puledre le fanciulle – a|/te pw'loi tai; kovrai - presso l’Eurota - pa;r to;n Eujrwvtan (1309) balzano (ajmpadevomti - ajnaphdavw) agitando celeri i piedi e si squassano le chiome tai; de; kovmai seivontai come Baccanti che folleggiano con il tirso.

Fine
Bologna 4 aprile 2019. Giovanni Ghiselli




[1] ajrwvsimoi: dalla radice ajro - su cui si forma ajrovw=aro
[2] Cfr. Baccanti, vv.275 - 276:" Dhmhvthr qeav - gh' d'& ejstivn, o[noma d& oJpovteron bouvlh/ kavlei", la dea Demetra, è la terra, chiamala con il nome che vuoi, e le Fenicie, vv.685 - 686: "Damavtar qeav, - pavntwn a[nassa, pantwn de; Ga' trofov"", la dea Demetra, signora di tutti, la Terra di tutti nutrice.
[3] Per tutto l'episodio cfr. De rerum natura, II, 600 - 660.
[4] Trad. it. , antologica, Il potere femminile, pp.76 - 77)
[5]  Dodds, The ancient concept of progress, p. 147.
[6] Che può essere guaritore da ija'sqai, ma pure feritore da i{hmi
[7]A. Hauser, Storia sociale dell'arte , vol. I, p. 84.

[8] Powell, Omero, p. 58.
[9]Olimpica IX, 37 - 38
[10]Olimpica IX, 48 - 49.

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