NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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mercoledì 3 luglio 2019

L’eroismo delle ragazze. I rumores sine verbo. La zoppia del tiranno

Frederic Leighton, Antigone, 1882
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Chi ha un’identità eroica non si lascia intimidire dalle minacce o dai pettegolezzi.
L’aspetto psicologico più interessante lo offre Sofocle con la sua insistenza sull’identità, un aspetto tra i più problematici, credo, nella vita soprattutto dei giovani, ma non solo.
Antigone non si piega mai al compromesso per non rinunciare all’identità che ha voluto darsi.
Ho ritrovato tale coraggio in donne come Ilaria Alpi, Ilaria Cucchi e ora Carola.
"Ma so di essere gradita a quelli cui soprattutto bisogna che io piaccia” (Antigone, v. 89), risponde Antigone a Ismene che le aveva consigliato prudenza poiché loro due, ragazze senza alcun aiuto, non potevano dispiacere ai potenti, al tiranno Creonte in particolare.
La sottomissione e il servilismo vengono rifiutati pure a costo della vita .  Antigone non cede alle obiezione dettate dal buon senso di Ismene, anzi replica :" io non soffrirò/nulla di così grave da non morire nella bellezza" (w{ste mh; ouj kalw'" qanei'n, Antigone, vv. 96-97).

La parresía
E con questo siamo giunti all’aspetto storico-politico. La tragedia è scritta per un popolo libero e colto e insegna a onorare la libertà come bene supremo della polis, a partire dalla parrhsiva,  del resto riservata ai soli cittadini, come risulta dallo Ione  di Euripide dove il protagonista dice che lo straniero “tov ge stovma-dou'lon pevpatai koujk e[cei parrhsivan", lo straniero ha la bocca schiava e gli manca libertà di parola (675).
Analogo concetto si trova nelle Fenicie[1] quando  Polinice risponde alla madre sulla cosa più odiosa per l'esule:" e{n me;n mevgiston, oujk e[cei parrhsivan" (v. 391), una soprattutto, che non ha libertà di parola.
Infatti, conferma Giocasta, è cosa da schiavo non dire quello che si pensa.
Nelle Tesmoforiazuse  di Aristofane il parente difensore di Euripide, infiltratosi tra le donne con un travestimento, rivendica questa facoltà dicendo:" eij ga;r ou[sh"-parrhsiva" kajxo;n levgein oJvsai pavresmen ajstaiv.. " se infatti c'è libertà di parola e possiamo parlare quante siamo cittadine… (vv. 540-541).
Su questa parola chiave gioca Victor Hugo quando riporta queste parole “ingenuamente sublimi” scritte da padre Du Breul nel sedicesimo secolo: “Sono parigino di nascita e parrisiano di lingua, giacché parrhysia in greco significa librtà di parola della quale feci uso anche verso i monsignori cardinali”[2].

Del resto, siccome tutto è visto in modo problematico, anche questo bene supremo, la libertà di parola, può avere, come il progresso, tecnologico una seconda faccia negativa. Succede quando il parlare si degrada a chiacchiera malevola e bugiarda: rumores sine verbo.
Vediamo
Nell’Oreste di Euripide, prima dell’onesto coltivatore parla un ajnhvr ajqurovglwsso~ (v. 903). E’ un personaggio negativo che probabilmente allude a Cleofonte, l’ultimo grande demagogo della guerra del Peloponneso, contrario alla pace  : “ajnhvr ti~ ajqurovglwsso~, ijscuvwn qravsei,- jArgei'o~ oujk jArgei'o~, hjnagkasmevno~,-qoruvbw/ te pivsuno~ kajmaqei' parrhsiva/ ” (vv. 903-905), un uomo dalla bocca sempre aperta (lett. “senza porta”), forte della sua arroganza, Argivo non Argivo, impostosi con la forza, fidente nel tumulto e in una brutale licenza di parola.
 Ebbene costui propose la condanna a morte, per lapidazione, di Elettra e di Oreste.
Anche qui in Italia di questi tempi c’è chi può blaterare diffondendo vuoto, volgarità  o menzogne tra milioni di telespettatori mentre altri che hanno cultura e intelligenza vengono oscurati. I primi sono utili al consenso nei confronti del potere, i secondi promuovono lo spirito critico, cosa che i despoti non sopportano

Un altro topos politico della tragedia è la condanna della tirannide.
Il despota  teme chi gli sta sopra anche solo fisicamente: "  Edipo uccide il padre che, dall'alto del suo carro, precipita allo stesso suo livello (...) Come Edipo che colpendo Laio con il suo bastone lo fa cadere dall'alto del suo carro a terra, ai suoi piedi, Periandro falcia e abbatte tutti coloro la cui testa supera di poco quella degli altri. E in secondo luogo le donne. La tradizione greca fa di Periandro, modello del tiranno, un nuovo Edipo. Egli avrebbe, in segreto, consumato l'unione sessuale con la madre Krateia[3] (...) Ma la tirannide, sovranità claudicante, non può procedere a lungo nel suo successo. L'oracolo, che aveva dato via libera a Cipselo per aprirgli la porta del potere, aveva fissato, fin dall'inizio, il termine al di là del quale la discendenza di Labda, non diversamente da quella di Laio, non avrebbe avuto il diritto di perpetuarsi. "Cipselo, figlio di Eezione, re dell'illustre Corinto" aveva proclamato il dio; ma per aggiungere subito:"lui e i suoi figli, ma non più i figli dei suoi figli"[4]. Alla terza generazione, l'effetto della "pietra rotolante" uscita dal ventre di Labda non si fa più sentire [5]. Per la stirpe dei claudicanti, istallati sul trono di Corinto, è venuto il momento in cui il destino vacilla, precipita, sprofonda nella sventura e nella morte"[6].
A proposito della zoppìa del tiranno, Periandro era figlio di Cipselo, nato da una Bacchiade zoppa (cwlhv, V, 92 b), Labda, che nessun membro di questa oligarchia dominante Corinto voleva sposare. La sposò invece uno di origine Lapita, Eezione il quale, siccome non nascevano figli, andò a interrogare l'oracolo di Delfi. La Pizia rispose che Labda era già incinta e avrebbe partorito un masso rotondo[7] che si sarebbe abbattuto sui governanti punendo Corinto.
Zoppicante è anche the bloody king  (IV, 3), il re sanguinario di Shakespeare, Riccardo III   il quale si presenta dicendo di essere:"so lamely and unfashionable/That dogs bark at me, as I halt by them "(I, 1), così claudicante e goffo che i cani mi latrano contro quando gli passo vicino arrancando.
E' questa una zoppia che rende malata tutta la sua terra secondo il tovpo" che risale a Omero ed Esiodo: un cittadino dice che il Duca di Gloucester è pericolosissimo come i figli e i fratelli della regina e se costoro non governassero ma fossero governati "this sickly land might solace as before " (II, 3), questa terra malata[8] potrebbe avere ristoro come prima.
Anche il cielo viene ammorbato dal capo malato
Così l'Oedipus di Seneca: “fecimus caelum nocens” (36).
Altrettanto pensa lo zio di Amleto che ha assassinato il fratello: “Oh, my offence is rank, it smells to heaven” (Hamlet, III, 3), oh, il mio crimine è fetido, manda il puzzo fino al cielo.
La terra contaminata e desolata diventa tutta una tomba come la Scozia nel Macbeth :"poor country…it cannot be called our mother, but our grave; where nothing, but who knows nothing, is once seen to smile; where sighs, and groans, and shrieks that rend the air, are made, not marked " ( Macbeth, IV, 3), povera terra!…non può essere chiamata nostra madre ma nostra tomba; dove niente, se non chi non conosce niente, si vede sorridere, dove sospiri e gemiti e grida che lacerano l'aria, sono emessi, ma nessuno ci fa caso. E'  il nobile Ross che parla.
Nel Riccardo III Lady Ann dice a Riccardo che si appresta a corteggiarla: “Foul devil, for God’s sake hence, and trouble us not;-For thou hast made the happy earth thy hell,-Fill’d with cursing cries and deep exclaims” (I, 2), sconcio demonio, per amor di Dio, via di qui e non darci pena; perché tu hai fatto della terra felice il tuo inferno, riempito con urla di maledizione e profondi gemiti. Dopo una battuta corteggiante di Riccardo, Anne rincara la dose chiamandolo “diffus’d infection of a man”, infezione di uomo diffusa.  

Macbeth  di Shakespeare inciampa nel meccanismo del potere che è una scala i cui gradini sono vite umane da calpestare:"That is a step/On which I must fall down, or else o'erleap / For in my way it lies " (I, 4), questo è un gradino sul quale devo cadere oppure scavalcarlo poiché si trova sulla mia strada.

Diversi tiranni in conclusione hanno qualche cosa di zoppo: Cipselo e Periandro in quanto discendenti da Labda, Edipo poiché ha avuto i piedi perforati[9].  Anzi, se consideriamo con attenzione la prima antistrofe del secondo stasimo dell'Edipo re  vediamo che tutte le tirannidi sono zoppe: "la prepotenza fa crescere il tiranno, la prepotenza/ se si è riempita invano di molti orpelli/ che non sono opportuni e non convengono (mhde; sumfevronta)[10]/salita su fastigi altissimi/precipita nella necessità scoscesa/dove non si avvale di valido piede" e[nq j ouj podi; crhsivmw/-crh'tai "(vv. 873-879).  Non solo il tiranno è zoppo e scivola, ma anche i suoi decreti. Antigone non obbedisce ai khruvgmata di Creonte, ma alle leggi della coscienza e degli dèi che, viceversa, sono a[grapta kajsfalh' (Antigone, v. 454), non scritti e non vacillanti.
Del resto il nome dottor Hinkfuss, il regista che vuole assoggettare gli attori in Questa sera si recita a soggetto [11] significa "piè zoppo". Il dramma potrà procedere solo quando la compagnia avrà conquistato la sua libertà interpretativa.  Fuss significa “piede” e hinken “zoppicare”.  Friabile è la base del regno registico. Si noti che Hitler nel film Il grande dittatore di Chaplin è chiamato Hinkel.
 Anche Giasone, il seduttore punito da Medea, si presentò con un solo sandalo[12],  al sacrificio in onore di Nettuno celebrato da  Pelia, figlio del dio del mare, e usurpatore. L’asimmetria dei piedi di Giasone partecipa, in qualche modo della zoppia: “L’arrivo del vendicatore preannunciato da un oracolo e segnato da un marchio che lo rende riconoscibile alla sua vittima è un tema mitico e narrativo largamente diffuso nei racconti folklorici: un uomo fatale segnato da un marchio fu pure Edipo, “l’uomo dai piedi gonfi”, destinato da una profezia a uccidere il padre…Più complesso è il segno di Giasone e il tratto che distingue la sua missione, vale a dire il monosandalismo: evidentemente il monosandalismo è una forma simbolica di marchio fisico e una forma attenuata di zoppia; d’altro lato, l’uso di indossare un solo calzare è un elemento che s’inserisce in un complesso sistema rituale”[13]. Ma questa altra parte non riguarda il nostro discorso. Sul tiranno antico preso come modello dei nostri tirannelli, torneremo più avanti.





[1]Rappresentata poco tempo dopo lo Ione. Tratta la guerra dei Sette contro Tebe.
[2] Notre-Dame de Paris, p. 38.
[3]Diogene Laerzio, I, 96. “Aristippo nel primo libro Sulla lussuria degli antichi dice che sua madre Crateia era innamorata di lui e a lui si univa di nascosto e che egli se ne compiaceva. Divulgatasi la notizia, si addolorò per essere stato scoperto e divenne severissimo con tutti”. L’opera del III sec. a. C. è falsamente attribuita ad Aristippo. Si intitolava   jArivstippo~ peri; palaia`~ trufh`~, ed era un pamphlet scandalistico scritto per  dimostrare che i filosofi, soprattutto gli Academici, erano altrettanti Aristippi.  Per la tendenza all’incesto del tiranno si ricordino anche i rapporti  tra Nerone e Agrippina. Ndr.
[4]Erodoto, V, 92, e 8-9.
[5]Erodoto, V, 92, e 2. Così le streghe del Macbeth  promettono il regno al signore di Glamis, ma la successione ai figli di Banquo (I, 3).
[6]Vernant e Vidal-Naquet, Mito e tragedia due , pp. 39,  48 e 49.
[7] Erodoto, V, 92 b 2
[8] Cfr la scheda “Dalla salute del re dipende quella del suo popolo e della sua terra”, in Medea, a cura di Giovanni Ghiselli, Cappelli,  pp.  135ss  
[9]Edipo re , 1034, e Rane , 1192.
[10] Queste parole possono smontare l’utile perseguito da Giasone.
[11] Terza commedia (del 1929) della Trilogia del teatro nel teatro di Pirandello. Le altre due sono i Sei personaggi in cerca d'autore  (del '21) e Ciascuno a suo modo (del '24).
[12] Cfr. Pindaro, Pitica IV e Igino, Miti, 12 e 13.
[13]  Giulio Guidorizzi, a cura di Igino, Miti, p. 200.

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