“Mia figlia e la sua morte rappresentano il simbolo delle sofferenze della Palestina e di tutti i palestinesi”, ha detto ieri mattina Nabilia, la madre di Marah, durante una cerimonia in memoria della ragazza al parco della Pace Tiziano Terzani a San Giuliano Terme, vicino Pisa. La donna nei giorni scorsi aveva raccontato che la figlia negli ultimi cinque mesi aveva mangiato solo tè e qualche biscotto ogni giorno” (“la Repubblica” di oggi, pagina 5)
Sappiamo che suvmbolon è la metà di un segno di riconoscimento. Allora qual è l’altra metà che consente la visione delle due parti riunite?
E’ il genocidio dei Palestinesi: bambine, bambini, donne e uomini inermi.
L’insieme è la negazione della civiltà occidentale che assiste a questo sterminio quotidiano e ne è complice nella misura in cui non interviene in difesa delle vittime, anzi continua a inviare armi per il massacro.
Scrivo contro tale mattanza per cercare di scaricarmi la coscienza.
Una sera, intorno al 1990, ero a Barcellona e seguivo con simpatia un corteo che gridava: “Siamo tutti Palestinesi!”. Oggi ho scritto queste parole per non sentirmi dalla parte dei criminali, siano essi terroristi di Hamas o dell’esercito israeliano. Saluto con stima e forte simpatia i tanti Ebrei Israeliani, Europei e Americani che condannano questi crimini.
Villa Fastiggi, 21 agosto 2025 ore 19, 04 giovanni ghiselli
p. s.
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