mercoledì 16 febbraio 2022

Il nesso teatro - carnevale. III parte

PER VISUALIZZARE IL GRECO SCARICA IL FONT 
HELLENIKA QUI E GREEK QUI

 
Il pubblico
 
Il pubblico, con l’abitudine di recarsi a teatro, si è via via raffinato.
Il coro delle Rane  (405 a. C.) di Aristofane suggerisce ai due poeti - Eschilo contro Euripide - che si contendono il trono della poesia  di citare qualcosa di leptovn ti kai; sofovn (Rane, 1108). Non devono preoccuparsi della ignoranza degli spettatori (mh; tiς ajmaqiva prosh'/ toi'ς qewmevnoisin); non devono temerla: wJς oujkeq j ou{tw e[cei, poiché non è più così.
Ciascuno capisce le vostre parole belle (e{kastoς manqavnei ta; dexiav) Le loro nature si sono anche raffinate. Dunque si può affrontare qualunque argomento qeatw'n g j ou[nec j o[ntwn sofw'n (1118) siccome gli spettatori se ne intendono.
Platone  (428-348) invece qualche decennio  più tardi, nelle Leggi scritte negli ultimi anni di vita)  critica  gli agoni drammatici frequentati troppo spesso, e male, da un pubblico becero,  trascinato dalla musica caotica diffusa da poeti ignoranti, maestri di disordinate trasgressioni, i quali mescolavano peani con ditirambi, confondendo, appunto, tutto con tutto (pavnta eij~ pavnta sunavgonte~, Leggi, 700d); di conseguenza le càvee dei teatri  divennero, da silenziose, vocianti, e al posto dell’aristocrazia del gusto subentrò una  sfacciata  teatrocrazia per quanto riguarda quest’arte (701). Come se fossero stati tutti sapienti, diventarono impavidi e l'audacia generò l'impudenza (701b).
Aristotele nella Politica scrive di un doppio pubblico di spettatori: quelli colti e quelli grossolani, meccanici vili, teti, gentaglia   (Politica 1342 a)
 
Lo rileva anche Aristofane nelle Ecclesiazuse  
Nell’Esodo (1154-1183) la corifea suggerisce ai saggi di preferire questa commedia alle altre in concorso rilevandone  le parole sagge;  poi invece invita  quelli che ridono volentieri a giudicare il poeta per le facezie- dia; ton; gevlwn krivnein ejmev (1156) che non mancano.
Dunque le Ecclesiazuse possono piacere a due tipi di pubblico.
 
Le maschere
L’impiego delle maschere permetteva a ciascun attore di impersonare più ruoli, ivi compresi quelli femminili: un espediente al quale era inevitabile fare ricorso in un teatro che utilizzava solo interpreti di sesso maschile e nel quale vigeva una norma che limitava a tre il numero massimo di attori a disposizione di ciasun tragediografo.
Le maschere erano fatte di lino-talvolta anche di cartapesta o di cuoio-su cui veniva  passato dello stucco: una volta divenute rigide, si procedeva a dipingerle: quelle femminili di bianco, quelle maschili di un colore più scuro. Opportunamente fissate al mento o alla nuca con delle stringhe, coprivano l’intero volto; ad esse era assicurata una parrucca, probabilmente di lana.
 
Conclusione
Nel teatro la parola viene non solo detta ma anche mostrata con l’agire del corpo.
Sentiamo Nietzsche: “Io” dici tu, e sei orgoglioso di questa parola. Ma la cosa ancora più grande , cui tu non vuoi credere-il tuo corpo e la sua grande ragione: essa non dice “io”, ma fa “io”. Così parlò Zarathustra, Dei dispregiatori del corpo.

 
Bologna 16 febbraio 2022 ore 19, 36
 
giovanni ghiselli
p. s
Statistiche del blog
Sempre1214812
Oggi273
Ieri425
Questo mese6828
Il mese scorso11804

3 commenti:

Ifigenia CLXXXI La fedeltà mal riposta. Il rimpianto della rosa bianca trascurata.

  Il sole aveva sbaragliato le nubi. Mi tolsi la maglietta per   l’abbronzatura che va ripassata, come le lezioni. Mi guardai il petto e i...