Mentre osservavo l’ultimo spicchio di sole che scivolava sotto l’orizzonte, mi tornarono in mente le preghiere di tanti giorni sereni: quando osservavo il tramonto dal mio studio dove avevo passato la mattina e buona parte del pomeriggio impegnato sui classici greci e latini, o quando scorgevo il dio luminoso che si annidava accarezzato da lievi, sereni venti estivi, mentre tornavo a casa in bicicletta alle nove di sera dopo avere scalato il colle di san Luca o la Croara sul monte Calvo o il monte Donato con impegno delle forze fisiche e mentali, o quando lo vedevo declinare nel cielo degli stadi dove spremevo tutte le energie correndo i 5000 metri nel minor tempo possibile, oppure ero sul molo del porto di Pesaro e lo vedevo calare nel mare a nord ovest del grattacielo di Rimini, e se ero solo, non mi saziavo di lacrime. Osservando i tramonti precoci dell’inverno o quelli meravigliosamente lunghi e attardati della stagione bella, sempre ho pregato la santa faccia del dio luminoso e non gli ho mai chiesto i miseri quattrini per gonfiare il ventre di cibo in ristoranti esosi, o per dormire in alberghi costosi, o comprare vestiti firmati; nemmeno il potere di fare del male agli altri ho mai chiesto nelle orazioni alla Mente dell’Universo, al primo tra tutti gli dèi, alla fiamma che nutre la vita, bensì amore, l’amore di una donna bella, fine, colta, intelligente, e non una volta sola Elio mi aveva esaudito; ed ecco che mentre ancora una volta il 28 ottobre del 1978 lo vedevo annidarsi, potevo rendergli grazie di avermi fatto ottenere la borsa di studio meritata con le grandi fatiche psicofisiche e le tante preghiere dirette a lui che porta la più evidente significazione di Dio.
Tramontato il sole, tornammo a Bologna. Quando ci salutammo dentro la Volkswagen a 300 metri da casa sua perché il cerbero di guardia non la vedesse accompagnata da un uomo, Ifigenia mi chiese un bacio. Trovai il coraggio di darglielo e riuscii a gustare l’aroma di quel frutto freschissimo: una prugna bruna bruna, inumidita da qualche goccia tiepida caduta da chissà dove rapida e fuggitiva, o una fragola ancora variegata di verde e profumata di bosco.
Bologna 7 dicembre 2024 ore 17, 3o giovanni ghiselli
p. s
Tra poco vedrò La forza del destino trasmesso dalla televisione.
Voglio vedere la vicenda amorosa di Leonora e Alvaro.
Lei “infelice delusa reietta
Dalla terra e dal ciel maledetta” (II, 6) che prostrata nel pianto al piede delle potenze celesti chiede di sottrarla all’inferno.
Alvaro ha ucciso senza volere il Marchese padre di lei e si è sentito
“reprobo maledetto…flutto di sangue innalzasi tra noi”(ultima scena), ma poi Leonora gli promette il perdono di Dio e Alvaro dice
“redento io sono
Dal ciel son perdonato”
Quindi il terzetto finale
“Santa del suo martirio
Ella al Signore ascende
E il suo morir ne apprende
la fede e la pietà” dice il padre Guardiano.
Ne apprende dovrebbe significare-ci insegna-
Quindi Leonora
”In ciel ti attendo, addio!
Io ti precedo Alvaro!”
Alvaro –Morta!”
Infine la benedizione di quel sant’uomo del padre Guardiano del convento
“Salita a Dio!”.
Mi viene in mente la redenzionedi Margherita alla fine del Faust.
Mi sovvengono pure alcune vicende mie con i falli inconsapevoli che mi avevano isolato e desolato ma poi gli dèi e alcune persone buone mi hanno perdonato, redento e pure valorizzato.
Metto in questa categoria anche Edipo a Colono di Sofocle.
I grandi veri artisti hanno lo stile sell’universale e parlano di tutti noi.
Cerco di farlo anche io quando scrive e quando parlo.
Ora vediamo il melodramma
Statistiche del blog
Sempre1649522
Oggi201
Ieri382
Questo mese2772
Il mese scorso11873
Nessun commento:
Posta un commento