domenica 8 dicembre 2024

Nerone XIII- Nerone, Corbulone e l’Armenia il vassallaggio del re di Armenia.

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Intanto (62) Tigellino spingeva Nerone a scelleratezze efferate.

Lo monta contro Silla e contro Rubellio Plauto, pronipote di Tiberio.

Ricordava la nobiltà delle famiglie e il loro ascendente su gli eserciti (Plauto  su quelli di Oriente, Silla della Germania)

 Fausto Cornelio Silla era già stato relegato a Marsiglia ma aveva contatti con gli eserciti della del nord.

Silla aspettava l’occasione propizia per farsi ardito secondo Tacito.

 Nerone mandò dei sicari che portarono la testa di Silla a Nerone: “relatum caput eius inlūsit Nero, tamquam paematura canitie deforme” ( Annales XIV, 57), L’imperatore  canzonò la testa mozza brutta per la canizie precoce.

 

Rubellio Plauto era pronipote di Tiberio. In Asia si atteggiava a Stoico: “adsumptā etiam Stoicorum adrogantiā sectāque quae turbidos et negotiorum adpetentes faciat ” (XIV, 57), assunta l’arroganza degli Stoici e lo spirito della setta che creava agitatori e ambiziosi.

I sicari lo trovarono sul mezzogiorno nudus exercitando corpori, nudo che faceva ginnastica ( come Starace).

 Faceva parte del circolo di Musonio Rufo  di origine etrusca il quale predicava uno stoicismo rigoroso, fondato sulla dignitas, l’austerità da opporre al luxus e all’ ajgwvn di Nerone.

Musonio fu esiliato poiché praeceptis sapientiae studia iuvenum fovebat (A. 15, 71) suscitava l’etusiasmo dei giovani. Di questo circolo facevano parte anche Corbulone e il giovane Epitteto.

Cassio Dione   racconta che Nerone, vedendo la testa di Plauto disse: non sapevo che avesse un naso così grande, intendendo che se l’avesse saputo l’avrebbe risparmiato ( oujk h[/dein o[ti ou{tw megavlhn rJi'na ei\cen,  62, 13). Battuta andreottiana.  

Dopo aver fatto uccidere Silla nel 58  e Plauto nel 62 , li fece radiare dal senato gravioribus iam ludibriis quam malis (14, 59), con una beffa più atroce del delitto. Ancora Andreotti i cui tirapiedi infamarono Pecorelli appena ammazzato.

 

Quindi Nerone caccia Ottavia e sposa Poppea (62). Ma Ottavia piaceva al popolo e Nerone deve richiamarla. Poppea spinge Nerone contro Ottavia, ed egli pensa di utilizzare ancora Aniceto (comandante della flotta di capo Miseno) che pure odiava quia malorum facinorum ministri quasi exprŏbrantes aspiciuntur (14, 62), poiché i sicari sono visti come dei rimproveri degli accusatori.

 Aniceto doveva “confessare” di essere stato l’amante di Ottavia. Questo servo calunnia Ottavia davanti al consiglio del principe. Tum in Sardiniam pellitur ubi non inops exilium toleravit et fato obiit, viene mandato in esilio non privo di mezi in Sardegna  dove  morì di morte naturale .

 

Ottavia fu pure accusata di aborti, dopo che era stata tacciata di sterilità, e viene confinata a Ventotene. Suscitava grande pietà nella gente: “Huic primum nuptiarum dies loco funeris fuit” (14, 63) Infatti era entrata in una casa in qua nihil nisi luctuosum haberet: padre e fratello uccisi, poi Acte, poi Poppea.

Quindi  Ottavia venne uccisa e decapitata (62 d. C.).

Si decretarono offerte per i templi: “quoties fugas et caedes iussit princeps, toties grates deis actas” (Annales, XIV, 64), ogni volta che il principe ordinava stragi e assassinii, si decretavano rendimenti di grazia agli dèi.

 

L'ordine è stato rovesciato: infatti  la profetessa Manto, figlia di Tiresia, dice:" Mutatus ordo est, sed nil propria iacet;/ sed acta retro cuncta ( Oedipus,  vv. 366-367) , è mutato l'ordine naturale e nulla si trova al suo posto; ma tutto è invertito.

 

Nell’Octavia pseudosenecana la vittima dice: “Nullum Pietas nec numen habet/nec sunt superi:/regnat mundo tristis Erīnys” (911-913).

Poi  (sempre nel 62) Nerone fece ammazzare il vecchio liberto Pallante quod immensam pecuniam longā senectā detinēret (Annales, 14, 65). Era stato segretario delle finanze sotto Claudio (a rationibus), amante e favorito di Agrippina. Egli aveva a sua volta favorito il matrimonio di Agrippina con Claudio. Nel 55 Nerone gli tolse il ministero delle finanze. Non sopportava le sue pretese aristocratiche: si diceva discendente dagli antichi re d’Arcadia.

Gli succedette nella carica a rationibus Lucio Domizio Faone, in origine schiavo della zia paterna di Nerone Domizia Lepida madre di Messalina. Dopo l’assassinio della zia, fatta ammazzare da Agrippina, Nerone  accolse Faone nella familia Caesaris.

Intanto Tiridate era stato cacciato dall’Armenia e sostituito da Nerone con Tigrane un principe di Cappadocia che era stato allevato a Roma come ostaggio. Quindi Tiridate aizzava il fratello Vologese, re dei Parti. Diceva che i grandi imperi non si mantengono ignaviā con la viltà:  in summa fortuna aequius quod validius, ( Annales, XV, 1) quando ci si trova ai vertici la posizione più giusta è quella più forte.

Vologese re dei Parti mobilita l’esercito e Corbulone manda rinforzi a Tigrane.

I Parti attaccano Tigranocerta ma si limitavano a scagliare rare frecce.

Peto, console nel 61, viene sconfitto dai Parti, ma poi interviene Corbulone che li tiene in rispetto e trova un accordo con Vologese (64): i Romani si ritirano dall’oltre Eufrate e i Parti dall’Armenia.

A Roma si eleva un arco in mezzo al Campidoglio. “dum aspectui consulitur, spreta conscientia” (15, 18), si bada all’apparenza disprezzata la conoscenza.

 Nerone per ostentare securitatem annonae , sicurezza negli approvvigionamenti, fece gettare nel Tevere frumento deteriorato dal tempo e destinato alla plebe. Malizia di Tacito che processa le intenzioni. Il 5 febbraio del 63 un terremoto devastò Pompei. Sempre nel 63 Nerone ebbe una figlia da Poppea filiam Nero ultra mortale gaudium accepit (15, 22) e la chiamò Augusta. Si decretò pure un tempio alla fecondità. Ma la bambina morì dopo tre mesi. Allora si rinnovarono le adulazioni di quei senatori che le decretarono onori divini. Nerone fu senza misura (immodicus) nel dolore come lo era stato nella gioia.

Il comando dell’esercito orientale fu affidato al solo Corbulone. Nerone disse al console Peto che lo perdonava subito ne tam promptus in pavorem, longiore sollicitudine aegresceret (15, 25), perché, facile com’era a spaventarsi, non si ammalasse per una preoccupazione troppo lunga.

Corbulone passa dalla Siria all’Armenia dove colpisce i ribelli ai Romani (63).

Poi Corbulone incontra Tiridate che doveva sottomettersi a Nerone ricevendo la corona da lui.

“Si giunse ad un entente cordiale, nella quale i Romani rinunziavano al loro candidato al trono d’Armenia (il principe cappadoce Tigrane), mentre d’altra parte Tiridate riconosceva l’alta sovranità romana, e dichiarava di ricevere da Roma l’investitura del regno armeno[1].

Vologese chiese che il fratello non venisse trattato da servo ma avesse lo stesso onore tributato ai consoli.

Si vede commenta Tacito, che non conosceva i Romani : “non inerat notitia nostri apud quos vis imperii valet, inania transmittuntur” (15, 31), da noi conta la forza del potere, le cose vuote di sostanza vengono trascurate.

In contraddizione con 15, 18 (aspectui consulitur). Ma quello è per la plebe, questo per i potenti.

La visita di Tiridate costituì un successo della politica estera di Nerone il quale poteva fare e disfare i re- Tiridate dopo Tigrane re di Armenia- Nerone disse: ti dichiaro re di Armenia affinché tu e quelli imparino che io posso togliere i regni e donarli “o{ti kai; ajfarei'sqai basileiva~ kai; dwrei'sqai duvnamai” (C. D., 63, 5). Poi Nerone chiuse il tempio di Giano bifronte pensando che non ci sarebbero state altre guerre (Sv., 13, 2).

Nerone faceva capire che dava la priorità alle vittorie pacifiche sui successi militari. 

Nerone concesse lo ius Latii ai cittadini delle Alpi marittime. Significa che mantenevano le loro leggi e acquistavano la cittadinanza romana.

Inoltre diede ai cavalieri posti distinti anche nel circo, mentre prima li avevano solo nel teatro.

“Si trattò di una decisione presa con grande senso di giustizia; infatti, come per i beni materiali è necessario favorire i miseri e i poveri, così negli onori bisogna privilegiare chi se li merita” ( Cardano, Elogium Neronis, p. 42)

Molti senatori e donne nobili per arenam foedati sunt (15, 32), si disonorarono nell’arena.

Bologna 8  dicembre 2024 ore 9, 57 giovanni ghiselli

p. s.

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[1] S. Mazzarino, l’impero romano; I, p. 228.

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