Dopo averla baciata, alla beatitudine succedette la paura. Paura di che? Dei morsi del cane bicefalo appostato a poche centinaia di metri? Della povertà conseguente al mancato sostegno familiare? Magari se mi fossi messo con Ifigenia e l’avessi portata a Pesaro ci avrebbero cacciati quali due peccatori dissoluti, impudenti, e a me avrebbero fatto pagare l’affitto della casa che mi avevano comprato a Bologna.
“Non devi trasformarla in un casino, o guai a te” mi avevano detto. “Abbiamo avvertito il prete del Fossolo di tenerti d’occhio”. Il curiale era venuto un paio di volte a bussare ma, riconosciuto lo spione dallo spioncino, non gli avevo aperto la porta, mettendolo certamente in sospetto.
Magari arrivava una zia e a questa avrei dovuto aprire.
In effetti tre anni più tardi venne la più anziana, Rina detta la badessa da sua madre, e controllò le lenzuola del mio letto, grande e capace.
Sarebbe arrivata la povertà, quella vera, se mi avessero trattato da affittuario. Più pezzente di Lazzaro, sarei diventato, più lazzarone di chi deve rubare per mangiare.
Sicché feci una mezza marcia indietro e quando Ifigenia mi disse: “ti amo tanto!”, le risposi : “io abbastanza”. Ci rimase male e si allontanò un poco ingobbita.
Tornai a casa rattristato anche io. Non erano nemmeno le sette di sera ed era già notte. Il sole mi aveva tolto il suo favore, sicché ero caduto in disgrazia. Senza il conforto del dio luminoso avevo perduto il sostegno del mio difficile procedere sulla via del chiarimento di quanto volevo.
Certo, desideravo portarmela a letto, magari congedando le altre due che non potevano reggere il confronto con lei per l’aspetto assai meno lepido e l’età più avanzata, quasi decrepite nel confronto. Ma quelle mi portavano a casa prelibatezze varie preparate da loro, questa, a quanto avevo capito, non sapeva cuocere nemmeno un uovo sodo. Per giunta aveva un marito grosso e ringhioso come un molosso che poteva azzannarmi con quel ceffo e quei denti forti, lunghi da cane sanguinario. Non so se i suoi denti fossero davvero lunghi perché davanti a mariti siffatti fuggo via spaventato ma nella metrica antica il molosso è un piede formato da tre sillabe lunghe: nequiquam per esempio.
E i cerberi della mia scuola si sarebbero astenuti dall’abbaiare vedendoci amoreggiare?
Insomma la ragazza era deliziosa ma io potevo rovinarmi attraverso una relazione con lei. Sicché, afflitto dal buio del cielo e da quello della mia povera mente, mi chiedevo: “posso azzardare un assenso alla sua e alla mia concupiscenza?”. Non ne ero sicuro.
D’altra parte era arrivato il tempo di decidere se valeva la pena di correre il rischio, se non volevo perdere del tutto l’intraprendente ragazza bella che aveva mille altre possibilità, e non mi avrebbe permesso di eludere ancora la sua richiesta già iterata.
Ed io senza essere né andaluso, né giovinetto né bello ero rimasto tutte le volte piuttosto ritrosetto da pauroso gesuita quale sono
Bologna 8 dicembre 2024 ore 11, 03 giovanni ghiselli
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