Martedì 31 ottobre, a scuola, le diedi appuntamento per il giorno seguente, alle tre del pomeriggio, davanti alla libreria Feltrinelli.
La mattina del primo novembre mi accinsi all’incontro erotico che avevo deciso di proporre alla bella giovane donna come se avessi dovuto affrontare una difficile competizione sportiva premiata con un attestato dal valore trascendente quello dell’oro; una medaglia che anzi avrebbe ricevuto valore dalla mia vittoria in questo agone davvero olimpico e anche pitico e istmico e nemeo: una gara nel significato più alto.
Dovevo gareggiare con me stesso per superare ogni dubbio: mostrarmi sicuro, lieto e forte: infondere piacere e sicurezza nella ragazza davvero bella, io che tuttalpiù ero un lepido moretto nemmeno di primissimo pelo.
“Se vinco-mi dissi- conseguo un trionfo sulle debolezze, le meschinità e le miserie di questa mia esistenza inficiata da una sconfitta lavorativa e intrisa di caos mentre vorrei condividere l’ordine della mente divina ordinatrice del cosmo. Sintonizzata con la bellezza dell’Universo, almeno fisicamente, è Ifigenia e ne trarrò ispirazione, forza e salute”.
Quella mattina dunque volevo che il primo convegno amoroso tra noi riuscisse nel migliore dei modi. Perciò chiamai una brava fantesca perché ripulisse con cura l’appartamento, soprattutto la stanza da letto e il bagno, poi andai a girare in bicicletta sui colli, nonostante la pioggia del resto leggera, faticando abbastanza per sudare e purificami, ma non tanto da restare a corto di energie che sarebbero state preziose ne pomeriggio per le tante repliche che avevo messo in programma se la ragazza avesse accettato di salire nel santuario del letto per compiere l’orgia santa con me e replicarla più volte. Quindi mi lavai meticolosamente ogni parte del corpo e pur nutrendomi a sufficienza, evitai di appesantirmi; quando infine mi vestii per l’incontro scelsi un paio di mutande nuove, azzurre quanto il cielo di aprile. Ero emozionato come se avessi dovuto affrontare il primo incontro amoroso, mentre in realtà ripetevo un rito che, almeno materialmente, avevo compiuto già diverse volte, contando la prima con ciascuna delle mie amanti. Ma Ifigenia era anche altro: era figlia, allieva, mito e poesia. Era Silvia di Leopardi risuscitata, era Nerina, era la bella Armida di sua forma altera, e de’ doni del sesso e dell’etate, era Elena, era Margherita, era Angelica, era Natascia, insomma era l’amore di tutte le donne più belle e care incontrate nella vita e sui libri.
Bologna 8 dicembre 2024 ore 11, 53
Siamo arrivati nel fondo dell’inverno. Oggi è quasi buio a mezzogiorno e cade la pioggia con cupi tonfi.
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