Ero entusiasta al punto che mi proposi di raccontare presto la storia grande e meravigliosa del nostro amore nato dalla volontà educativa. Durante la cena lo dissi a Ifigenia comunicandole il mio entusiasmo. La ragazza mi dava suggerimenti dal suo punto di vista. Dovevo chiarire quale fosse il mio metodo educativo. Mostrare, attraverso i pensieri dell’io narrante e diversi dialoghi, la collisione tra due concezioni opposte dell’insegnamento: la mia, che identifica il docente con l’educatore inteso a favorire lo sviluppo intellettuale, estetico, morale e vitale dei giovani, contro quella antitetica di quanti considerano l’istituzione scolastica un luogo e uno strumento di repressione e negazione della creatività, della fantasia, degli istinti anche buoni delle ragazze e dei ragazzi da un lato, e dall’altro una misera fonte di sostentamento e un esercizio di miserabile potere imposto da docenti e burocrati frustrati, e proprio per questo imperiosi nei confronti di adolescenti spesso invidiati in quanto più belli e benestanti dei loro guardiani almeno nei licei del centro delle città. Scuole di sapere nel migliore dei casi, quasi mai di sapienza che potenzia la vita. Lo avevo scritto nel dramma breve già composto ma ora dovevo allargare il quadro facendovi entrare la politica, i costumi della polis, della nazione, dell’intero Occidente la cui cultura nobile e antica stava declinando da alcuni anni. Avremmo collaborato all’impresa noi due da amanti amati . Scendemmo dal monte e andammo a casa mia colmi di desiderio e di gioia. Facemmo l’amore più volte, senza tenerne il conto. Le ricordai questi versi di Catullo nell’euforia della bella nottata Da mi basia mille, deinde centum, Meglio di così non avremmo potuto festeggiare i nostri compleanni di quel novembre. Ventisette anni Ifigenia, trentasei io. C’erano aspetti di emotività estrema e non ponderata in noi sebbene io non fossi più tanto giovane da giustificare certi estremismi di malevolenza nei riguardi di troppi colleghi. Avevo fatto diversi brutti incontri nella scuola, ma avevo già conosciuto anche persone buone. Il fatto è che quelle cattive e aggressive latravano pubblicamente, talora mordevano pure, le buone sussurravano sommesse parole di sostegno per paura dei morsi dei colleghi cani o iene. Quando arrivava per giunta un dirigente ostile i miei amici si diradavano come i capelli sulla testa canuta di un vecchio. In ogni modo quella sera ci sentivamo rispettivamente Musa e poeta. Avremmo educato popoli interi raffigurando con parole chiare e perspicue le idee cioè la visioni che ci avevano fatto superare ogni difficoltà: la giustizia, la paideia, la salute morale e fisica, la gioia di vivere. Saremmo andati a Delfi in bicicletta a pregare per impetrare la realizzazione dei nostri propositi che potevano non garbare ai tanti burocrati e impiegati mediocri della scuola, ma proprio per questo piacevano sicuramente alle persone buone e agli dèi. Il giorno seguente cominciai e prendere appunti. Mi accorsi quasi subito, però, che era ancora troppo presto per iniziare questo grande romanzo. Non era già tempo. Sarebbe arrivato durante una notte tragica del giugno successivo. Intanto mi diedi a ritoccare e ampliare la pièce già scritta che conteneva alcuni germi da sviluppare nell’opera successiva: il grande epos che dovevo a me stesso e all’umanità. L’opera che state leggendo. Siete tanti in diverse parti del mondo. Vi ho impiegato decenni e il mio impegno non è andato perduto. Nei giorni seguenti accolsi alcuni suggerimenti di Ifigenia a proposito della recitabilità di alcuni passi del breve dramma. Erano avvertenza preziose: dovevo trovare parole che suggerissero agli attori il tono e i gesti da usare. Questi incontri si concludevano con abbracci nel talamo nostro dove avevamo disposto fogli, matite, gomme e penne. Un disordine che ci faceva sentire attivi, io quale scrittore, Ifigenia come attrice, e ci piaceva molto. La ragazza, musa e un poco pure figlia, Calliope e Nausicaa, mi gratificava dicendo che riconosceva in me il genio di uno scrittore non inferiore ai nostri grandi maestri: da Omero a Joyce. Bologna 25 gennaio 2025 ore 10 giovanni ghiselli |
Già docente di latino e greco nei Licei Rambaldi di Imola, Minghetti e Galvani di Bologna, docente a contratto nelle università di Bologna, Bolzano-Bressanone e Urbino. Collaboratore di vari quotidiani tra cui "la Repubblica" e "il Fatto quotidiano", autore di traduzioni e commenti di classici (Edipo re, Antigone di Sofocle; Medea, Baccanti di Euripide; Omero, Storiografi greci, Satyricon) per diversi editori (Loffredo, Cappelli, Canova)
mercoledì 25 giugno 2025
Ifigenia CLXXXV. Progetti di un capolavoro epico, politico, educativo all’amore. Dedicato ai tanti lettori del blog.
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