Mia sorella mi domandò subito come andasse la nostra commedia ambientata nella scuola. “L’abbiamo finita e la rappresenteremo presto”, rispose. “Ci sarebbe una piccola parte anche per me?” Chiese Margherita forse scherzando. Ma la sgarbata che avevo portato con me non era in fase ludica e mosse l’indice della mano destra per segnalare un “NO!” evidentissimo. “In sul paese ch’Adige e Po riga Solea valore e cortesia trovarsi” dissi, poi mormorai: “Prima che questa qui mi desse briga”. Ero schifato. Quindi mi rivolsi a mia sorella: “mi sentirei onorato vedendoti interpretare un lavoro mio”. Finalmente ci mettemmo a tavola. Ifigenia si comportò da nemica giurata e triviale per tutto il tempo: non faceva domande, e a chi gliene poneva rispondeva a monosillabi o addirittura con degli sgarbi. Questo non le bastava: ogni tanto accostava la sua bocca al mio orecchio che la aborriva e diceva: “Andiamo via, non ce la faccio più”. Mi impediva di ascoltare quanto dicevano gli altri e di prendere parte alla conversazione. A un certo punto mi chiese di accompagnarla fuori perché in mezzo a tale masnada non poteva resistere. La assecondai, sebbene fossi pieno di odio e rigurgitassi ribrezzo. Non rispettava nessuno, me per primo. Quando fummo sulla strada ghiacciata mi aggredì con la pretesa che la portassi via da quel posto infernale, immediatamente, senza salutare nessuno. Metteva alla prova il proprio potere su di me disgraziato. “Dove vorresti che ti portassi?” “A Milano, in una discoteca, comunque in luogo pubblico lontano da questi quattro gatti senza razza”. Alzai gli occhi al cielo stellato chiedendo a Dio, chiunque egli fosse di darmi la forza di non fare una scenata, quindi le risposi con calma che poteva andarsene via da sola se voleva: nessuno avrebbe sentito la sua mancanza. Un locale aperto l’avrebbe trovato anche lì a Bratto, magari pure una compagnia confacente ai suoi gusti da vera aristocrate quale era. Io sarei tornato da mia sorella e i suoi amici “Da quei borghesi insopportabili?” Osò ribattere. “Sì, a me non hanno fatto del male. Tu, onestissima signora, vai pure a cercare dove vuoi i gentiluomini e gli artisti della tua levatura”, conclusi. Poi le girai le spalle e mi avviai verso la casa illuminata. “Spero che se ne vada davvero - pensavo - e che si innamori di una canaglia della sua risma, magari un giapponese in cerca di una moglie italiana, in modo che finisca dall’altra parte del mondo e da non vederla mai più”. Ma quella, in seguito alla mia reazione aveva capito che doveva recitare tutt’altra commedia, perciò mi rivolse uno sguardo ammansito e disse: “Io ti amo tanto, sai?”. Poi si diede a seguirmi docile e pedissequa mentre rientravo nella casa che aveva tanto villanamente deprecato. Bologna 27 giugno 2025 ore 11, 56 giovanni ghiselli p. s. Statistiche del blog Sempre1760387 Oggi218 Ieri899 Questo mese22675 Il mese scorso14567 |
Già docente di latino e greco nei Licei Rambaldi di Imola, Minghetti e Galvani di Bologna, docente a contratto nelle università di Bologna, Bolzano-Bressanone e Urbino. Collaboratore di vari quotidiani tra cui "la Repubblica" e "il Fatto quotidiano", autore di traduzioni e commenti di classici (Edipo re, Antigone di Sofocle; Medea, Baccanti di Euripide; Omero, Storiografi greci, Satyricon) per diversi editori (Loffredo, Cappelli, Canova)
venerdì 27 giugno 2025
Ifigenia CXC. “in sul paese ch’Adige e Po riga…"
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