martedì 31 gennaio 2023

Nietzsche 97 . Critica della morale della décadence.

Nietzsche 97

Crepuscolo degli idoli Scorribande di un inattuale 35

Critica della morale della décadence

“Una morale “altruistica”, una morale in cui l’egoismo languisca-, resta in ogni caso un brutto segno”.

 

Devo distinguere l’egoismo meschino dell’arraffone dall’amor proprio, dalla filautiva.

Aristotele considera la filautiva "quale emanazione d'un amor di sé elettissimo". L'espressione si trova nell'Etica Nicomachea che  séguita con questo brano: "Invero vivere breve tempo in somma gioia sarà preferito, da chi sia animato da tale amor di sé, ad una lunga esistenza in pigra quiete. Egli vivrà piuttosto un anno solo per uno scopo elevato, che non condurre una lunga vita per nulla. Compirà piuttosto un'unica magnifica e grande azione, che non molte insignificanti"[1].

Jaeger, l'autore di Paideia  fa questo commento: "In queste parole è espressa la fondamentale concezione della vita dei Greci, nella quale ci sentiamo loro affini d'indole e di razza: l'eroismo"[2].

 

Torniamo a Nietzsche: “Ciò vale per il singolo, ciò vale soprattutto per i popoli. Viene a mancare il meglio, quando comincia a mancare l’egoismo. Scegliere istintivamente ciò che è dannoso per noi, essere allettati da motivi “disinteressati” fornisce quasi la formula della décadence. “Non cercare il proprio vantaggio” è semplicemente la foglia di fico per uno stato di fatto ben diverso, ossia fisiologico: “non so più trovare il mio vantaggio”.

 

Ribatto sempre a chi si pregia di essere disinteressato al proprio vantaggio, di avere  sempre cercato il vantaggio mio perché ridondasse sul mio prossimo e magari anche sul lontano. Se viceversa ricevo svantaggi dalla vita sono questi a ricadere su chi mi capita a tiro. Per amare gli altri, per essere benefico è necessario l’amor proprio.

 

Torno a Nietzsche: “Invece di dire ingenuamente “io non valgo più nulla”, la menzogna della morale sulla bocca del décadent dice: “Nulla ha valore-la vita non vale nulla”.

 

Correggo “la menzogna della morale” con il costume della menzogna, la difesa della menzogna. Moltissimi giovani e tanti adulti non possono reggere la verità. La follia è quasi sempre una fuga dalla realtà per incapacità di sopportarla

 

Nietzsche commenta il nichilismo menzognero che toglie ogni valore alla vita.

“Un tale giudizio resta infine un grave pericolo, ha un difetto contagioso, -su tutto il fradicio terreno della società esso non tarda a lussureggiare in una tropicale vegetazione di concetti, ora come religione (cristianesimo), ora come filosofia (schopenhauerismo). Talvolta questa vegetazione di tossicodendri, cresciuta dalla putrefazione, avvelena con i suoi miasmi la vita, lungamente per millenni”.

L’albero tossico più diffuso è il tossicodendro della pubblcità secondo me. Un altro è il cellulare

 

Bologna 31 gennaio 2023 ore 17, 41 giovanni ghiselli

p. s

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[1]IX, 8, 1169 a 18 sgg.

[2]Paideia , I vol.,  p. 47.

Nietzsche 96. Valore naturale dell’egoismo.

Nietzsche 96 Crepuscolo degli idoli Scorribande di un inattuale 33.

Valore naturale dell’egoismo.

 

“L’egoismo ha tanto valore quanto ne ha, fisiologicamente, colui che lo possiede: può valere moltissimo, può essere di nessun valore o spregevole”

 

Faccio un esempio di ricerca del successo non senza sventura, insomma di egoismo tutt’altro che spregevole: Tiresia dice a Edipo: “questo destino ti ha rovinato”. Sarebbe il successo contro la Sfinge. Al sacerdote il re di Tebe risponde : Ma se ho salvato questa città, non importa- “ajll j eij povlin thvnd  j ejxevsws j , ouj moi mevlei ” (Sofocle, Edipo re, 442-443)

Il verso 443 anticipa la trasfigurazione del dolore in bellezza e in vantaggio della comunità, compiuta attraverso l'accettazione del destino da parte del figlio di Laio.

 

Ma torniamo a Nietzsche: “In base a ciò si può giudicare, di ogni individuo, se egli rappresenta la linea ascendente o discendente della vita. Una volta stabilito questo, si ha anche il canone di quello che vale il suo egoismo. Se egli rappresenta l’ascendere della linea, il suo valore è realmente straordinario,-e per amore della vita nella sua totalità, che con lui compie un passo avanti, dovrà essere estrema la cura per mantenere o perfino creare il suo optimum di condizioni”.

 

Avanti è la parola chiave. Significa non tanto lo sviluppo in senso economico e di potere quanto il progresso in senso etico, estetico e di potenza per usare una terminologia che riprendo da Pasolini.

 

Torniamo a Nietzsche: “Il singolo, l’”individuo”, come sinora lo hanno inteso popoli e filosofi, è anzi un errore: di per sé non è nulla, non un atomo, non un “anello della catena”, nulla di semplicemente ereditato da prima, -egli è l’intera unica linea. Uomo sino a lui stesso”.

 

E’ l’impolitico di cui parla il Pericle di Tucidide ( II 40, 2): un individuo inutile alla comunità. L’ inutile a parer mio è anche dannoso.

 

“Se rappresenta lo sviluppo discendente, la decadenza, la degenerazione cronica, la malattia (-le malattie sono, in complesso, già conseguenze e non cause della decadenza) non gli spetta molto valore, e la più ovvia equità vuole che porti via il meno possibile ai ben riusciti. E’ semplicemente il loro parassita”.

 

Si può e si deve aiutare chi ha bisogno secondo me. Purché non mi sottragga il tempo necessario al progresso. Nel progredire, nell’andare appunto avanti, metto la possibilità, anzi la vera potenza che è quella di aiutare gli altri. Così interpreto Nietzsche e me stesso.

 

Bologna 31 gennaio 2022 ore 11, 40, giovanni ghiselli

p. s.

 Sempre1318091

 

 

 

Ifigenia XXI Un’anticipazione

 

Il viaggio in Baviera. Lo Starnbergersee. Il cigno sul lago. Ricordi

di Ludwig II. Il cammino della pietà. La croce.

 

Il 17 aprile  1981 partimmo per la Baviera, verso i castelli teatrali1di Ludwig secondo.

Alle sette di sera arrivammo sullo

Starnbergersee, il lago della morte del re. Mancava mezz'ora al

tramonto. Il cielo era tutto sereno e pulito, l'aria freddissima.

Prendemmo una stanza in un buon albergo, sulla costa orientale,

distante pochi chilometri dalla croce metallica piantata accanto

alla riva, tra le canne palustri, a segnare il punto dove il sovrano

popolare e demente annegò in 70 centimetri d'acqua. Dopo avere

portato i bagagli nella camera che aveva una grande finestra sul

lago, uscimmo, e ci fermammo su un imbarcadero di legno a

osservare l'arrossarsi dell'orizzonte. Non c'erano barche. Il sole era

prossimo alle alture della riva ulteriore. Un venticello ghiaccio, di

primavera abortita, increspava l'acqua e le penne di un cigno che

rabbrividiva davanti alla sponda deserta.

ifigenia disse:"Quell'uccello è lo spirito del nostro amico

affogato nella palude dell'odio. Vero gianni? Qui fa tanto freddo".

Eravamo partiti nella tarda mattinata con un caldo quasi estivo,

credendo di trovare la buona stagione anche sullo Starnbergersee,

e i Bavaresi in vacanza lacustre, in costume da bagno. Invece l'aria

scorticava la faccia. Tuttavia volli aspettare il momento

 

 

dell'annidarsi del dio per rivolgergli una muta preghiera: "Fai che

questo nostro difficile amore possa durare ancora; fammi scrivere

qualche cosa di bello, di grande, di buono. Non lasciarmi morire a

quarant'anni sdentato, ingrassato, sconciato come il monarca

desideroso e incapace di arte". Mi vennero in mente alcune frasi

 

del lunatico re:"Il regalo più grande che un re possa fare al suo

popolo è arricchirgli lo spirito ".

Note

1

Cfr. Thomas Mann, Doctor Faustus, trad. it. Mondadori, Milano, 1980, p. 278.

2

Sono citate, a memoria, dal film di Visconti "Ludwig II".


 

 

"Anche io vorrei potenziare l'anima degli studenti e dei miei futuri

lettori", pensai.

"Un uomo non vuole essere ridotto al livello di un animale; non

sarà mai appagato dal materialismo ". Non era matto Ludwig, era

antiborghese.

Guardavo la mia compagna di viaggio. Voleva fare l'attrice. Avrebbe condiviso la

sorte dell'istriona che aveva osato dire al suo

sovrano:"Fare l'amore per noi attori è molto semplice: basta un

gesto ?". Allora non potevo saperlo. Speravo di no, anzi, credevo

che la mia giovane donna qualche cosa valesse. Andammo a cena.

Mangiammo bene, e con gusto, siccome digiuni dalla mattina. Poi

tornammo sulla riva del lago per vedere la croce del sire annegato

il 13 giugno del 1886.

Ci incamminammo per una via sghemba che costeggia la riva

orientale. Avevamo stabilito di fare una camminata pia fino al

luogo della

morte

per acqua del nostro "re pescatore" .

4

Percorremmo circa un chilometro di strada asfaltata, poi questa

gira a sinistra salendo su un colle boscoso e allontanandosi dalla

sponda che noi invece volevamo seguire, attirato dai Mani del

povero sire. Il cammino della pietà

5

era sbarrato da una rete

metallica alta e sottile, non facile a scavalcarsi. Procedevamo

lungo l'ostacolo cercandovi un buco per passare di là. Finalmente

lo trovammo. Come in Grecia, sull'autostrada, quattro mesi più

tardi, quando la tragedia oramai si era conclusa nelle acque

contaminate della babilonica spiaggia dove il duce fanfarone nuotava ridicolmente.

Oltre la barriera forata c'è un bosco fitto, segnato soltanto da un

esiguo sentiero .

6

Gli alberi erano ancora privi di fronde: la luna, passando tra i rami

deformi, faceva cadere a terra una luce incerta che chiazzava di

bianco le foglie cadute là sotto, morte e marcite perché dalla

3

Cfr. Odissea, XXIV, 10  dove Ermes conduce giù per squallidi sentieri(

kat j

eujrwventa kevleuqa

) le ombre dei proci vinti da Ulisse.

4

Personaggio della leggenda del Graal.

5

Cfr. Euripide, Andromaca, vv. 1125-1126, dove Neottolemo viene lapidato

dalla pretaglia delfica quando si reca al santuario per consultare l'oracolo.

6

Cfr. Dante, Inferno, XIII, 3.


 

 

157

putrefazione risorgesse la vita. L'insieme era

inquietante.

Ifigenia aveva paura.  Sentivo che le tremava la mano.

Camminammo in silenzio per dieci minuti, mentre il sentiero non

accennava a calare sul lago; anzi ci stava portando in direzione

della Votivkapelle.

"Cappella perigliosa"

7

secondo la mia compagna. A un tratto

disse:"Torniamo indietro: qui potrebbero ammazzarci".

"Ma no-ribattei-, chi vuoi che ci faccia del male? Siamo giovani e

in buona salute. Poi non c'è proprio nessuno, a parte Ludwig che ci

ama, come noi amiamo lui. Ci protegge da ogni pericolo. Dai,

arriviamo alla croce del nostro amico! Oramai sarà vicinissima.

Siamo venuti qui apposta!"

"Ma possiamo tornarci domani mattina con il sole", piagnucolò

l'impaurita ragazza.

"No-risposi-, prima, mangiando, abbiamo deciso che bisognava

venirci di notte, per smaltire il cibo, e per espiare i nostri peccati.

Dobbiamo arrivare laggiù: se no è tradimento. Se tu hai cambiato

idea, torna indietro da sola".

Ifigenia riprese a seguirmi tacendo. Dopo qualche minuto il

sentiero cominciò a scendere; poi finalmente, dal bosco nebbioso

di nera paura , sbucò nella riva, terminando sul grande catino dove

8

dilagava bianchissima la luce lunare. Tirammo un sospiro di

sollievo. Giungemmo davanti alla croce, a pochi metri da lei.

Brillava nel chiarore del cielo e dell'acqua che lo rifletteva.

L'apprensione si dissipò. "Affogare è una bella morte: non si resta

sfigurati !"

Pregammo lo spirito inquieto del caro sovrano, per l'amore e per

l'arte. Anche lì c'era un cigno. La sua piccola testa, muovendosi

verticalmente, adagio, sembrava annuire alle nostre richieste.

Tornammo

in

albergo. Cominciò ad annuvolarsi. Facemmo

l'amore con qualche difficoltà. Prima di dormire, mi alzai per

osservare l'aria buia e  l'acqua nera, sempre più increspata dal

vento. Il cigno dell'imbarcadero non c'era.

Probabilmente

nell'oscurità della notte lacustre rimaneva quell'unico uccello

7

Luogo della leggenda del Graal.

8

Cfr. Virgilio, Georgiche, IV, 468:"et caligantem nigra formidine lucum". E' il

bosco dove si addentra Orfeo, in cerca della sposa Euridice.


 

 

158

araldicamente posato vicino alla croce per non lasciare solo il suo

re nel tetro

mondo abbandonato dalla vergine luna e da tutte le

stelle.

 

Bologna 31 gennaio 2023 ore 10, 22

giovanni ghiselli

Sempre1318065

Che cosa ve ne pare?

 

Ippolito di Euripide IV parte. conclusione del prologo.

    Veniamo alla terza e ultima parte del prologo (vv. 88-120) Esce dal palazzo un servo che si rivolge a Ippolito con il vocativo ...