Nel corso che terrò alla primo Levi dal 28 febbraio, dovrò presentare i Presocratici e Nietzsche. La prima parte riguarda Nietzsche e la Cultura greca. La seconda La nascita della tragedia. Questa sarà la terza
La filosofia nell’età tragica dei Greci (1873)
Il testo è preceduto da due prefazioni
Nella prima Nietzsche avverte che la sua storia dei filosofi presocratici è semplificata poiché in essa ha voluto mettere in evidenza la personalità di ogni filosofo per “restituire alla polifonia dell’indole greca tutta la sua risonanza: il compito è quello di mettere in luce ciò che noi sempre dobbiamo amare e venerare e quanto non può venirci tolto da alcuna conoscenza ulteriore: l’uomo grande”.
Vedremo che Eraclito per esempio piace a Nietzsche ben più di Platone, o di Kant o di Hegel, in quanto il solitario di Efeso è un creativo asistematico, non un funzionario della scuola né un operaio della filosofia. C’è una ruggine tra il Nostro e i filosofi sistematici, aderenti al sistema.
Nella Prefazione Posteriore Nietzsche avvisa che “questo tentativo di raccontare la storia dei più antichi filosofi greci si distingue da altri per la sua brevità”. L’autore è stato favorito nella brevità dall’incompiutezza delle dottrine. Comunque ribadisce il proprio interesse per “l’elemento personale” dei filosofi che caratterizza le loro opere e che nei manuali “si ammutolisce completamente”.
Ricordo quanto era ripugnante studiare a memoria nei manuali la vita e i titoli degli autori senza leggere una pagina dei testi.
“Con tre aneddoti è possibile dare l’immagine di un uomo: io cerco di mettere in risalto, in ogni sistema, tre aneddoti, e sacrifico il resto”.
Così termina la seconda prefazione.
Parole di significato simile usa Plutarco (47-127 circa) nella prefazione alle Vite parallele di Alessandro e Cesare. Leggiamole
“Scrivendo in questo libro la vita di Alessandro il re, e quella di Cesare dal quale fu disfatto Pompeo, per la gran massa delle azioni che ci stanno davanti, nient'altro diremo come prefazione se non chiedere ai lettori di non accusarci se riferiamo non ogni cosa, né compiutamente in particolare ognuno dei fatti famosi, ma sintetizzandone la massima parte.
Del resto nelle azioni più famose è in ogni caso insita una manifestazione di virtù o di vizio, ma un'azione breve spesso e una parola e una battuta danno un'immagine del carattere più che battaglie con innumerevoli morti e schieramenti di eserciti enormi e assedi di città. Come dunque i pittori colgono le somiglianze dal volto e dalle espressioni relative allo sguardo nelle quali si mostra il carattere, mentre delle parti restanti si prendono pochissima cura, così a noi si deve concedere di penetrare più nei segni dell'anima, e attraverso questi rappresentare la vita di ciascuno, lasciando ad altri le grandezze e le contese” (Vita di Alessandro, I, 1-3).
Le parole di Plutarco sono tante, pure troppe, ma l’intenzione è la medesima nei due autori.
Bologna 17 gennaio 2023 ore 19, 20 giovanni ghiselli
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