lunedì 23 gennaio 2023

Ifigenia X. Le donne e la madre natura.


 

Volevamo vedere che cosa c’era al di là. Oltre l’aia in leggero pendio, la china del colle diventava quasi un burrone che scendeva a precipizio fino a un fosso depresso. Era appena visibile in mezzo a lunghe canne tra le quali scorreva forse dell’acqua. Il fondo della discesa divideva il colle sulla cui cima avevo lasciato l’automobile da una collina  posta a oriente, meno alta e già tutta nell’ombra. Scendevamo verso quell’infossatura della madre terra. Volevo mostrare qualche cosa di infimo e oscuro  alla creatura in procinto di offrimi il suo amore, per metterla in guardia facendole vedere il correlativo oggettivo della mia anima poco chiara perfino a se stessa. Dopo avere scorto il rivolo di acqua che sembrava scendere verso zone infernali, dissi con enfasi comica eppure contaminata da una nota di dolore:

“Guarda bellezza, laggiù nell’ombra umida e densa, in mezzo alle canne già oscurate dal buio della lunga notte autunnale, scorre un rigagnolo che vomita una nebbia mefitica. Avviciniamoci per capire se sia un affluente del tartareo Acheronte, dello Stige odioso, del Cocito o di un altro fiume del pianto senza conforto”

In quel momento, per mia debolezza, volevo impressionare e sconcertare la splendente ragazza che invece, chissà come mai, era determinata a vivere una storia d’amore bella e gioiosa con me.

A un tratto dissi: “Andiamo!”  e cominciai subito a correre verso il cupo fondo di quella fossa che già coagulava in grumi freddi le lunghe, umide, inquiete ombre del tramonto avanzato. Ifigenia mi seguiva con fretta minore. Quando fui giunto nel fondo, sedetti davanti alle canne diritte davanti all’acqua muta e quasi immota del fosso. “Fosso Seiore tra Pesaro e Fano” pensai, poi “ il quartiere Fossolo dove vivo a Bologna. Sono l’uomo dei fossi o delle fosse”.

 Ifigenia era rimasta indietro. Quindi continuai a pensare: “la canne e il fosso rendono l’immagine del crine  e dell’umido solco muliebre”. Alcuni aspetti della natura mi hanno fatto immaginare prima, e ricordare poi diverse parti del corpo già misterioso delle femmine umane che fin da bambino scrutavo con insaziabile, maniaca curiosità, come osservavo a lungo le forme della grande madre terra interrogandola, volendo comprendela, parlare con lei, chiederle aiuto. Per questo già prima dei dieci anni, sfuggito alle zie, salivo in solitudine su per i  prati e i boschi allora semideserti della valle di Fassa, oppure mi insinuavo trepidamente nei luoghi dai quali potessi intravedere cosce e mutande di donne: sotto i tavoli e sui sentieri fiancheggiata dall’erba e dai fiori, volevo scoprire e capire la madre natura nei suoi aspetti più vivi, più genuini, più riposti e nascosti,

Bologna 23 gennaio 2023 ore 13, 33.

Neanche mezz’ora d’aria oggi

p. s.

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