In Ecce homo Come si diventa ciò che si è (del 1888) Nietzsche scrive che con Umano, troppo umano[1], si era liberato di quanto non apparteneva alla sua natura. “io avvertii allora una generale aberrazione del mio istinto, della quale l’errore singolo, si chiamasse Wagner o cattedra di Basilea[2], era solo un sintomo.
Mi prese una impazienza per me stesso: vidi chiaramente che era tempo, che ero all’ultima occasione di ritornare a me stesso (…) Avevo dietro di me dieci anni in cui la alimentazione del mio spirito si era propriamente arrestata, in cui non avevo imparato nulla di utilizzabile in cui avevo dimenticato una quantità insensata di cose in cambio di tutto un ciarpame di polverosa erudizone (…) Allora per la prima volta indovinai il nesso tra un’attività scelta contro il proprio destino , una cosiddetta “professione”, per cui non ho nessuna vocazione, e quel senso di anestetizzare un senso di fame e di desolazione per mezzo di un’arte narcotica, per esempio l’arte di Wagner ”[3].
Provai un simile senso di desolazione quando cominciai a insegnare al ginnasio. Mi salvai non fermandomi e limitandomi alla grammatica e alla sintassi. Ne approfittai per studiare la letteratura moderna dato che con 18 ore in una sola classe dovevo insegnarvi anche italiano. Per me significava la letteratura europea moderna comparata a quella antica, ai modelli antichi dei nostri Dante, Machiavelli, Foscolo, Leopardi, o di T. S. Eliot e Joyce.
Vediamo ora alcune frasi di Il caso Wagner Un problema per amatori di musica (1888),dove Nietzsche abiura del tutto l’entusiasmo per il musicista espresso nella IV inattuale, e definisce Wagner “un tipico décadent” .
Nella Prefazione Nietzsche scrive che volle “superare dentro di sé il proprio tempo, diventare senza tempo. Essere figli di questo tempo significa essere un décadent come Wagner. “Solo che io ho compreso ciò, e mi sono difeso. Il filosofo dentro di me si è difeso da tutto questo (…) per un tale compito mi fu necessaria un’autodisciplina-prendere posizione contro tutto ciò che di malato vi era in me, compreso Wagner, compreso Schopenhauer. Compresa l’intera “umanità” come modo di sentire moderno (…) La più grande esperienza della mia vita fu una guarigione. Wagner appartiene semplicemente alle mie malattie”. Il filosofo tuttavia non poteva ignorare questo “vecchio mago" siccome “attraverso Wagner la modernità parla il suo intimo linguaggio: non cela né il suo bene né il suo male, ha disimparato ogni pudore di se stessa. Wagner riassume la modernità”.
Nel primo capitolo Nietzsche celebra “il capolavoro di Bizet udito ieri per la ventesima volta (…) Come rende perfetti una tale opera! Nell’udirla si diventa noi stessi un capolavoro!” In confronto alla musica della Carmen (1874) quella wagneriana che pure “oggi è alle stelle, è invero brutale, artificiosa”. La musica della Carmen invece “mi sembra perfetta. Si avvicina leggera, morbida, con cortesia. E’ amable, non fa sudare (…) ha la raffinatezza di una razza, non quella di un individuo”
Credo che in effetti i capolavori, siano creazioni artistiche o anche persome che raccolgono tutta la bellezza della stirpe e della cultura dei secoli precedenti
Torniamo a Il caso Wagner. Nel secondo capitolo Nietzsche riconosce a Bizet il coraggio di una sensibilità che prima di lui “non aveva ancora un linguaggio nella musica colta d’Europa-il coraggio di questa sensibilità meridionale, più abbronzata, più riarsa. Che senso di benessere ci danno i gialli pomeriggi della sua felicità”
Nel terzo capitolo l’autore confessa e si rammarica di essere stato “uno dei wagneriani più corrotti…Ero capace di prendere Wagner sul serio..Ah questo vecchio mago quanta mai polvere ci ha gettato negli occhi!”
Quindi Nietzsche critica precisamente e aspramente il Lohengrin (1850) che contiene"una solenne messa al bando di ogni indagine e di ogni domanda. Wagner rappresenta in tal modo il concetto cristiano "tu devi e non puoi fare a meno di credere. E’ un crimine contro l’Altissimo, contro il Santissimo essere scientifici"
Elsa non deve sapere con chi è sposata: come custode del Santo Graal, Lohengrin non può far sapere chi è e da dove viene.
Nietzsche seguita a esecrare Wagner per liberarsene: “egli ammala tutto ciò che tocca, egli ha reso malata la musica” (capitolo 5)
E ancora: “Wagner è l’artista moderno par excellence, il Cagliostro della modernità”. Cagliostro visse tra il 1743 e il 1795. I suoi trucchi si basavano su pozioni magiche e alchimia.
Nel settimo capitolo Nietzsche si sofferma sulla questione dello stile che riferisco perché può essere utilizzata anche per la letteratura Novecento: “Da che cosa è caratterizzata ogni décadence letteraria? Dal fatto che la vita non risiede più nel tutto. La parola diventa sovrana e spicca un salto fuori dalla frase, la frase usurpa e offusca il senso della pagina, la pagina prende vita a spese del tutto,- il tutto non è più tutto. Ma questa è l'allegoria di ogni stile della décadence : sempre anarchia atomistica, disgregazione del volere…il tutto non vive generalmente più”[4].
In una lettera, Nietzsche scrive a Malwida von Meysenburg: “Pensi che sono assai contento di non dover ascoltarela musica del Parsifal. A parte due brani (gli stessi che anche Lei mi segnala), io non amo questo “stile” (frammentario, faticoso e sovraccarico): questo è hegelismo in musica, e per di più è una dimostrazione tanto di pochezza inventiva quanto di presunzione smodata e di cagliostrismo dell’autore”[5].
Il grande stile viceversa consiste nel “dominare il caos che si è, costringere il proprio caos a diventare forma: a diventare logico, semplice, univoco, matematica, legge: è questa qui la grande ambizione”[6].
“Quando Nietzsche presenta come una caratteristica dello stile decadente (Il caso Wagner, 7) il fatto che le diverse parti si rendano indipendenti, cosa che va a svantaggio dell’insieme, egli non ci dà che una variazione del giudizio di Schlegel su Euripide, e come Schlegel egli involontariamente caratterizza se stesso. Anche il suo odio contro Euripide è odio contro una parte di sé. Il suo sguardo acuto distrugge le illusioni, i sogni, le speranze che danno sicurezza all’uomo, gli rimane però una nostalgia per ciò che è semplice, sano e forte, per l’arte vera che è per lui-come per Schlegel e già per Herder-creazione su basi mitiche”[7].
Il grande stile.
“Il grande stile nasce quando il bello riporta vittoria sull'immane”[8].
Feste rare. “Vigorosa concisione, calma e maturità: quando trovi in un autore queste qualità, fermati e festeggia una lunga festa in mezzo al deserto”[9].
Restringere e ingrandire “Omero ha ristretto e rimpicciolito l'ampiezza della sua materia, ma ha accresciuto e ingrandito le singole scene[10]- e così fanno sempre di nuovo più tardi i tragici: ognuno prende la materia in pezzi ancora più piccoli del suo predecessore, ma ognuno ottiene una più ricca fioritura all'interno di questa siepe di giardino delimitata e recintata”[11].
“I tre quarti di Omero sono convenzione”: i Greci non ne ebbero paura. Attraverso la convenzione infatti essi comunicavano con il pubblico. Il poeta e il musico greco vogliono vincere subito, e per questo devono essere subito capiti, il che è possibile solo con la convenzione. “Che cosa indica dunque la moderna smania di originalità?”[12].
Preferire lo strano, il raro, è segno di gusto immaturo o corrotto.
“Una nobile povertà, ma anche una magistrale libertà… distingue gli artisti greci della parola, ma essi hanno un modo leggero e delicato di trattare ciò che è ordinario e ciò che è apparentemente consunto”[13],.
Gli artisti greci sanno "danzare in catene, fare cose difficili e stendervi sopra l’illusione della facilità"[14], Omero dové danzare dentro formule ereditate e altre ne creò.
Bologna 10 gennaio 2022 ore 9, 16
giovanni ghiselli
p. s.
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[1] Del 1878 ndr
[2] Dalla quale si mise in congedo assai per tempo. In una lettera del luglio 1879 si firma Friedrich Nietzsche ex professore ora fugitivus errans.
[3] Ecce homo, Umano, troppo umano, 3.
[4] F. Nietzsche, Il caso Wagner, capitolo 7
[5] Triangolo di lettere, p. 136.
[6] Frammenti postumi Primavera 1888 14 (61).
[7] B. Snell, La cultura greca e le origini del pensiero europeo, p. 188.
[8] Umano, troppo umano II, parte seconda, il viandante e la sua ombra 96
[9] Op. cit., 108
[10] Cfr. il ritardare epico. “Goethe e Schiller, che, verso la fine dell'aprile 1797 ebbero uno scambio di lettere...sul "ritardare" in genere nei poemi omerici, lo misero addirittura in contrasto con la tensione; essi veramente non usano questa espressione, ma è chiaro che cosa intendano quando indicano il procedimento del ritardare come propriamente epico in opposizione a quello tragico (lettere 19, 21, 22 aprile). Sembra anche a me che il ritardare mediante digressioni stia nei poemi omerici in opposizione con l'anelito ad un fine, e senza dubbio Schiller ha ragione per Omero quando pensa che questi ci dia "soltanto la presenza e l'azione tranquilla delle cose secondo la loro natura" e che il suo scopo sia "già in ogni punto del suo movimento". Ma entrambi, tanto Schiller quanto Goethe, innalzano il procedimento omerico a a legge della poesia epica in generale; e le parole ora citate di Schiller devono valere per i poeti epici in opposizione ai tragici" E. Auerbach, Mimesis, p. 5.
[11] Op. cit., 113
[12] Op. cit., 122
[13] Op. cit., 127
[14] Op. cit., 140
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