NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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domenica 15 gennaio 2023

Nietzsche 63. La musica è l’immagine della volontà.


 

Capitolo XVI  (pp. 104-111)

La tragedia greca dunque è perita per il dileguarsi dello spirito della musica dal quale è nata. Contro la tragedia si combatte una battaglia mentre si favoriscono la farsa (breve componimento teatrale comico, da farcire, riempire gli intervalli) e il balletto che fanno sbocciare i loro fiori non sempre beneodoranti (a Roma la pantomima).

 

La scienza che è essenzialmente ottimistica si oppone a una concezione tragica del mondo. Apollo e Dioniso rappresentano due mondi d’arte diversi.

Apollo è il genio trasfiguratore del principium individuationis che fa conseguire la liberazione nell’illusione; mentre al mistico grido di Dioniso si apre la via verso le Madri dell’essere, verso l’essenza intima delle cose. Si torna nell’indiviso, nell’indeterminato, il  to; a[peiron[1],  di Anassimandro secondo il quale ogni nascita è un atto di egoismo, un distacco dal tutto.

 

 

La Magna Mater ha molti nomi, non è individuata (cfr. Prometeo incatenato che invoca La madre:"Qevmi"-kai; Gai'a, pollw'n ojnomavtwn morfh; miva"( vv. 209-210), Temide e Terra, una sola forma di molti nomi.

 

 C’è un abisso tra l’arte plastica apollinea e la musica dionisiaca

Schopenhauer ha riconosciuto alla musica un carattere diverso rispetto alle altre arti: essa non è immagine dell’apparenza, bensì immagine della stessa volontà e dunque rappresenta la metafisica e la cosa in sé.

 Non dà lumi in questo senso quella civetta di Minerva che è Aristotele, per natura estraneo al grande istinto artistico che invece Platone possedeva. Nel  tempo di Aristotele si era già sviluppato l’artista imitativo, quasi erudito, lontano dal fenomeno artistico primordiale.

La musica è un linguaggio universale ed è l’immagine della volontà stessa, non dell’apparenza, e dunque rappresenta la cosa in sé.

La musica fa risaltare in accresciuta significatività ogni  scena della vita reale, tanto più quanto la sua melodia è analoga allo spirito intimo di una data apparenza. La musica dà il cuore delle cose (p. 109).

Mozart, credo fermamente, dà voce a Dio, è profeta di Zeus.

Nel linguaggio degli scolastici, i concetti sono gli universalia post rem, la musica dà gli universalia ante rem.  Questo Schopenhauer.

La disputa sugli universali (quaestio de universalibus) è la maggiore questione filosofico-teologica della scolastica

La musica dunque è il linguaggio immediato della volontà che genera il mito. Nel lirico, la musica rivela la sua essenza in immagini apollinee, nel tragico il dionisiaco esprime la volontà nella sua onnipotenza dietro il principium individuationis, la vita eterna oltre ogni apparenza e nonostante ogni annientamento.

 La sapienza dionisiaca si traduce nel linguaggio dell’immagine: l’eroe che è la più alta apparenza della volontà viene negato con nostra gioia perché è comunque solo apparenza e la vita eterna della volontà non viene toccata dalla sua distruzione.

La tragedia grida la fede nella vita eterna; lo scultore apollineo glorifica lo splendore dell’apparenza e la bellezza della vita che fa scomparire il dolore dai tratti della natura.

Nell’arte dionisiaca la natura dice che nell’incessante mutamento delle apparenze ella è la madre primigenia eternamente creatrice tale che eternamente costringe all’esistenza.

Bologna15 gennaio 2023 giovanni ghiselli

 

p. s

 

A proposito del carattere ontologico della volontà: un paio di sere fa ero a cena da una amica fin dagli anni Sessanta. Mi ha setto: quando ti conobbi, nel 1966[2] eri un cesso di ragazzo dall’aria senile e depressa, pochi anni dopo eri un guivanotto gagliardo piacente. Al posto tuo-novello Dorian Gray- invecchiava la tua fotografia e me la mostrò. Facesti un patto con il diavolo? Trattenni un moto di orrore nel vedere l’immagine  di quel povero ragazzo reso irriconoscibilmente deforme dal dolore; poi mi sono ricomposto e con un sorriso grato, compiaciuto, ho risposto: ci ho messo la volontà carissima amica di allora e di sempre, la nostra intima, insoppimibile essenza che è la volontà.

 

 



[1] Cfr. pei`rar-ato~, tov, “termine”, “confine”.

[2] Cfr. la prima parte  del mio Apprendistato

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