Nietzsche 88
Crepuscolo degli idoli. Quel che manca ai Tedeschi.
Nietzsche onora Dioniso e non se la prende con il vino, la bevanda celebrata con il suo dio dalle Baccanti di Euripide:
“Il demone figlio di Zeus
gioisce delle feste,
e ama Irene che dona benessere,
dea nutrice di figli.
Uguale al ricco e a quello di rango inferiore
concede di avere la
gioia del vino che toglie gli affanni” (primo stasimo, vv. 416-423)
Invece Nietzsche non approva l’amore dei Tedeschi per la birra: “Quanta fastidiosa pesantezza, fiacchezza, quanto umidore, quanta veste da camera, quanta birra c’è nell’intelligenza tedesca! Com’è possibile che uomini giovani, i quali consacrano la propria esistenza a mete spirituali, non sentano in se stesso, il primo istinto della spiritualità, l’istinto di autoconservazione dello spirito. E bevano birra? Dove non la si troverebbe la morbida degenerazione che la birra produce nello spirito”.
Nella Germania Tacito descrive con ammirazione preoccupata questa gens non astuta nec callida (22, 3), non astuta né scaltrita, un popolo comunque bellicoso che considera vergogna massima avere abbandonato lo scudo (scutum reliquisse praecipuum flagitium , 6) e chi se ne è macchiato viene escluso dalle cerimonie sacre e dalle assemblee, e anzi molti usciti vivi dalla guerra misero fine alla loro vergogna con l'impiccagione.
Callidus "è colui che abbia fatto il "callo" alla vita, quindi dotato di grande esperienza concreta"[1].
A questa gens la pace è sgradita (ingrata genti quies , 14) ed è più difficile persuaderli ad arare la terra e ad aspettare il raccolto che a provocare il nemico e a guadagnarsi delle ferite:" Nec arare terram aut expectare annum tam facile persuaseris quam vocare hostem et vulnera mereri ; pigrum quin immo et iners videtur sudore adquirere quod possis sanguine parare (14), che anzi sembra pigrizia e inettitudine acquistare con il sudore quello che ci si può procurare con il sangue.
Germani, laeta bello gens si legge ancora nelle Historiae[2] (IV, 16), una razza contenta di fare la guerra.
I Germani mancano tuttavia di debolezze: non sono ugualmente frugali nel mangiare e nel bere:"Cibi simplices, agrestia poma, recens fera aut lac concretum : sine apparatu, sine blandimentis expellunt famem", i cibi sono semplici, frutti selvatici, selvaggina fresca o latte rappreso: senza mense sontuose, senza cibi stuzzicanti, scacciano la fame. Nei confronti della sete però non hanno la medesima moderazione, quindi, se verranno assecondati nella tendenza all'ubriachezza, fornendo loro quanto agognano, potranno essere vinti più facilmente con i vizi che con le armi :"Adversus sitim non eadem temperantia. Si indulseris ebrietati suggerendo quantum concupiscunt, haud minus facile vitiis quam armis vincentur " (Germania, 23).
Vitia erunt donec homines (Hist. IV, 74), ci saranno vizi finché ci saranno uomini scrive Tacito.
Torniamo alla Germania e al vizio della birra: “potui umor ex hordeo aut frumento in quondam similitudinem vini corruptus” (23, 1) come bevanda (dativo di fine da potus- us m.) un liquido ricavato dall’orzo o dal frumento fermentato in modo di assomigliare al vino. Del resto le tribù vicine al Reno comprano dai mercanti anche il vino.
Polibio chiama la birra oi\no~ krivqino~ (34, 9, 15) vino di orzo (kriqhv)
Bologna 26 gennaio 2023 giovanni ghiselli
p. s.
Sempre1316280
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