martedì 31 maggio 2022

Sofocle, Edipo re, primo episodio, vv.378-403.


Sommario

Il re sospetta una congiura di palazzo contro la sua autorità, ma Tiresia lo invita a guardare e cercare dentro se stesso. Allora il figlio di Laio scaglia un'invettiva contro la ricchezza e il potere , in quanto suscitano e adunano invidia da varie  parti: da Creonte , il presunto amico che ordiva trame diaboliche, e da Tiresia, il prete imbroglione, avido di profitto e incompetente di vaticini, se è vero che l'enigma della Sfinge venne risolto non da lui, ma dal nuovo arrivato, lui stesso, Edipo,  che senza sapere nulla confutò il mostro deleterio. Ma ora i due cospiratori pagheranno con dolore il complotto fallito.

 

Traduzione 378-379

Edipo

Sono di Creonte o di chi queste trovate? 378

Tiresia

Creonte per te non è certo un danno, ma lo sei tu stesso per te

 

Commento

Il  prete cristiano del romanzo Il Processo  di Kafka avvisa l'imputato K: "Cerchi troppi aiuti negli altri- disse il sacerdote disapprovando-, specialmente tra le donne. Ma non ti accorgi che questo non è il vero aiuto?", IX, nel duomo p.218)

Altrettanto fa Tiresia che ammonisce Edipo di non indagare all'esterno bensì in se stesso.

 

Traduzione 380-389

Edipo

O ricchezza e potere e arte che prevale380

sull'arte nella vita piena di emulazione

quanta invidia si serba accanto a voi,

se per questo regno che, regalato,

non richiesto, la città mise nelle mani mie

da questo, Creonte, il fedele, l'amico della prima ora,

fattosi sotto di nascosto, desidera cacciarmi

dopo avere subornato un tale astrologo, tessitore di frodi

imbroglione, accattone, che nei lucri

soltanto ha imparato a vedere, ma quanto all'arte è cieco di natura389

 

Commento

 w\ plou`te kai; turanniv 380 Una maledizione del potere si trova anche nello Ione  di Euripide, in bocca al protagonista  che non esulta all'idea di divenire principe di Atene:

"Il potere è elogiato a torto poiché ha piacevole la facciata, ma dentro è penoso: chi infatti è felice, chi fortunato, se tira avanti tra le paure e guardando di traverso il corso della vita?"(vv. 621-625).

Né gode di migliore considerazione la ricchezza:

"Potresti dire che la ricchezza supera tutto e che essere ricchi è un piacere: ma io non amo tendere l'orecchio ai rumori né avere travagli tenendo tra le mani la ricchezza: vorrei un moderato benessere-mevtria- senza affanni"(vv. 629-634). 

Pure Isocrate maledice ricchezza e potere:cfr. Areopagitico, 4 :" ajlla; suntevtaktai kai; sunakolouqei' toi'" me;n plou'toi" kai; dunasteivai" a[noia kai; meta; tauvth" ajkolasiva", ma alla ricchezza e al potere è coordinata e segue la pazzia e con questa la licenza

Un altro anatema del "bene fallace" costituito dal potere si trova nell'Oedipus  di Seneca:"Quisquamne regno gaudet? O fallax bonum,/quantum malorum fronte quam blanda tegis "(vv. 6-7), qualcuno gioisce del regno? O bene ingannevole, quanti mali copri sotto un'apparenza così lusinghiera!. Nelle Fenicie Seneca fa dire a Giocasta che Eteocle pagherà a caro prezzo la sua pena con il fatto di essere re:"poenas, et quidem solvet graves: regnabit "(v.645).

Chiudo la rassegna ricordando l'elogio dantesco del santo cristiano il quale ebbe l'eroica forza di amare la donna "dispetta e scura" che incarna la mancanza dei beni materiali :"Francesco e Povertà per questi amanti/prendi oramai nel mio parlar diffuso"( Paradiso , XI, 74-75).  

382 fqovno~.  L'invidia secondo Schopenhauer,  è "l'anima dell'alleanza..tacitamente stipulata..di tutti i mediocri contro il singolo individuo eccellente di qualsiasi specie"(Parerga e Paralipomena , tomo II, p. 610). 

 

Traduzione 390-392

Edipo

Poiché, avanti, dimmi, dov'è che sei un profeta lucido? 390

Come mai, quando era qui la cagna cantatrice,

non dicevi qualche cosa di liberatorio a questi cittadini? 392

Commento

hJ kuvwn v.391.Tito Livio (I,4) narra che una lupa offrì la mammella a Romolo e Remo i quali poi vennero raccolti dal pastore Faustolo che li portò nella sua capanna perché li allattasse la moglie Laurenzia. Quindi aggiunge una spiegazione razionalistica della leggenda:"Sunt qui Laurentiam  vulgato corpore, lupam inter pastores vocatam putent; inde locum fabulae ac miraculo datum ." Ci sono quelli che pensano che Laurenzia fosse chiamata lupa tra i pastori per la sua impudicizia; di qui prese origine la leggenda e il miracolo.

La Sfinge-cagna dunque è un sostituto della madre: una"imago media " che a Edipo ricorda un successo sì, ma anche il suo dolore di fondo che nessun trionfo potrà consolare: la pena di essere stato rifiutato dai genitori. La Sfinge cantava per distrarre Edipo dalla sua condizione di reietto, onde portarlo a considerare che l'esistenza umana è difficile per tutti: è un arrancare con quattro, due, tre piedi, fino al burrone terminale, l'"abisso orrido, immenso" dove dobbiamo precipitare tutti. L'ex bambino esposto con i piedi gonfi non si accontenta della cagna che canta;  la confuta, la fa cessare(v.397) e riprende a cercare la madre vera, trovandola infine, ma senza rallegrarsene, anzi rinnovando il dolore e aggiungendo scelleratezze: cfr.  Seneca, Oedipus: "Maximum Thebis scelus maternus amor est "(vv.627-628), il delitto più grande a Tebe è l'amore per la madre.

 

Traduzione 393-398

Edipo

Eppure l'enigma non era compito dell'uomo sopraggiunto 393

spiegarlo, ma c'era bisogno di un vaticinio

che tu non mostrasti di avere conosciuto dagli uccelli

né da uno degli dei; ma, arrivato io

Edipo che non sapevo nulla, la feci cessare

 azzeccandoci con l'intelligenza e senza avere imparato nulla dagli uccelli/398

 

Commento

398 gnwvmh è l'elemento intellettuale del carattere, mentre quello emotivo è yuchv.

La psyche è la facoltà che succedde allo qumov" omerico,  un termine del resto usato dalla Medea di Euripide per designare la propria parte emotiva prevalente e preponderante ( Kai; manqavnw me;n oi\\\a dra'n mevllw kakav,-qumo;" de; kreivsswn tw'n ejmw'n bouleumavtwn,-o{sper megivstwn ai[tio" kakw'n brotoi'"" Medea,  vv. 1078-1080), capisco quale abominio sto per compiere, ma più forte dei miei ragionamenti è la passione, che è causa dei mali più grandi per i mortali", 

Cfr. Eric Dodds, I Greci e l'irrazionale: “Quando Sofocle parla di mettere alla prova yuchvn te kai; frovnhma kai; gnwvmhn in Antigone 176 dispone gli elementi del carattere secondo una scala che va dall’emotivo (psyche all’intellettuale (gnōmē), passando per un termine intermedio,phrŏnēma,  che implica gli altri due” (p. 167)

  I successi che si colgono attraverso la sola intelligenza, arrampicandosi sulla sfilacciata scala di corda della logica, sono apparenti poiché l'intendimento si ferma alla superficie e infonde speranze cieche se manca la visione dell'insieme. Invece il figlio di Laio pretende di avere pensieri uguali agli dei: è il crimine che Apollo rinfaccia a Diomede nel V dell'Iliade (vv.440-441). Eschilo condanna il presunto benefattore tecnologico che ha impedito ai mortali di prevedere il destino e ha posto in loro cieche speranze, tufla;" ejlpivda",( cfr.Prometeo incatenato  vv.248-250). B. Knox (in vol. cit. p.258) sostiene che il verso 398 contiene l'affermazione dell'eccellenza del dilettante intelligente, la stessa che Tucidide  attribuisce prima a Temistocle (I, 138) poi al popolo ateniese in generale nell'Epitafio pronunciato da Pericle per i morti del 431(II, 39). Il carattere di Edipo allora corrisponderebbe a quello degli Ateniesi.

 

Traduzione 399-403

Edipo

io che tu ora cerchi di cacciare, credendo

che starai accanto al trono di Creonte, vicino a lui 400

Mi sembra che tu e chi ha messo insieme questi misfatti,

piangendo caccerete la contaminazione; anzi, se non mi sembrassi un vecchio,

 con sofferenza avresti imparato quali scelleratezze proprio tu mediti 403

Commento

399-ejkbalei`n- cacciare  Angoscia fondamentale di Edipo è quella di essere cacciato un'altra volta, come lo fu dalla madre. Del resto è una fobia presente anche in altri personaggi di Sofocle. Filottete  lamenta la propria condizione di reietto quattro volte in pochi versi: lo abbandonarono (ejkbalovnte", 257); lo gettarono (e[rriyan,265) nella solitudine; dopo averlo esposto (proqevnte",268) se ne andarono; dopo averlo lasciato (lipovnte",273) andarono via.

 

Bologna 31 maggio 2022 ore 19, 25

giovanni ghiselli

p. s

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Sofocle, Edipo re vv. 334-377.


 Primo episodio  già pubblicato in questo blog fino al verso 333

 

Riprendo la traduzione  con un po’ di commento  dal verso 334 per congiungermi al primo Stasimo già pubblicato.

Effettuato il congiungimento, passerò al secondo stasimo. Scusate i problemi di montaggio.

 

Traduzione versi 334.-341

Edipo

“O pessimo tra i malvagi, infatti tu muoveresti all'ira

anche una natura di pietra, non parlerai una buona volta,

ma ti mostrerai così duro all'infinito?”

Tiresia

“Hai biasimato la mia indole, però la tua, quella che

vive con te, non l'hai vista, però critichi me”

Edipo

"Chi infatti, chi non si adirerebbe,  udendo

tali parole con le quali tu ora disonori questa città?"

Tiresia

Difatti esse si avvereranno (h{xei ga;r aujtav  anche se io le copro con il silenzio (Edipo re, 341)

 

Commento

Cfr. l’Agamennone di Eschilo quando Cassandra, di spirito profetico dotata, dice:  Se non convinco, che importa? To; mevllon h{xei (1240) il futuro verrà

 

Edipo

E allora quelle che si compiranno, bisogna pure che tu le dica a me.-

 

Tiresia

Non posso parlare oltre. Di fronte a questo, se vuoi,

arrabbiati con l'ira che sia la più selvaggia.

 

Edipo

E non tralascerò nessuna, irato come sono,

delle cose che, appunto, capisco. Sappi infatti che a me sembra

che tu abbia progettato l'azione e vi abbia pure  operato, per quanto/

non uccidendo con le mani; ma se tu potessi a vedere

anche quest'opera direi che è tua, e tua soltanto.

 

Tiresia

Davvero? Io ti ingiungo di attenerti

al bando che hai proclamato e dal giorno

di oggi non devi rivolgere la parola né a questi né a me

poiché sei tu l'empio contaminatore di questa terra 353

 

Commento

Il personaggio Edipo è denso di significati come  le parole di Sofocle

 Nella sua vita tribolata attraversa varie identità: il bambino reietto, il principe corinzio dubitoso della propria identità, l'assassino, il salvatore, il re adorato, il contagiatore, il farmakov", infine, a Colono, il santo benefattore: perciò la sua umanità è vastissima e ciascuno di noi può identificarsi con lui. Ecco perché questo dramma è una delle grandi opere prodotte dall'umanità.

 

 

vv.354-377.

Sommario

Edipo minaccia il profeta, che da parte sua conta sulla forza della verità, e , nello stesso tempo, lo spinge a parlare. Tiresia allora lo accusa apertamente di essere l'assassino di Laio e, sempre più incalzato, allude anche alla relazione incestuosa dell'avversario il quale continua a mescolare le minacce con le provocazioni. Quindi  il tiranno rinfaccia la cecità al vate: questo allora profetizza che Apollo farà precipitare l'assassino incestuoso nella peggiore delle catastrofi.

Edipo

Così spudoratamente hai tirato fuori questa

maledizione? E dove credi che potrai sfuggirle?

Tiresia

L'ho sfuggita: infatti nutro la forza della verità.

Edipo

Ammaestrato da chi? Non certo dall'arte

Tiresia

Da te: tu infatti mi hai spinto contro voglia a dire…

Edipo

Quale parola? Dilla un'altra volta perché comprenda di più

 

Commento

Ecco di nuovo la sana volontà di apprendere, di esaminare, poiché , come dirà Socrate nell' Apologia (38a) di Platone:"oJ de; ajnexevtasto" bivo" ouj biwto;" ajnqrwvpw/", la vita senza indagine non è degna di esssere vissuta per l'uomo.  

 

Tiresia

Non hai capito prima? Oppure mi provochi a parlare?

Edipo

Non tanto da dire che è cosa conosciuta. Avanti, ripetila.

Tiresia

Dico che sei tu l'assassino dell'uomo di cui cerchi l'assassino.

Edipo

Ma non provando qualche piacere dirai le ingiurie due volte.

Tiresia

Ti devo dire anche qualcos'altro allora perché ti adiri di più?-

Edipo

Quanto vuoi, tanto per me sarà detto invano.

Tiresia

Io dico che tu non ti accorgi di avere relazioni vergognosissime

con i tuoi consanguinei, e che non vedi dove sei nel male

Edipo

Credi davvero che dirai sempre queste parole godendo?

Tiresia

Sì, se c'è davvero una forza della verità

Edipo

Ma c'è, tranne che per te; tu questa non l'hai davvero, siccome

sei cieco di orecchi e di mente e di occhi.

Tiresia

Tu sei un disgraziato a rinfacciarmi questi mali che non uno

di questi non rinfaccerà tra poco a te".

Edipo

Tu sei nutrito da una  notte unica, tanto che né me

né un altro, chiunque veda la luce, potresti mai danneggiare 375

 

Commento

Il re rinfaccia al profeta di non avere  esperienza di vita. Sappiamo da Ovidio che il profeta di Tebe non è stato sempre cieco, ma perse la vista per un suo arbitrato sgradito a Giunone.

Giove e sua moglie, dopo una discussione, avevano deciso di domandare a Tiresia chi provasse maggior piacere tra l'uomo e la donna nell'atto sessuale.

Giove disse: “Maior vestra profeto est/quam quae contingit maribus voluptas”.

Giunone non è d’accordo: “illa negat; placuit quae sit sententia docti-quaerere Tiresiae: Venus huic erat utraque nota” 

 ""( Metamorfosi, III, 329- 323).

Tiresia “dicta Iovis firmat; gravius Saturnia iusto- fertur diluisse

Tiresia conferma le parole di Giove e Giunone se la prende più del giusto

Sicché la regina degli dèi tolse la vista a Tiresia.

Ma Giove “pro lumine adempto-scire futura dedit” . Lo ricompensò con la chiaroveggenza relativa al futuro

 Eliot in una nota a La Terra desolata (v.218) cita i vv.320-338 del libro del poeta latino e definisce l'intero passo"di grande interesse antropologico".

 

Tiresia continua

Infatti non è destino- moi`ra- che tu cada per mano mia, poiché

basta Apollo cui sta a cuore fare pagare questi misfatti 377

Commento

".376-moi'ra: è la parte(cfr.mevro") che ciascun uomo recita sul palcoscenico della vita. Deve corrispondere al suo carattere, al suo destino, se vuole recitare egregiamente.

 

Interessante la definizione, stoica, di fato che si trova nel  De Divinatione   di Cicerone:"Fieri igitur omnia fato ratio cogit fateri. Fatum autem  id appello, quod Graeci eiJmarmevnhn, id est  ordinem seriemque causarum, cum causae causa nexa rem ex se gignat "(I, 55), la ragione dunque ci fa riconoscere che tutto avviene per destino. Chiamo Destino l'eimarmène dei Greci, cioè l'ordine e la serie delle cause, poiché una causa  connessa a un'altra fa nascere un effetto da sé.

Un  ordine che dobbiamo vedere, capire e assecondare, se no ci distrugge

Bologna 31 maggio 2022 ore 18, 39

 

giovanni ghiselli

 

 

 

Il futuro verrà a sbugiardare i farabutti e i cretini.


 

“Infatti queste parole si avvereranno (h{xei ga;r aujtav)  anche se io le copro con il silenzio” (Edipo re, 341), dice Tiresia di spirito profetico dotato, a Edipo che lo ha insultato chiamandolo w\ kakw`n kavkiste (333)  “pessimo tra i malvagi” per la sua reticenza.

 

Nell’ Agamennone di Eschilo, Cassandra, pure lei dotata di spirito profetico, dice:  “Se non convinco, che importa? To; mevllon h{xei 1240, il futuro verrà”.

 

Scrivo questo pensando ai bugiardi che dicono menzogne parlando di questa orribile guerra e presentandola come un gioco dove vincerà il padrone che li paga.

Su alcuni fatti tacciono, su altri straparlano.

 

Intanto muoiono bambini, donne e uomini ogni giorno.

Ma secondo loro il massacro deve continuare fino alla sconfitta totale di quelli che non piacciono a chi li paga.

 

Bologna 31 maggio 2022.

giovanni ghiselli

p. s.

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lunedì 30 maggio 2022

Un errore politico può essere più deleterio di un crimine.


 

L’avanzata dei russi sbugiarda i giornalisti organici al potere, in primis quelli del “Corriere della sera”, i quali sostengono da tempo che l’Occidente, il loro meraviglioso occidente ha già vinto, quasi stravinto la guerra.

Steinmann che è piuttosto obiettivo dà invece notizia di scontri nelle città che impediscono ai cronisti di avvicinarsi e causano tanti morti e non solo tra i militari.

Non sarebbe dunque il momento di fermare le armi e costringere i contendenti a indire un referendum perché le popolazioni contese possano scegliere? Infatti se prosegue il piano dei Biden di fiaccare la Russia già vicina a soccombere, la guerra può andare avanti per anni coinvolgendo sempre più armi e persone votate al massacro.

Questo mattatoio riguarda le coscienze di molti e le vite di tutti.

Intanto però si continua a dire che bisogna seguitare.

E si seguita da una parte a combattere, uccidere, morire, dall’altra a fare propaganda perché tutto questo continui

La lamentosa monotona e soporifera Mannocchi è andata a Beirut per denunciare la deplorevole miseria dei Libanesi anche loro vessati dai Russi.

Il male dunque sparirebbe eliminando o almeno atterrando e umiliando la Russia.

Non so se questo sia vero, però so che  per annientare la Russia sarebbe necessario annientare nello stesso tempo l’Ucraina di sicuro, e forse perfino l’intera Europa. A furia di bombe di ogni tipo, di feriti, di morti.

Già Tucidide aveva capito che l’errore politico può essere il più deleterio dei crimini. Ebbene questo rifornimento di armi che  estende e prolunga una guerra di logoramento è un errore politico che porta con sé una lunga serie  di crimini e di sciagure.

Bologna 30 maggio  18, 51

giovanni ghiselli

p. s.

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Sofocle, Edipo re, primo stasimo. Seconda antistrofe. vv.498-511.


Sommario

Zeus e Apollo conoscono le vicende umane, ma non è detto che un profeta sia più sapiente del coro il quale per giudicare Edipo si attiene a quello che ha visto: egli ha fatto cessare il flagello della Sfinge che imperversava, quindi merita riconoscenza, non biasimo.

Traduzione

Ma certamente Zeus e Apollo

mettono insieme le vicende dei mortali

e le sanno; e che tra gli uomini un

profeta sia superiore a me

non è giudizio verace;

con la sapienza un uomo

potrebbe superare la sapienza.

però io mai

prima di avere vista diritta la parola

approverei

anche se altri lo biasimano.

Manifesta infatti contro di lui

venne la ragazza alata

una volta e sapiente fu visto

alla prova e gradevole per la città; perciò dalla mia

mente, mai meriterà l'accusa di infamia

 

Commento

 

489 xunetoi;: aggettivo verbale di xunivhmi.

Zeus e Apollo comprendono le vicende dei mortali in quanto le mettono insieme(suvn i{hmi), operazione che è poi quella dell'intelligenza (suvnesi"). Per capire è necessario avere una visione d’insieme.

Sofocle fa un uso etimologico della parola per arrestare il logoramento del linguaggio che corrisponde alla degradazione dello spirito religioso e alla degenerazione della morale.

 A questo proposito cfr. Tucidide, III, 82, dove lo storiografo, descrivendo le conseguenze della guerra civile a Corcira, riferisce che "l'usuale valore delle parole fu mutato. Chi tendeva insidie, se riusciva nel suo intento, era intelligente". L’ Intelligenza anche per lo storiografo laico e politico è altra cosa

500 plevon..fevretai:significa"è superiore". Negando la superiorità del vate ispirato da Apollo in confronto a se stesso (h] ejgw;) il coro rasenta l’ingiuria al profeta e alla stessa religione.

E’ una delle ragioni della peste.

Un collegamento tra empietà e sterilità troviamo nel Satyricon   di Petronio(44): quia nos religiosi non sumus. Agri iacent, poiché noi non siamo religiosi. I campi rimangono abbandonati

502-parameivyeien: evoca agoni  nobili. Infatti si tratta di una gara di sapienza sofiva che supera e distanzia to; sofovn.

Qual è la sofiva fondamentale per Sofocle? Certamente simile a quella di cui si occupa il Socrate di Platone e tutti noi umanisti: la ajnqrwpivnh sofiva (cfr. Apologia, 20d:"Poivan dh; sofivan tauvthn; h{per e[stin i[sw" ajnqrwpivnh sofiva) la quale ci assimila agli dei, se è vero che Zeus ed Apollo conoscono le cose degli uomini mortali, come il coro ha appena cantato (vv.498-499).

Socrate dice che la ajnqrwpivnh sofiva la sapienza relativa all’uomo è quella in cui si trova a essere saggio-

- 505 ojrqo;n e[po": la parola diritta che può raddrizzare la città non è quella del tiranno ma quella dell'oracolo interpretato da profeta.

Cfr. Antigone v.1178, dove il coro dice a Tiresia:"w\ mavnti, tou[po" wJ" a[r j ojrqo;n h[nusa"", o profeta, la tua parola come l'hai portata a compimento davvero diritta!

 Il popolo non deve dubitare dei vati poiché le loro parole ispirate si compiono comunque, e il sapere dei sofisti, privo di sapienza teologica, si risolve sempre nel fallimento e nel dolore.

Il discorso della verità è semplice e dritto, non contorto né confuso.

Nelle Fenicie[1] di Euripide, Polinice afferma la parentela della semplicità con la giustizia e con la verità:"aJplou'" oJ mu'qo" th'" ajlhqeiva" e[fu,-kouj poikivlwn[2] dei' ta[ndic' eJrmhneuavtwn" (vv. 469-470), il discorso della verità è semplice, e quanto è conforme a giustizia non ha bisogno di interpretazioni ricamate. Invece l' a[diko" lovgo" , il discorso ingiusto, siccome è malato dentro, ha bisogno di artifici scaltri:"nosw'n ejn auJtw'/ farmavkwn dei'tai sofw'n" (v. 472).

Seneca cita euripide traducendolo così: “ut ait ille tragicus ‘veritatis simplex oratio est’, ideoque illam implicari non oportet” (Ep. 49, 12), come dice quel famoso poeta tragico “il linguaggio della verità è semplice”, e perciò non deve essere complicata.

 

507 fanera;:predicativo. Il coro dichiara il motivo(ga;r) per cui i coreuti non se la sentono di rinnegare Edipo: l'evidenza per ora  è favorevole a lui, mentre le morti sono oscure(v.497).

-508pterovess(a)..kovra: la ragazza alata è la Sfinge. Euripide, nelle Fenicie, oltre che alata, la chiama parto della terra, dell'infernale Echidna (vv.1019-1020). Era un mostro deleterio: annientava gli uomini aprendo le ali (vv.1041-1042). Può rappresentare la vittoria di una muliebrità rapace e sanguinaria; il predominio degli istinti distruttivi e del caos. Ebbene, Edipo la sconfigge e diviene kallinivko" (Fenicie, v.1048), ma poi egli stesso si unisce e si sottomette alla madre la quale bestemmia gli oracoli apollinei (Edipo re, vv.952-953). Così il figlio di Laio si assimila a quel quadro di orrore e confusione che prima aveva confutato, e il suo essere sofov~ si rivela apparente, visibile solo con la vista limitata, se non pure ingannevole degli occhi (cfr. 509 sofo;" w[fqh con l’aoristo passivo di oJravw, vedo): infatti la sua non era la conoscenza sapienziale e umana che sola consente di conseguire vittorie definitive. Nell’Edipo a Colono, da cieco vedrà meglio ascoltando le parole con gli orecchi-.: fwnh'/ ga;r oJrw' (v. 138), alla voce difatti vedo. Ascoltare è il primo segno della carità.

 

-510 aJduvpoli": è hapax . Questa piacevolezza è superficiale: è quella della sofistica, del materialismo e del consumismo, teoria e pratica che si accompagnano a delitti e sciagure. Il sangue che gira vorticosamente sui Tebani (cfr.v.24) non consente loro di sollevare le teste (v.23) verso le realtà celesti, di correggere i giri dei loro cervelli osservando quelli degli astri.

Nel Timeo di Platone leggiamo che  Dio ci ha donato la vista affinché, contemplando nel cielo i giri dell’Intelligenza suprema, ce ne giovassimo per i circuiti della nostra mente che sono affini a quelli, sebbene i nostri siano disordinati e quelli celesti ordinati. Osservando i movimenti del cielo dunque possiamo correggere l’irregolarità dei nostri (47b-c)

Bologna 30 maggio 2022 ore 16, 50

giovanni ghiselli

p. s.

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[1] Composte intorno al 410 a. C.

[2] Si ricordi quanto si è detto a proposito della poikiliva (21. 3).

Sofocle, Edipo re, primo stasimo, seconda strofe.vv.483-497.


Sommario

Il coro è turbato e vaga nell'incertezza: non sa da quale parte schierarsi dopo quanto ha sentito: se con il profeta o con il re, se con la fama popolare che fa di Edipo un eroe, o con la parola di Tiresia che ha lanciato l'anatema contro il tuvranno~ che comunque ha risolto l'enigma della Sfinge.

 

Traduzione

Terribilmente invero, terribilmente mi

turba l'auspice saggio

e non posso credergli né contraddirlo;

che cosa devo dire non so.

Sono sospeso tra le attese e non

vedo qui né più avanti.

Quale contesa infatti

c'era o per i Labdacidi o per il figlio di Polibo

né prima mai

io almeno, né adesso ancora

venni a saperlo, per cui

di una prova <facendo uso>

io possa muovere contro la fama

popolare di Edipo, per i Labdacidi

vendicatore di oscure morti

 

-483 deina;: neutro plurale con funzione avverbiale.

-484 oijwnoqevta": hapax , analogico di termini come nomoqevth". E' l'auspex , colui che trae auspici dal volo degli uccelli.

 

Excursus su sui segni dati dal  volo degli uccelli

Questi sono i segni celesti e pure i desideri alti, alati, insomma gli ideali delle persone: cfr. Iliade XII, 243, dove Ettore dice"ei|" oijwno;" a[risto", ajmuvnesqai peri; pavtrh", uno è l'auspicio ottimo:difendere la patria.

Ettore dunque non crede nei segni dati dal volo degli uccelli. L’imperatore Giuliano Augusto (361-363)  era un attento osservatore di tale segno. Ammiano Marcellino commenta questa attenzione scrivendo che gli auspìci si traggono dagli uccelli non perché gli alati  conoscano il futuro sed volatus avium dirĭgit deus (21, 1, 9).

 

Ennio negli Annales  racconta che Romolo e Remo scrutavano il cielo e attendevano segni dagli uccelli per sapere "uter esset induperator " (v. 78 Skutsch), chi dei due sarebbe stato il capo. Romolo, come si sa, ebbe l'auspicio favorevole:"et simul ex alto longe pulcerruma praepes/laeva volavit avis: simul aureus exoritur sol./Cedunt de caelo ter quattuor corpora sancta/avium, praepetibus sese pulcrisque locis dant./ Conspicit inde sibi data Romulus esse priora, auspicio regni stabilita scamna solumque ", vv. 86-91, e subito dall'alto un uccello, di gran lunga il più bello, di buon augurio, si mostrò in volo sulla sinistra: subito sorge il sole d'oro. Scendono dal cielo tre volte quattro corpi santi di uccelli, e si dirigono a luoghi fausti e belli. Quindi Romolo vede che l'auspicio ha dato a lui la supremazia, assegnandogli il  trono e il dominio del regno. 

 

Tito Livio racconta che Remo ebbe il segno per primo ma vide solo sex vultures sei avvoltoi, mentre poco dopo a Romolo apparve duplex numerus (Storie, I, 7, 1) 12 come negli Annales di Ennio. Abbiamo già detto che la storia nasce dalla poesia

 

Tacito nota che pure tra i Germani è noto il famoso uso di interrogare le voci e i voli degli uccelli (Germania, "Et illud quidem etiam hic notum, avium voces volatusque interrogare ", 10, 2).

 

Un uccello di cattivo augurio è la civetta in Nietzsche:"Un tempo agognavo auspici di felicità: e voi mi faceste attraversare la strada da una civetta mostruosa e ributtante"[1].

 

Fine excursus

 

 

-486ajporw': c'è discrepanza tra il coro che vede situazioni confuse, non sa cosa credere né cosa dire, e il mavnti" che scorge i suggerimenti della volontà divina  .

 

 

-487 ejlpivsinvox media. Per questo valore cfr. v.1432.-

488 oJpivsw:più avanti va inteso in senso temporale cioè nel futuro, mentre ejnqavd j (e) è il presente. Il coro non è lungimirante come Tiresia ed è rimasto sconvolto dalle sue rivelazioni.

 

 

-489- 490 h] Labdakivdai" h] tw'/ Poluvbou (uiJw'/): i vecchi Tebani si esprimono in maniera vaga e generica; non si domandano se ci fu un conflitto tra Edipo e Laio bensì " o per i Labdacidi o per il figlio di Polibo". Eppure con questo parlare malsicuro si avvicinano alla verità più che se dicessero "tra Laio e il figlio di Polibo", figlio che non esiste. Infatti la struttura disgiuntiva può fare intendere il conflitto tra i Labdacidi come avvenuto al loro interno, ossia alludere a quello scontro effettuale che ha portato alla morte del re vecchio. Il coro insomma viene a dire più di quanto sa, poiché il dio, anche attraverso la mediazione di Tiresia, sta facendo stillare gocce di verità nelle menti dei coreuti.

-494 basavnw/: dopo questa parola c'è una lacuna corrispondente a un coriambo(- + + -) richiesto dalla responsione nell'antistrofe: crhsavmeno"( participio aoristo di cravomai) è integrazione del Brunck; la congettura del Pearson è pei'ran e[cwn.

495ejpi; ta;n ejpivdamon: "contro quello che il popolo dice". Il coro non se la sente; eppure molte opinioni volgari, soprattutto quelle di un volgo dominato dai tiranni, dovrebbero essere confutate dai profeti e dai poeti i quali usano le parole come lame per recidere i luoghi comuni e rigenerare culture e costumi degenerati.

Musil nel romanzo L'uomo senza qualità  (p.355)ricorda che"per di più una poesia col suo mistero trafigge da parte a parte il senso del mondo, attaccato a migliaia di parole triviali, e ne fa un pallone che se ne vola via. Se questo, com’è costume, si chiama bellezza, allora la bellezza dovrebbe essre uno sconvolgimento mille volte più crudele e spietato di qualunque rivoluzione politica! (Parte seconda, Le stesse cose ritornano)

 

giovanni ghiselli

p. s.

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[1]Così parlò Zaratustra , II, Il canto dei seplcri

Sofocle Edipo re, primo stasimo, antistrofe prima. vv.473-482.


 

Il Parnaso, sulla cui pendice occidentale sorge Delfi, ha inviato la parola profetica di scovare l'uomo oscuro il quale, imbestiatosi in toro tra rupi antri e selve, cerca di tenere lontani i vaticini che provengono dall'ombelico del mondo e lo seguono dappertutto incalzandolo come assilli implacabili.

Traduzione

Ha brillato infatti apparsa or

ora dal nevoso

Parnaso, la parola di

rintracciare dappertutto l'uomo oscuro.

Infatti va e viene sotto foresta

selvaggia e su per le grotte, proprio

il toro delle rupi

inutile con inutile piede bandito in solitudine,

cercando di allontanare i vaticini

dell'ombelico della terra; ma questi sempre

vivi gli volano addosso

 

-473 e 475 e[lamye..favma: ha brillato la parola=sinestesia. 

473- 474- 475 e[lamye (…) fanei'sa (…) a[dhlon: si vede un forte contrasto di luce e ombra. C'è come un riflettore che emana un fascio luminoso dalla cima del Parnaso e spazza la neve a colpi di ventaglio: una sventagliata in cerca dell'uomo oscuro che fugge da una grotta all'altra attraverso la selva, poi nulla, poi ancora una raffica di luce finché il mostro viene snidato.

 Un contrasto del genere si trova nell'Aiace dove però la neve è associata al buio: "gli inverni dai nevosi sentieri cedono all'estate dai bei frutti, e il giro oscuro della notte lascia il passo al giorno dai candidi puledri, sicché ne splende la luce"(vv.670-673).

Anche nell'Edipo re  l’oscurità cede  alla luce: infatti la neve la riflette e la potenzia mentre conserva le tracce del fuggiasco e favorisce il buon esito della caccia. Il braccato non ha scampo. Del resto sulle orme della preda c'è lui stesso, e sarà il primo a colpirla, l'unico, punendosi da solo: tanto che potrà dire con fierezza:"nessuno mi colpì di sua mano, ma io stesso (vv.1331-1332).

Nell'Oreste  di Euripide la creatura braccata è la ragazza figlia di Elena e Menelao, Ermione che i figli di Agamennone vogliono sacrificare come selvaggina quando da vittime lamentose si trasformano in carnefici spietati:"oujci; sullhvyesq  j a[gran ;"(v. 1346),  non afferrerete la preda?

 475 favma : è una parola rivelatrice che irraggia dall’alto, come quella del Deuteronomio: “al Sinai ‘il Signore vi parlò dal fuoco: voci di parole voi ascoltavate, nessuna figura vedevate, solo una voce” (Deuteronomio, 4, 12). Per questo la torah è cantata dal Salmista con immagini solari e luminose: “i comandamenti del Signore sono radiosi, danno luce agli occhi…Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino”[1].

475- tou' nifovento"...Parnassou': genitivo di provenienza. Il Parnaso è la seconda montagna della Grecia per altezza: arriva sui 2700 metri; Delfi si trova sulle sue pendici occidentali, a circa 700 metri. L’ho scalato più volte in bicicletta dopo essere stato a Delfi a pregare.

Una montagna molto frequentata anche dai poeti.

Cfr. Ovidio che menziona la montagna dalle due vette nella storia di Deucalione e Pirra che si rifugiarono lassù durante il diluvio cum cetera texerat aequor (Metamorfosi, I, 318) , quando le acque copirono il resto

  . Nons ibi verticibus petit arduus astra duobus

nomine  Parnasus, superantque cacuminal nubes” ( Metamorfosi, 316-317)

Cfr. Seneca Oedipus: "gemina Parnassi nivalis arx ", la doppia rocca del Parnaso nevoso,v.227.

Infine Lucano: “cardine Parnasos gemino petit aethera colle, /mens Phoebo Bromioque sacer”  (Pharsalia, V, 72-73).

A proposito delle due cime, cfr. Dante: “infino a qui l’un giogo di parnaso-assi mi fu; ma or con amendue- m’è uopo intrar nell’aringo rimaso”  (Paradiso, I, 16-18)

477 e 478 uJp j (ov) -ajnav: sono in contrasto per indicare i vari e vani tentativi del toro.

 

Excursus sul toro

478 b-oJ tau'ro": il toro è l'animale del sacrificio già nell'Iliade  (cfr. p. e. II, 402:"aujta;r oJ bou'n ijevreusen a[nax ajndrw'n jAgamevmnwn, e un toro sacrificò il signore di eroi Agamennone), poi, in Eschilo, assume un valore simbolico dovendo rappresentare il re in procinto di essere assassinato (Agamennone, vv.1125-1126:"a[pece th'" boo;"--to;n tau'ron", tieni il toro lontano dalla vacca), ma era anche un'incarnazione di Dioniso quando veniva ucciso e mangiato crudo nel rituale di Dioniso Zagreus.

 Nel secondo vanto dell'Iliade (vv.480-483), l'assimilazione di Agamennone al toro e dei suoi compagni alle vacche, costituisce un segno di supremazia per l'Atride.

 Nell'Antigone è, naturalisticamente, l'instancabile animale montano che l'uomo sottomette (ou[reiovn t j ajkmh'ta tau'ron, v.351).

 Nelle Argonautiche di Apollonio Rodio il toro è ancora una volta la vittima per eccellenza: Giasone colpisce Apsirto, fratello di Medea, come fa quello che abbatte buoi con il toro dalle forti corna:"boutuvpo" wJv" te mevgan kerealkeva tau'ron/ plh'xen"(IV, 468-469).  

 La maxima taurus/ victima delle Georgiche di Virgilio (II, 146-147) assume un aspetto ibrido e mostruoso nell'Eneide (VI,26) in composizione con l'uomo:"Minotaurus inest, Veneris monumenta nefandae ", il Minotauro c'è, ricordo di una Venere infame, una mostruosità che  Ovidio rende decorativa con il suo altisonante:" semibovemque virum semivirumque bovem " (Ars amatoria, II, 24).

 Questo animale dunque raccoglie e contiene diversi significati. Altri animali, forse tutti, possono incarnare la vittima. Vicino a Bologna c'è un monte di settecento metri, chiamato "il monte delle formiche", consigliabile come meta di escursioni, soprattutto ciclistiche. Ebbene, sulla cima c'è un santuario della madonna, e sull'altare, sotto l'immagine della dea deipara è incisa un'iscrizione:

"certatim volitant formicae ad Virginis aram,

at simulac volitant, victima quaeque cadit ".

S. Mazzarino in Il pensiero storico classico  (I vol, p. 146) nota che siffatto simbolismo è "caratteristico di un mondo primitivo in cui il gusto della rappresentazione animale è elemento primario dell'arte, quasi a sostituirne il tessuto logico...D'altra parte..è un aspetto di quella tendenza al pensiero allegorico e figurato che nell'età imperiale romana, soprattutto dall'epoca dei Severi in poi, s'andò affermando sempre più".

Infine mi sembra utile ricordare la ripresa di T. S. Eliot che in Gerontion  del 1920 ricorre a questa simbologia arcaica già utilizzata dai cristiani:"In the juvescence of the jear/came Christ the tiger ", nella giovinezza dell'anno venne Cristo la tigre(vv.19-20)

Fine excursus

 

479 melevw/ podi;: allude al piede gonfio di Edipo identificato con la vittima espiatoria (cfr. i versi 877-879 del secondo stasimo: "precipita nella necessità scoscesa dove non si avvale di valido piede, e[nq j ouj podi; crhsivmw/ crh'tai", riferito al tiranno).

-mevleo" melevw/= il poliptoto raddoppia l’infelicità..

-chreuvwn: cfr. chvra=vedova e ch'ro"=abbandonato.

 La solitudine e la pietrificazione(petrai'o") ricordano il mito di Niobe che, sulla vetta del Sipilo, come edera molto tesa, un germogliare di pietra domò, "Sipuvlw/ pro;" a[krw,/ ta;n kisso;" wJ" ajtenh;" petraivva blavsta davmasen", Antigone, vv.825-827.

E' questa un'altra storia di superbia, utilizzata  nel Purgatorio (XII,37-39:" O Niobè con che occhi dolenti/vedea io te segnata in su la strada,/tra sette e sette tuoi figlioli spenti!") da Dante che l'ha  tratta dalla mediazione di Ovidio(Metamorfosi, VI,146 e sgg.)

480 ta; mesovmfala:per quanto riguarda Delfi ombelico della terra, cfr.Eschilo I sette a Tebe, v.747; Eumenidi, v.166.

-ajponosfivzwn: Edipo cerca di tenere lontano con tutti i mezzi(ajpov--novsfi=lontano da) i vaticini(mantei'a): questi non sono soltanto le parole del dio e dei suoi profeti, ma anche i rimorsi dell'uomo.

482 -zw'nta peripota'tai: sono presenti, vivi e vitali come creature alate.: pullulano tanto dall'ombelico della terra offesa, quanto dall'intimo della persona che ha agito male, e la assillano come tafani.

giovanni ghiselli

Bologna 30 maggio 2022 ore 10, 04

 

p. s.

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[1] G. Ravasi in NOMOS BASILEUS, p. 68.

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