lunedì 9 maggio 2022

Sofocle, "Edipo re". 25. parodo , seconda antistrofe vv.179-189

Adolfo De Carolis, Edipo re
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Sommario

La città è ingombra di cadaveri e di moribondi rimasti privi di ogni pietà. Tra i vivi, le donne conservano più forte il sentimento religioso e gemono supplici, aggrappate agli altari, mentre il peana e il flauto concorde mandano soffi di lampi chiedendo ad Atena di inviare  contro tanta desolazione un rimedio dal bel volto .
Traduzione
"E la città muore senza tenere più conto di questi
e progenie prive di pietà giacciono a terra
 portatrici di morte senza compassione;
e intanto le spose e anche le madri canute
di qua e di là, presso la sponda dell'altare
gemono supplici
per le pene luttuose
e il peana manda luce
e la voce lamentosa del flauto concorde,
per cui, o aurea figlia di Zeus,
manda un aiuto dal bel volto"

179-ajnavriqmo": con valore attivo. Il non potere più tenere il conto è collegato a terrori di sventure senza uscita, a situazioni di pazzia. Quando la vita è troppo addolorata e travagliata, non c'è più niente che conti, e non si conta più nulla. La città  respinge ogni conforto dal coro siccome è così senza misura nei lamenti da pensare che mai cesserà di soffrire, come l'  l'Elettra sofoclea quando dice:" oujdev pot jejk kamavtwn ajpopauvsomai/ajnavriqmo" w|de qrhvnwn (vv. 231-232) , né io cesserò mai dai travagli, così come ho perso il conto dei lamenti dei lamenti.
180-nhleva: i caduti sono senza pietà; è possibile anche il valore attivo, come di solito in Omero. Tucidide (II,51) afferma che il lato più terribile della malattia era lo scoraggiamento dei contagiati i quali si lasciavano andare alla disperazione; quindi  i cadaveri giacevano gli uni sugli altri, mentre gli uomini sopraffatti dalla violenza della disgrazia si volgevano all'incuria del sacro e dell'umano nello stesso modo:"uJperbiazomevnou ga;r tou' kakou' oiJ a[nqrwpoi (...)ej" ojligwrivan ejtravponto kai; iJerw'n kai; oJsivwn oJmoivw"" (II, 52, 3).
La spietatezza di tutti dunque è conseguenza della dismisura del male.-
pro;" pevdw/: la caduta cui segue il giacere ( 181 kei'tai)  è irreversibile e irrimediabile.
Così nell'Agamennone di Eschilo dove il coro esclude il risollevarsi dell’assassinato:"Il nero sangue di una creatura colpita a morte, una volta caduto a terra, chi potrebbe farlo tornare indietro cantando?" (vvvv.1017-1021); e nelle Coefore (vv.48):"tiv gavr luvtron pesovnto" ai[mato" pevdw/; quale espiazione del sangue caduto al suolo?
La vita umana stroncata non è riscattabile con espiazioni e preghiere: le libagioni inviate da Clitennestra non funzionano.
Cfr. A. Manzoni, Osservazioni sulla morale cattolica (cap.VII):"il sangue d'un uomo solo, sparso per mano del suo fratello, è troppo per tutti i secoli e per tutta la terra".
-181qanatofovra: i cadaveri sono "portatori di morte" non tanto perché contagino, quanto perché il loro assassinio si ritorce contro chi l'ha compiuto.
-ajnoivktw": la mancanza di compassione significa che i morti portano altri morti siccome il sangue si placa con il sangue nell'etica tribale di cui Sofocle mantiene vivo il ricordo.
A. Hauser, nella Storia sociale dell'arte ai più moderni e democratici Euripide ed Eschilo, contrappone Sofocle, facendone un reazionario e sostenendo che "fin dal principio, sacrifica l'idea dello stato popolare democratico agli ideali dell'etica nobiliare; e nella lotta fra il diritto familiare privato e il potere assoluto ed egualitario dello stato, parteggia risolutamente per l'idea tribale" ( p.122).
  
182-ejn ed e[pi=avverbi.
a[locoi(è la compagna di letto, levco" )matevre": le donne restano sole, a pregare, mentre i mariti e i figli partono per la guerra, come verso una festa, immaginando di trovare la gloria dell'eroismo, esaltanti avventure amorose, e grandi ricchezze; poi, invece degli uomini, tornano  a casa urne e ceneri.
Cfr. Il primo stasimo dell’Agamennone di Eschilo:"ajnti; de; fwtw'n- teuvch kai; spodo;" eij" eJkavstou- dovmou" ajfiknei'tai (434-436) . Eschilo e Sofocle scrivono contro la guerra dove molti giovani muoiono, e pochi speculatori si arricchiscono; del resto nel medesimo stasimo il coro di 12 vecchi argivi aveva premesso:  non ha difesa di ricchezza  l'uomo che per sazietà ha preso a calci il grande altare della Giustizia cercando di farlo sparire:"ouj gavr e[stin e[palxi"- plouvtou pro;" kovron ajndri;- laktivsanti mevgan Divka"- bwmo;n eij" ajfavneian",Agamennone, vv.381-384.
183-ajkta;n (attico ajkthvn):  ajktav nell'Edipo a Colono (1240) è una scogliera marina boreale bovreio" che viene paragonata al cieco contro il quale battono i flutti della sventura; qui è lo zoccolo dell'altare (bwvmion è aggettivo di bwmov") ma è anche una sponda cui aggrapparsi per non annegare nel fiume dell'empietà.
Cfr. Eumenidi, vv.539-541: bwmo;n ai[desai Divka":- mhdev nin kevrdo" ijdw;n ajqevw/ podi;- lavx ajtivsh/": poina; ga;r ejpevstai  rispetta l'altare della Giustizia e non disprezzarlo con piede sacrilego guardando al lucro: ché ci sarà da pagare un prezzo  
Gli ingiusti, i violenti, prendono a calci quell'ara e colpiscono le donne che vi si sono attaccate dopo avere visto morire figli e mariti. Le femmine umane, più tenaci dei maschi nel conservare i valori religiosi, sanno che all'uJvbri" e all'ateismo va dietro il castigo-
184-185lugrw'n povnwn=genitivo di causa retto da ejpistenavcousin.
vv.186-189. paia;n...ajlkavn:" e il peana lampeggia/ e la voce lamentosa del flauto concorde,/per cui, o aurea figlia di Zeus,/ manda un aiuto dal bel volto"
186-paia;n: è il canto rituale per   Apollo risanatore; con lavmpei fa sinestesia. La luce del dio fruga cercando il colpevole finché lo scova, dovunque si tenga nascosto.
Nel primo stasimo dell'Agamennone (vv.388-394.) leggiamo:"Non rimane celata la colpa, ma diviene evidente, abbagliata da luce terribile. Il colpevole è come moneta falsa che,sfregata, appare quale pezzo di ferro nero; è come un fanciullo che insegue un uccello che vola".
187 o[maulo": predicativo; è parola formata da aujlov"=flauto e oJm di o{moio".-
188 w|n u{per: anastrofe con baritonesi.
-quvgater Diov~=Atena.
189 -eujw'pa=dal bel volto: nella cultura greca arcaica e classica la giustizia, la bellezza e la forza vanno unite, e il buono è quasi sempre anche bello, particolarmente nel volto mite e forte.
Si pensi alla crasi kalokajgaqiva.
Quello dei Greci era : “un popolo che, eziandio nella lingua, faceva pochissima differenza dal buono al bello” (Leopardi, Detti memorabili di Filippo Ottonieri  ).
Virgilio nella seconda  Georgica  associa il rigoglio delle viti al caput honestum  (392)di Bacco raggigurato in statuette di cera.
Euripide, che ama stravolgere i canoni, invece approva un uomo di aspetto non bello, però animoso:"morfh'/ me;n oujk eujwpov", ajndrei'o" dj ajnhvr"(Oreste , v. 918).
Una transvalutazione del resto compiuta molto tempo prima da Archiloco(fr. 60 D.):"ouj filevw mevgan strathgovn...ajllav moi smikrov" ti" ei[h...kardivh" plevw", non amo lo stratego grande...ma per me sia pur piccolo...pieno di cuore.
La kalokajgaqiva d'altra parte valica i confini della letteratura greca: uno dei maggiori poeti ungheresi del Novecento, Jòzsef Attila, nella poesia "Gli uomini dell'avvenire " scrive:"Essi saranno la mitezza e la forza: strapperanno la maschera di ferro del sapere, perché sul volto si veda l'anima".

Bologna 9 maggio 2022 ore 10, 19
giovanni ghiselli

p. s
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