lunedì 16 maggio 2022

Sofocle, "Edipo re". 35. vv. 300-315

Adolfo De Carolis, Edipo re

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Edipo chiede aiuto a Tiresia pregandolo  con diversi epiteti di significato ambiguo. Quindi lo informa sul responso dell'oracolo, come se il dio glielo avesse comunicato direttamente. Infine gli rivolge un'invocazione: salvi la situazione poiché tutti si aspettano questo da lui.
 
Traduzione
O Tiresia che tratti tutte le cose, le insegnabili 300
e le indicibili, le celesti e quelle che si calpestano in terra,
la città, anche se non ci vedi, tuttavia capisci
con quale malattia convive; e di questa, quale difensore
 e salvatore, signore, te solo possiamo trovare dopo tutto.
Febo infatti, anche se non lo senti dai messaggeri,305
a noi che avevamo mandato, mandò la risposta che la soluzione
unica di questa malattia potrebbe venire
se gli assassini di Laio, dopo averli identificati bene,
li ammazzassimo, oppure li mandassimo in esilio fuori da questa terra./
Tu dunque, senza negarci né la parola fatidica che viene dagli uccelli,/310
né, se ce l'hai, alcun'altra via della mantica
salva te stesso e la città, salva me,
e allontana tutta la contaminazione del morto
In te infatti siamo; che un uomo faccia del bene con i mezzi
che ha e come può, è la più bella delle fatiche315
 
 300nwmw'n: Edipo rivolge a Tiresia l'accusa velata di essere un maneggione; nwmavw significa appunto impugnare, controllare, distribuire (cfr.nevmw). C'è un anapesto in quarta sede.
301 a[rrhta ktl.:il "tutto" maneggiato dal profeta comprende, oltre le cose celesti di sua competenza, anche cose indicibili(tacenda ) che possono essere sacre e pure infami; in quest'ultimo senso infatti ritorna l'aggettivo verbale nel primo Stasimo, al v.465:" a[rrht j a[rrhvtwn", infamie su infamie.
La parrhsiva che è la cellula della democrazia del resto è  l’assoluta libertà di parola
Inoltre il vate è apostrofato come colui che tiene l'attenzione rivolta pure a cose basse (cqonostibh' è hapax  costruito su cqwvn e steivbw), quelle che camminano in terra. Tribraco in terza sede. 
 
302 povlin: è oggetto anticipato di fronei'" e soggetto logico di suvnestin.
-mh; blevpei": Edipo comincia a rinfacciare la cecità al sacerdote; da queste prime critiche, entro poche decine di versi, si sprigionerà una tempesta di improperi, tuoni e fulmini verbali che l'ira del tiranno scaglierà sulla testa del profeta: "sei cieco di orecchi, di mente e di occhi", gli dirà (v.371), "tu sei nutrito da una sola notte"(v.374);"sei un astrologo, tessitore di frodi, imbroglione, accattone", e così via(vv.387-388).
 G. Cerri in Lo Spazio Letterario Della Grecia Antica  (p. 322) nota che "subito scatta in Edipo il meccanismo della difesa ad oltranza del potere ( ...) La diffidenza in tutto e in tutti è il naturale portato della sua solitudine al vertice dello stato. Ai suoi occhi si profila lo spettro dell'intrigo di corte". 
 
-303 suvnestin.- Sunei'nai significa spesso una convivenza disgraziata con il male: così nell’ Elettra di Sofocle vv.275-276, dove la sciagurata Clitennestra convive con il contaminatore omicida (tw'/ miavstori xuvnesti); e nell’ Aiace (vv.337-338) dove il protagonista si addolora in preda ai mali passati che convivono con lui (toi'" pavlai noshvmasi xunou'si).
-h|": se per la logica dell'insieme del discorso di Edipo, ancora formalmente rispettoso verso Tiresia, il pronome relativo si riferisce a povli", per la posizione quasi contigua e per i doppi sensi precedenti, va attribuito a novso": tra le righe il re insinua che Tiresia sia difensore e salvatore piuttosto della malattia che della città. Tra pochi versi del resto il significato accusatorio qui latente diverrà palese nell'invettiva del despota.
-304mou'non: ionico per movnon.
-ejxeurivskomen: con l' ejx esaustivo significa "troviamo dopo avere provato tutte le vie"; Tiresia dunque è l'extrema ratio : deve fornire una soluzione, altrimenti potrebbe essere indicato come il colpevole. 
 
-305 mh; kluvei": diversi commentatori dicono che questo verbo corrisponde a un passato, sul tipo di ajkhvkoa"; ma il presente di persistenza significa che Edipo sta procedendo sulla strada delle accuse latenti a Tiresia: anche se non senti, oltre a non vedere
(cfr. v.302). Al v.371 Il tiranno rinfaccia al profeta perfino la cecità mentale.
-306pevmyasin=dativo del participio dell'aoristo di pevmpw.-ajntevpemyen: Edipo vuole significare che tra lui e il dio c'è un'intesa diretta, una corrispondenza che pptrebbe escludere l'indovino di professione. 
 
307 -a]n ejlqei'n=apodosi della possibilità in dipendenza infinitiva da ajntevpemyen.-
 
308eu\=significa la serietà dell'indagine.-gh'": genitivo di allontanamento.
309-kteivnamen..ejkpemyaivmeqa=protasi doppia  della possibilità.
Per minacciare la cacciata in esilio, invece del verbo specifico ejlauvnein (cfr. Euripide, Medea, v.706:"Krevwn m j ejlauvnei fugavda gh'" Korinqiva", Creonte mi caccia esule dalla terra corinzia) Edipo usa ejkpevmpomai che significa prima di tutto"accompagno fuori": cfr.Odissea, XX,361, dove Eurimaco, uno dei capi dei proci, ordina di accompagnare fuori dal mevgaron Teoclimeno che ha profetizzato la loro rovina.
Qui la minaccia  si va indirizzando a poco a poco, quasi impercettibilmente, su Tiresia che, siccome cieco, ha bisogno di essere accompagnato per spostarsi(cfr.v.444).
Del resto è intervenuta anche l’ipotesi della pena capitale.
Dattilo in terza sede. 
 
310fqonhvsa": l'anticipazione del verbo rispetto alla costruzione più usuale mh; fqonhvsa" ei[te..ei[te,  non è casuale ma serve a mettere in dubbio la capacità e la volontà del vate di salvare la povli". Fqonevw (qui al participio aoristo) corrisponde al latino invideo  e significa sia invidiare, sia rifiutare per invidia.
-311 a[llhn ktl. : altra via della mantica può essere la prova delle fiamme sugli altari ardenti che è negativa quando il fuoco non brilla:cfr.Antigone, 1007:  {Hfaisto" oujk e[lampen. 
 
-312-313 rJu'sai: nella concitata anafora di questo verbo (imperativo aoristo di rJuvomai) c'è l'esulcerazione dell'anima di Edipo. Salva te stesso, significa -salvati dalla mia ira imminente-; salva la città, sottintende-se ne sei capace-; salva me, -aiutami a recuperare il carisma che sto perdendo, altrimenti me la prendo con te-; ripetuto per la terza volta il verbo  assume un altro significato suscitando dei dubbi in noi che leggiamo e negli spettatori che ascoltano seduti a teatro, credo.
  Una richiesta di aiuto non meno drammatica, e con lo stesso verbo coniugato identicamente si trova già nell' invocazione di Aiace dell'Iliade (XVII, 645-647):"Zeu' pavter, ajlla; su; rJu'sai
uJp jhjevro" ui|a" jAcaiw'n", Zeus padre, libera tu dalla nebbia i figli degli Achei.
Del resto quello che è stabilito, afferma Solone nell'Elegia alle Muse (fr. 1 D) né un auspicio né sacrifici potrà allontanarlo:" ta; de; movrsima pavntw"-ou[te ti" oijwno;" rJuvsetai ou[q  j iJerav"(vv. 55-56) 
 
-314ejn soi; ga;r ejsmevn: non significa solo"in te è la nostra salvezza" come nell'appello disperato di Tecmessa che prega Aiace :" ejn soi; pa's j e[gwge sw/vzomai (v.519), ma anche "noi vediamo nelle tue intenzioni e non puoi eludere la nostra richiesta".
L'accusa diviene esplicita al v.387.
-a[ndra: soggetto dell'infinito.-ajf j =ajpov -w|n=neutro.
315-kavllisto": la massima di chiusura non contiene doppi sensi né ambiguità: definisce l'identità che Edipo va cercando in se stesso. Aiutare il prossimo è faticoso e rischioso, ma solo così vale la pena di vivere. Questa è già una luce di comprensione. Il figlio di Laio del resto è ancora lontano dal capire che non si può essere benefici e grandi mettendosi in concorrenza con gli dei e in urto con i sacerdoti: fare del bene agli uomini significa assimilarsi a dio: il benefattore diventa nobile e magnanimo quando dà senza riguardo al proprio tornaconto; allora c'è oJmoivwsi" qew/', assimilazione a dio.
Cfr. Platone, teetetro
Il male non può perire: è necessario che ci sia sempre qualcosa contraria al bene su questa terra, non certo tra gli dèi. Perciò si deve cercare di  fuggire da qui al più presto. La fuga è assomigliarsi a dio il più possibile fugh; de; oJmoivwsi" qew'/ kata; to; dunatovn, e tale oJmoivwsi" è diventar giusto e santo con intelligenza (176b).
Seneca scrive: inter bonos viros ac deos amicitia est, conciliante virtute: amicitiam dico? Immo etiam necessitudo et similitudo (De providentia, I, 5), non solo amicizia ma stretto legame e similitudine.
E prosegue: “quoniam quidem bonus tempore tantum a deo differt, l’uomo buono differisce da Dio solo per la durata

Bologna 16 maggio 2022-
giovanni ghiselli

p. s
questa mattina, appena sveglio, ho pensato: gli anni sono tanti ma gli amori, le amicizie, i benefici donati e ricevuti sono ancora più numerosi. Non scordarli mai, anzi rimani sempre accordato e armonizzato con loro.
Un consiglio di kalokagathotropìa che do a tutti. Rimanere sempre rivolti al bello e al bene.
 
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