Sofocle, Edipo re, Primo Stasimo. Versi 463-511.
Prima Strofe (vv.463-472.)
Sommario
Il coro si domanda chi sia l'assassino che ha sporcato le sue mani di sangue e ha contaminato tutta la terra. Deve correre via, più vigorosamente di cavalli veloci come le tempeste, poiché Apollo olimpio armato di fulmini e le Chere ctonie che non sbagliano un colpo si avventano contro di lui.
Traduzione
Chi è quello di cui la profetica
rupe di Delfi disse
ha compiuto nefandezze su nefandezze
con mani sporche di strage?
E' tempo che costui più vigorosamente
di impetuosi cavalli
muova il piede in fuga.
Armato infatti di fuoco e di fulmini
contro di lui si avventa il figlio di Zeus
e terribili lo accompagnano
le Chere che non sbagliano un colpo
463 qespijevpeia. (qevspi~ ispirato dalla divinità + e[po~, parola) La rupe di Delfi è profetica siccome diffonde la parola degli dei: quella di Zeus (v.151a), quella di Apollo che è il suo primo profeta (cfr. Eschilo, Eumenidi, v.19) e quella di Dioniso dopo che fu accolto in sincretismo religioso dai sacerdoti del santuario. Nelle Baccanti di Euripide, (v.306), Tiresia predice a Penteo:"Un giorno lo vedrai anche sulle rupi di Delfi". Bacco era venerato in particolare nei mesi invernali.
Martin Nilsson informa che "Apollo era il rappresentante del legalismo ma conosceva anche l'estasi. Era appunto in istato di estasi che la sua sacerdotessa, la Pythia, a differenza di altri oracoli, profetava. Quando apparve Dioniso, lo accolse al suo fianco: nei due timpani del tempio di Apollo a Delfi stavano da una parte Dioniso con le sue Menadi, dall'altra Apollo con la sorella e la madre: i tre mesi dell'inverno erano sacri a Dioniso, gli altri ad Apollo".(Religiosità greca, p.55).
Le nefandezze indicibili della Tebe di Edipo e le nostre italiane sulle stragi
465 a[rrht j (a):sono cose che non si possono dire (aj privativo e rJhtov", dicibile, ossia non dicibili-nefanda-), misteriose, poiché nella vicenda di Edipo c'è la risonanza di una vicenda misterica tesa a impetrare una nuova nascita.
Anche nell'Edipo a Colono (v.1001) a[rrhton t j e[po" è relativo alle uccisioni, nozze e sventure (v.962) che il vecchio vagabondo ha sopportato senza volerle (h[negkon a[kwn, dice a Creonte 964) e non vuole più sentirne parlare.
Possono venire in mente pure le stragi che hanno funestato il nostro paese. Anche queste sono a[rrhta, indicibili e misteriose riguardo ai mandanti che non sono stati mai rivelati.
Così come l’assassinio di Moro con il massacro della sua scorta, anche se si continua a raccontarne la risaputa parte fenomenica.
467sqenarwvteron=comparativo dell'avverbio sqenarw'". Edipo deve correre con forza sovrumana per dare prova della impareggiabile vitalità che lo autorizza dandogli la capacità di salvare la polis. Ma tale forza si è consumata in analisi angosciose e sofismi, oltre che nei delitti.
-469 e[noplo": regge puri; kai; steropai'" e si tratta del fuoco purificatore, quasi un'anticipazione del " pu'r tecnikovn", il fuoco artista di cui parlerà Zenone stoico.
Zenone interpretò la fuvsi" come un artista che crea coscientemente: essa è pu'r tecniko;n oJdw'/ badivzon eij" gevnesin (Zenone SVF. II, 411, 422, 1134), il fuoco artista che metodicamente procede alla creazione.
maggiol 29
470 -genevta": questo figlio di Zeus è Apollo.
471-472 deinai; Kh`re~ queste terribili (cfr.keraivzw=massacro) divinità ctonie si alleano con le olimpiche per colpire l'uomo che ha offeso la natura. Esse sono figlie della Notte e sorelle di Qavnato" (cfr. Esiodo, Teogonia, v.222) identificate anche con le Erinni che distruggono le stirpi come quelle di Edipo (cfr. Eschilo, I sette a Tebe, v.1060).
a{m j (a), "insieme", è aggiunto quasi pleonasticamente a e{ùpontai= "seguono", per sottolineare la concomitanza.
Le Chere non sbagliano un colpo
472ajnaplavkhtoi=che non sbagliano un colpo; da ajmplakivskw=manco. Le Chere-Erinni hanno una loro compito che contribuisce al funzionamento dell’universo e non possono sbagliare. Rappresentano l’irrazionale che nessun illuminismo potrà mai eliminare. Anche in letteratura chi tenta di farlo negando l’istinto come Penteo nelle Baccanti e come Aschenbach di Thomas Mann (La morte a Venezia) va in rovina.
Se si vuole limitare il campo dell’irrazionale bisogna conoscerlo e farci i conti. Eschilo nel terzo dramma dell’Orestea mette a confronto la furia delle Erinni con la calma di Atena la quale bonifica, ossia rende benefiche queste divinità tremende dando loro dello spazio sia pure non preponderante.
Bologna 29 maggio 2022 ore 17, 51
giovanni ghiselli
continua
p. s.
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