Adolfo De Carolis, Edipo re |
Il coro invoca le divinità atte a stornare la sventura: Atena, la dea poliade per gli spettatori del dramma, Artemide, nume delle cacce e delle nobili gare benefiche per la città, e Febo che scaglia i dardi lontano dai suoi protetti; quindi i vecchi tebani ricordano una precedente epifania, manifestando nobile riconoscenza agli dei salvatori.
Traduzione
Te per prima invocando, figlia di Zeus,
Atena immortale
e la sorella che protegge la terra,
Artemide che sta seduta sul famoso trono circolare
della piazza
e Febo che scaglia lontano,iò,
apparitemi in tre a stornare la sventura,
se mai anche per una precedente sciagura
che si levava sulla città,
metteste fuori luogo la fiamma della pena
venite anche ora.
159a keklovmeno": il participio è retto da un implicito verbo all’indicativo che significa la presenza accorata dei coreuti.
Il verbo kevlomai qui nel participio aoristo secondo raddoppiato, significa "chiamo" e anche "incoraggio": gli dei vogliono essere motivati ad aiutarci dalla nostra fede e onestà; noi dobbiamo invitarli nel nostro cuore e nella nostra mente dove si trovi un posto riservato a loro. –
159 b- jAqavna: per prima è invocata Atena, la divinità eponima della povli" dove il dramma viene rappresentato: è una testimonianza della fede e dell'amore di Sofocle non solo per la dea ma anche per la sua città, la scuola dell'Ellade (cfr. Tucidide,II,41), il paradigma del bello con semplicità (Tucidide, II,40) e distanzia tutti le altre nel sentire e nel parlare, tanto che i suoi discepoli diventano maestri degli altri uomini (cfr. Isocrate, Panegirico ,50).
Atena, in vocativo, è chiamata più da vicino che Artemide e Febo, entrambi in accusativo, poiché la prima è la divinità poliade, è la stessa povli", è l'anima di Atene.
-160 gaiavocon (dorico per gaihvoco"): questo epiteto in Omero (passim) e in Pindaro (Olimpica, I, 25) caratterizza Poseidone ; qui è riferito ad Artemide, e nelle Supplici di Eschilo (v.816) a Zeus. Poseidone è il nume del mare, e Sofocle, al pari di Eschilo, è contrario all'imperialismo talassocratico. Il dio non viene invocato per avversione nei confronti della guerra navale e delle spedizioni oltremarine.
Del resto il poeta manifesta amore e venerazione per il suolo attico: nell'Edipo a Colono (vv.16-18) Antigone lo descrive al padre cieco come un luogo non solo ameno ma anche sacro e rigoglioso di alloro, di olivo, di vite, dove gli usignoli dalle ali folte cantano musicalmente.
Artemide inoltre rappresenta la competizione buona, la nobile gara benefica per la città (cfr.vv.878-879), gli agoni ginnici, la caccia che risparmia gli uomini.
-161°-a}=h{-
161b-kuklovent j (…) qrovnon: Il trono è il seggio di chi detiene il potere: nell'Edipo a Colono (vvvv vv.425-426) il cieco auspica che la maestà di Eteocle, in possesso di scettro e di trono, non duri.
Il coro qui auspica che il potere a Tebe sia di un nume come Artemide che incanala l'aggressività umana nelle cacce e nelle gare. La circolarità del trono rende visibile la compattezza del potere divino e, richiama quella della piazza, l'armonia dell'assemblea popolare la quale deve essere guidata da capi saggi e religiosi, capaci di porre un freno alla demagogia caotica e vociferante che spinge la plebe alla guerra.
-qavssei: questo verbo ("sta seduta" con accusativo dell’oggetto interno) contiene l'auspicio di una guida politica meno volubile e aggressiva di quella che ha portato la città al disastro.
162-eJkabovlon: dipende sempre da keklovmeno".
Apollo scaglia (bavllei) eJkav"=lontano. Il dio non colpirà il popolo che rimane nei propri confini e non affronta guerre imperialistiche: gli strali del nume irato infatti inseguono le ciurme empie nelle spedizioni di conquista e di sterminio.
Della datazione di questa tragedia ho già detto. La ritengo successiva alla spedizione in Sicilia.
-163 ajlexivmoroi: Atena, Artemide e Apollo sono gli dei della pace e della civiltà, invocati affinché tengano lontana(ajlevxw) la sventura, la morte(movro").—
profavnhtev: imperativo dell'aoristo passivo secondo, con valore intransitivo, di profaivnw. Riprende il filo logico dal participio keklovmeno" che però grammaticalmente rimane sospeso.
Quando il dio appare, è disposto a esaudire le preghiere del supplice che lo invoca appassionatamente e con un'apertura mentale molto ampia, anche cosmica: cfr. la richiesta di apparizione rivolta a Iacco nel quinto stasimo dell'Antigone (vv.1146 e sgg.):"O tu che guidi la danza degli astri che spirano fuoco...appari, signore-profavnhq j , w\nax".
164-protevra": ricorda una precedente sciagura seguita da un soccorso divino. Il coro è figlio della Memoria ed evoca il passato: il pianto per la peste di Tebe diviene l'eco di un pianto antico che suona dal fondo dei secoli; le vicende contingenti entrano nell'eterno e nell'universale. Attraverso tale trasfigurazione, le ansie svaniscono, mentre la bontà, la generosità, la bellezza, brillano come stelle nella notte.
–u{per=in anastrofe con baritonesi. Significa in difesa da, ma anche, oso dire, in difesa di Ate. L'acciecamento che viene dagli dei infatti ha un esito globalmente positivo. Nell'Odissea (IV, 261-262) Elena dice che Afrodite le diede Ate. Ebbene questo acciecamento, considerata con il senno del poi, si rivelò utile alla nazione greca (cfr. Isocrate, Encomio di Elena , 67).
Ad Atene la cecità mentale dei demagoghi farà perdere e terminare la guerra, mettendo fuori luogo la fiamma della pena (v.166).
Così nei Sette a Tebe di Eschilo, dopo che i due fratelli sono caduti urtando sulle porte dov'è il trofeo di Ate, il demone cattivo cessò (vv.956-960). E’ ora che cessi pure il demone cattivo della guerra in Ucraina.
-165 ojrnumevna": participio presente di o[rnumai=sorgo. povlei=dativus incommodi .
166- hjnuvsat j aoristo da ajnuvw.
flovga 166.
Gli incendi delle guerre
Negli Acarnesi di Aristofane (425 a. C.), il coro un poco alla volta si convince delle buone ragioni del protagonista, il pacifista Diceopoli, e giura:"io non accoglierò mai in casa Polemo"(977) che poi è la personificazione del conflitto, visto come "un uomo ubriaco"(981) il quale "ha operato tutti i mali e sconvolgeva, e rovinava"(983) e, pur invitato a fare la pace, "bruciava ancora molto di più nel fuoco i pali delle viti - ta;~ cavraka~ h|pte polu; ma`llon ejn puriv-e rovesciava a forza il nostro vino fuori dalle vigne"(986-987).
La guerra è odiata dai contadini poiché distrugge alberi, raccolti e impoverisce la vita di quanti lavorano la terra e vivono dei suoi prodotti. In pratica di tutti. Ho dato spazio a questa citazione per la mia avversione a ogni guerra, compresa questa sciagurata dei nostri giorni
167 e[lqete kai; nu'n: echeggia la preghiera di Saffo ad Afrodite (e[lqe moi kai; nu'n, fr.1D,v.25) e significa la riconoscenza del supplice.
Il coro dell'Alcesti di Euripide prega Apollo "Paiavn" (v. 221) con lo stesso tipo di riconoscenza:"kai; nu'n-luthvrio" ejk qanavtou genou'" (vv.224-225), anche ora sii liberatore dalla morte.
L'imperatore Marco Aurelio scrive: "getta via la tua sete di libri, perché tu possa morire non balbettando ma davvero sereno e grato agli dèi dal profondo del cuore"( ajpo; kardiva" eujcavristo" toi'" qeoi'". Ricordi , II, 3).
cfr. Nietzsche, Di là dal bene e dal male: "Ciò che fa stupire nella religiosità degli antichi greci è la copiosa abbondanza del senso di riconoscenza che emana da essa"(L’essenza religiosa, 49).
Bologna 8 maggio 2022 ore 1143
giovanni ghiselli
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