lunedì 30 maggio 2022

Sofocle, Edipo re, primo stasimo. Seconda antistrofe. vv.498-511.


Sommario

Zeus e Apollo conoscono le vicende umane, ma non è detto che un profeta sia più sapiente del coro il quale per giudicare Edipo si attiene a quello che ha visto: egli ha fatto cessare il flagello della Sfinge che imperversava, quindi merita riconoscenza, non biasimo.

Traduzione

Ma certamente Zeus e Apollo

mettono insieme le vicende dei mortali

e le sanno; e che tra gli uomini un

profeta sia superiore a me

non è giudizio verace;

con la sapienza un uomo

potrebbe superare la sapienza.

però io mai

prima di avere vista diritta la parola

approverei

anche se altri lo biasimano.

Manifesta infatti contro di lui

venne la ragazza alata

una volta e sapiente fu visto

alla prova e gradevole per la città; perciò dalla mia

mente, mai meriterà l'accusa di infamia

 

Commento

 

489 xunetoi;: aggettivo verbale di xunivhmi.

Zeus e Apollo comprendono le vicende dei mortali in quanto le mettono insieme(suvn i{hmi), operazione che è poi quella dell'intelligenza (suvnesi"). Per capire è necessario avere una visione d’insieme.

Sofocle fa un uso etimologico della parola per arrestare il logoramento del linguaggio che corrisponde alla degradazione dello spirito religioso e alla degenerazione della morale.

 A questo proposito cfr. Tucidide, III, 82, dove lo storiografo, descrivendo le conseguenze della guerra civile a Corcira, riferisce che "l'usuale valore delle parole fu mutato. Chi tendeva insidie, se riusciva nel suo intento, era intelligente". L’ Intelligenza anche per lo storiografo laico e politico è altra cosa

500 plevon..fevretai:significa"è superiore". Negando la superiorità del vate ispirato da Apollo in confronto a se stesso (h] ejgw;) il coro rasenta l’ingiuria al profeta e alla stessa religione.

E’ una delle ragioni della peste.

Un collegamento tra empietà e sterilità troviamo nel Satyricon   di Petronio(44): quia nos religiosi non sumus. Agri iacent, poiché noi non siamo religiosi. I campi rimangono abbandonati

502-parameivyeien: evoca agoni  nobili. Infatti si tratta di una gara di sapienza sofiva che supera e distanzia to; sofovn.

Qual è la sofiva fondamentale per Sofocle? Certamente simile a quella di cui si occupa il Socrate di Platone e tutti noi umanisti: la ajnqrwpivnh sofiva (cfr. Apologia, 20d:"Poivan dh; sofivan tauvthn; h{per e[stin i[sw" ajnqrwpivnh sofiva) la quale ci assimila agli dei, se è vero che Zeus ed Apollo conoscono le cose degli uomini mortali, come il coro ha appena cantato (vv.498-499).

Socrate dice che la ajnqrwpivnh sofiva la sapienza relativa all’uomo è quella in cui si trova a essere saggio-

- 505 ojrqo;n e[po": la parola diritta che può raddrizzare la città non è quella del tiranno ma quella dell'oracolo interpretato da profeta.

Cfr. Antigone v.1178, dove il coro dice a Tiresia:"w\ mavnti, tou[po" wJ" a[r j ojrqo;n h[nusa"", o profeta, la tua parola come l'hai portata a compimento davvero diritta!

 Il popolo non deve dubitare dei vati poiché le loro parole ispirate si compiono comunque, e il sapere dei sofisti, privo di sapienza teologica, si risolve sempre nel fallimento e nel dolore.

Il discorso della verità è semplice e dritto, non contorto né confuso.

Nelle Fenicie[1] di Euripide, Polinice afferma la parentela della semplicità con la giustizia e con la verità:"aJplou'" oJ mu'qo" th'" ajlhqeiva" e[fu,-kouj poikivlwn[2] dei' ta[ndic' eJrmhneuavtwn" (vv. 469-470), il discorso della verità è semplice, e quanto è conforme a giustizia non ha bisogno di interpretazioni ricamate. Invece l' a[diko" lovgo" , il discorso ingiusto, siccome è malato dentro, ha bisogno di artifici scaltri:"nosw'n ejn auJtw'/ farmavkwn dei'tai sofw'n" (v. 472).

Seneca cita euripide traducendolo così: “ut ait ille tragicus ‘veritatis simplex oratio est’, ideoque illam implicari non oportet” (Ep. 49, 12), come dice quel famoso poeta tragico “il linguaggio della verità è semplice”, e perciò non deve essere complicata.

 

507 fanera;:predicativo. Il coro dichiara il motivo(ga;r) per cui i coreuti non se la sentono di rinnegare Edipo: l'evidenza per ora  è favorevole a lui, mentre le morti sono oscure(v.497).

-508pterovess(a)..kovra: la ragazza alata è la Sfinge. Euripide, nelle Fenicie, oltre che alata, la chiama parto della terra, dell'infernale Echidna (vv.1019-1020). Era un mostro deleterio: annientava gli uomini aprendo le ali (vv.1041-1042). Può rappresentare la vittoria di una muliebrità rapace e sanguinaria; il predominio degli istinti distruttivi e del caos. Ebbene, Edipo la sconfigge e diviene kallinivko" (Fenicie, v.1048), ma poi egli stesso si unisce e si sottomette alla madre la quale bestemmia gli oracoli apollinei (Edipo re, vv.952-953). Così il figlio di Laio si assimila a quel quadro di orrore e confusione che prima aveva confutato, e il suo essere sofov~ si rivela apparente, visibile solo con la vista limitata, se non pure ingannevole degli occhi (cfr. 509 sofo;" w[fqh con l’aoristo passivo di oJravw, vedo): infatti la sua non era la conoscenza sapienziale e umana che sola consente di conseguire vittorie definitive. Nell’Edipo a Colono, da cieco vedrà meglio ascoltando le parole con gli orecchi-.: fwnh'/ ga;r oJrw' (v. 138), alla voce difatti vedo. Ascoltare è il primo segno della carità.

 

-510 aJduvpoli": è hapax . Questa piacevolezza è superficiale: è quella della sofistica, del materialismo e del consumismo, teoria e pratica che si accompagnano a delitti e sciagure. Il sangue che gira vorticosamente sui Tebani (cfr.v.24) non consente loro di sollevare le teste (v.23) verso le realtà celesti, di correggere i giri dei loro cervelli osservando quelli degli astri.

Nel Timeo di Platone leggiamo che  Dio ci ha donato la vista affinché, contemplando nel cielo i giri dell’Intelligenza suprema, ce ne giovassimo per i circuiti della nostra mente che sono affini a quelli, sebbene i nostri siano disordinati e quelli celesti ordinati. Osservando i movimenti del cielo dunque possiamo correggere l’irregolarità dei nostri (47b-c)

Bologna 30 maggio 2022 ore 16, 50

giovanni ghiselli

p. s.

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[1] Composte intorno al 410 a. C.

[2] Si ricordi quanto si è detto a proposito della poikiliva (21. 3).

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