Adolfo De Carolis, Edipo re |
Traduzione
Edipo
Lo sapremo presto: infatti è a distanza commisurata per udirci
Signore, mia parentela, figlio di Meneceo,
quale parola fatidica del dio sei venuto a portare?"
Creonte
"Buona. Dico infatti che anche le sciagure, se per caso
vengono fuori dal verso diritto, possono avere tutte un esito favorevole".
Edipo
ma che razza di parola è questa? Io infatti non sono incoraggiato
né di certo spaventato anzi tempo per il discorso di ora"
Commento
v. 84. eijsovmeqa: futuro di oi\da.-
Plutarco in De Iside et Osiride etimologizza il nome \Isi~ -Iside- con oi\da-so-; più precisamente il tempio jIsei`on con il futuro ei[somai-saprò- poiché vi conosceremo to; o[n, l’essere 352).
Inoltre \Isin kalou`si para; to; i{esqai met j ejpisthvmh~ kai; fevresqai, kivnhsin ou\san e[myucon kai; frovnimon
(375c) la chiamano Iside per il lanciarsi con sapere e da essere mosso in quanto ella consiste in un movimento animato e sapiente.
Lucio arriva a sognare Iside dopo avere preso su di sé la tragicità dell’esistere e avere raggiunto il culmine della disperazione.
xuvmmetro": riferito a Creonte, non alla distanza: è un'ipallage. Torna, in forma aggettivale, il "commisurato" del v.73. Lo troviamo anche in Antigone (v.387) dove Creonte, in procinto di punire la ragazza che ha trasgredito il suo decreto per obbedire a Zeus e a Dike, tenta di commisurarsi a qualche tuvch. E' un vocabolo indicativo di mentalità sofistica per la quale tutto è misurabile dall’uomo e con l'uomo. Di questa idea attribuita a Protagora da varie fonti, diamo la formulazione del Cratilo (385e) di Platone:"w{sper Prwtagovra" e[legen levgwn--pavntwn crhmavtwn mevtron ei\nai a[nqrwpon", come diceva Protagora che l'uomo è misura di tutte le cose. Per Sofocle invece, misura di tutte le cose è Dio.
L. Tolstoj dichiara tale fede insita in ogni religione nel suo romanzo più noto:"Per noi, con la misura del bene e del male dataci da Cristo, non esiste nulla di incommensurabile, e non c'è grandezza là dove non c'è semplicità, bene, verità"(Guerra e pace, p.1607).
85a[nax: lo chiama signore in quanto teme che aspiri alla signoria di Tebe; poi usa il termine astratto khvdeuma (astratto per il concreto, metonimia) invece di khdesthv" (parente) per spersonalizzare il cognato e allontanarlo da sé.
86 favtin: in allitterazione con fevrwn. Edipo aspetta una parola fatidica (cfr. for, faris e fatum) che lo aiuti a risolvere la situazione: essa sarà miasma (v.97) e designerà lo stesso re di Tebe.
87 esqlhvn: questo aggettivo (riferito a favtn) non corrisponde al significato del responso. Creonte esordisce con un eufemismo e prosegue con frasi poco chiare, per volontà di non farsi capire. Parla con parole contorte e astratte. La povli" non potrà essere raddrizzata da un personaggio che borbotta ambiguità: quando si solleva il fumo in genere si vuole nascondere il male o il nulla. Il Polinice delle Fenicie di Euripide approva la semplicità della parola vera ( il racconto della verità è semplice per natura, "ajplou'" oJ mu'qo" th'" ajlhqeiva" e[fu", v.469).
88-89 eij tuvcoi: protasi della possibilita con il participio predicativo ejxelqovnta; l'apodosi è a]n eujtucei'n in dipendenza infinitiva.
La sintassi è complicata e il significato che non è perspicuo
Lucrezio condanna gli stolti che ammirano e amano quanto rimane nascosto sotto parole contorte:"omnia enim stolidi magis admirantur amantque/inversis quae sub verbis latitantia cernunt " ( De rerum natura, I,641-642), gli stolti ammirano e amano di più tutto ciò che scorgono nascosto sotto parole contorte. Passando ai moderni è degna di menzione la polemica di Schopenhauer contro la filosofia (hegeliana) delle università, fatta di "ghirigori che non dicono nulla, e offuscano con la loro verbosità perfino le verità più comuni e più comprensibili" (Parerga e paralipomena p.210, vol.I)
Insomma Creonte non dice parole chiare.
Edipo glielo fa notare subito
89tou[po"=to; e[po": è la parola divina, assolutamente rivelatrice, come nelle Trachinie ( cfr. vv.822-823: ("tou[po" to; qeoprovpon-ta`~ palaifavtou pronoiva~" il verbo divino dell’antica profezia); ebbene, come potrebbe il verbo essere tanto vuoto e privo di senso?-
90 ou[t jou\n prodeivsa" (participio aoristo di prodeivdw, temo innanzi tempo) la forte negazione significa che non si deve temere prima: se uno avesse paura in anticipo di ogni cosa, non agirebbe mai. Lo dice Serse ad Artabano in Erodoto Storie, VII, 50, 1.
Bologna 4 maggio 2022 ore 10, 0 7
giovanni ghiselli
p. s.
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