venerdì 20 maggio 2022

Il problema dell’identità nei classici. 5. L’identità politica di Eschilo

Eschilo contrappone la democrazia degli Ateniesi all’autocrazia dei Persiani.
Nella tragedia Persiani (del 472)  Serse porta in guerra uomini privi di libertà e non deve rendere conto dei propri atti, nemmeno degli insuccessi.
La madre di Serse, Atossa racconta ai coreuti una sua visione notturna  (vv. 176 ss.)
Sognava dunque e le erano apparse due donne: una indossava pepli dorici, l'altra era vestita di abiti persiani, entrambe grandi, belle e sorelle di stirpe. Simboleggino la Grecia e la Persia.
Tra le due scoppiò una lite, allora il re Serse cercava di ammansirle  e le aggiogava al carro con le cinghie sotto il collo. Una delle due si esaltò per questa bardatura e porgeva la bocca docile alle briglie, mentre l’altra recalcitrava (ejsfavda/ze, v. 194), poi  con le mani spezzò  le redini del carro,  lo trascinò a forza senza e ruppe il giogo a metà. Allora, continua la regina, cade il figlio mio, gli si accosta Dario e lo compiange; e Serse, come lo vede, si lacera le vesti addosso al corpo (pevplou~ rJhvgnusin ajmfi; swvmati, v. 199).
 
Quindi la madre di Serse si alzò, si accostò a un altare e vide un’aquila-aijetovn 205 aggredita e spiumata da un falco sull’ara di Febo dove si era rifugiata.
Simbolo del re persiano. Cfr. Senofonte, Ciropedia, VII, 1, 4. Del resto l’aquila , “l’uccel di dio”  è anche simbolo dell’impero romano (cfr. Dante Paradiso, VI, 1-4)
 
Atossa è spaventata dal sogno e dal segno dato dagli uccelli ma si consola per il fatto che il grande re  pur se sconfitto, non è tenuto a rendere conto alla città " oujc uJpeuvquno" povlei" (v. 213). Basta che si salvi e rimarrà a capo di questa terra, conclude il proprio racconto la regina madre " swqei;~ d' ojmoivw~ th`sde koiranei` cqonov~- v. 215
 
Eschilo contrappone chiaramente al potere assoluto del grande re di Persia il sistema democratico di Atene  quando  Atossa domanda ai vecchi dignitari chi sia il pastore e il padrone dell'esercito greco. Allora il corifeo risponde:"ou[tino" dou'loi kevklhntai fwto;" oujd j uJphvkooi"  (v. 242), di nessun uomo sono chiamati servi né sudditi.
 
Essere cittadino, polivthς, dunque, significa  renderne conto alla povliς.
Ma quale tipo di democrazia auspica Eschilo e raccomanda agli Ateniesi?
Quale deve essere l’identità politica della democrazia tra le varie possibili?
Nelle Eumenidi rappresentata nel periodo (458)  in cui i poteri dell’Areopago, roccaforte degli interessi della classe più abbiente, venivano limitati dopo la caduta di Cimone (461)  e l’ascesa di Pericle con Efialte, tanto le Erinni quanto Atena consigliano ai cittadini di tenere una via di mezzo tra il dispotismo e l’anarchia: non dovranno dunque eliminare la paura del potere che deve tenere nel rispetto la canaglia
nel Secondo Stasimo  (vv. 490-565) le Erinni sostengono che il terrore delle pene, umane e divine, talora è salutare:"a volte il terrore (to; deinovn) è un buon ispettore anche delle anime e deve restarci a fare la guardia: giova giungere alla saggezza sotto l’angoscia "(vv. 517-519).  
Poco dopo le dèe venerande aggiungono:" mht j a[narkton bivon-mhvte despotouvmenon-aijnevsh/" : panti; mesw/ to; kravto" qeo;"-w[pasen "(526-530), non lodare una vita di anarchia né una soggetta al dispotismo: in ogni caso il dio dà potenza al giusto mezzo.
It looks to me as if the famous saying about the superiority of to; mevson-which Aeschylus put so oddly into the mouth of the Erinyes (530)-might in fact be taken (…) as an honest and corrept description of the author’s own position[1], mi sembra che il famoso detto sulla superiorità del “mezzo” che Eschilo mette così stranamente in bocca alle Erinni, potrebbe essere di fatto venire preso (…) come una onesta e corretta descrizione della posizione personale dell’autore. E’ una posizione politica di cui si era già fatto assertore Solone, come abbiamo detto.
Più avanti, nel terzo episodio,  la stessa Atena consiglia ai cittadini, che hanno cura della città, di rispettare uno stato senza anarchia né dispotismo ("to; mhvt j a[narcon mhvte despotouvmenon", v. 696) e di non scacciare del tutto la paura dalla città: infatti quale mortale è giusto se non ha nessuna paura? ("kai; mh; to; deino;n pa'n povlew" balei'n-tiv" ga;r dedoikw;" mhde;n e[ndiko" brotw'n; " vv. 698-699).
Machiavelli scriverà che il principe “debbe farsi temere in modo che, se non acquista amore, che fugga l’odio; perché può molto bene stare insieme essere temuto e non odiato” (Il Principe, XVII).
Le Eumenidi si concluderanno con la vittoria del patriarcato e delle sue divinità-Apollo e Atena- che faranno assolvere il matricida, il dio difendendolo con l’argomento che il vero generatore è solo il padre, e la dea con il suo voto decisivo dopo la parità di voti assolutori e di condanna espressa dai giudici aeropagiti.
Le Erinni che chiedevano la condanna di Oreste  sostenendo la massima parte della figura materna nella generazione, sconfitte, in un primo tempo si infuriano più che mai, ma poi ricevano un contentino, da meteci, divinità coabitanti, onorate con culti sotterranei e si placano, divenendo appunto Eumenidi.
L’irrazionale va bonificato, non eliminato, commenterà Pisolini
“Dopo l’intervento razionale di Atena, le Erinni-forze scatenate, arcaiche, istintive, della natura-sopravvivono: e sono dee, sono immortali. Non si possono eliminare, non si possono uccidere. Si devono trasformare, lasciando intatta la loro sostanziale irrazionalità: mutarle cioè da “Maledizioni” in “Benedizioni”. I marxisti italiani non si sono posti, ripeto, questo problema”  (P. P. Pasolini, Le belle bandiere, p. 54.).
 
giovanni ghiselli
bologna 20 maggio 2022 ore 10, 26
procederò con le identità dei personaggi sofoclèi
p. s.
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[1] Dodds, The ancient concept of progress, p. 50.

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