sabato 14 maggio 2022

Sofocle, "Edipo re". 32. versi 263-275

Adolfo De Carolis, Edipo re

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Traduzione
ma ora sul capo di quello è balzata la sorte;
e in vece loro, io queste battaglie, come per mio padre
combatterò e dappertutto arriverò 265
cercando di prendere l'autore manuale dell’omicidio
per il figlio di Labdaco, di Polidoro e anche
 di Cadmo che li precedeva e dell'antico Agenore.
E contro quanti non fanno questo, prego gli dei
che per loro non mandino su alcun raccolto dalla terra 270
né i figli dalle donne, ma possano essere consumati
dalla decadenza attuale e da una ancora più odiosa di questa.
A voi e agli altri Cadmei invece, a quanti
queste parole piacciono, sia alleata Giustizia
 e tutti gli dèi per sempre siano compagni buoni 275
 
Commento
263     Jenhvlaq  j = ejnhvlato, aor. di ejnavllomai.
Spesso la sorte contraria deriva dal "non capire".
Cfr. Antigone ,vv.1345-1346:"ta; d j ejpi; krativ moi/povtmo" duskovmisto" eishvlato", sul mio capo è balzata una sorte grave da portare. Sono le ultime parole di Creonte sconfitto e disfatto.
 Il coro poco prima (1242-1243) aveva detto che il suicidio di Emone ha fatto vedere agli esseri umani come la sconsideratezza sia per l'uomo il male più grande("deivxa" ejn ajnqrwvpoisi th;n ajboulivan/o{sw/ mevgiston ajndri; provskeitai kako;n"), e, subito dopo il lamento del tiranno, ai vv.1347 e sgg., il corifèo spiega qual è la quintessenza della eujdaimoniva: capire e non essere empi verso gli dei; mentre le grandi parole dei superbi, pagate con grandi colpi, insegnano a essere saggi nella vecchiaia.
Sono i versi conclusivi del dramma, ma già ai vv. 683-684 Emone aveva messo sull'avviso il padre dicendogli:"pavter, qeoi; fuvousin ajnqrwvpoi" frevna",/pavntwn o{s j ejsti; crhmavtwn uJpevrteron", padre gli dei negli uomini fanno nascere il senno, che di tutti i beni, quanti sono, è il supremo.
Locus similis troviamo nell'Agamennone  di Eschilo, ai vv.927-928:"kai; to; mh; kakw'" fronei'n/qeou' mevgiston dw'ron", il non capire male, è il dono più grande di dio.
Nell'Andromaca di Euripide, la vedova di Ettore, alla "ragazza" Ermione che la accusa di averle sottratto il marito risponde che invero ella lo ha perso per stupidità (v.252):"Levgw s j ejgw; nou'n oujk e[cein oJvson se dei'", dico che tu non hai testa quanto bisognerebbe.
Il tovpo" letterario che fa dipendere le disgrazie dalla stupidità ha una formulazione latina nella Rhetorica ad Herennium (II, 22):"Omnium malorum stultitia est mater ".
In conclusione, il demone e la sorte cattiva ci saltano sul capo quando non comprendiamo, ci comportiamo con empietà e diciamo parole gonfie di orgoglio che provoca il contrappasso dell'umiliazione. Già Laio aveva commesso l'antica trasgressione: quella di violare l'ordine di Apollo che per tre volte dall'oracolo pitico dell'ombelico del mondo gli aveva prescritto di salvare la città morendo senza prole (cfr. Sette a Tebe, vv.742 e sgg.).
 
"264-ajnq j (ajnti;) w|n: altri interpretano questo pronome relativo come neutro e intendono: e per queste cose.-
 toujmou' (tou' ejmou') patro;": genitivo retto dal preverbio ujper- (in favore di). 265-uJpermacou'mai regge l'accusativo interno tavde.
Siamo al colmo dell'ironia tragica. Edipo dice parole che arrivano al pubblico e a noi con il significato rovesciato: “Questa eco alla rovescia che suona come uno scoppio di riso sinistro è in realtà una rettifica. Quanto Edipo dice senza volerlo, senza capirlo, costituisce la sola verità autentica delle sue parole (…)  Edipo non sa né dice la verità, ma le parole di cui si serve per dire cosa diversa dalla verità, la manifestano a sua insaputa in modo lampante" (J. P. Vernant ( Mito e tragedia nell'antica Grecia, pp.92-93).
  
265kajpi;=kai; ejpiv.
266-aujtoceivra (…) labei`n: Edipo sfida l’assassino contrapponendo le proprie braccia che voglioni catturarlo alla mano insanguinata di lui. "
Per aujtovceira cfr.v.231 e nota.
  
-267tw'/ Labdakeivw/  =dativo di interesse.-Al v.267, tribraco in quarta sede.- Cadmo, il fondatore di Tebe,  partì dalla Fenicia per ordine del re suo padre, Agenore, che lo mandò a cercare la sorella Europa rapita da Zeus.
-268 tou' prosqe..tou' pavlai: avverbi in funzione aggettivale, come tou' pavlai al v. 1.-
jAghvnoro"=conclude la genealogia ascendente: un risalire nella ricerca del dio o dell'eroe capostipite. Anche Erodoto (V,59) genealogizza i re di Tebe risalendo la corrente acherontea del sangue da Laio a Cadmo; Euripide invece, nelle Fenicie (vv.5-10) parte dall'antico Cadmo e scende verso Laio e Giocasta con un moto diretto all'uomo e alla donna più recenti, gli uomini e le donne che questo poeta mette sulla scena oltre gli eroi. Aristofane negli Acarnesi   (vv.47-50) fa una parodia delle genealogie con le quali Euripide dà inizio a diverse tragedie.
 
Santo Mazzarino (Il pensiero storico classico I, p. 182) parla di una "cultura aristocratica fondata sulle genealogie". Così Erodoto fa discendere Cimone da Eaco (nonno di Aiace) ed Egina e spiega che "quel ghenos si è fatto ateniese allorché Fileo, figlio di Aiace, divenne appunto, primo di quella casa, ateniese (VI 35)" Poco oltre Mazzarino aggiunge:" Possiamo facilmente immaginare che alla prima rappresentazione dell'Aiace  di Sofocle (anteriore al 443) il demo ateniese correva, col pensiero, al "filaide Cimone", l'uomo politico che aveva rivelato, appunto, il grande poeta, e che nel 449 morì, avversario glorioso (e sfortunato) di Pericle...Insomma: una genealogia non era soltanto lavoro di tavolino; era realtà viva di ogni giorno... L'idea dello stato aveva contribuito a spezzare i religiosi vincoli fra le famiglie nobiliari delle varie poleis elleniche: ma essi tornavano ancora nel mito di Antigone che pose il ghenos  al di sopra delle leggi scritte, e nella tradizione religiosa".
 
269-tau'ta=accusativo anticipato rispetti drw'sin che lo regge.
Al v.145 Edipo aveva proclamato con prosopopea che avrebbe fatto tutto da solo; ora invece, mentre minaccia, chiede la collaborazione dei concittadini poiché dalla lista genealogica che ha testé fatto manca giusto il primo nome, il suo, ed egli non ha la visione abbastanza ampia per mettercelo da solo.
  
-270 a[roton: significa la messe, il raccolto dei campi che si arano (cfr. ajrovw) e anche il frutto  della donna arata dall'uomo (cfr. Medea, v.1281).C'è un dattilo in prima sede.
271-povtmw/: è sorte di decadenza (cfr.pivptw, cado) che è  odiosa siccome consiste in mancanza di vitalità e di amore.
272 fqerei'sqai: infinito futuro di fqeivromai
-272ka[ti=kai; e[ti. La maledizione evoca l'infruttuosità della terra e delle donne.
 
Il tema della sterilità congiunta all'impotenza e all'empietà si trova anche nel Satyricon: "agri iacent "(44), i campi giacciono nell'abbandono;"adulescens, paralysin cave " (129), giovane, guardati dalla paralisi. Anche nel classico della decadenza latina, la causa più vera dei mali è il tramonto della religione:"quia nos religiosi non sumus "(44), poiché noi non siamo religiosi. La Terra desolata  di Eliot  che ripropone questo tema si apre con un'epigrafe tratta dalla cena di Trimalcione:"Nam Sybillam quidem Cumis, ego ipse, oculis meis, vidi in ampulla pendere et cum illi pueri dicerent Sivbulla tiv qevlei";- respondebat illa-ajpoqanei'n qevlw- "(48).Infatti la Sibilla di certo a Cuma vidi io stesso con i miei occhi sospesa in un'ampolla, e dicendole i fanciulli-Sibilla, cosa vuoi?-, rispondeva lei-morire voglio-. La profetessa vuole morire poiché la terra è sconciata dall'empietà; le donne prendono pillole per abortire:"it's them pills I took to bring it off, she said "(v.159); la natura è inquinata: il fiume trasuda olio e catrame (vv.266-267), e non c'è neppure silenzio tra i monti (v.341). Nei rapporti sessuali manca il desiderio:"Burbank crossed a little bridge/descending at a small hotel;/ Princess Volupine arrived,/they were together, and he fell ", Burbank attraversò un piccolo ponte per scendere a un hotel da poco; arrivò la principessa Volupine, rimasero insieme e lui cadde.(Burbank con un Baedeker, Bleinstein con un sigaro, vvvv.1-4, in Eliot, Opere, p.52)
Viceversa Lucrezio con la sua visione razionalistica confuta il pio agricoltore: " tristis..vetulae vitis sator  atque vietae (II, 1168), il rattristato coltivatore della vite vecchia e vizza,  il quale "non tenet omnia paulatim tabescere et ire/ad capulum "(1173) non capisce che tutto a poco a poco si consuma e va verso la tomba, quindi "temporis incusat nomen saeclumque fatigat,/et crepat, antiquum genus ut pietate repletum/perfacile angustis tolerarit finibus aevum,/cum minor esset agri multo modus ante viritim "( 1169-1172), accusa il corso del tempo e insulta la sua età, /e brontola che l'antico genere umano pieno di devozione/sosteneva assai facilmente la vita entro confini ristretti,/sebbene molto minore fosse prima la misura del campo per testa.
   
273 uJmi'n ktl.:ora si rivolge a tutti quanti sono disposti a collaborare; da questi e dalla comunità tebana viene allontanata la maledizione del v.269.
274-e[st j ajrevskonq j(ta): costruzione perifrastica per serve a conferire  peso e solennità all'espressione, come al v. 126.
-274 suvmmaco" Divkh: la Giustizia figlia di Zeus non può allearsi con chi offende la vita ma solo con gli uomini di vita integra, "scelerisque puri ".
-275 coij=kai; oiJ
-eu\ xunei'en: ottativo in senso proprio (desiderativo) di xuvneimi con eu\ che accresce l' augurio.

Bologna 14 maggio 2022 ore 11, 49
 giovanni ghiselli

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