mercoledì 9 maggio 2012

Chi sono i moderati - di Giovanni Ghiselli





I moderati sono i conformisti. I moderati sono i poveracci che ricavano una identità gregaria e fasulla dal denaro che possono spendere. I moderati sono quelli che vivono secondo i luoghi comuni, secondo il “così si fa”, così si dice”. I moderati sono gli immaturi incapaci di diventare quello che davvero sono. I moderati sono quelli non educati a pensare, anzi condizionati a non pensare da tutte le pubblicità e le propagande che avvelenano l’aria.





I moderati sono la maggioranza degli Italiani nelle previsioni dei politici astuti che mirano a usarli. Astuti ma non intelligenti: infatti non si rendono conto che questo adagiarsi nel luogo comune e nell’ inerzia del non pensiero sussiste nei più solo finché la maggioranza non è tormentata o minacciata dalla fame, dal dormire senza un tetto sopra la testa, dal non avere più i mezzi per curarsi, o per  mandare i figli a scuola. Le persone affamate acquistano il coraggio di ribellarsi allo stato delle cose che li affama. Quelli che contano sul moderatismo inerte, politici come Napolitano e Casini tanto per essere chiari, danno sempre ragione al più forte. Partiamo dal fautore di moderatismo dal corso più lungo: il vetusto presidente di questa Repubblica democratica esautorata e vilipesa. Costui vide e approvò i “boom” dei carri armati sovietici che invasero l’Ungheria nell’autunno del 1956 e fecero migliaia di morti; quindi ha sanzionato tutte le prepotenze e i soprusi perpetrati dai più forti sui più deboli. Dalla repubblica popolare Magiara, alla Libia di Gheddafi con tanti boom che lui ha rimosso e non ricorda.

Ora lo smemorato è pure accecato e non vede il boom di Grillo che ha sotto gli occhi, in quanto spera ancora di vedere demonizzato e represso il politico genovese, come capitò ai patriotti ungheresi Nagy e a Maleter che vennero impiccati dai suoi compagni dell’epoca. Come è successo a Gheddafi e ai tanti civili sterminati dalle bombe che lui ha benedetto con boccuccia arcuata, sempre pronta  a baciare i vincitori. Quanto ai suicidi italiani, il  presidente li ignora: ha avuto la spudoratezza di affermare che in Italia non c’è esasperazione.

 Ma veniamo all’astuto Casini, altra consumata volpe. Il già pupillo di Forlani e di Berlusconi  ha  fiutato che molte cose stanno cambiando in politica e si appresta a scendere dal carro dove si trova, per  saltare sul prossimo, qualunque esso sia, purché funzionale al suo pragmatismo privo di carità, non solo cristiana ma anche umana. Si atteggia a Catone austero e morale mentre insegue l’utile, il proprio utile con una tenacia da tenia, da parassita pronto a trarre profitto da qualsiasi situazione possa prestarsi al suo tornaconto. I moderati cui certa gente fa appello stanno cominciando a capire. Rieducati dalle dure difficoltà nelle quali questa genia di politici li ha gettati come in una discarica, iniziano ad aprire gli occhi della mente e capiscono quante menzogne spacciano queste maschere grottesche che recitano la parte dei buoni pastori mentre di fatto  sono lupi rapaci e voraci.

Giovanni ghiselli  g.ghiselli@tin.it

mercoledì 2 maggio 2012

Il mimo della politica - di Giovanni Ghiselli






Nell'epilogo
della  Vita di Augusto,   Svetonio racconta la scena di uscita da questo
mondo dell’imperatore romano, il quale supremo die , nell’ultimo giorno,
fattisi mettere in ordine i capelli e le guance cascanti, domandò agli amici
"ecquid iis videretur mimum vitae commode transegisse" (99),
se a loro sembrava che  avesse recitato
bene la farsa della vita.






Quindi passò alla lingua greca e chiese degli
applausi con la solita chiusura delle
commedie:" se questo scherzo è andato un po’ bene, applaudite".  Poi "seppellitemi con allegria",
concluse.


 Durante la recita del proprio ruolo nel dramma
tragicomico della vita, l’erede di Giulio Cesare aveva fatto comunque molte
cose, innovando e restaurando. Era stato un attore di rango. Era di stirpe
antica e recitava una parte non ignobile. Dava un esempio di frugalità
mangiando secundarium panem et pisciculos
minutos et caseum bubulum manu pressum et ficos virides
Augusti
Vita, 76), pane ordinario,
pesciolini, cacio vaccino premuto a mano, e fichi freschi.


 Giorgio Bocca commentò tale abitudine
dell’autocrate con queste parole:“Oggi siamo a una tendenza da ultimi giorni di
Pompei. Un incanaglimento generale. Forse è il caso di rivolgersi, più che agli
uomini di buona volontà, a quelli di buon gusto, forse è il caso di tornare a
scrivere sulle buone maniere, sulla buona educazione, sui buoni costumi. L’Augusto
più ammirevole è quello che nel Palatino si ciba di fave e di cicoria, da vero
padrone del mondo” [1].


Senza risalire
al 14 d. C., penso alla mia infanzia e alla mia adolescenza, quando, per
apprendere e capire,  ascoltavo con avidità,
alla radio, o anche andando  a vederli
nella piazza del Popolo di Pesaro, i politici di razza di allora come De
Gasperi e Togliatti. Imparavo da loro più e meglio che a scuola. In termini di
idee, di parole e di stile. Mi è rimasta impressa la frase di De Gasperi,
rappresentante dell'Italia vinta: " Prendendo la parola in
questo consesso mondiale sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me
".
In questo paese potevano ancora trovarsi valore e cortesia. Oggi si parla
tanto, spesso a vanvera, di economia e si sperperano i beni più preziosi:
quelli dello spirito e della cultura. Si blatera di crescita indefinita senza
combattere il nanismo culturale che sta ammorbando  l'Italia.


 Dopo Togliatti e De Gasperi ci furono  Fanfani, 
De Martino,  Berlinguer, e Aldo
Moro, dai quali si continuava a imparare  e a ricavare modelli  di stile . Ora abbiamo dei contromodelli
osceni in questi  pseudo rappresentanti
del popolo, una banda di istrioni che si esibiscono appena possono, offendendo
la logica, la morale, il buon gusto, a volte persino il pudore. Non voglio fare
nomi per il fatto che sono personaggi di un 
mimo  volgare, maschere senza
interiorità, né identità, figure spettrali prive di interesse per i bisogni
delle persone che dicono di rappresentare. Non sanno di uomo nel senso che non
hanno coscienza degli uomini e non hanno sapore mano.


 Le fatiche umanamente spese da tanta gente che
sta cadendo nella miseria e nella disperazione, non li riguarda.


 Se avessero un' identità politica e umana,  si sdegnerebbero per le diseguaglianze
abissali che continuano a crescere, abolendo  di fatto la 
democrazia, e inficiando  la
stessa libertà.


 Sono maschere dietro le quali si annidano
entità  vampiresche che succhiano il
sangue del popolo. Del resto chi li critica, e pure chi lancia invettive,
chiamandoli per nome, in un certo senso fa il loro gioco. Come la criminalizzazione
del sesso, spesso lo rende più concupito, così la demonizzazione di certi
parassiti significa paradossalmente attribuire loro una vitalità e delle
capacità che non hanno. Ultimamente si sono spostati dalla greppia al trogolo,
e hanno ceduto un poco del proprio potere ingordo, già delegato loro dalla
grande finanza,  ai tecnici, i quali
negli ultimi giorni hanno delegato a loro volta altri tecnici che con ogni
probabilità ne coopteranno altri ancora.  E allora,
quis custodiet ipsos custodes
, chi commissionerà i commissari e i
commissionati? Il Leviatano che vuole divorarci è un mostro che presto,
svuotata la mangiatoia, dovrà inghiottire  la propria coda.


Altro che  pane ordinario, pesciolini, cacio vaccino
premuto a mano, e fichi freschi! Seppellire questi, dico politicamente, con
allegria, sarà molto difficile.





giovanni
ghiselli g.ghiselli@tin.it









[1]
G. Bocca, Contro il lusso cafone, per motivi morali. Ed estetici, Il venerdì di
Repubblica, 27 giugno 2008, p. 11.


IPPOLITO di Euripide del 428 Prima scena del prologo.

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