Nell'epilogo
della Vita di Augusto, Svetonio racconta la scena di uscita da questo
mondo dell’imperatore romano, il quale supremo die , nell’ultimo giorno,
fattisi mettere in ordine i capelli e le guance cascanti, domandò agli amici
"ecquid iis videretur mimum vitae commode transegisse" (99),
se a loro sembrava che avesse recitato
bene la farsa della vita.
Quindi passò alla lingua greca e chiese degli
applausi con la solita chiusura delle
commedie:" se questo scherzo è andato un po’ bene, applaudite". Poi "seppellitemi con allegria",
concluse.
Durante la recita del proprio ruolo nel dramma
tragicomico della vita, l’erede di Giulio Cesare aveva fatto comunque molte
cose, innovando e restaurando. Era stato un attore di rango. Era di stirpe
antica e recitava una parte non ignobile. Dava un esempio di frugalità
mangiando secundarium panem et pisciculos
minutos et caseum bubulum manu pressum et ficos virides ( Augusti
Vita, 76), pane ordinario,
pesciolini, cacio vaccino premuto a mano, e fichi freschi.
Giorgio Bocca commentò tale abitudine
dell’autocrate con queste parole:“Oggi siamo a una tendenza da ultimi giorni di
Pompei. Un incanaglimento generale. Forse è il caso di rivolgersi, più che agli
uomini di buona volontà, a quelli di buon gusto, forse è il caso di tornare a
scrivere sulle buone maniere, sulla buona educazione, sui buoni costumi. L’Augusto
più ammirevole è quello che nel Palatino si ciba di fave e di cicoria, da vero
padrone del mondo” [1].
Senza risalire
al 14 d. C., penso alla mia infanzia e alla mia adolescenza, quando, per
apprendere e capire, ascoltavo con avidità,
alla radio, o anche andando a vederli
nella piazza del Popolo di Pesaro, i politici di razza di allora come De
Gasperi e Togliatti. Imparavo da loro più e meglio che a scuola. In termini di
idee, di parole e di stile. Mi è rimasta impressa la frase di De Gasperi,
rappresentante dell'Italia vinta: " Prendendo la parola in
questo consesso mondiale sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me".
In questo paese potevano ancora trovarsi valore e cortesia. Oggi si parla
tanto, spesso a vanvera, di economia e si sperperano i beni più preziosi:
quelli dello spirito e della cultura. Si blatera di crescita indefinita senza
combattere il nanismo culturale che sta ammorbando l'Italia.
Dopo Togliatti e De Gasperi ci furono Fanfani,
De Martino, Berlinguer, e Aldo
Moro, dai quali si continuava a imparare e a ricavare modelli di stile . Ora abbiamo dei contromodelli
osceni in questi pseudo rappresentanti
del popolo, una banda di istrioni che si esibiscono appena possono, offendendo
la logica, la morale, il buon gusto, a volte persino il pudore. Non voglio fare
nomi per il fatto che sono personaggi di un
mimo volgare, maschere senza
interiorità, né identità, figure spettrali prive di interesse per i bisogni
delle persone che dicono di rappresentare. Non sanno di uomo nel senso che non
hanno coscienza degli uomini e non hanno sapore mano.
Le fatiche umanamente spese da tanta gente che
sta cadendo nella miseria e nella disperazione, non li riguarda.
Se avessero un' identità politica e umana, si sdegnerebbero per le diseguaglianze
abissali che continuano a crescere, abolendo di fatto la
democrazia, e inficiando la
stessa libertà.
Sono maschere dietro le quali si annidano
entità vampiresche che succhiano il
sangue del popolo. Del resto chi li critica, e pure chi lancia invettive,
chiamandoli per nome, in un certo senso fa il loro gioco. Come la criminalizzazione
del sesso, spesso lo rende più concupito, così la demonizzazione di certi
parassiti significa paradossalmente attribuire loro una vitalità e delle
capacità che non hanno. Ultimamente si sono spostati dalla greppia al trogolo,
e hanno ceduto un poco del proprio potere ingordo, già delegato loro dalla
grande finanza, ai tecnici, i quali
negli ultimi giorni hanno delegato a loro volta altri tecnici che con ogni
probabilità ne coopteranno altri ancora. E allora,
quis custodiet ipsos custodes, chi commissionerà i commissari e i
commissionati? Il Leviatano che vuole divorarci è un mostro che presto,
svuotata la mangiatoia, dovrà inghiottire la propria coda.
Altro che pane ordinario, pesciolini, cacio vaccino
premuto a mano, e fichi freschi! Seppellire questi, dico politicamente, con
allegria, sarà molto difficile.
giovanni
ghiselli g.ghiselli@tin.it
[1]
G. Bocca, Contro il lusso cafone, per motivi morali. Ed estetici, Il venerdì di
Repubblica, 27 giugno 2008, p. 11.
Nessun commento:
Posta un commento