lunedì 30 marzo 2015

Twitter, LXXXVI antologia

30 marzo


La decisione che la Volpe Amanda e il suo complice sono innocenti è stata presa negli Usa "la centrale della Santa Alleanza capitalistica" (Concetto Marchesi)

La casta della cultura, dagli scribi egiziani ai poeti augustei, ha sempre insegnato il comando ai figli della razza padrona e l’obbedienza ai poveri, agli esclusi dai poteri delle caste.

Meredith non ha avuto giustizia. Del resto il vero Giudice supremo da tempo ha condannato a morte tutti noi: compresi gli assassini , chiunque essi siano, e gli ammazzasentenze  della presunta suprema corte  che li assolvono. Da Carnevale in avanti. Nessuno può esultare né vale la pena di rammaricarsi troppo. Presto o tardi, ma sempre, arriva Giustizia. Questo l’ha già detto Solone

I bambini attaccati ai giochi elettronici dalla mattina alla sera sono dei potenziali Lubitz. Temo che quell’infelice distruttore di vite umane possa diventare un modello per le teste più svigorite.


giovanni ghiselli

domenica 29 marzo 2015

Twitter, LXXXV antologia

Lubitz e gli altri


Il copilota folle simboleggia la parte dell'umanità che scende a precipizio verso la catastrofe, trascinandoci tutti.

16 anni al negro; i due raccomandati assolti. Il concorso nell'omicidio dunque è stato di altri due che sono scappati di corsa con il negro. Ma ne hanno preso uno solo.

Lo hanno assolto perchè raccomandato e ora chiede soldi. Probabilmente è un assassino. Di certo è un deficiente.

Dovremo pagare tasse per risarcire i due probabili assassini, amandae amatoque. La vittima non conta niente: ha la madre scura quasi quanto il condannato per concorso con i due svaniti.

Il TG1 ha dato notizia della manifestazione di Tunisi dove c’era Renzi, e non di quella dei lavoratori, con Landini e la Camusso, a Roma. Quando  il corteo ha intonato “Bella ciao” e Bandiera rossa”, ho pianto di commozione. Mi hanno ricordato il ’68 e la bella gioventù che eravamo noi. Ora fanno moda Sollecito e la Knox.  Lubitz, il matto, farà epoca e temo, avrà degli imitatori. Si dirà: “il pilota è impazzito di nuovo”. Quando non funziona la scuola, non funziona più niente.: né aerei, né ospedali, né banche etc.

Le membra fanno l'uso, non viceversa. Le mani non sono fatte per rubare né le lingue per mentire. Però, manovrate maliziosamente, creano il costume del furto e della menzogna. Per giunta le mani che hanno acchiappato il potere imparano in poco tempo tali mores.
giovanni ghiselli

29 marzo ora legale: per me  è il vero Dies natalis solis invicti. Agli odiatori della luce, dà fastidio.

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venerdì 27 marzo 2015

Lucrezio, "De rerum natura", III libro

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per ingrandire il programma

Questo capitolo è parte della conferenza EPISTEMAI. LA FISICA ANTICA E MODERNA
che terrò oggi 27 marzo alle ore 15, a Roma nell’aula decima delle TERME DI DIOCLEZIANO


Lucrezio  De rerum natura, III libro

Il libro inizia con un nuovo elogio di Epicuro, scritto propter amorem (5) e con la volontà di imitare il profeta. Pur con la coscienza che  rimarrà molto lontano da lui come i capretti dalle tremule membra dalla potenza di un forte cavallo
Per la parola di Epicuro diffugiunt animi terrores (16)
Appaiono le sedes quietae degli dèi (18)  coperte da un cielo sempre sereno che sorride con una luce largamente diffusa “inubilus aether-integit, et large diffuso lumine ridet” (21-22)
“At contra nusquam apparent Acherusia templa” (25)
In me entrano quaedam divina voluptas-atque horror , un brivido, poiché per la tua forza la natura si apre ex omni parte retecta (30) rivelatasi in ogni sua parte.
Ora chiarirà cosa siano animus e anima. Vuole cacciare la paura dell’Acheronte metus acherontis  qui vitam turbat ab imo omnia suffundens nigrore mortis (38-39). I miseri, ignoranti superstiziosi, si scoprono adversis rebus, nell’avversa fortuna, quando erompono dal cuore le vere voci et eripitur persona, manet res (58). Le piaghe della vita come avidità e ambizione sono in gran parte nutrite dal terrore della morte  “mortis formidine aluntur” (64).  Infatti il disprezzo e la povertà vengono sentiti come l’anticamera della morte. Allora per ammassare i beni gli uomini fanno le guerre civili, le stragi e odiano e temono le mense dei consanguinei et consanguineum mensas odere timentque (73).
Alla roba cede tutto, la roba vince su tutto (omnia vincit res):"alle fiere gli armenti di Mazzarò coprivano tutto il campo, e ingombravano le strade, che ci voleva mezza giornata per lasciarli sfilare, e il santo, colla banda, alle volte doveva mutar strada, e cedere il passo". La roba insomma ha qualche cosa di epico e sacro. 

La religione di “la roba”
Sentiamo Luigi Russo su Mastro Don Gesualdo un altro personaggio verghiano che, come Mazzarò, può  per certi versi essere visto come un epigono di Trimalchione: "La roba è l'ultima forma disperata con cui l'uomo cerca la sua immortalità, essa è una metonimia di quel desiderio di sopravvivenza, che c'è nel cuore di tutti gli umani. Ogni buon colpo di zappa ha dunque il suo valore d'eternità. Le fattorie grandi come chiese, i villaggi interi da fabbricare, le terre da coltivare, a perdita di vista, eserciti di mietitori a giugno, grano da raccogliere a montagne, denaro a fiumi da intascare, sono allora tanti commossi simboli dell'eterno, di quel lavoro costruttivo che resta dopo di noi. Ebbene: tutta questa poesia e religione della roba , che non è qui un simbolo economico ma tutta una complessa, generosa e disperata visione del lavoro, vagheggiato per se stesso e per la sua nascosta speranza di immortalità, viene miseramente a crollare con la morte del protagonista.  "[1].

 Molti macerat invidia (75) sempre per lo stesso timore. Un timor che induce a rompere i vincoli dell’amicizia e a sconvolgere la pietà. Gli uomini temono la morte come i bambini temono il buio. Per diradare queste tenebre è necessaria naturae species ratioque (93)
L’animus o mens contiene consilium vitae regimenque (95) è il principio intellettivo e il governo, mentre l’anima è il principio vitale.
Sono parti dell’uomo non meno che una mano e un piede.
Quindi bisogna rifiutare il nome di armonia. La mente sta nel petto, l’anima è sparsa per tutto il corpo. Epicuro teorizzava una yuchv distinta in un to; logikovn razionale e un to; a[logon irrazionale.
L’animus duque è il caput che domina il corpo ed è situm media regione in pectoris (140)
L’anima è per totum dissita corpus (143) disseminata (dissĕro- dissēvi-dissĭtum) e obbedisce all’animus-mens. Paret et ad numen mentis momenque movetur (144)

Comunque l’anima è cum animo coniuncta e risente dei turbamenti di questo. Si vede da sudore, pallore etc. Entrambi hanno natura corporea  (161 e 167). L’animo è persubtilis,  formato da corpuscoli minimi (179-180), rotondi e assai minuti.  Infatti l’animus si muove in modo rapido. Come l’acqua si muove più velocemente del miele per via dei corpora subtilia atque rutunda (195).
La mobilità degli atomi è data dalla loro grandezza, dal peso  e dalla levigatezza. Gli scabri e pesanti sono più statici-aspera et cum pondere magno (201-202)
L’anima è costituita da particelle minuscole perparvis seminibus (216-7)
ed è intrecciata a vene, visceri, nervi.
Il morto non cambia aspetto appena ha esalato l’anima, come non lo cambia il vino svanito.
La  egestas  patrii sermonis mi rende difficile il compito ma farò di tutto (260-261). Comunque animo anima e corpo sono connessi.
Gli atomi dell’anima sono più piccoli e meno numerosi di quelli del corpo.
L’animus  è “et dominantior ad vitam quam vis animai” (397).
E’ l’animus che tiene insieme l’anima e la vita. Il coro è il vaso dell’anima (con la quale da ora intende anche l’animus)  e quando il corpo si rompe, l’anima esce e si dissolve.
L’animus  cresce e invecchia con il corpo. Quando l’implacabile forza del tempo indebolisce le membra, claudicat ingenium, delīrat lingua, labat mens (453). Poi l’anima si dissolve con l’animo. Dolore e malattia sono fabricatores leti (472) costruttori di morte.
Basta del vino a sconvolgere la mente. Una causa paulo durior (485) la uccide. A volte l’anima colpita dal male si agita schiumando,  come nel salso mare fervescunt undae (494) ribollono le onde per la forza dei venti.
La mente è di natura mortale, infatti viene curata come un corpo malato.
Animus mortalia signa mittit (520-521)
A mano a mano che le parti del corpo si raffredda, l’anima esce. E pure l’animo a lei congiunto. Uscita l’anima il corpo concidit putre ruina crolla putrefatto (584). Fuori dal corpo l’anima si dissolve
Se l’anima fosse immortale, ci ricorderemmo del tempo precedente la nascita. Le anime sono contextae con i corpi e  non se ne possono separare (695). I caratteri fissi degli animali dicono che le facoltà dell’anima in accordo con la stirpe crescono con il corpo. Se le anime trasmigrassero e quella di un cervo finisse nel corpo di un leone, vedremmo un leone vile.
Le persistenze fisiche e psichiche degli animali escludono la metempsicosi. Se ci fosse la metempsicosi le anime farebbero a gara per entrare nei corpi migliori. Ma cfr. il mito di Er nella Repubblica di Platone.
Il corpo mortale non può essere congiunto all’anima immortale: mortale aeterno iungere desipere est (800 ss.)
La morte comporta la cessazione delle sennsaziono dunque non ci riguarda Nil igitur mors est  ad nos neque pertinet hilum
Quandoquidem natura animi mortalis habetur (830-1)
Come non sentimmo dolore nel tempo di Annibale, così dopo la morte niente ci toccherà.
Anche se venissimo fatti di nuovo come ora, non saremo la stessa persona interrupta semel cum sit repetentia nostri (851)
La morte immortale ci toglie la vita mortale ma non può essere infelice chi non esiste (868)
Non avremo più le gioie della vita ma neanche il loro desiderium, rimpianto (901)
Segue una prosopopea della natura (proswpopoiΐa) la quale potrebbe chiedere al querulo perché si lamenti. Se la vita ti è stata gradita perché non ti allontani come un commensale sazio della vita (cur non ut plenus vitae convīva recedis/aequo animoque capis securam, stulte, quietem?, 938-939)
Cfr. Marco Aurelio che vuole congedarsi dalla vita con gratitudine come un’oliva che una volta matura ( ejlaiva pevpeiroς genomevnh ) cade al suolo benedicendo la terra che l’ha prodotta e ringraziando l’albero che l’ha generata (IV, 48).

Se invece tutto ciò che hai goduto è perito e la vita ti è in odio (vitaque in offensa est) , perché vuoi indugiare?
Se un vecchio decrepito (grandior iam seniorque) lamenta più del giusto (amplius aequo) il destino di morte, la natura avrebbe ragione a gridare: “via le lacrime, ingordo (baratre) e frena le lagne- aufer abhinc lacrimas, baratre, et compisce querellas,” (III, 955). Hai compiuto la vita e il tuo corpo marcisce. Sereno arrenditi agli anni: è necessario (iam annis concede: necessest, 962)
Ci vuole materia perché crescano le stirpi future –materies opus est ut crescano postera saecla (967). La vita non è data in possesso a nessuno ma in uso a noi tutti. Cfr. Seneca mutua accepimus usus fructusque noster est (Ad Marciam, 10, 2)
I tormenti cosiddetti infernali sono qui sulla terra
Tantalo rappresenta la paura degli dèi, Tizio la sofferenza amorosa, Sisifo l’ambizione del potere, le Danaidi l’insaziabilità, Le stagioni dell’anno ci portano frutti nec tamen explemur vitai fructibus umquam (1007) .
La conclusione è hic Acherusia fit stultorum denique vita (III, 1023).
Potresti dire a te stesso che anche bonus Ancus reliquit lumina (1025) e tanti re e sovrani, compreso Serse che distese una via sul mare (viam per mare magnum stravit, 1029) e consentì alle legioni di camminare sull’abisso e disprezzò con i cavalli scalpitanti il fragore delle onde (1032)
Poi morì. Come Scipione belli fulmen, Carthaginis horror che poi” ossa dedit terrae proinde ac famul infimus esset” (1034.5)
Scienziati, artisti, Omero che conquistò lo scettro poi però si assopì nella stessa quiete degli altri. Democrito è morto, lo stesso Epicuro qui genus humanum ingenio superavit (1043) e oscurò tutti, come il sole all’alba cancella gli astri, E tu la cui vita è più o meno morta quando sei ancora vivo e vedi (1046) e consumi nel sonno la maggior parte del tempo, e sei pieno di angosce, ti indignerai di dover morire?
L’angoscia deriva dalla non conoscenza delle cause ed è inutile mutare luogo per placarla (cfr. Orazio, Seneca, Ovidio)
Hoc se quisque modo fugit (1068)  così ciascuno fugge se stesso, ma non ci riesce morbi quia causam non tenet aeger (1070)
Dovrebbero cercare di conoscere le leggi della natura
Temiamo i pericoli per questa grande e sciagurata cupidigia della vita mala vitai tanta cupido (1077). Eppure sappiamo che non possiamo evitare la morte. Così siamo incontentabili di tutto e appena raggiungiamo una cosa ne vogliamo un’altra. Una sete della vita ci affanna sempre.


giovanni ghiselli

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prego chi vuole dirmi qualche cosa di scrivere a g.ghiselli@tin.it piuttosto che su facebook da dove non sono capace di rispondere



[1] Introduzione di Luigi Russo a Mastro Don Gesualdo di Verga, p.14.

martedì 24 marzo 2015

Etty Hillesum, Diario 1941-43

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Terrò una conferenza su questa splendida donna ebrea il 26 marzo, alle 21 nell’ex cinema Castiglione di Bologna


Etty HillesumDIARIO 1941-43Adelphi, Milano, 1985

Le ultime parole del diario: “si vorrebbe essere un balsamo per molte ferite”. Prima del misticismo “bisogna aver ridotto le cose alla loro nuda realtà”Il realismo è greco. L’allegorismo è ebraico (Pavese)Ebrea atipica. Il padre infatti insegnava lingue classiche.
Domenica 9 marzo 1941
Da un punto di vista erotico sono piuttosto raffinata, direi quasi abbastanza esperta perché mi si consideri una buona amante: l’amore sembra perfetto e invece rimane una Spielerei (passatempo) che gira attorno alle cose essenziali, mentre qualcosa resta bloccato nel profondo di me stessa, (p. 23)
“Il mondo rotola melodiosamente nelle mani di Dio” letto in Verwey. Anche io vorrei p. 28.
Devi lavorare e basta…voglio spazzare bene il mio animo per far posto ai miei studi, piccoli e grandi
Se anche non rimanesse che un solo tedesco decente, quest’unico tedesco meriterebbe di essere difeso contro quella banda di barbari, e grazie a lui non si avrebbe il diritto di riversare il proprio odio su un popolo intero” p. 29)
Odiare è una malattia dell’anima (cfr. Ester biblica)
La vita non può essere rinchiusa in uno schema determinato.
Ls ossessività rispetto alle cose e alle persone è una forma di onanismo
Chi possiede la propria ricchezza interiore non vuole più possedere nulla.
Omnia mea mecum porto.
La letteratura e il teatro sono i campi in cui posso continuare a pensare. La musica mi consente di abbandonarmi. Sento il desiderio dei classici puri e sereni, non di questi tormentati moderni (cfr. Montale etc. autori che dicono ogni male del mondo)

La "Classicità non è chiarezza sin dall'inizio, bensì contesa giunta ad unità, discordia conciliata, angoscia risanata".1

Quando è in fase positiva, le giornate si stendono davanti a lei come grandi, aperte pianure che può attraversare liberamente, erano prospettive ampie e sgombre.
“E ora mi ritrovo in mezzo agli arbusti” (p. 39).
Ma a volte sente il vuoto dietro le cose. Cfr. La noia di Moravia.
Il mondo va in pezzi ma dobbiamo tenerci in contatto con il mondo attuale
Mi sento così ricca che questo vuoto non è entrato iu me
Mi sono confrontata col dolore dell’Umanità e sono me stessa:” Etty Hillesum, una laboriosa studentessa in una camera ospitale con dei libri e con un vaso di margherite” (p. 48)-giugno-
La sorgente di ogni cosa ha da essere la vita stessa, mai un’altra persona. Molti, invece- soprattutto donne-attingono le proprie forze da altri: è l’uomo la loro sorgente, non la vita. Mi sembra un atteggiamento quanto mai distorto e innaturale” p. 50, 18 giugno)
A Deventer le mie giornate erano come grandi pianure illuminate dal sole, ogni giornata era un tutto ininterrotto, mi sentivo in contatto con Dio e con tutti gli uomini-probabilmente, perché non vedevo quasi nessuno. C’erano campi di grano che non dimenticherò mai, e dove mi sarei quasi inginocchiata, c’era l’Ijssel, coi parasoli colorati, il tetto coperto di canne, i pazienti cavalli. E poi il sole, che assorbivo da tutti i pori” (p. 51)
Il grano che nasce significa la resurrezione, come la morte è simboleggiata dal taglio delle spighe. Giuliano Augusto nel 361 giunse ad Antiochia quando si celebravano gli Adonēa, le feste in onore di Adone “amato Veneris, apri dente ferali deleto quod in adulto flore sectarum est indicium frugum” (Ammiano Marcellino, Storie, XXII, 9, 15)
Altrove, altrimenti, le giornate possono essere “fatte di mille pezzetti” Dio essere sparito. Segno che non sto bene
“Devi strappare ancora molto terreno alle onde arrabbiate, devi mettere ordine nel caos” (p. 51)

“Forse, la mancanza di donne importanti nel campo della scienza e dell’arte si spiega così: col fatto che la donna si cerca sempre un uomo solo, a cui trasmettere poi tutta la propria conoscenza, calore, amore, capacità creativa. La donna cerca l’uomo e non l’umanità” (p. 52, 4 agosto 1941)
A volte vorrei essere nella cella di un convento, con la saggezza di secoli sublimata sugli scaffali lungo i muri, e con la vista che spazia su campi di grano-devono essere proprio campi di grano, e devono anche ondeggiare al vento” (p. 53)
Devo avere il coraggio di vivere la vita con la “carica di significato” che essa pretende…e non devo considerare S. come un fine, ma come un mezzo per continuare a crescere e maturare. Non devo cercare di possederlo. E’ vero che la donna cerca la concretezza del corpo e non l’astrattezza dello spirito. Per la donna il centro di gravità è l’uomo singolo: chissà se la donna è in grado di spostare questo centro senza violare se stessa, senza far violenza alla propria natura?” p. 56

Sta di fatto che devo vivere. A volte mi sento come un palo ritto in un mare infuriato, fra le onde che lo battono da ogni parte. Ma io rimango ben ferma e gli anni mi passano sopra” (p. 57, 4 agosto 1941)

Cfr. Edipo a Colono Nel III Stasimo dell'ultima tragedia di Sofocle, il coro, dopo un'affermazione di sapienza silenica con relativo rifiuto di tutta la vita e della vecchiaia in particolare, paragona l'anziano profugo cieco colpito da sciagure terribili a una scogliera boreale che battuta dalle onde da tutte le parti viene percossa d'inverno ( "pavntoqen bovreio" w{" , ti" ajkta;-kumatoplh;x ceimeriva klonei''''tai" Edipo a Colono, 1240-1241).

Kafka, Diari, 5 dicembre 1914
“Una immagine della mia esistenza, in questo riguardo, sarebbe una pertica inutile, incrostata di brina e neve, infilata obliquamente nel terreno, in un campo profondamente sconvolto, al margine d’una grande pianura, in una buia notte invernale”

“Alle mie sofferenze si accompagna sempre una curiosità oggettiva, un interesse appassionato per tutto ciò che riguarda questo momdo , i suoi uomini, i moti della mia anima”

“Qui è un inferno. Per rappresentarlo, dovrei saper scrivere già molto bene. In ogni caso, io vengo da questo caos, ed è mio compito portarmi più in alto” (p. 57)

“Dentro di me c’è una sorgente molto profonda. E in quella sorgente c’è Dio. A volte riesco a raggiungerla, più sovente essa è coperta di pietre e sabbia. Allora Dio è sepolto. Allora bisogna dissotterrarlo di nuovo”. (p. 60)

“Devo proprio diventare più semplice. Lasciarmi vivere un po’ di più. Non pretendere di vedere già dei risultati. Ora conosco la mia cura: accoccolarmi in un angolino e ascoltare quel che ho dentro,

“Ecco la tua malattia: pretendi di rinchiudere la vita nelle tue formule, di abbracciare tutti i fenomeni della vita con la tua mente, invece di lasciarti abbracciare dalla vita” (p. 64, 9 settembre)

“Quel che ho di veramente fisico è per molti versi incrinato e indebolito da un processo di spiritualizzazione. E quasi me ne vergogno a volte. Le cose veramente primordiali in me sono i sentimenti umani, una sorta di amore e di compassione elementari che provo per le persone, per tutte le persone. Non credo di essere adatta a un uomo solo. Non potrei neppur essergli fedele , non per via di altri uomini, ma perché io stessa sono composta di tante persone diverse” (p. 65, 6 ottobre)
“Sì, a volte qualunque parola accresce i malintesi su questa terra troppo loquace” (p. 67, 20 ottobre)

“21 ottobre, dopo pranzo
La nascita di un’autentica autonomia interiore è un lungo e doloroso processo: è la presa di coscienza che per te non esiste alcun aiuto o appoggio o rifugio presso gli altri, mai. Che gli altri sono altrettanto insicuri, deboli, indifesi. Che tu dovrai essere sempre la persona più forte…Due vite non possono combaciare…Sola, Dio mio. E’ dura. Perché il mondo è inospitale. Ho un cuore molto appassionato, ma mai per una persona sola: per tutte le persone. E’ un cuore molto ricco, io credo
(Cfr. Don Giovanni di Da Ponte: “Chi a una sola è fedele, con le altre è crudele” ndr)

Ci si sente a volte disperati, soli e impauriti, ma anche indipendenti e orgogliosi. Sono affidata a me stessa e dovrò cavarmela da sola. L’unica norma che hai sei tu stessa. E l’unica responsabilità che puoi assumerti nella vita è la tua. Ma devi assumertela pienamente. E ora si telefona a S.”

“stai cercando di rinchiudere la vita in poche formule ma non è possibile, la vita è infinitamente ricca di sfumature, non può essere imprigionata né semplificata. Ma semplice potresti essere tu” (p. 69)

“Questo voler ritornare al buio, al grembo materno, al collettivo; e d’altra parte diventare autonoma, trovare la mia forma, strapparla al caos. Sono tirata ora da un estremo ora dall’altro.

“Non bisogna sempre pretendere dei grandi risultati, ma bisogna credere in quelli piccoli. Sono già due giorni che lavoro senza lasciarmi andare ai miei umori.
Brava ragazza! (p. 69)
“Sei sanissima, stai crescendo in direzione di te stessa, stai diventando autonoma. E ora al lavoro” (p. 70)

Rapporto con il cibo
Mangiare troppo è un fatto simbolico. Vedeva mangiare troppo sua mamma “uno spettacolo terribilmente triste e bestialmente disgustoso…Era come se temesse che le sarebbe venuto a mancare qualcosa nella vita…Con quella paura che nella vita ti sfugga qualcosa finisci per perdere tutto, per mancare la realtà.”” (p. 71). E’ mancanza di controllo.
“Questa vasta giornata è tutta mia: scivolerò in essa molto dolcemente, senza nervosismo e senza fretta…chiarezza e pace e fiducia in me stessa. Come se, trovandomi in un fitto bosco, d’un tratto io giunga a un luogo aperto, in cui possa coricarmi sulla schiena a riposare e a guardare il cielo” (p. 74) Cercherò di irraggiare un po’ di quell’amore che sento per gli uomini…Devi aver misura. E tu sola puoi essere misura a te stessa.
Dobbiamo renderci liberi dagli altri e nello stesso tempo lasciarli liberi, evitando di farcene un’idea predeterminata nella nostra fantasia.
Egoismo e avarizia del tempo- “Che è poi usato per pompare ancora un po’ di sapienza libresca nella tua testa già abbastanza confusa” p. 79

O si trova un proprio pezzo di terreno e lo si difende, o si precipita nel caos
Però: perché le persone si danno così ridicolmente da fare? P. 80
Si sente minacciata dal caos.
Teme di essere incinta: “non voglio prendermi la responsabilità di aumentare il numero degli sventurati” p. 82
Devi studiare pazientemente l’Idiota di D. da cima a fondo. Come se fossi un salariato.
Ha più uomini: “sono fedele a tutti”, nel cuore
Un aborto: Non ti posso certo trasmettere forze sufficienti, troppi germi di malattie ereditarie si aggirano nella mia famiglia” Il fratello Mischa è stato portato a forza in una casa di cura mentale.
“Sento di essere tutt’uno con la vita” Il mio cervello è piacevolmente stanco. Se dai troppo importanza a te stessa ti agiti e fai chiasso, allora ti sfugge l’eterna corrente della vita.
Non importa se studio una pagina in più o in meno. “Purché tu viva dando ascolto al ritmo che ti porti dentro-a ciò che sale dal fondo di te stessa…l’unica sicurezza su come tu ti debba comportare ti può venire dalle sorgenti che zampillano dal profondo di te stessa.” P. 87

I genitori hanno lasciato troppa libertà ai figli: non li hanno aiutati a trovare una forma poiché non ne avevano una loro.

31 dicembre 1941 un anno buono “per la mia grande presa di coscienza. Il che significa poter disporre delle mie forze più profonde…non lasciarsi più guidare da quello che si avvicina da fuori, ma da quello che s’innalza dentro” (p. 93)
Una testa sarcastica da Mefistofele (cfr, Travaglio)
“Pare che io sia in un periodo di grande fioritura, irradio luce in tutte le direzioni” (p. 97, 11 gennaio 1942)
L’unica lezione di questa guerra: vediamo il marciume negli altri e dobbiamo strappare via quello che è in noi. Non la vendetta: “vivere solo in funzione di quell’unico sentimento di vendetta: questo non ci interessa proprio” (p. 100, 19 febbraio)
Devo andare con S. alla Gestapo ma trovo ugualmente bella la vita, p. 100 25 febbraio.
“Quel che un uomo ha in mano è il proprio orientamento interiore verso il destino” ducunt volentem fata, nolentem trahunt (Seneca Epist. 107, 2).
Prima trova ridicolo un ragazzo della Gestapo che bercia, poi prova pena per lui. Non sono capace di odiare. “Quel che fa paura è che certi sistemi possano crescere al punto da superare gli uomini e da tenerli stretti in una morsa diabolica, gli autori come le vittime” (p. 102, 27 febbraio)
Se tu vivi interiormente, forse non c’è neanche tanta differenza tra essere dentro o fuori di un campo. ..Si ha la sensazione di avere un destino in cui i fatti si innescano in una successione ricca di significato…la vita è davvero bella” (p. 105, 12 marzo).

Pedala la bicicletta e sente la primavera e la ama e si sente amata
Torna spesso la bicicletta: chi la ama, ama l’amore, il sesso e la vita.
Sulle piante del Wandelweg è scritto “vietato agli Ebrei” che non possono passeggiare in quel luogo. Cartelli che diventano sempre più numerosi
“ e ciò nonostante, quanto spazio in cui si può ancora stare e essere lieti e far musica e volersi bene!” p. 107
Sente il bisogno di inginocchiarsi quando teme di precipitare nel caos
18 maggio 1942
Le minacce e il terrore crescono di giorno in giorno…Etty alza un muro e costruisce una cella con le preghiere
Michelangelo e Leonardo. Anche loro sono nella mia vita e la riempiono. Dostoevskij e Rilke e Sant’Agostino E gli Evangelisti. Frequento un’ottima società (p. 112)
“Io guardo il tuo mondo in faccia, Dio, e non sfuggo alla realtà per rifugiarmi nei sogni…e continuo a lodare la tua creazione, malgrado tutto
Osservazione della natura: le giovani foglioline verdi che coprono i rami nudi: “un vello di riccioli sui loro nudi e duri corpi di asceti” (p. 114)
Sento la vita che mi abbraccia e protegge e non credo che la guerra o altre insensate barbarie umane potranno cambiarvi qualcosa.
Mi pacerebbe dipingere poche parole su uno sfondo muto, parole organicamente inserite in un gran silenzio e non parole che esistono solo per coprirlo e disperderlo.
Divieti agli Ebrei: entrare nei negozi di frutta e verdura, tenere le biciclette che dovranno consegnare, salire sui tram, uscire di casa dopo le otto di sera. Ma conta più il sentimento interiore che le circostanze esteriori
Le disposizioni minacciose devono andare a schiantarsi contro la mia sicurezza e fiducia interiori. Gli impedimenti non devono diventare paralizzanti: devo acclimatarmi alla mia condizione quotidiana.
Obbligo morale del lavoro (studio) con sufficiente concentrazione e intensità. Le disposizioni fastidiose non devono dare umiliazione a chi le subisce.
“Ma sopra quell’unico pezzo di strada che ci rimane c’è pur sempre il cielo, tutto quanto…Possono renderci la vita un po’ spiacevole, possono privarci di qualche bene materiale, o di un po’ di libertà di movimento, ma siamo noi stessi a privarci delle nostre forze migliori col nostro atteggiamento sbagliato: col nostro sentirci perseguitati, umiliati e oppressi, col nostro odio e con la millanteria che maschera la paura…siamo soprattutto noi stessi a derubarci da soli. Trovo bella la vita e mi sento libera. I cieli si stendono dentro di me come sopra di me. Credo in Dio e negli uomini e oso dirlo senza falso pudore. La vita è difficile ma non è grave…Una pace futura potrà essere veramente tale…se ogni uomo si sarà liberato dall’odio contro il prossimo, di qualunque razza o popolo” (p. 127)

Guardare il cielo
Guardare il cielo apre gli occhi dell’anima a Bill Loman, il figlio di Willy Loman, il commesso viaggiatore di Arthur Miller.
Il padre, infuriato in seguito a un aspro diverbio, gli dice: “E allora impiccati! Fammi quest’ultimo dispetto! Impiccati!” e il giovane risponde: “No, Willy, nessuno s’impicca! Oggi mi sono precipitato per dodici piani con una penna in mano. E tutt’a un tratto mi sono fermato, capisci? In mezzo alle scale mi sono fermato e ho visto il cielo. Ho visto le cose che mi piace fare a questo mondo. Lavorare e mangiare e sdraiarmi, fumare una sigaretta. E stavo lì con questa penna in mano e mi sono detto: ma che Cristo l’ho rubata a fare?”2.
Baccanti vv. 1263-1268 sticomitia
Agave non capisce cosa ci sia che non va.
Cadmo le chiede di guardare il cielo
Perché?” Domanda la figlia
Ti sembra immutato o in via di cambiamento?”
Più luminoso di prima”
Sei ancora fuori di te?
Agave risponde con due trimetri giambici (1269-1270)
Non capisco bene ma sto tornando in me”



Agave
Che cosa c'è che non va bene in questo o che cosa porta pena?

Cadmo.
Per prima cosa lascia il tuo occhio aperto qua al cielo. Euripide, Baccanti, 1264
“dobbiamo affrancarci dalle cose materiali ed esteriori a un punto tale che lo spirito possa continuare comunque il suo cammino, e il suo lavoro. E dunque: niente cioccolata, ma latticello” (p. 128)
Orrori della guerra e dei campi di sterminio: “Eppure trovo questa vita bella e ricca di significato. Ogni minuto” (p. 134)
Preghiera: “Signore, ti prego, rendimi un po’ più semplice” (p. 134)
59. 1. Amiamo il bello con semplicità. Tucidide. Paideia è formazione (Bildung) non solo scolastica ma anche politica dell’individuo. Marco Lodoli: la semplicità è complessità risolta, non facilità. Gončarov: la semplicità significa intelligenza ed è differente dall’astuzia. Ezra Pound e l’America. Plutarco: Solone e la meschinità di Creso. Luciano (Come si deve scrivere la storia) e l’ajpeirokaliva che induce alla micrologica ciancia. Nigrino e il cattivo gusto degli arricchiti romani che sfoggiano porpore e anelli. Bertolt Brecht: la semplicità difficile a farsi. Euripide: Polinice nelle Fenicie (semplicità e verità), Achille nell’ Ifigenia in Aulide (semplicità e pietà).
Nelle Fenicie3 di Euripide, Polinice afferma la parentela della semplicità con la giustizia e con la verità:"aJplou'" oJ mu'qo" th'" ajlhqeiva"4 e[fu,-kouj poikivlwn5 dei' ta[ndic' eJrmhneuavtwn" (vv. 469-470), il discorso della verità è semplice, e quanto è conforme a giustizia non ha bisogno di interpretazioni ricamate.
Invece l' a[diko" lovgo" , il discorso ingiusto, siccome è malato dentro, ha bisogno di artifici scaltri:"nosw'n ejn auJtw'/ farmavkwn dei'tai sofw'n" (v. 472).

Chirone, dikaiovtato" Kentauvrwn6, il più giusto dei Centauri, "nodrì Achille"7 insegnandogli quella naturalezza e semplicità di costumi che è la quintessenza dell'educazione nobile. Il figlio di Peleo nell'Ifigenia in Aulide riconosce tale alta paideia all'uomo piissimo che l'ha allevato insegnandogli ad avere semplici i costumi:"ejgw; d j, ejn ajndro;" eujsebestavtou trafei;"-Ceivrwno", e[maqon tou;" trovpou" aJplou'" e[cein" (vv. 926-927).
In tal modo il figlio di Peleo si abituò a scartare gli usi degli uomini malvagi (v. 709).

Winckelmann: la nobile semplicità e la quieta grandezza dei capolavori greci. Leopardi: la semplicità è naturalezza, mancanza di affettazione. Schopenhauer: contro i vuoti ghirigori della filosofia hegeliana. Lucrezio e gli stolidi che ammirano le parole contorte. Cicerone: quae sunt recta et simplicia laudantur. Orazio: simplex munditiis. Marziale (prudens simplicitas) e il Nuovo Testamento (prudentes sicut serpentes et simplices sicut columbae) . Ancora Tucidide: la semplicità è il nutrimento dell’anima nobile che viene derisa dalla volgarità della guerra civile. Nietzsche: il desiderio della semplicità inattuale.

“Io credo in Dio anche se tra breve i pidocchi mi avranno divorata in Polonia” (p. 136)
Sono accanto agli affamati, ai maltrattati, ai moribondi, ogni giorno, ma sono anche vicina al gelsomino e a quel pezzo di cielo dietro la mia finestra,in una vita c’è posto per tutto “ (p. 136)
La maggior parte degli occidentali non capisce l’arte del dolore. Si può soffrire in modo degno o indegno dell’uomo
La stanchezza, il dolore, la stessa morte fanno parte della vita
“Se dobbiamo andare all’inferno, sia con la maggior grazia possibile!” (p, 138, 3 luglio 1942)
“Ho il dovere di vivere nel modo migliore e con la massima convinzione, sino all’ultimo respiro” (p. 139)
Cfr. La morte di Polissena nell’Ecuba e il commento su quella di Cleopatra

La principessa troiana Polissena nella tragedia Ecuba di Euripide dice alla madre: per chi non è abituato a mali oltraggiosi è meglio morire: "to; ga;r zh'n mh; kalw'" mevga" povno"" (v.378), infatti vivere senza bellezza è un grande tormento.

La bellezza e la dignità della morte vengono anteposte alla degradazione della vita da Cleopatra, l'ultima dei Tolomei: lo capisce l'ancella Carmione la quale, al soldato che, vedendo il cadavere della regina, le ha domandato : "kala; tau'ta Cavrmion ;" è bello questo?, risponde con il suo ultimo fiato: "kavllista me;n ou\n kai; prevponta th'/ tosouvtwn ajpogovnw/ basilevwn" (Plutarco, Vita di Antonio, 85, 8), è bellissimo e si confà a una donna che discende da re tanto grandi. Lo stesso personaggio dell'Antonio e Cleopatra di Shakespeare, all'ottuso guardiano (First Guard) che le ha posto la medesima domanda retorica (Charmian, is this well done?) , replica : "It is well done, and fitting for a princess-Descended of so many royal kings. Ah, soldier! (5, 2)", è ben fatto e adatto a una sovrana discesa da tanti nobili re. Ah soldato!

La prospettiva della morte può anche arricchire la vita di significati.
Ogni giorno ci si libera di qualche piccolezza.
Ricorda un soldato tedesco kasher, per bene, il quale soffre anche lui
“Non ci sono confini tra gli uomini sofferenti, si patisce sempre da una parte e dall’altra e si deve pregare per tutti” (p. 142, 3 luglio)
“Un barlume di eternità filtra sempre più nelle mie piccole azioni e percezioni quotidiane. Io non sono sola nella mia stanchezza malattia tristezza o paura, ma sono insieme con milioni di persone di tanti secoli: anche questo fa parte della vita che è pur bella e ricca di significato nella sua assurdità, se la si sente come un’unità indivisibile” (p, 143)
Cfr. Il pianto dei bambini di Medea e quello che il Coro evoca dal fondo dei secoli. Cfr. Ama il prossimo tuo perché è te stesso.
Un precedente del crimine di Medea: quello di Ino figlia di Cadmo. Un altro è quello di Procne.
Quinto Stasimo Seconda antistrofe ( Medea di Euripide, vv. 1282-1292)
Di una sola sento raccontare, una sola donna
tra quelle del passato che avventò le mani sui propri figli,
Ino resa pazza dagli dèi, quando la moglie
di Zeus la cacciò di casa per vagabondaggi;
e la disgraziata precipita in mare per l'empia
uccisione dei figli,
tendendo il piede oltre il promontorio marino,
e muore portando con sé nella morte i due figli.
Che cosa dunque potrebbe accadere ancora di terribile? o
letto delle donne
pieno di affanni, quanti mali hai già
procurato ai mortali! 1292.

Il pianto di morte dei figli di Medea non è più un grido udito nella stanza accanto. E’ l’eco di molti pianti di bambini dall’inizio del mondo, bambini che ora sono in pace e la cui sofferenza antica è diventata in parte mistero, in parte musica. La Mermoria-quella Memoria che era la madre delle Muse- ha compiuto la sua opera. Noi vediamo qui la giustificazione dell’alto formalismo e delle convenzione della tragedia greca. Essa può toccare, senza indietreggiare qualunque orrore di vita tragica, senza mancare di sincerità e senza guastare la sua normale atmosfera di bellezza. Essa porta le cose sotto la grande magia di qualche cosa cui è difficile dare un nome, ma che io ho tentato di indicare in queste pagine; qualche cosa che noi possiamo pensare come eternità o l’universale o forse perfino come Memoria. Perché Memoria, usata in questo modo, ha un potere magico.

Torniamo a Etty
La vita va accettata come unità indivisibile. Non deve perdere la sua globalità.
La vita nelle difficoltà si fa più povera ma anche più ricca perché ogni piccola cosa diventa un dono insperato che riempie di riconoscenza.
“Riconoscere le proprie debolezze non significa lamentarsene: questa sì che sarebbe una miseria, anche per gli altri” (p. 145)
Molti si lamentano delle ingiustizie solo quando toccano a loro, “quindi non è un’indignazione veramente radicata e profonda”.
Conta che le cose buone ci siano, non che tocchino proprio a me-
Una risposta tagliente è riservata alle persone di spirito
“Non ho nessun bisogno di fare una figura coraggiosa, ho la mia forza interiore e questo mi basta, il resto è irrilevante” (p. 147)
Alle nostre spalle una vita sregolata di molti amori trascorsi in molti letti.

“Che forza primordiale vien fuori dall’Antico Testamento e che radice ‘popolare’ anche. Magnifiche figure, forti e poetiche, vivono in quelle pagine” (p. 149)
La forza autentica, primaria, non è quella materiale, ma consiste nel fatto che pure se si soccombe miseramente, fino all’ultimo si sente che la vita è bella e ricca di significato, che si è realizzato tutto quanto in noi stessi, e che la vita era buona”.
“Il mio destino, con tutte le minacce insicurezze fede e amore, mi andava a pennello come un vestito che fosse stato cucito appositamente per me” p. 152)
7 luglio 1942 “Persino dalla sofferenza si può attingere forza…Nella generale rovina delle cose, in tutta la mia stanchezza, sofferenza e così via, rimane pur sempre la mia gioia, la gioia dell’artista nell’osservare le cose, e nel traformarle nel suo spirito in un’immagine sua” (p. 157)

La mandano a lavorare in una fabbrica di munizioni
“Se il nostro odio ci fa degenerare in bestie come sono loro, non servirà più a nulla” (p. 157)
“Dobbiamo osare il gran salto nel cosmo, e allora sì che la vita diventa infinitamente ricca e abbondante, anche nei suoi più profondi dolori” (p. 158)
Vuole portarsi dietro Rilke, Il libro d’ore e Lettere a un giovane poeta, poi l’Idiota di Dostoevskij.

“Si deve diventare così semplici e senza parole come il grano che cresce, o la pioggia che cade” (p. 160)

“Una volta è Hitler; un’altra è Ivan il Terribile…quel che conta è se si riesce a mantenere intatto un pezzo della propria anima” (p. 161)
Si dovrebbe parlare di questioni gravi e importanti solo quando le parole ci vengono semplici e naturali come l’acqua che sgorga da una sorgente (p. 163)
11 luglio 1942
“Se i tratti del mio viso diventeranno brutti e sconvolti dalla sofferenza e dal lavoro eccessivo, allora tutta la vita del mio spirito potrà concentrasi negli occhi” (p. 165)
C’è lo sdegno morale per un regime che tratta così gli esseri umani, ma le cose che accadono sono troppo grandi, troppo diaboliche perché si possa reagire con un rancore e con un’amarezza personali (p. 167)…e mi sembra una curiosa sopravvalutazione di se stessi. Quella di ritenersi troppo preziosi per condividere con gli altri un “destino di massa”
Se non potrò sopravvivere, si vedrà chi sono da come morirò
“E se Dio non mi aiuterà più, allora sarò io ad aiutare Dio” (p. 163, 10 luglio 1942)
“Cercherò di aiutarti perché tu non venga distrutto dentro di me,” (p- 169) siamo noi a dover aiutare te. Possiamo salvare un piccolo pezzo di te in noi stessi, mio Dio. Ci sono persone che mettono in salvo aspirapolvere, invece di salvare te, mio Dio. O vogliono salvare il proprio corpo. Ma non si può essere nelle grinfie di nessuno se si è nelle tue braccia (p. 170)
14 luglio 1942
Se si teme troppo per il nostro corpo, lo spirito viene dimenticato, s’accartoccia e avvizzisce in qualche angolino. ((p. 172)
“L’uomo occidentale non accetta il ‘dolore’ come parte di questa vita: per questo non riesce mai a cavarne fuori delle forze positive” (p. 173)
Parole appassionate che spesso erano fuochi di paglia

Non mi succederà nulla quando riceverò l’ordine di partenza-“tanto, oramai, avevo già vissuto e sofferto anticipatamente ogni cosa- (p. 174) Cfr. il Tiresia di Eliot: io ho presofferto tutto.

Il doloroso grido "io ho presofferto tutto" sarà ricorrente nella letteratura europea: dall'Eneide dove il pio eroe risponde così alla Sibilla che gli ha preconizzato disgrazie:"non ulla laborum,/o virgo, nova mi facies inopinăve surgit;/omnia praecepi atque animo mecum ante peregi "(VI, 103-105), nessun aspetto delle fatiche, vergine, mi si presenta nuovo o inaspettato: io ho presofferto tutto e ho compiuto in anticipo dentro di me con la mente.
In Curzio Rufo Dario dice all’eunuco che gli portava la brutta notizia della morte della moglie Statira: “ cave miseri hominis auribus parcas: didici esse infelix, et saepe calamitatis solacium est nosse sortem suam” (4, 10, 26), non risparmiare le orecchie di un pover’uomo.
Infine il Tiresia di Eliot:"and I Tiresias have foresuffered all ", ed io Tiresia ho presofferto tutto (La terra desolata , 243).

T. S. Eliot in una nota al v. 218 The Waste Land scrisse: " Tiresia, benché sia semplicemente uno spettatore e non un 'protagonista', è però il personaggio più importante del poema, poiché unisce tutti gli altri...e i due sessi si incontrano in Tiresia. Ciò che Tiresia vede infatti è la sostanza del poema". Il veggente cieco nel poema eliotiano rivela la propria sapienza con queste parole:"Io, Tiresia, ho presofferto tutto (v.243)...Io che sedetti sotto Tebe presso le mura/ e camminai tra i più bassi dei morti"(vv.245-246).

“L’Infermo di Dante è davvero un’operetta frivola al confronto”

Il 15 luglio Etty ottiene un impiego nell’Ufficio per gli Affari Culturali del Consiglio Ebraico. “Vittima” del favoritismo. E’ successo un miracolo e anche questo deve essere accettato e sopportato” (p. 178)
19 luglio 1942

22 luglio
Seguo la mia via interiore che è lastricata di benevolenza e di fiducia
23 luglio
Vado avanti e imparo sempre qualcosa dagli uomini.
24 luglio
“Se tutto questo dolore non allarga i nostri orizzonti e non ci rende più umani liberandoci dalle piccolezze e dalle cose superflue di questa vita, è stato inutile” (p. 185)
25 luglio
Il mio silenzio profondo viene lambito da tante parole che stancano perché non dicono nulla,
“Una rosa gialla s’è schiusa al massimo e mi fissa, grande e spalancata (p. 187)
27 luglio
Un malumore mi avverte ogni volta che ho preso una strada sbagliata (p. 189)
28 luglio
Ho camminato lungo i canali come se avessi marinato la scuola
C’è differenza fra temprato e indurito.
Lo amo, ma sposarlo non vorrei. E’ troppo vecchio. “Infinite coppie si formano all’ultimo momento, per disperazione. Preferisco esser sola e per tutti” (p. 191)
“Sono certa che ci sarà continuità tra questa vita e quella che ora verrà. Perché è una vita che si svolge interiormente e lo scenario esteriore ha sempre meno importanza” (p. 192)
Tra il 29 luglio e il 5 settembre non ci sono pagine. Etty nel frattempo è partita per il campo e Spier è morto.
15 settembre 1942, Etty è malata. Ha ricevuto il permesso di tornare ad Amsterdam per alcuni giorni
“Il tuo “tu” è stato per me una delle parole più carezzevoli che mi siano mai state dette da un uomo –e sai bene che ero abituata a sentirne tante.
Hören Sie mal! Stia un po’ a sentire
17 settembre
Riposare in se stessi, io riposo in me stessa, la parte più profonda e ricca di me io la chiamo Dio 201 Amare è hineinhorchen ascoltare dentro se stessi, gli altri, il contesto di questa vita.

“In fondo, la mia vita è un ininterrotto ascoltar dentro me stessa, gli altri, Dio., in realtà è Dio che ascolta dentro di me” (p. 202)
“Molti uomini sono ancora geroglifici per me, ma pian piano imparo a decifrarli. E’ la cosa più bella che conosca: leggere la vita degli uomini” (p. 204)
Parlo sempre ancora in modo più espressivo e lucido di quanto non sappia scrivere
“Si è a casa sotto il cielo. Si è a casa dovunque su questa terra, se si porta tutto in noi stessi” (p. 206)
Vorrei proprio vivere come i gigli del campo (p. 207)
23 settembre
Non si combina niente con l’odio.. non dovremmo arrivare al punto di odiare i nostri cosiddetti nemici. Siamo ancora abbastanza nemici fra noi. Ognuno di noi deve raccogliersi e distruggere in se stesso ciò per cui ritiene di dover distruggere gli altri…ogni atomo di odio che aggiungiamo al mondo lo rende ancora più inospitale

Matteo 6, 33 il mio arricchimento. S. era “l’ostetrico della mia anima”.

Oltre i discorsi vuoti e infiammati di uomini intimoriti, esiste anche la realtà del ciclamino rosso-rosa e del grande orizzonte che si può scoprire dietro il chiasso e la confusione di questo tempo” (p. 215)
25 settembre
Matteo, 5, 23. Riconciliati con tuo fratello prima di portare un’offerta all’altare
Rilke è stato uno dei miei grandi educatori
28 settembre
Audi et alteram partem
Aprirci un varco fino alle sorgenti originarie che abbiamo dentro, che io chiamo Dio.
Matteo 6, 34 Non affannatevi per il domani. A ciascun giorno basta la sua pena.
Non siate inquieti per il domani, perché il domani avrà le sue inquietudini; a ciascun giorno basta la sua pena (p. 221))
“In fondo, il nostro unico dovere morale è quello di dissodare in noi stessi vaste aree di tranquillità, di sempre maggior tranquillità, finché si sia in grado di irraggiarla anche sugli altri.
Questo chiasso sterile che si diffonde come una malattia contagiosa cfr. la pubblicità
Si lamentano delle privazioni le vite impoverite, le vite povere
30 settembre
Ho delle responsabilità verso quelli che vorrei chiamare i miei talenti, Devo rimanere fedele a tutti ma devo anche essere fedele al mio talento
“Da qualche parte di me c’è un’officina in cui dei titani riforgiano il mondo” (p. 223)
L’idea del dolore va distrutta, mentre il dolore vero può essere fruttuoso e può rendere la vita preziosa.
“E se si distruggono i preconcetti che imprigionano la vita come inferriate, allora si libera la vera vita e la vera forza che sono in noi” p. 224, 30 settembre)
“La morale moderna consiste nell’accettare i luoghi comuni della nostra epoca, ed io credo che per un uomo colto l’accettare i luoghi comuni della propria epoca sia la più rozza forma di immoralità”8.

Quando si ha bisogno di tante argomentazioni c’è qualcosa che non va (p. 224)
Aspetto ancora un tuo cenno, mio Dio.
Non provocare a bella posta gli dèi che ti hanno organizzato meravigliosamente ogni cosa, non distruggere il tuo lavoro
Fiorire e dare frutti in qualsiasi terreno si sia piantati
Gli uomini cercano negli altri uno strumento per coprire la propria voce interiore. Se ascoltassimo solo un po’ di più questa voce…quanto meno caos ci sarebbe.
8 ottobre 1942
Rileggerò sant’Agostino. E’così austero e così ardente. In fondo quelle a Dio sono le uniche lettere d’amore che si dovrebbero scrivere. Sono presuntuosa a dire che possiedo troppo amore per darlo a una persona sola?
L’idea che per tutta la vita si debba amare sempre e soltanto una persona mi sembra infantile. Può impoverire e inaridire parecchio.
L’amore per la persona reca più felicità e buoni frutti che l’amore per il sesso
12-10-42
Le mie impressioni sono sparse come stelle sfavillanti sullo scuro velluto della memoria (p. 236)
“Credo che l’anima abbia una determinata età fin dalla nascita, e che questa età non cambi più” (p. 236)
S. diceva sempre: “Chi mi dice che la sua anima non sia più vecchia della mia” (p. 236)

Lettere da Westerbork
3 luglio 43 a Jopie e Klaas, cari amici pp. 243-247
Nelle grandi baracche si vive come topi in una fogna.
Possiamo soffrire ma non dobbiamo soccombere.
Il nostro nucleo interiore diventa sempre più forte

10 luglio ‘43
Maria, ciao
La maggior parte delle persone non è in grado di sopportare il proprio destino.
“Non bisogna lasciarsi consumare dal dolore e dalle preoccupazioni per la famiglia al punto di non provare più interesse e amore per il prossimo. Sono sempre più convinta che l’amore per il prossimo, per qualsiasi creatura a somiglianza di Dio, debba stare più in alto dell’amore per i parenti” (p. 248)
Il sole dà spettacolo ogni sera con un tramonto diverso.
Il mondo è bello anche nei luoghi descritti come desolati. Del resto la maggior parte dei libri non vale nulla e dovremmo riscriverli.

11 agosto 1943 (p. 250)
Qui è una situazione disperata se non guardi alle apparenze come a pittoreschi accessori che non intaccano il grande splendore che può essere una parte inalienabile della tua anima.
Mi dicono “tu volgi proprio tutto in bene”. E’ un’espressione priva di coraggio. Le cose sono dappertutto completamente buone e, al tempo stesso, completamente cattive. Così si bilanciano. Io non ho mai la sensazione che devo volgere qualcosa in bene, tutto è sempre e completamente un bene così com’è. Ogni situazione è qualcosa di assoluto e contiene il bene come il male
L’espressione “volgere qualcosa in bene” mi disgusta (p. 253)

Westerbork, 18 agosto
A Tideke
Mi hai resa così ricca, mio Dio, lasciami anche dispensare agli altri a piene mani. Lacrime di riconoscenza sgorgano da una profonda emozione e riconoscenza

21-8-1943
Ci sono bambini anche neonati
6-7-9 ‘43
Scritta da Jopie agli amici di Etty
Etty è partita Ho con e i miei diari, la mia piccola Bibbia, la mia grammatica russa, Tolstoj e non so quante altre cose
Mille abilitati alla deportazione anche i genitori e il fratello
Era anche un po’ contenta di vivere il destino a lei riservato

giovanni ghiselli

Appendice
Seneca invece dice che dio ha creato il mondo perché è buono.
Quaeris quod sit propositum deo? Bonitas. Ita certe Plato ait: “quae deo faciendi mundum fuit causa? Bonus est: bono nulla cuiusquam boni invidia est; fecit ita quam optimum potuit” (Ep. 65, 10)
E in Ep. 95: “Vis deo propitare? onus esto. Satis illos coluit quisquis imitatus est
Tale imitari è quella che Socrate chiama oJmoivwsi~ qew`/ , un farsi simile a dio. Questa oJmoivwsi~ è una fuga (fughv) dal mondo dove si aggira il male. E questo fuggire per andare lassù è assimilarsi a Dio il più possibile, ossia acquistare giustizia, santità e sapienza per divenire giusto e pio con sapienza ( fugh; de; oJmoivwsi~ qew`/ kata; to; dunatovn: oJmoivwsi~ de; divkaion kai; o{sion meta; fronhvsews genevsqaiTeeteto, 176a -b).

Seneca ricorda Platone il quale nel Timeo ha scritto che il mondo è bello e il suo artefice è a[risto" (28a-29a).
Vediamo meglio: “eij me;n dh; kalov" ejstin o[de oJ kovsmo" o{ te dhmiourgo;" ajgaqov", dh'lon wJ" pro" to ajivdion e[blepen (29a), se è bello questo mondo e l’artefice è buono, è chiaro che guardò al modello eterno, se no, ma questo non è neppure lecito (qevmi") dirlo, egli guardò a un modello nato. Ma è chiaro che guardò a quello eterno, e siccome il cosmo è kavllisto" tw'n gegonovtwn, il più bello dei nati, il demiurgo è a[risto" tw'n aijtivwn, è il migliore degli autori. 29a
L’artefice dunque era buono ajgaqo;" h\n (29e) e in uno buono non nasce mai nessuna invidia oujdei;" fqovno" ajgaqw' ejggivgnetai.
Immune dall’invidia, l’artefice volle che tutte le cose diventassero simili a lui il più possibile
30 a Poi, volendo che tutte le cose fossero buone (ajgaqa; pavnta) e nessuna priva di valore (flau'ron de; mhde;n ei\nai) per quanto possibile. Prese quanto c’era di visibile (pa'n oJratovn) e non stava quieto (oujc hJsucivan a[gon) ma si agitava senza regola e ordine (ajlla; kinouvnenon plhmmelw'" kai; ajtavktw"), lo ridusse dal disordine all’ordine eij" tavxin aujto; hgagen ejk th'" ajtaxiva". Insomma non è lecito all’artefice ottimo fare altro che la cosa più bella.
In conclusione si deve dire dei' levgein, kata; lovgon, che questo cosmo è una creatura animata e intelligente tonde to;n kovsmon zw'on e[myucon e[nnoun e davvero generato dalla provvidenza di Dio te th'/ ajlhqeiva/ dia; th;n tou' qeou' genevsqai provnoian (30b)
E’ Timeo che parla

Giovanni Ghiselli 
23 marzo, Bologna


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1 B. Snell, Eschilo e l'azione drammatica , p. 141.
2 Morte di un commesso viaggiatore, in A. Miller, Teatro, trad. it. Einaudi, Torino, 1959, p. 294.
3 Composte intorno al 410 a. C.
4 Seneca cita questo verso traducendolo così: “ut ait ille tragicus ‘veritatis simplex oratio est’, ideoque illam implicari non oportet” (Ep. 49, 12), come dice quel famoso poeta tragico “il linguaggio della verità è semplice”, e perciò non deve essere complicata.
5 Si ricordi quanto si è detto a proposito della poikiliva (21. 3).
6 Iliade, XI, 832.
7 Dante, Inferno, XII, 71.

8 Il ritratto di Dorian Gray, p. 88.

Allegoria e simbolo. Umanesimo e anti umanesimo. La deterrenza umana

    Oggi mi chiedo per quale ragione un mese di Elena mi ha dato più felicità che tutti gli anni passati con decine di altre. La stori...