martedì 17 marzo 2015

Seconda parte della presentazione del libro "Arte. Sette anni di riflessioni sull’arte e dintorni" di Lidia Pizzo

Sette anni di  riflessioni sull’arte e dintorni

Presentazione del libro di Lidia Pizzo
Per le riviste In Camper” e “Nuove Direzioni-Cittadino e Viaggiatore”
Thema edizioni, Città Di Castello, 2014.

Oggi presento il secondo capitolo

La bellezza salverà il mondo.
L’autrice questa volta vuole farci riflettere sull’homo aestheticus.
Tutti cerchiamo la bellezza, avremmo anzi la pretesa di essere consumatori di bellezza. Il fatto è che pochi si intendono di vera bellezza.
Si potrebbe ripetere di molti cafoni arricchiti quello che dice il filosofo neoplatonico Nigrino di Luciano nel denunciare la pacchianeria dei ricchi romani che si rendono ridicoli sfoggiando ricchezze:"pw'" ga;r ouj geloi'oi me;n oiJ ploutou'nte" aujtoi; ta;" porfurivda" profaivnonte" kai; tou;" daktuvlou" proteivnonte" kai; pollh;n kathgorou'nte" ajpeirokalivan; (Nigrino , 21), come fanno a non essere ridicoli i ricchi con le loro stesse persone dal momento che mentre mettono in mostra le vesti di porpora e protendono le dita delle mani denunciano il loro cattivo gusto?

“Il tutto è offerto e dispiegato da una pubblicità martellante e anch’essa molto attraente” (p. 22).
Un’attrazione che d’altra parte fa presto a capovolgersi in disgusto.
“Ma, tu sai che ogni medaglia ha il suo rovescio: se vogliamo cose belle, le vogliamo anche “mostrare” e a forza di esibire ogni cosa, compreso il corpo nostro, mi sembra che il senso della vita sia salito tutto in superficie, per cui diventa bello e soddisfacente solo l’apparire”.
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Il Satyricon di Petronio rappresenta un mondo “ubi sola pecunia regnat" (14) dove solo il denaro comanda, e tutto il resto è venale, si compra e si vende
Appena entrato nella sala del banchetto, addobbato di rosso, Trimalchione ostenta gli anelli portati nella mano sinistra: uno grande placcato d'oro (anulum grandem subauratum Satyricon, 32, 3) e uno  d'oro massiccio, ma tutto come costellato di pezzetti di ferro (totum aureum, sed plane ferreis veluti stellis ferruminatum). Quindi  il liberto divenuto gigante dell’intrapresa privata denuda il braccio destro armilla aurea cultum et eboreo circulo lamina splendente conexo (32, 4), ornato da un bracciale d'oro e di un cerchio d'avorio intrecciato con una lamina luccicante, infine si cincischia i denti con uno stuzzichino d'argento (pinna argentea dentes perfōdit, 33). E' un monumento classico, aere perennius, al cattivo gusto, alla volgarità dell'eterno cafone arricchito.
“Addirittura firme, marchi, sigle e via via griffando, diventano motivi di aggregazione per certi gruppi di persone. Pensa a quelli che amano le Ferrari o che vestono Valentino o posseggono qualche cosa molto pubblicizzata e così via”.
Insomma, ne inferisce la Pizzo: “se fino a poco tempo fa ci aggregavano ideali condivisi o anche ideologie, e quindi era l’etica che ci teneva uniti, oggi ci unisce l’estetica”.
Del resto, come le ideologia univano gli individui in gruppi separati, talvolta contrapposti tra loro, così oggi l’idea del bello non è la stessa per tutti.
L’autrice quindi invita noi lettori “a dare uno sguardo “critico”…a quella scatola infernale che è la televisione”.
Ricorderete certo che Pasolini l’aveva accusata di “genocidio culturale”.
Quello che accade in televisione, continua l’autrice, diventa la realtà prima per i teledipendenti, mentre le cose, i fatti, gli eventi della vita reale divengono ombre che si vedono “a malapena” e comunque lasciano indifferenti, anche se si tratta di azioni criminose o di avvenimenti catastrofici.
Il reale viene derealizzato mentre ogni cosa finta diventa “reality show, che di reale non ha niente”.
Un poco alla volta diventiamo indifferenti alla natura: “così un tramonto, un fiore, la ramatura ampia di un albero non ci dicono più niente” (p. 23)

“Generazioni spietate giacciono a terra prive di compassione". Sofocle con questi versi (180-181) prevedeva   i giovani con lo sguardo fisso nel telefonino e presoffriva i  genitori deficienti che rendono deficiente la prole.
“E se la bellezza ci è indifferente, ci dà emozione, per converso, ciò che è brutto e ripugnante: l’uccisione di un figlio o di un genitore, uno stupro di gruppo, una violenza a un diversamente abile e così via” (p. 23)
Quindi la Pizzo ricorda che “Dostoevkij ne l’Idiota faceva dire a quell’uomo assolutamente buono e straordinariamente intelligente…il principe Miskin, che “la bellezza salverà il mondo”. Infatti, la bellezza riuscirà a comporre in modo armonico le differenze della realtà tirandole fuori dal caos in cui sono immerse, per cui essa, non si sa per quale arcana via è congiunta anche col bene” (p. 25)
In greco c’è la nota   parola kalokajgaqiva che unisce lessicalmente il bello al bene in una crasi quasi teologica.
Ma oggi il bene dov’è?,  domanda l’autrice. “Cosa non ha funzionato se guerre e violenze scoppiano in ogni angolo del mondo e i morti si contano a migliaia e l’olocausto degli innocenti non finisce mai?”
Sentiamo anche la risposta della stessa Pizzo: “Secondo me, a essersi realizzata è stata solo l’estetizzazione del mondo e delle cose in quanto cosmesi, belletto, maquillage, che non ha tenuto conto dell’etica, degli ideali, cioè, vecchi o in divenire che siano, che potrebbero ancorarci a una qualche realtà stabile e darci quel senso di appartenenza saldata a dei valori condivisi, per cui la vita potrebbe avere un senso ontologico profondo” (p. 25)
. Platone sostiene che la cosmetica, il trucco,  è"kakou'rgov" te ouj'sa kai; ajpatalh; kai; ajgennh;" kai; ajneleuvqero"", dannoso, ingannevole, ignobile, servile. Inganna  con forme esterne, colori, con la levigatezza e con le vesti  sì che  fa trascurare la bellezza autentica che si ottiene solo mediante la ginnastica (Gorgia, 465b).

Siamo arrivati alla conclusione del capitolo sulla bellezza.
L’effetto omologante dei mezzi di comunicazione “ha implicato un’uguaglianza di tutte le cose, una omogeneizzazione di gesti e comportamenti che ci rendono indifferenti a qualunque differenza.
Infatti, come tu puoi constatare, amico/a mio/a, a ogni pie’  sospinto se accade un omicidio o qualche altra efferatezza, la prima cosa che si chiede alla parte lesa è se perdona l’offesa, perché è solo in tal modo che il “differente” (il gesto malvagio) rientra nell’in-differente, nell’estetica dell’in-differente, del bello apparente, del bel gesto estetico del perdono e niente più. Ecco perché …non ci sdegniamo più davanti alle indegnità degli uomini”
Un altro mezzo usato dai criminali stessi per ottundere il giusto sdegno nei confronti del loro crimine è dire che non volevano, non sapevano, che non dormono più la notte, che stanno male, peggio loro delle vittime
Lascio le ultime parole alla Pizzo: “Tutto ci passa accanto nell’assoluta indifferenza: morti, uccisioni, guerre, violenze, e turpitudini varie suscitano il nostro sdegno solo per il volgere di un battito di ciglia. Subito dopo il pensiero torna, come sempre, alla spesa al supermercato del superfluo incantamento, al biscottino del Mulino Bianco, alla griffe sul vestito, sui mobili, sulla biancheria intima…e Amen


Giovanni Ghiselli 

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