giovedì 12 maggio 2022

Sofocle, "Edipo re". 30. vv. 233-251

Adolfo De Carolis, Edipo re
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Edipo fa l'ipotesi che qualcuno disobbedisca al suo ordine: costui dovrà essere escluso dagli affetti e dai riti della comunità poiché contribuisce a contaminare la terra. Il re, in qualità di alleato del dio pitico e del predecessore ucciso, maledice l'autore o gli autori del delitto, poi allarga la maledizione a tutti i complici e fiancheggiatori, compreso se stesso, qualora dovesse essere scoperto come tale, o comunque implicato nell'assassinio di Laio.
 
Traduzione 233-251
"Ma se tacerete e qualcuno spaventato
o per un amico, o anche per sé, respingerà questa parola
le cose che farò in conseguenza di questa trasgressione, queste dovete ascoltare da me./ 235
Quanto a quest'uomo, proibisco, chiunque egli sia,
che in questa terra di cui io assegno le cariche e i seggi
lo accolga e gli rivolga la parola alcuno
o lo faccia partecipare alle preghiere degli dei e ai sacrifici
o lo renda partecipe dell'acqua lustrale; 240
ma tutti lo respingano dalle case, poiché costui
è contaminazione per noi, come l'oracolo pitico
del dio, ha rivelato or ora a me.
Io dunque tale alleato del dio
e dell'uomo morto mi trovo ad essere. 245
E contro  l'autore lancio un’imprecazione: sia che
essendo solo è rimasto celato, sia con l'aiuto di più,
che l'infame da infame consumi una vita alienata,
Poi aggiungo questa imprecazione: se in casa mia
partecipasse al mio focolare, sapendolo io, 250
possa soffrire la sciagura che ho augurato or ora a costoro".-
 
Commento
 
233 siwphvsesqe: la diatesi media del futuro di siwpavw esprime l'interesse personale del soggetto nel tacere.
 -fivlou: l'ho  inteso (come cautou') quale genitivo dipendente da deivsa" che riprende il deivsante" del v.11, mentre la parola contigua nel prologo,stevrxante", è riecheggiata da cavri" del v.232. 
Torna la contrapposizione paura-amore. E' tipico di chi ha sofferto solitudine e carenza di affetti da bambino, interpretare tutto in termini fortemente affettivi.
-234ajpwvsei=futuro di ajpwqevw che significa respingo e rifiuto. Lo troviamo, nella diatesi media, in altri due luoghi sofoclei, confrontabili con questo. Nell'Elettra,  Crisotemi, alla sorella che la invita a osare, risponde:"ei[ ti" wjfeliva g j, oujk ajpwvsomai"(v.941), se c'è qualche utilità, non mi rifiuterò; nelle Trachinie, Illo, a Eracle che gli ha ordinato di sposare Iole, dopo qualche riluttanza risponde:"Toiga;r poihvsw, koujk ajpwvsomai"(v.1249), dunque lo farò e non mi rifiuterò, e conclude:"infatti non potrei mai apparire cattivo obbedendo al padre".
Ebbene qui Edipo teme che il suo ordine venga respinto poiché egli stesso sospetta che sia inutile e che la propria credibilità di re-padre(cfr. v. 1) stia tramontando.
-to[upo"=to; e[po": è l'ordine appena decretato.
 
236 ajpaudw'=proibisco: regge eijsdevcesqai del v. 238 il cui soggetto è tinav (238) , mentre to;n a[ndra (…) tou'ton (236)  è il suo complemento oggetto.
237ejgw; kravth (…) nevmw: il tono diventa autoritario, come se Edipo intendesse:"se non potrò essere il padre, sarò il padrone vostro".
Il verso 237 echeggia lo scatto autoritario del Creonte dell'Antigone il quale sembra confondere ejgwv ed e[cw:"ejgw; kravth dh; pavnta kai; qrovnou" e[cw",io detengo tutti i poteri e i seggi. Nella nostra tragedia invero il potere è meno accentrato in quanto l'autocrate non detiene, ma assegna cariche e favori attraverso i parenti (cfr. v. 598, dove Creonte afferma:"infatti l'ottenere per loro è tutto nelle mie mani".)
La più interessante smontatura del potere- kravto~- si trova nelle Baccanti di Euripide dove Tiresia dice al re di Tebe:
Su Penteo, da' retta a me:
non presumere che il potere (to; kravto~)  abbia potenza (duvnamin)  sugli uomini, (vv. 309-310)
 
-238 ejsdevcesqai: non solo questo ma anche  gli infiniti che seguono, fino a nevmein (240) , dipendono da ajpaudw'.
-mhvte prosfwnei'n tina l' espressione è echeggiata tale e quale da Euripide nell'Oreste (v.47) a proposito del decreto di Argo contro i fratelli matricidi.
-239 eujcai'si: il castigo è l'esclusione dalle cerimonie e dagli affetti della comunità: più che una condanna in termini laici e legali, una pena di tipo religioso, con l'allontanamento dalla communio sanctorum , sociale e familiare. Vi confluiscono il ricordo dell'abbandono da parte dei genitori, e la memoria di antichi riti che Demostene(Contro Leptine XX,158) fa risalire a Dracone, ed Eschilo (Coefore 291-295) situa nella Micene dei Pelopidi: Oreste teme che, se non vendicherà il padre, il popolo lo escluderà da conviti, libagioni, e nessuno lo riceverà.
 Tra i Germani di Tacito, vengono esclusi dai sacrifici e dalle assemblee quelli che hanno abbandonato lo scudo, e ne provano un tal senso di ignominia che si tolgono la vita:"Scutum reliquisse praecipuum flagitium, nec aut sacris adesse aut concilium inire igniminioso fas, multique superstites bellorum infamiam laqueo finierunt "(Germania , 6).
Questo decreto di Edipo infine ricorda quello di Creonte nell'Antigone ("mhde; kwku'saiv tina", v.28; "mhvte kwku'saiv tina", v.204, e che nessuno lo pianga, detto prima da Antigone poi da Creonte in tono diverso naturalmente)
240 cevrniba": è l'acqua che passa sulle mani per purificarle(ceir, nizein, lavare).
-241 wjqei'n: ora si deve sottintendere un verbo come keleuvw.
242 -hJmivn=con la vocale finale breve, come al v.39. E' dativus incommodi .
243-ejmoiv=Edipo prima dà ordini, lui solo, a tutti (pavnta" 242), poi cerca di sentirsi inserito (hJmi;n 243) nella comunità minacciata, infine si erge solitario  con questo pronome di prima persona, quale detentore unico del verbo divino che gli si sarebbe rivelato; è lui dopotutto a sottolinearsi quale isolato e contrapposto rispetto alla comunità, e, dunque, è fonte probabile della lordura che contamina tutti.
244-ejgw;=torna l'ipertrofico io  di Edipo ad occupare la prima sede del verso 244, dopo avere riempito l'ultima del 243: questa enfatizzazione di sé è peccato etico religioso ed estetico.
Mettersi continuamente in mostra non è signorile, anzi è una forma di affettazione.
Sentiamo Tolstoj: Una nobile semplicità si trova in Anna Karenina :" Levin riconobbe le maniere piacevoli della donna del gran mondo, sempre calma e naturale (…) Non soltanto Anna parlava con naturalezza e intelligenza, ma con un'intelligenza noncurante, senza attribuire alcun pregio ai propri pensieri e attribuendo invece gran pregio ai pensieri dell'interlocutore"[1] .

245-suvmmaco"=il termine militaresco evoca la guerra già maledetta dal coro , per cui il daivmwn del quale Edipo si proclama alleato, è piuttosto Ares che Apollo.
 
246kateuvcomai:comincia la serie delle maledizioni, ajraiv, subito dopo prolungata con ejpeuvcomai (v. 249), contro chi non voglia obbedire al bando.
247 –ei|": Creonte aveva detto che Laio era stato ucciso da più briganti (lh/stav",v.122) con una moltitudine di mani (su;n plhvqei cerw'n,v.123). Edipo invece fa prima l'ipotesi dell'assassino solo:  la traccia mnestica del proprio delitto e il senso dell'isolamento gli fanno anteporre una possibilità nemmeno menzionata dal cognato. Il tiranno generato dall'u{bri" (cfr.v.873) infatti si muove in una solitudine tremenda.-
247levlhqen: il perfetto (di lanqavnw) significa il perdurare nel presente di un'azione iniziata nel passato.
pleiovnwn -mevta: anastrofe con baritonesi.  
248a[moron: l'assassino è alienato siccome non partecipata alla sua stessa esistenza: l'uomo negativo e distruttivo non prende parte (mevro") alla vita costruttiva.
 Le prime due sillabe di questa parola e la precedente(nin= aujtovn) formano un tribraco.
-ejktri'yai=inf. aor. di ejktrivbw, cfr. latino tero. Ho tradotto "consumi", poiché il consumista integrale è un fanatico distruttivo, il  quale  con il volgere delle stagioni non vede crescere nuovi frutti sull'albero dell'esperienza, e non progredisce con lo spirito, ma si logora nella carne, si riempie voracemente di tutto peggio delle bestie prone e obbedienti al ventre.
 
249 eij..gevnoit j : protasi della possibilità, con apodosi (paqei'n 250) in dipendenza infinitiva.
xunevstio":= è chi condivide il focolare. L'idea della propria comunanza con l'assassino è deprecata con una insistenza che non c'è nella maledizione indirizzata ad altri che a sé stesso, anatema dove non si trova un rapporto così intimo fra i possibili complici. Edipo sente che il pericolo lo riguarda assai da vicino. Nel primo stasimo dell'Antigone (vv.370-374) il coro si augura che non sia suo parevstio", compagno di focolare, l'a[poli", il bandito dalla città con il quale non convive il bello morale.
Edipo alla fine di questo dramma sarà appunto bandito da Tebe.
 252- hjrasavmhn: aoristo da ajravomai. L’ajrav, maledizione, imprecazione, coglie il segno quando proviene dalla vita stessa nei confronti di chi l’ha offesa. Cfr. quanto dice il torturato Winston al torturatore O’ Brien: “Something will defeat you. Life will defeat you”, qualche cosa vi sconfiggerà. La vita vi sconfiggerà” (Parte terza, capitolo 3)


Bologna 12 maggio 2022- ore 17, 39
giovanni ghiselli

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[1] Anna Karenina (1873-1877), trad. it. Milano, 1965, pp 703 e 704.

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