Lucio torna a casa, quindi va a Roma, nella sacrosancta civitas (11, 26). Iside a Roma è venerata nel Campo di Marte. Era dicembre e giunse il nuovo anno. All’io narrante manca il fatto di essere iniziato a Osiride.
Plutarco scrive che [Osiri~ trae il nome dalla fusione di o{sio~ santo e iJerov~, sacro, la sintesi del santo celeste e del sacro infero. Il nome Osiride è greco, quello egiziano Sarapide (De Iside, 61). Osiride sbranato da Set corrisponde allo sparire della luna.
Lucio sogna, poi da sveglio vede un pastòforo un sacerdote con immagini sacre che gli ricorda l’immagine onirica-nocturnae imagini congruentem- e si chiama Asinio Marcello, reformationis meae non alienum nomen (11, 27), un nome associato alla metamorfosi di Lucio. Anche questo sacerdote era stato preavvisato da un sogno: il grande dio Osiride gli aveva detto mitti sibi Madaurensem sed admodum pauperem, cui sacra sua deberet ministrare che gli era stato inviato un uomo di Madaura molto povero cui doveva somministrare i suoi sacri misteri. A quest’uomo-Apuleio- sarebbe derivata grande gloria negli studi. Lucio dunque rinnega l’origine greca vantata nei primi capitoli. Diventa quello che è. Apuleio era nato a Madaura.
Lucio viene consacrato anche a Osiride. E’ molto povero e deve vendere il suo vestito. L’ordine del dio è di abbandonarsi alla povertà. Quindi si astenne da carni animali e si rasò. Poi poté alzare il suo tenore di vita patrocinando cause in lingua latina (28) .
Infine una terza iniziazione. Gli viene ordinata nel sonno- cogor tertiam quoque telĕtam sustinere (XI, 29) . Lucio si astenne dai cibi animali per più di dieci giorni, spontali sobrietate con spontanea temperanza (30) I suoi guadagni di avvocato comunque crescevano. Infine gli apparve in sonno Osiride invitandolo a continuare le sue arringhe senza curarsi delle calunnie dei malevoli che la faticosa dottrina dei miei studi suscitava in quel luogo malevolorum disseminationes quas studiorum meorum laboriosa doctrina ibīdem exciebat (11, 30). E’ la provocazione del genio sui mediocri, del colto sugli ignoranti. Osiride lo elesse tra i pastofori, il collegio dei sacerdoti che portavano l’immagine del dio dentro dei pastoiv, dei tempietti. Fu rasato e inserito anche tra i decurioni quinquennali, un antichissimo collegio che risaliva al tempo di Silla.
Fine dell’Asino d’oro di Apuleio
Prima Appendice
Lo stile di Apuleio secono Huysmans.
La collezione di des Esseintes “saltava Frontone (…) scavalcava le Notti Attiche di Aulo Gallio, discepolo di Frontone e amico suo: mente sagace e indagatrice, ma, come scrittore, impegolato in una melma attaccaticcia; e sostava davanti ad Apuleio, presentato nell’edizione principe, in –folio, stampata a Roma nel 1469.
Questo africano gli richiamava in volto il sorriso.
Nelle sue Metamorfosi il latino raggiungeva la pienezza: travolgeva seco limi, acque diverse, affluite da tutte le province; e tutte si mescevano, si confondevano in una tinta bizzarra, esotica, quasi nuova. Vezzi, particolari nuovi della società latina trovavano la loro piena espressione in neologismi scaturiti, in quell’’angolo d’Africa romano, dalle necessità della conversazione.
Inoltre lo divertiva quella sua esuberanza d’uomo evidentemente pingue, quella sua esuberanza meridionale. Apuleio gli appariva così come un gaio e salace mattacchione vicino agli apologisti cristiani che fiorivano nello stesso suo secolo” (p. 46).
Quindi viene menzionato “il soporifero” Minucio Felice, e Tertulliano che “mentre le follie d’Asia, le sozzure del paganesimo scorrevano come un fiume in piena…raccomandava con la maggiore serietà l’astinenza carnale, la frugalità nel cibo, la modestia nel vestire, quando Elagabal[1], incedendo su polvere d’argento e sabbia d’oro, cinto di tiara il capo, i paludamenti tempestati di gemme, accudiva nel cerchio dei suoi eunuchi a lavori donneschi; si faceva chiamare Imperatrice e mutava ogni notte Imperatore, eleggendoselo di preferenza tra i barbitonsori, i rovinasalse ed i cocchieri del circo. Questo contrasto estasiava Des Esseintes. Aggiungi che il latino, giunto con Petronio all’apice della perfezione, cominciava a corrompersi; la letteratura cristiana, imponendosi, introduceva con le nuove idee nuove parole, costrutti inusitati, verbi sconosciuti, aggettivi di senso lambiccato, vocaboli astratti: rari sin allora nella lingua romana, e che Tertulliano era stato il primo ad adottare ” ( Huysmans, A ritroso, p. 47)
Nel “De cultu feminarum Tertulliano scongiura le donne di non pararsi di gioielli e di stoffe preziose ed interdice l’uso dei cosmetici perché s’arrogano di emendare la natura e di abbellirla. Queste idee, diametralmente opposte alle sue, lo facevano sorridere” (A ritroso, p. 46)
Bologna 26 maggio 2022 ore 10, 48
giovanni ghiselli
p. s
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