NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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martedì 31 maggio 2022

Sofocle, Edipo re, primo episodio, vv.378-403.


Sommario

Il re sospetta una congiura di palazzo contro la sua autorità, ma Tiresia lo invita a guardare e cercare dentro se stesso. Allora il figlio di Laio scaglia un'invettiva contro la ricchezza e il potere , in quanto suscitano e adunano invidia da varie  parti: da Creonte , il presunto amico che ordiva trame diaboliche, e da Tiresia, il prete imbroglione, avido di profitto e incompetente di vaticini, se è vero che l'enigma della Sfinge venne risolto non da lui, ma dal nuovo arrivato, lui stesso, Edipo,  che senza sapere nulla confutò il mostro deleterio. Ma ora i due cospiratori pagheranno con dolore il complotto fallito.

 

Traduzione 378-379

Edipo

Sono di Creonte o di chi queste trovate? 378

Tiresia

Creonte per te non è certo un danno, ma lo sei tu stesso per te

 

Commento

Il  prete cristiano del romanzo Il Processo  di Kafka avvisa l'imputato K: "Cerchi troppi aiuti negli altri- disse il sacerdote disapprovando-, specialmente tra le donne. Ma non ti accorgi che questo non è il vero aiuto?", IX, nel duomo p.218)

Altrettanto fa Tiresia che ammonisce Edipo di non indagare all'esterno bensì in se stesso.

 

Traduzione 380-389

Edipo

O ricchezza e potere e arte che prevale380

sull'arte nella vita piena di emulazione

quanta invidia si serba accanto a voi,

se per questo regno che, regalato,

non richiesto, la città mise nelle mani mie

da questo, Creonte, il fedele, l'amico della prima ora,

fattosi sotto di nascosto, desidera cacciarmi

dopo avere subornato un tale astrologo, tessitore di frodi

imbroglione, accattone, che nei lucri

soltanto ha imparato a vedere, ma quanto all'arte è cieco di natura389

 

Commento

 w\ plou`te kai; turanniv 380 Una maledizione del potere si trova anche nello Ione  di Euripide, in bocca al protagonista  che non esulta all'idea di divenire principe di Atene:

"Il potere è elogiato a torto poiché ha piacevole la facciata, ma dentro è penoso: chi infatti è felice, chi fortunato, se tira avanti tra le paure e guardando di traverso il corso della vita?"(vv. 621-625).

Né gode di migliore considerazione la ricchezza:

"Potresti dire che la ricchezza supera tutto e che essere ricchi è un piacere: ma io non amo tendere l'orecchio ai rumori né avere travagli tenendo tra le mani la ricchezza: vorrei un moderato benessere-mevtria- senza affanni"(vv. 629-634). 

Pure Isocrate maledice ricchezza e potere:cfr. Areopagitico, 4 :" ajlla; suntevtaktai kai; sunakolouqei' toi'" me;n plou'toi" kai; dunasteivai" a[noia kai; meta; tauvth" ajkolasiva", ma alla ricchezza e al potere è coordinata e segue la pazzia e con questa la licenza

Un altro anatema del "bene fallace" costituito dal potere si trova nell'Oedipus  di Seneca:"Quisquamne regno gaudet? O fallax bonum,/quantum malorum fronte quam blanda tegis "(vv. 6-7), qualcuno gioisce del regno? O bene ingannevole, quanti mali copri sotto un'apparenza così lusinghiera!. Nelle Fenicie Seneca fa dire a Giocasta che Eteocle pagherà a caro prezzo la sua pena con il fatto di essere re:"poenas, et quidem solvet graves: regnabit "(v.645).

Chiudo la rassegna ricordando l'elogio dantesco del santo cristiano il quale ebbe l'eroica forza di amare la donna "dispetta e scura" che incarna la mancanza dei beni materiali :"Francesco e Povertà per questi amanti/prendi oramai nel mio parlar diffuso"( Paradiso , XI, 74-75).  

382 fqovno~.  L'invidia secondo Schopenhauer,  è "l'anima dell'alleanza..tacitamente stipulata..di tutti i mediocri contro il singolo individuo eccellente di qualsiasi specie"(Parerga e Paralipomena , tomo II, p. 610). 

 

Traduzione 390-392

Edipo

Poiché, avanti, dimmi, dov'è che sei un profeta lucido? 390

Come mai, quando era qui la cagna cantatrice,

non dicevi qualche cosa di liberatorio a questi cittadini? 392

Commento

hJ kuvwn v.391.Tito Livio (I,4) narra che una lupa offrì la mammella a Romolo e Remo i quali poi vennero raccolti dal pastore Faustolo che li portò nella sua capanna perché li allattasse la moglie Laurenzia. Quindi aggiunge una spiegazione razionalistica della leggenda:"Sunt qui Laurentiam  vulgato corpore, lupam inter pastores vocatam putent; inde locum fabulae ac miraculo datum ." Ci sono quelli che pensano che Laurenzia fosse chiamata lupa tra i pastori per la sua impudicizia; di qui prese origine la leggenda e il miracolo.

La Sfinge-cagna dunque è un sostituto della madre: una"imago media " che a Edipo ricorda un successo sì, ma anche il suo dolore di fondo che nessun trionfo potrà consolare: la pena di essere stato rifiutato dai genitori. La Sfinge cantava per distrarre Edipo dalla sua condizione di reietto, onde portarlo a considerare che l'esistenza umana è difficile per tutti: è un arrancare con quattro, due, tre piedi, fino al burrone terminale, l'"abisso orrido, immenso" dove dobbiamo precipitare tutti. L'ex bambino esposto con i piedi gonfi non si accontenta della cagna che canta;  la confuta, la fa cessare(v.397) e riprende a cercare la madre vera, trovandola infine, ma senza rallegrarsene, anzi rinnovando il dolore e aggiungendo scelleratezze: cfr.  Seneca, Oedipus: "Maximum Thebis scelus maternus amor est "(vv.627-628), il delitto più grande a Tebe è l'amore per la madre.

 

Traduzione 393-398

Edipo

Eppure l'enigma non era compito dell'uomo sopraggiunto 393

spiegarlo, ma c'era bisogno di un vaticinio

che tu non mostrasti di avere conosciuto dagli uccelli

né da uno degli dei; ma, arrivato io

Edipo che non sapevo nulla, la feci cessare

 azzeccandoci con l'intelligenza e senza avere imparato nulla dagli uccelli/398

 

Commento

398 gnwvmh è l'elemento intellettuale del carattere, mentre quello emotivo è yuchv.

La psyche è la facoltà che succedde allo qumov" omerico,  un termine del resto usato dalla Medea di Euripide per designare la propria parte emotiva prevalente e preponderante ( Kai; manqavnw me;n oi\\\a dra'n mevllw kakav,-qumo;" de; kreivsswn tw'n ejmw'n bouleumavtwn,-o{sper megivstwn ai[tio" kakw'n brotoi'"" Medea,  vv. 1078-1080), capisco quale abominio sto per compiere, ma più forte dei miei ragionamenti è la passione, che è causa dei mali più grandi per i mortali", 

Cfr. Eric Dodds, I Greci e l'irrazionale: “Quando Sofocle parla di mettere alla prova yuchvn te kai; frovnhma kai; gnwvmhn in Antigone 176 dispone gli elementi del carattere secondo una scala che va dall’emotivo (psyche all’intellettuale (gnōmē), passando per un termine intermedio,phrŏnēma,  che implica gli altri due” (p. 167)

  I successi che si colgono attraverso la sola intelligenza, arrampicandosi sulla sfilacciata scala di corda della logica, sono apparenti poiché l'intendimento si ferma alla superficie e infonde speranze cieche se manca la visione dell'insieme. Invece il figlio di Laio pretende di avere pensieri uguali agli dei: è il crimine che Apollo rinfaccia a Diomede nel V dell'Iliade (vv.440-441). Eschilo condanna il presunto benefattore tecnologico che ha impedito ai mortali di prevedere il destino e ha posto in loro cieche speranze, tufla;" ejlpivda",( cfr.Prometeo incatenato  vv.248-250). B. Knox (in vol. cit. p.258) sostiene che il verso 398 contiene l'affermazione dell'eccellenza del dilettante intelligente, la stessa che Tucidide  attribuisce prima a Temistocle (I, 138) poi al popolo ateniese in generale nell'Epitafio pronunciato da Pericle per i morti del 431(II, 39). Il carattere di Edipo allora corrisponderebbe a quello degli Ateniesi.

 

Traduzione 399-403

Edipo

io che tu ora cerchi di cacciare, credendo

che starai accanto al trono di Creonte, vicino a lui 400

Mi sembra che tu e chi ha messo insieme questi misfatti,

piangendo caccerete la contaminazione; anzi, se non mi sembrassi un vecchio,

 con sofferenza avresti imparato quali scelleratezze proprio tu mediti 403

Commento

399-ejkbalei`n- cacciare  Angoscia fondamentale di Edipo è quella di essere cacciato un'altra volta, come lo fu dalla madre. Del resto è una fobia presente anche in altri personaggi di Sofocle. Filottete  lamenta la propria condizione di reietto quattro volte in pochi versi: lo abbandonarono (ejkbalovnte", 257); lo gettarono (e[rriyan,265) nella solitudine; dopo averlo esposto (proqevnte",268) se ne andarono; dopo averlo lasciato (lipovnte",273) andarono via.

 

Bologna 31 maggio 2022 ore 19, 25

giovanni ghiselli

p. s

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